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Dalla risata alla resistenza: il ruolo dei meme tra arte, politica e critica


I meme hanno rivoluzionato il modo di comunicare online, trasformandosi da semplici battute virali in veri e propri dispositivi culturali. Questi frammenti di conoscenza digitale condensano significati complessi in forme immediate, diventando strumenti di partecipazione, critica e resistenza che riflettono e plasmano la realtà contemporanea.

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I meme come strumenti culturali e di comunicazione

Meme: una porzione di conoscenza, un’idea trasmessa da persona a persona all’interno di una stessa cultura. Così veniva definito il termine prima che internet lo trasformasse in ciò che oggi conosciamo: una forma espressiva visiva e testuale, sintetica e virale, capace di viaggiare velocemente tra piattaforme digitali, diventando parte integrante del linguaggio quotidiano.[1] Oggi il meme è ben più di una semplice battuta online: è un dispositivo culturale, un mezzo con cui si riflette, si interpreta e si commenta la realtà.

Nato della cultura partecipativa del web, il meme non si limita a circolare: si moltiplica, si modifica, si adatta. Non è un’opera finita, ma un processo. Ogni sua versione è il risultato di un atto di imitazione creativa, un frammento di discorso che si intreccia con altri, dando forma a una narrazione collettiva in continua evoluzione. Lontano dall’essere solo intrattenimento, il meme si rivela uno strumento potente per comprendere i modi in cui le persone partecipano alla loro realtà, plasmano l’informazione, e lasciano tracce del proprio tempo.[2], [3]

La natura partecipativa dei meme digitali

Creati con consapevolezza di essere modificati, adattati e reinterpretati, non esiste più un originale, ma una costellazione di versioni che dialogano tra loro. È qui che il meme smette di essere solo un messaggio e diventa un contesto: uno spazio dove si gioca, si discute, si appartiene. Abitare questo spazio significa anche scegliere come comunicare.[4]

Non tutti i meme nascono per far ridere: alcuni raccontano emozioni, altri mascherano rabbia o paura. In apparenza semplici, queste immagini testuali racchiudono in realtà una sorprendente varietà di funzioni comunicative. Ogni meme è il risultato di una scelta: cosa mostrare, cosa dire, in che tono, e con quale obiettivo.

Alcuni si limitano a replicare un contenuto in modo passivo, sfruttando il potere della viralità. Altri, invece, si trasformano in veicoli attivi di significato, pronti a cambiare forma a ogni condivisione. In certi casi, sotto un superficiale umorismo, emergono messaggi politici, critiche sociali, rivendicazioni identitarie. Il loro successo è dovuto all’opera di semplificazione del concetto che trasmettono, condensando l’interpretazione e rendendo il messaggio immediato. Questa caratteristica li rende il perfetto tramite di comunicazione per concetti complessi e/o talvolta nascosti. Non sorprende, quindi, che anche la cultura visiva più alta e storicamente distante sia entrata in questo circuito espressivo.[5]

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Meme digitali e reinterpretazione dell’arte classica

In rete, un dipinto rinascimentale può diventare un commento sull’ansia da lavoro. Una Madonna può lamentarsi del traffico. L’Ultima Cena può ospitare personaggi dei cartoni o politici contemporanei. Il significato cambia, ma il riconoscimento resta: chi guarda coglie il riferimento, sorride per la trasformazione, e magari ne crea una propria versione. L’arte, così, non è più soltanto oggetto da ammirare, ma strumento espressivo da manipolare.

Queste riletture si muovono su più livelli: a volte viene trasformato il contenuto per commentare un evento attuale, altre è la forma visiva a essere riprodotta, come in un gioco estetico di imitazione. In certi casi, l’autore del meme si mette in scena, sostituendosi simbolicamente all’artista, in un gesto di appropriazione ironica o identitaria. In tutti i casi, si assiste a un passaggio di consegne: l’opera si sposta dallo spazio elitario alla dimensione partecipativa del web.[6]

Quello che una volta era patrimonio di pochi, oggi diventa linguaggio collettivo. Un linguaggio che non cancella l’arte, ma la riscrive, la traduce, la inserisce nei flussi della comunicazione contemporanea. E così, tra pixel e battute, emerge una nuova forma di cultura: ibrida, accessibile, inclusiva, capace di mettere in connessione mondi un tempo separati.[5]

Resistenza digitale attraverso i meme

In contesti più seri e dove l’informazione è fortemente controllata e ogni parola può essere soggetta a censura, i meme hanno assunto una funzione cruciale: comunicare il dissenso. Non solo battute visive, ma atti culturali e politici mascherati in leggerezza.

Uno dei casi più emblematici è quello del Grass Mud Horse (草泥马), una creatura immaginaria simile a un alpaca, il cui nome è una volgare allusione fonetica a un insulto in mandarino. Questo animale è stato creato per aggirare la censura automatica delle parolacce sui social cinesi, diventando un simbolo di libertà di espressione e resistenza popolare. Accanto a lui è nato il River Crab (河蟹), che richiama ironicamente il concetto di “armonia sociale” promosso dal governo. I due animali sono diventati i protagonisti di una narrazione alternativa, capace di circolare sotto gli occhi della censura senza essere immediatamente bloccata.[7]

Un altro esempio significativo riguarda Chen Guangcheng, avvocato e attivista per i diritti umani, perseguitato dalle autorità cinesi. Quando riuscì a fuggire agli arresti domiciliari, i suoi sostenitori iniziarono a postare online foto di sé stessi con occhiali da sole, in riferimento al suo aspetto. In risposta, il governo cinese bloccò perfino la parola “occhiali da sole” sui social network. Ma il messaggio era ormai passato: l’immagine aveva fatto il giro del web, trasformando un gesto quotidiano in segno di solidarietà e disobbedienza.

Questi esempi mostrano come, anche in condizioni di sorveglianza capillare, l’umorismo possa diventare linguaggio sovversivo, capace di nascondere, proteggere e moltiplicare la voce di chi non può parlare apertamente.[7]

Meme come strumenti di protesta e sovversione

Quando nel 2022 è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina, i social network si sono riempiti di immagini, video e testi che mescolavano rabbia, dolore, ironia e resistenza. Tra questi, i meme hanno giocato un ruolo sorprendente: da semplici battute di sfogo a strumenti di comunicazione collettiva, capaci di diffondere messaggi, rafforzare lo spirito nazionale, e prendere in giro l’aggressore con leggerezza solo apparente.

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Per evitare che questi contenuti, per natura effimeri, andassero perduti, è nato il progetto SUCHO – Saving Ukrainian Cultural Heritage Online, che ha creato un archivio digitale chiamato Meme Wall. Attraverso una piattaforma open source e la collaborazione di volontari da tutto il mondo, SUCHO raccoglie, seleziona e conserva i meme più significativi legati al conflitto, caricati dagli stessi utenti ucraini o da osservatori internazionali. [8]

Memetica digitale come archivio della memoria collettiva

Questi meme non servono solo a ridere: documentano lo stato d’animo collettivo di un popolo sotto attacco. Alcuni prendono di mira figure del governo russo, altri ironizzano sulle sconfitte militari trasformando l’umorismo in una forma di resilienza.

Conservare questi materiali significa preservare una memoria non ufficiale del conflitto. Al pari delle fotografie, delle lettere o delle cronache giornalistiche, i meme raccontano come la guerra è stata vissuta, elaborata, condivisa dalle persone comuni. In questo senso, SUCHO non è solo un archivio digitale, ma una testimonianza viva della cultura popolare in tempo di crisi.

Il ruolo dei meme nella comunicazione contemporanea

Nati come frammenti di cultura condivisa, i meme si sono trasformati in specchi mobili della contemporaneità. Hanno superato i confini dell’umorismo per diventare strumenti di partecipazione, di critica, di resistenza e persino di memoria. Possono raccontare una crisi politica in un’immagine, riscrivere un’opera d’arte o aggirare la censura. In ogni contesto, il meme non è mai solo un contenuto: è un’azione culturale, un gesto comunicativo che condensa emozioni in pochi pixel.

Comprendere i meme oggi significa  riconoscere che, al di là del sorriso che possono provocare, nascondono domande serie: su chi parla, su chi ascolta e su cosa resta dopo lo scroll. Ciò che si impara da questa leggerezza è il vero volto di un pensiero mimetizzato.

Bibliografia

[1] Cambridge Dictionary, “meme,” Meaning of meme in English. [Online]. Available: https://dictionary.cambridge.org/dictionary/english/meme

[2] Anastasia Denisova, Internet Memes and Society. in Routledge Advances in Internationalizing Media Studie, no. 25. Routledge, 2019.

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[3] Bradley E. Wiggings and G Bret Bowers, “Memes as genre: A structurational analysis of the memescape,” New Media Soc., May 2014, doi: 10.1177/1461444814535194.

[4] Limor Shifman, Memes in Digital Colture. in MIT Press Essential Knowledge. The MIT Press, 2014.

[5] Liisi Laineste and Piret Voolaid, “Laughing across borders: Intertextuality of internet memes,” Eur. J. Humour Res., vol. 4, no. 4, pp. 26–49, doi: http://dx.doi.org/10.7592/EJHR2016.

[6] Tali Aharoni, “When high and pop culture (re)mix: An inquiry into the memetic transformations of artwork,” New Media Soc., doi: https://doi.org/10.1177/1461444819845917.

[7] An Xiao Mina, “Batman, Pandaman and the Blind Man: A Case Study in Social Change Memes and Internet Censorship in China,” J. Vis. Cult., vol. 13, no. 3, pp. 359–375, 2014, doi: 10.1177/1470412914546576.

[8] Anna Kijas, Quinn Dombrowski, and Sebastian Majstorovic, “Saving Ukrainian Cultural Heritage Online,” Wartime Meme Wall. [Online]. Available: https://www.sucho.org/about

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