In un contesto internazionale segnato da tensioni geopolitiche, instabilità economica e trasformazioni tecnologiche, l’Italia punta a rafforzare il proprio appeal per gli investitori esteri. Il viceministro alle Imprese e al Made in Italy traccia un bilancio delle politiche in atto per attrarre capitali, sostenere l’export e accompagnare le PMI nella transizione digitale. Dai dazi USA all’intelligenza artificiale, passando per il rilancio dell’aerospazio: ecco le leve strategiche su cui il governo sta puntando per rendere il sistema Paese più competitivo: «Dobbiamo fare di tutto per preservare il nostro modello produttivo, valorizzando eccellenze e innovazione».
Viceministro, qual è oggi la percezione dell’Italia da parte degli investitori internazionali?
«Partiamo da un dato che forse viene sottovalutato: l’Italia ha raggiunto un indice di stabilità politica del 64,93% secondo la World Bank, un dato oggettivo che molti ci invidiano nel panorama europeo. Questo clima di maggiore stabilità, unito al mutato atteggiamento del governo verso le imprese, e soprattutto il rigore nella gestione dei conti pubblici sta cambiando radicalmente la percezione del nostro Paese nel mondo. Nei frequenti incontri all’estero si avverte un interesse crescente e concreto verso l’Italia, riconosciuta per la sua economia diversificata e la forza lavoro qualificata».
Ma cosa dicono le previsioni?
«I segnali sono incoraggianti: il 74% dei dirigenti di imprese sondate nell’EY Attractiveness Survey 2024 prevede di espandere o stabilire attività in Italia nei prossimi 12 mesi, un balzo significativo rispetto al 54% del 2023. Sul fronte export, nonostante le inquietudini e le turbolenze, i dati del primo trimestre 2025 mostrano una crescita del 3,2% in valore, raggiungendo 160,1 miliardi di euro. Le performance migliori si registrano verso paesi OPEC (+16,8%), Medio Oriente (+13,7%), Stati Uniti (+11,8%). Il nostro obiettivo ambizioso indicato dal Ministro Tajani è raggiungere 700 miliardi di euro di export entro il 2027, partendo dagli attuali 650 miliardi».
Che cosa le chiedono gli investitori esteri?
«Gli investitori apprezzano sempre più la nostra eccellenza manifatturiera, anche se continuano a chiedere ulteriore semplificazione burocratica. Il nostro tessuto di PMI, che rappresenta il 99,9% delle imprese italiane, viene ora visto come un’opportunità unica di flessibilità e specializzazione. Dobbiamo fare di tutto per preservare il nostro modello produttivo».
Cosa sta facendo il governo per rendere l’Italia più attrattiva?
«Stiamo lavorando su più fronti con un approccio sistemico e integrato. Il Comitato Attrazione Investimenti Esteri (CAIE) coordina le strategie tra tutti gli attori chiave: Ministeri, Regioni, ICE, SACE, SIMEST, per facilitare e accelerare i progetti di investimento. Abbiamo istituito l’Unità di missione “attrazione e sblocco degli investimenti” presso il MIMIT, offrendo interlocuzione diretta e qualificata agli investitori. ICE-Agenzia e la rete diplomatica della Farnesina supportano le imprese con informazioni strategiche e assistenza operativa, mentre SACE e SIMEST forniscono assicurazioni, finanziamenti e strumenti per l’internazionalizzazione».
Quali settori sono prioritari per attrarre capitali esteri?
«Abbiamo identificato settori strategici basandoci sulla domanda verso le nostre eccellenze e le tendenze globali. I dati più recenti mostrano che telecomunicazioni, trasporti, energia e industria farmaceutica attraggono maggiormente gli investimenti esteri. Le previsioni per il 2025 indicano una crescita dell’export del 4,5%, con performance particolarmente positive in tecnologia industriale e macchinari, farmaceutico e biotecnologie, prodotti sostenibili. Nel Piano Export 2025 abbiamo definito come prioritari i macchinari (13,2% dell’export), metalli e prodotti derivati (14%), alimentare (13,7%), tessile-abbigliamento (16,8%), gomma e materie plastiche (8,6%), prodotti chimici (8,2%). Un’attenzione particolare va al settore aerospaziale: con oltre 400 imprese attive, un fatturato superiore ai 3 miliardi e una crescita del 5,4% annuo, si configura come asset strategico. Il DDL Spazio appena approvato rafforza ulteriormente questo comparto. Emergono anche opportunità nella logistica, spinta dall’e-commerce, e negli asset alternativi, in crescita rispetto al 2023».
Come affrontare la questione dazi nel contesto geopolitico attuale?
«Il contesto è assai complesso e in continua evoluzione: gli Stati Uniti hanno raddoppiato i dazi su acciaio e alluminio dal 25% al 50%, misure entrate in vigore il 4 giugno che colpiscono duramente l’export europeo. L’Italia, insieme alla Germania, è tra le economie più esposte con 64,2 miliardi di export manifatturiero verso gli USA, l’11% del nostro totale. La nostra strategia si articola su più livelli: mantenere un fronte comune europeo nelle negoziazioni, sfruttando la sospensione per 90 giorni dei dazi supplementari come finestra di dialogo. A livello nazionale, supportiamo le imprese nella diversificazione: il 46% pianifica filiali commerciali o produttive negli USA, il 47% cerca nuovi clienti in altri mercati. Puntiamo su Medio Oriente, India, Nord Africa, ASEAN e Sud America come mercati alternativi ad alto potenziale».
Quali linee guida per le trattative internazionali?
«È necessario adottare un approccio pragmatico e multilaterale. Abbiamo elaborato una mappatura dettagliata dei settori italiani più esposti ai dazi americani, con analisi dell’impatto su filiere produttive e occupazione. Questo ci permette di definire priorità chiare e identificare le misure di supporto più efficaci. Promuoviamo un coordinamento rafforzato a livello europeo, sostenendo una risposta unitaria che valorizzi la complementarità delle economie UE rispetto a quella americana, per scongiurare che spirali di ritorsioni danneggino entrambe le sponde atlantiche. Il Piano Export 2025 prevede oltre 250 iniziative promozionali con uno stanziamento di quasi 60 milioni per incrementare l’export fino a 700 miliardi entro il 2027, supportando le imprese nell’adozione di strategie di mitigazione del rischio attraverso diversificazione e internazionalizzazione».
A che punto sono le PMI italiane nella digitalizzazione?
«Come presidente della Digital for SMEs Global Initiative dell’OCSE, osservo un quadro in evoluzione con progressi significativi ma sfide persistenti. Attualmente solo l’8% delle PMI italiane utilizza intelligenza artificiale, dato inferiore rispetto ad altri paesi europei come la Germania. Dove viene adottata, l’IA si concentra sull’ottimizzazione dei processi produttivi (57% delle applicazioni) e progettazione prodotti (38%), con benefici misurabili in qualità ed efficienza. Molte PMI hanno investito nella digitalizzazione di base – software gestionali, e-commerce, comunicazione digitale – ma faticano nel salto verso tecnologie avanzate. Circa un terzo ha aumentato gli investimenti digitali nel tempo».
L’intelligenza artificiale rischia di amplificare il divario tra grandi e piccole imprese?
«Il rischio è concreto ma non inevitabile. Come ho sottolineato in un seminario OCSE a Torino, ci troviamo in un momento critico di transizione da un’economia basata sul prodotto a una di processo, dove è fondamentale il controllo del dato. Le competenze digitali diventano vitali per le PMI. L’intelligenza artificiale deve essere vista come una “cassetta degli attrezzi”, superando la paura dell’innovazione. Il mio impegno è far sì che l’IA porti a democratizzazione dell’economia, non polarizzazione. La strada per un’innovazione inclusiva passa attraverso alleanze tra grandi e piccole imprese: le PMI devono integrarsi con le grandi per accedere a capacità avanzate di analisi dati e partecipare a catene del valore, sfruttando la propria flessibilità per fare quello che altri non riescono. Fondamentale investire nella formazione continua delle competenze digitali a tutti i livelli».
Che ruolo può giocare l’Italia nel settore aerospaziale?
«Con l’approvazione definitiva del DDL Spazio, l’Italia si posiziona all’avanguardia europea nella regolamentazione delle attività spaziali commerciali. È la prima volta che introduciamo un quadro regolamentare specifico per le attività commerciali spaziali, colmando un vuoto normativo importante. Il settore vive una trasformazione profonda: oltre 400 imprese attive, fatturato superiore ai 3 miliardi, crescita del 5,4% annuo grazie a maggiori investimenti in ricerca, digitalizzazione e nuove tecnologie di propulsione. Rispetto ai competitor europei, che hanno costruito filiere integrate pubblico-privato, l’Italia deve cogliere l’opportunità di ridurre la frammentazione industriale. Leonardo e Avio si confermano leader, ma la filiera di PMI grazie a un maggiore consolidamento industriale potrà attrarre maggiori investimenti privati. Il Ddl mira proprio a rafforzare competitività e valorizzare il Made in Italy, facilitando alleanze strategiche tra PMI e grandi aziende del settore».
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