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Corsi fantasma all’Alto Calore, misura interdittiva a Santoli: la Cassazione annulla l’ordinanza


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AVELLINO- I giudici della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione hanno annullato l’ordinanza emessa il 27 gennaio scorso dai magistrati del Tribunale del Riesame di Napoli che, accogliendo il ricorso della Procura di Avellino nell’inchiesta sui “corsi fantasma” all’Alto Calore, aveva applicato una misura interdittiva di un anno nei confronti di Gerardo Santoli, (sindaco di Santo Stefano del Sole e alla guida della Grande Srl, enti estranei però alla vicenda giudiziaria) perchè indagato per tentata truffa ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. La decisione dei magistrati della Cassazione “limitatamente alle esigenze cautelari” rinviando per nuovo giudizio al tribunale di Napoli e rigettando per il resto il ricorso.

I FATTI
Il Tribunale del riesame di Napoli aveva  accolto l’appello cautelare del Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Avellino  e per l’effetto aveva applicato a Santoli Gerardo la misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare l’attività di impresa e del  divieto di esercitare gli uffici direttivi delle persone giuridiche per il tempo di un anno, in relazione ai reati di cui agli art. 110, 56, 640 cod.pen. (capo B) e art. 8 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capo A), perché, quale legale rappresentante della CAT Servizi alle imprese, rilasciando false attestati finali di messa in trasparenza delle competenze acquisite dai dipendenti dell’Alto Calore Service spa, che venivano fatti apparire come frequentatori di corsi organizzati per l’ottenimento del contributo previsto dal fondo nuovo e competenze, al fine di consentire alla predetta società  l’evasione d’imposta sui redditi e sul valore aggiunto, emetteva tre fatture, per un
importo totale di € 58.273,30, relative a operazioni inesistenti, nello specifico
l’organizzazione e lo svolgimento dei corsi di formazione in presenza per i dipendenti
della società predetta, in ordine ai quali, il tribunale, ha ritenuto sussistenti i gravi
indizi di colpevolezza e l’esigenza cautelare del pericolo di recidiva. Avverso all’ordinanza del Riesame era stato proposto ricorso dal difensore dell’indagato, il penalista Luigi Petrillo e in Cassazione anche il penalista Dario Vannetiello. Due i motivi di ricorso presentati. Il primo relativo al fatto che i giudici del Riesame i giudici avrebbero reso una motivazione contraddittoria rispetto agli atti di indagini essendosi focalizzati sulla mera causale delle fatture, senza analizzare la documentazione acquisita dagli operanti di PG, comprovante il fatto che la formazione non era stata demandata alla CAT e che questa società era del tutto estranea alla preparazione dei cosiddetti corsi fantasma. Il secondo motivo legato alle esigenze cautelari, ovvero al fatto che il pericolo di recidiva sarebbe illogicamente fondata in ragione della reiterazione delle condotte nell’ambito dei due procedimenti afferenti all’Alto Calore, del ruolo ricoperto dal Santoli nella società Grande spa e l’aver ricoperto altre cariche sociali, Sarebbe, dunque, fondata non tanto sulla concretezza del pericolo di recidiva, ma in ragione del rischio astratto di reiterazione desunto dalla circostanza che il Santoli ha ricoperto e ricopre altre cariche sociali in seno ad altre società. Infine, non avrebbe  valutato, da cui il vizio di omessa motivazione, la distanza temporale dai fatti così obliterando la valutazione dell’attualità delle esigenze che deve concorrere con la  concretezza delle stesse.

LA DECISIONE
Il primo motivo di ricordo è stato ritenuto inammissibile. Perche’ tra le altre osservazioni, scrivono i giudici della Suprema Corte: “Il Tribunale del riesame, sulla scorta del compendio probatorio e segnatamente sulla scorta delle indagini della Guardia di Finanza di Avellino, ha ritenuto dimostrato che la società Alto Calore spa aveva ha avuto accesso ai contributi previsti dal fondo pubblico, cofinanziato dal fondo sociale europea, nell’ambito di iniziative finalizzate al contrasto degli effetti economici della pandemia, che non aveva svolto, tuttavia, i corsi di formazione finanziati dal suddetto fondo, ed aveva ottenuto il contributo per lo svolgimento di tre corsi di formazione che avrebbero dovuto essere svolti in presenza e avrebbero dovuto essere organizzati ed erogati, in forza di contratto sottoscritto dalla società CAT di cui il ricorrente, era legale rappresentante società,società che aveva rilasciato gli attestati di fine partecipazione per corsi in realtà mai effettuati, avendo i dipendenti della società, che figuravano come partecipanti negato di avervi mai preso parte. Da tali elementi in punto di fatto ha ritenuto la gravità indiziaria per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, fatture indicate nel capo di incolpazione, emesse dalla CAT servizi in favore dell’Alto Calore, tre fatture che venivano regolarmente registrate utilizzate a fini iva dalla società Alto Calore. A sostegno della gravità indiziaria, militava, secondo il Tribunale, la causale delle stesse in quanto il documento fiscale riportava espresso riferimento alla messa a disposizione del materiale didattico, del personale docente e del rilascio delle attestazioni finali”. Per i giudici infatti: “Ciò che rileva, ai fini della sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, è  l’indicazione contenuta nel documento fattura dell’oggetto della prestazione che
giustifica l’emissione del documento fiscale, se l’oggetto della prestazione indicato in fattura non corrisponde alla realtà economica o se la prestazione indicata è inesistente si configura il reato di emissione di una fattura sotto il profilo
dell’inesistenza oggettivo della prestazione ivi indicata. Non è tema rilevante che il
soggetto emittente non avesse assunto contrattualmente lo svolgimento dei corsi di formazione in favore di Alto Calore spa, ciò che rileva è la verifica se quanto indicato nella causale della fattura, rispecchi la realtà dell’operazione commerciale rappresentata nel documento”. Diversamente, invece, i magistrati della Cassazione hanno ritenuto fondato il secondo motivo di appello, quello proposto sul pericolo di “recidiva”. Per i giudici infatti: “L’ordinanza impugnata ha reso una motivazione non congrua con riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari del pericolo di recidiva”. Per i giudici infatti: equisito dell’attualità del pericolo che richiede una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma che non deve altresì contemplare la previsione di specifiche occasioni di recidivanza”. Per cui per il profilo delle esigenze cautelari si dovrà tornare davanti ai giudici del Tribunale del Riesame.

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