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Sostenibilità, la semplificazione UE non basta, servono regole più intelligenti


Quello che doveva essere un’iniziativa ambiziosa per orientare i mercati finanziari verso obiettivi ambientali e sociali rischia oggi di naufragare nella sua stessa complessità operativa, sostengono Scott Marcus e Apostolos Thomadakis.

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Scott Marcus è Ricercatore senior associato presso il Centre for European Policy Studies (CEPS) ed è Professore (part-time) presso il Centre for a Digital Society del Robert Schuman Centre for Advanced Studies (RSCAS), European University Institute (EUI).

Apostolos Thomadakis è Ricercatore e responsabile dell’Unità Mercati Finanziari e Istituzioni presso il Centre for European Policy Studies (CEPS), nonché Responsabile della ricerca presso l’European Capital Markets Institute (ECMI).

Le imprese europee – in particolare le piccole e medie Imprese (PMI) – sono sempre più oppresse da obblighi ridondanti imposti da tre principali normative: la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) e il Regolamento UE sulla Tassonomia. Per far fronte a questa situazione, la Commissione ha proposto una direttiva Omnibus per rendere più semplice e lineare il rispetto degli obblighi normativi. Tuttavia, nella forma attuale, la proposta non affronta le criticità reali.

Invece di affrontare le problematiche strutturali e operative che generano un’eccessiva complessità, la direttiva Omnibus si concentra principalmente sulla riduzione del numero di aziende obbligate a presentare report o sulla frequenza delle loro segnalazioni. Si tratta di un’occasione persa. Uno studio legale e tecnico indipendente condotto dal CEPS per il Parlamento Europeo evidenzia che il vero problema non risiede nella duplicazione normativa, ma nel modo in cui queste regole interagiscono nella pratica. La natura cumulativa e interdipendente dei requisiti impone oneri funzionali significativi alle aziende, molte delle quali utilizzano gli stessi sistemi interni, fonti di dati e valutazioni del rischio per rispettare più strumenti normativi.

In sostanza, la sfida non è la sovrapposizione burocratica, ma la convergenza operativa. Le procedure di due diligence imposte dalla CSDDD alimentano sia le dichiarazioni richieste dalla CSRD sia il rispetto delle garanzie minime previste dalla Tassonomia. Ogni norma ha un obiettivo distinto – trasparenza, obbligo comportamentale o classificazione – ma nella pratica impongono alle imprese le stesse limitate risorse interne.

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La direttiva Omnibus propone solo soluzioni superficiali, come ridurre il numero di imprese soggette agli obblighi o la frequenza delle rendicontazioni. E ignorare le linee di convergenza nei rischi ambientali, sociali, diritti umani e governance significa trascurare la complessità reale dell’applicazione pratica.

Questo disallineamento non è casuale. Aziende e investitori in tutta Europa chiedono chiarezza e uniformità. Un recente studio della BCE identifica una complessità normativa che ostacola l’accesso al credito per le imprese impegnate nella transizione verde. Anche i rapporti Draghi e Letta ribadiscono l’urgenza di una regolazione più intelligente per rafforzare la competitività europea. Queste richieste arrivano al momento giusto. Senza coerenza, il rischio dell’Europa è doppio, fatica regolatoria e minori investimenti strategici.

La proposta dell’Omnibus solleva inoltre dubbi sul rispetto della corretta procedura decisionale. Non è stato pubblicato alcun riepilogo dalle consultazioni del 2023, richiesto dalle linee guida europee Better Regulation, né è disponibile una valutazione d’impatto che illustri costi e benefici della riforma. In più di un’occasione, la Commissione sembra aver invertito posizioni precedenti – ad esempio, esentando le PMI non quotate dagli obblighi previsti dalla CSRD, pur avendo in precedenza giustificato la loro inclusione – senza fornire una chiara spiegazione dei compromessi politici coinvolti.

Il rischio è che le modifiche proposte generino benefici marginali, ma compromettano i vantaggi a lungo termine. Molte imprese che hanno adottato anticipatamente la CSRD segnalano vantaggi tangibili: migliore coinvolgimento degli stakeholder, gestione dei rischi più efficace e governance interna più solida. Secondo un recente questionario della PwC, molte considerano la CSRD non un obbligo, ma una leva per la trasformazione aziendale. Estendendo l’esenzione a intere categorie di imprese, la Commissione potrebbe involontariamente indebolire questi effetti positivi, senza considerare i potenziali benefici persi.

Una strategia più efficace dovrebbe puntare a una reale integrazione e coordinamento tra i tre schemi normativi. Le aziende dovrebbero poter utilizzare un unico processo di due diligence per adempiere contemporaneamente a CSRD, CSDDD, Tassonomia ed altri strumenti normativi. Gli attuali standard esistenti, come gli European Sustainability Reporting Standards, andrebbero aggiornati per integrare in modo esplicito come i requisiti comportamentali e di classificazione possano essere comunicati in modo coerente ed efficiente. Linee guida, modelli e framework di dati migliorati sarebbero più utili di esenzioni generiche per alleviare il carico normativo.

Guardando al futuro, l’UE ha bisogno di una strategia a lungo termine per semplificare il quadro regolamentare. Serve chiarezza interpretativa, consolidamento mirato delle disposizioni sovrapposte e test pratici con le imprese prima di ogni aggiornamento. In sostanza, la revisione deve basarsi su trasparenza e coerenza – due elementi ora mancanti nel processo Omnibus.

La Commissione ha ragione a rispondere alle crescenti preoccupazioni riguardo agli oneri del monitoraggio della sostenibilità. Tuttavia, la semplificazione non dovrebbe avvenire a scapito della coerenza o della credibilità. Senza una riforma più profonda, la direttiva Omnibus rischia di compromettere gli stessi obiettivi climatici e di competitività dell’UE.

Ciò di cui l’Europa ha bisogno non è solo un minor numero di obblighi di rendicontazione, ma un quadro normativo più intelligente, meglio allineato e meno gravoso, capace di produrre risultati concreti in termini di sostenibilità e di ristabilire la fiducia nel sistema regolatorio creato per raggiungerli.

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