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Pnrr, investimenti, export, Zes unica il mix virtuoso che ha messo il turbo all’economia del Sud


Nel periodo successivo alla pandemia il Mezzogiorno ha  conseguito risultati migliori di quelli dell’intera economia italiana. Tra il 2019 e il 2023 il prodotto è aumentato del 3,7 per cento, contro il 3,3 nelle altre regioni; le esportazioni sono cresciute del 13 per cento, 4 punti in più del Centro Nord. L’occupazione è salita del 3,5 per cento, a fronte dell’1,5 nel resto del Paese. Il tasso di disoccupazione è sceso di 3,6 punti, il doppio che nelle regioni centro-settentrionali. Nel 2024 gli investimenti pubblici hanno raggiunto circa 45 miliardi di euro. Poco meno della metà delle risorse è stata mobilitata dalle amministrazioni comunali, che si confermano primi investitori pubblici con una spesa pari a 21,7 miliardi. Nel complesso, gli investimenti pubblici sono cresciuti di circa 6 miliardi rispetto al 2023 (+3 miliardi per i Comuni). Si tratta di un risultato di grande rilievo, considerato che il 2023 aveva beneficiato anche dell’effetto una tantum della chiusura del ciclo di programmazione 2014-2020 dei fondi europei della coesione, quantificabile, per le opere pubbliche, in circa 4 miliardi. Il Pnrr, pur con livelli di spesa effettiva inferiori al cronoprogramma iniziale, ha contribuito alla crescita degli investimenti in opere pubbliche.

Nel 2024 le risorse spese dalle misure del Piano si sono attestate a circa 12 miliardi. Tutto questo è determinato da due importanti volani della crescita, messi in campo dal governo: il PNRR che destina circa il 40% dei fondi ( pari a circa 82 miliardi di euro) proprio al mezzogiorno e la zes unica, che sotto l’acuta direzione di Giosy Romano sta registrando numeri da record, superiori alle più rosee aspettative. La Zes Unica rappresenta un importante cambiamento nelle dinamiche di promozione della politica industriale del Sud Italia, grazie a strumenti finalizzati a una semplificazione amministrativa senza precedenti e a un pacchetto di incentivi fiscali che puntano a rendere il Mezzogiorno un’area strategica per lo sviluppo economico e a consolidare gli ottimi indici di sviluppo delle regioni del Sud. La Zes Unica non è solo un’opportunità per le imprese locali, ma un segnale chiaro agli investitori nazionali e internazionali: oggi investire nel Sud Italia è più vantaggioso che mai. Nel 2024  6.885 soggetti hanno richiesto il credito d’imposta per investimenti nella zona economica speciale unica per un valore di 2,551 miliardi di euro.

La gran parte delle 413 autorizzazioni uniche rilasciate nell’anno (300 delle quali da agosto) sono per imprese che hanno per la prima volta colto l’opportunità di investire nel Mezzogiorno. L’effetto traino della Zesu trova conferma nei dati più aggiornati relativi al Pil, all’export e all’occupazione relativi al 2024. Complessivamente, gli investimenti ammontano a 7 miliardi di euro: 2,5 miliardi di credito d’imposta (misura è confermata nella legge di Bilancio 2024 per 1,6 miliardi ed altri 1,6 miliardi assegnati ad agosto, per fare fronte al forte interesse suscitato); 2,5 miliardi di risorse delle imprese, mentre altri 2 miliardi sono investiti dalle aziende che senza ricorrere al credito d’imposta sfruttano la Zes  solo per la semplificazione burocratica: un formidabile fattore di attrattività che in 30 giorni o poco più assicura in un unico titolo quello che in precedenza era spalmato in ben 37 autorizzazioni procedurali. Indubbiamente risultati straordinari, grazie ai quali il Sud si conferma locomotiva della Nazione pur in assenza di un ben definito Piano Strategico che dovrebbe puntare a ridurre nei prossimi tre anni il gap del tasso di occupazione fermo al 48% nel Mezzogiorno e al 68% in Italia rispetto al 75, 4% della media europea. Insomma le polemiche avevano investito l’attuale vicepresidente esecutivo della ue, quando da ministro degli affari europei fortissimamente volle ministro degli affari europei, Raffaele Fitto, ideatore della misura, sono state spazzate via dagli ottimi risultati ottenuti.

Il Sud Italia si conferma la terza Regione più attrattiva delMediterraneo, sui 20 paesi dell’area, e riduce il divario con la Spagna, mantiene il quinto posto nell’area economica, sale al secondo posto nell’area dotazione, quella legata a risorse e sostenibilità, ma scende dal quarto al quinto posto nell’Innovazione e cultura e dal settimo all’ottavo nell’area sociale. Inoltre, sono stati mappati investimenti nuovi o incrementali nel Sud Italia con orizzonte al 2030, per oltre 320 miliardi di Euro investiti, e più di 1 milione di occupati. Una criticità è rappresentata dai dazi USA che comporterebbero, nello scenario attuale, un calo fino a 1,8 miliardi di Euro nel valore complessivo delle esportazioni verso gli Stati Uniti, di cui 1 miliardo di Euro nelle filiere strategiche dell’Automotive, Agrifood, Aerospace e Farmaceutico. Sono alcune delle evidenze contenute nell’ edizione 2025 del Mediterranean Sustainable Development Index (MSDI), indice progettato da TEHA. 

E poi c’è il settore delle rinnovabili: tra il 2007 e il 2022 la capacità produttiva in questo settore è quadruplicata, passando dal 26 al 40 per cento del totale nazionale. Queste caratteristiche assumono importanza sia per settori tradizionali, sia per quelli innovativi, in molti casi caratterizzati da un’elevata intensità energetica. Ad esempio, le scelte di localizzazione dei data center da dedicare all’intelligenza artificiale sono influenzate in misura crescente dalla stabilità geopolitica e dalla disponibilità di energia pulita e a basso costo. Il primo passo nella direzione di un’azione di politica industriale nel Mezzogiorno muove dalla valorizzazione della capacità della sua manifattura. Questo significa assumere consapevolezza del peso che essa ha in alcuni settori:  primo tra tutti quello dell’automotive, in cui la produzione meridionale conta per l’85% delle autovetture prodotte nel nostro Paese, con specializzazioni regionali in Abruzzo, Basilicata, Campania e Molise. Ci sono poi realtà industriali in ambiti avanzati come quello dell’aerospazio e del farmaceutico – particolarmente rilevanti in Campania e Puglia – per arrivare ai semiconduttori e all’elettronica, che anche in questo caso vedono specializzazioni territoriali in Campania, Puglia, Sicilia, con realtà all’avanguardia a livello internazionale.  Tanto più in una prospettiva di politica industriale europea,  il tema del “Mezzogiorno d’industria” deve legarsi alla questione dell’energia, configurandosi come una vera e propria vocazione territoriale.

Più in particolare, l’accompagnamento da parte del decisore pubblico dovrà far sì che alla dimensione localizzativa, in cui il Mezzogiorno già svolge un ruolo essenziale, si affianchi con sempre maggiore incisività anche quella produttiva. Sono in particolare i settori del cleantech – dall’eolico al fotovoltaico, dalle pompe di calore all’idrogeno – quelli su cui andranno concentrate le risorse e le capacità realizzative. Insomma come dire che il sud al contrario di quello che si pensava è molto di più che turismo e alimentare. Si trattava solo di risvegliare con politiche di sviluppo adeguate, tutte quelle energie imprenditoriali positive di cui il sud è pieno. 


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