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Liquidità Immediata Per Aziende Con Debiti E Imprese Con Difficoltà: Cosa Sapere


Hai un’azienda con debiti o in difficoltà e ti stai chiedendo se è possibile ottenere liquidità immediata per affrontare l’emergenza? Non riesci più a far fronte alle spese ordinarie, ai fornitori o al personale e hai bisogno di una soluzione concreta, veloce e senza rischi?

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Quando un’impresa entra in crisi, la mancanza di liquidità è spesso il primo segnale di allarme. Senza cassa, tutto si blocca: forniture, produzione, clienti. Ma attenzione: non tutte le soluzioni rapide sono sicure e scegliere la strada sbagliata può aggravare la situazione.

Ma si può davvero ottenere liquidità immediata anche con debiti in corso?

Sì, in molti casi è possibile, ma serve valutare attentamente la posizione debitoria, le garanzie disponibili, il bilancio e la sostenibilità di un nuovo intervento finanziario. Le principali soluzioni disponibili sono:

– il finanziamento ponte per aziende in ristrutturazione,
– l’anticipo fatture o il factoring,
– la cessione di rami d’azienda o beni strumentali,
– l’ingresso di un nuovo socio finanziatore,
– oppure l’accesso alla composizione negoziata della crisi, che permette – in alcuni casi – di ottenere finanziamenti prededucibili protetti dalla legge.

E se la banca non concede nuovi prestiti per via dei debiti pregressi?

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È una situazione frequente. In presenza di protesti, ritardi, segnalazioni o squilibri nei conti, gli istituti di credito chiudono le porte. Ma proprio per questo esistono strumenti alternativi, come:

– l’intervento di fondi specializzati in aziende in crisi,
– operazioni di finanza straordinaria con supporto legale,
– soluzioni negoziate con i creditori per ottenere tempo e ossigeno,
– o ancora, in casi specifici, la richiesta di misure protettive per bloccare le azioni esecutive e rilanciare l’impresa.

Ma conviene davvero chiedere liquidità se l’azienda è in crisi?

Dipende. Se il nuovo denaro serve per rilanciare un progetto concreto, saldare i fornitori strategici o riavviare l’attività, può essere una risorsa preziosa. Ma se serve solo per coprire voragini, posticipare l’inevitabile o pagare interessi su altri debiti, potrebbe peggiorare tutto.

Ecco perché è fondamentale analizzare prima la sostenibilità dell’intervento, la situazione complessiva dell’impresa e i rischi per amministratori e soci.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, ristrutturazione del debito e tutela patrimoniale – ti spiega cosa sapere se cerchi liquidità immediata per un’azienda indebitata, quali sono le vere soluzioni possibili e come possiamo aiutarti a trovare quella giusta senza compromettere il futuro.

Hai bisogno urgente di liquidità ma non sai se puoi ancora ottenerla? Vuoi evitare soluzioni rischiose e scelte affrettate?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Esamineremo subito la tua situazione, valuteremo le possibilità reali di finanziamento e ti guideremo verso un intervento mirato, sicuro e sostenibile.

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Nel contesto economico attuale, molte aziende indebitate o in difficoltà di liquidità cercano soluzioni rapide per reperire fondi e mantenere la continuità aziendale. Questa guida offre un approfondimento avanzato sugli strumenti disponibili dal punto di vista del debitore. Verranno esplorate soluzioni pubbliche e private per ottenere liquidità immediata, con riferimenti normativi aggiornati a giugno 2025, esempi pratici, FAQ e ultime novità legislative. L’obiettivo è fornire un quadro organico e aggiornato di cosa sapere per fronteggiare una crisi di liquidità aziendale in Italia.

La guida è organizzata in più capitoli per facilitare la consultazione. Inizieremo con una panoramica generale delle opzioni di finanziamento immediato per imprese indebitate, per poi approfondire gli strumenti pubblici (garanzie statali, fondi pubblici, incentivi) e le soluzioni di mercato (factoring, leasing, crowdfunding, ecc.). Successivamente analizzeremo il quadro normativo – in particolare il Codice della Crisi d’Impresa e le normative emerse tra il 2020 e il 2025 – e la giurisprudenza rilevante. Dedicheremo inoltre sezioni specifiche a categorie di imprese come PMI, startup innovative e imprese artigiane, che presentano esigenze particolari. Infine, presenteremo simulazioni numeriche, FAQ tematiche e tabelle comparative riassuntive di vantaggi, svantaggi, requisiti e tempistiche dei vari strumenti. Tutte le fonti ufficiali (normative, sentenze, siti istituzionali) sono citate nel testo e riportate in fondo alla guida.

Panoramica delle opzioni di liquidità immediata
Quando un’azienda è a corto di liquidità ma deve far fronte a pagamenti urgenti (stipendi, fornitori, rate di mutui, cartelle fiscali, ecc.), esistono diverse strade per ottenere risorse finanziarie in tempi brevi. In generale possiamo distinguere tra:

  • Strumenti pubblici: iniziative sostenute dallo Stato o da enti pubblici (ad es. garanzie statali su prestiti bancari, finanziamenti agevolati, contributi a fondo perduto, incentivi fiscali e dilazioni nei pagamenti tributari).
  • Strumenti privati di mercato: soluzioni offerte dal sistema finanziario o da investitori privati (ad es. factoring, cessione di beni in leasing, prestiti personali garantiti come la cessione del quinto, aumento di capitale tramite investitori o crowdfunding, emissione di obbligazioni minibond, ecc.).

Spesso un’azienda in difficoltà deve combinare più strumenti per superare la crisi di liquidità. Ad esempio, potrebbe negoziare una dilazione dei debiti fiscali con l’Agenzia Entrate Riscossione, ottenere un nuovo finanziamento bancario assistito da garanzia pubblica, e al contempo cedere crediti commerciali a una società di factoring per incassare subito le fatture emesse. Ogni soluzione ha pro e contro: alcune (come i prestiti bancari) richiedono tempi istruttori e criteri di merito creditizio, altre (come il factoring o il pegno su beni) possono offrire liquidità più immediata ma a costi più elevati o con rischi per il patrimonio aziendale.

Nei paragrafi seguenti esamineremo in dettaglio le principali opzioni. In particolare:

  • I capitoli 1 e 2 illustrano rispettivamente gli strumenti pubblici e quelli privati per reperire liquidità, con indicazione di requisiti, vantaggi e rischi.
  • Il capitolo 3 sintetizza il quadro normativo italiano aggiornato (Codice della Crisi d’Impresa – D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche del 2022-2025, “Decreto Liquidità” e altre misure emergenziali, normative dell’Agenzia Entrate-Riscossione, ecc.), rilevanti per le aziende indebitate.
  • Il capitolo 4 riporta alcune pronunce giurisprudenziali recenti di particolare interesse per operazioni di finanziamento in contesti di crisi d’impresa.
  • Il capitolo 5 offre un focus su casi particolari di imprese (PMI, startup, artigiani), evidenziando le misure a loro dedicate.
  • Il capitolo 6 presenta esempi pratici con numeri e scenari realistici, utili a comprendere il funzionamento degli strumenti descritti.
  • Seguiranno infine FAQ (domande frequenti con risposte) per ogni sezione principale, tabelle riepilogative comparative e le fonti normative utilizzate.

Passiamo ora ad esaminare nel dettaglio le possibili soluzioni per ottenere liquidità immediata.

Strumenti Pubblici per Ottenere Liquidità Immediata

In Italia esistono numerosi strumenti pubblici pensati per sostenere le imprese in temporanea difficoltà finanziaria, migliorandone l’accesso al credito o alleggerendo alcuni oneri. Tali strumenti spaziano dalle garanzie pubbliche sui prestiti bancari, ai finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto, fino a misure fiscali di sollievo (come dilazioni o condoni parziali di debiti tributari). Di seguito analizziamo i principali.

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Fondo di Garanzia per le PMI (Mediocredito Centrale)

Uno strumento cardine per facilitare l’accesso al credito delle imprese è il Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese (PMI), gestito da Mediocredito Centrale. Istituito dalla L.662/1996, il Fondo offre una garanzia pubblica sulle nuove esposizioni creditizie delle imprese ammissibili, riducendo il rischio per la banca che eroga il finanziamento. In pratica, lo Stato si impegna a rimborsare una percentuale del prestito in caso di inadempimento dell’azienda, fino a un importo massimo garantito per impresa.

Copertura e requisiti: Tradizionalmente il Fondo garantiva fino all’80% dell’importo di finanziamenti a medio termine per investimenti e fino a percentuali più basse per prestiti di liquidità. A seguito dell’emergenza Covid, la copertura era stata temporaneamente elevata al 100% per piccoli prestiti fino a 25.000 € (poi 30.000 €) e al 90% per altri finanziamenti, per poi essere gradualmente rimodulata. Dal 2024-2025 la garanzia standard per prestiti di liquidità alle PMI è stata fissata al 50% (era 55-60% nel 2023 a seconda del rating), mentre resta più elevata (fino all’80%) per operazioni finalizzate a investimenti produttivi e per le startup. Il limite massimo cumulativo garantito per singola impresa è di 5 milioni € circa. Possono accedere al Fondo le imprese di praticamente tutti i settori (industria, commercio, servizi, artigianato, agricoltura con fondo dedicato ISMEA) che rientrino nei parametri europei di PMI (meno di 250 dipendenti e fatturato annuo < 50 mln € o attivo < 43 mln €). Importante novità: la Legge di Bilancio 2025 (L.207/2024) ha esteso l’operatività del Fondo anche alle cosiddette Mid-cap fino a 499 dipendenti, eliminando il precedente requisito minimo di 250 dipendenti. Restano invece escluse le imprese già in situazione di difficoltà conclamata (insolvenza, procedure concorsuali in corso) al momento della richiesta.

Vantaggi: Per l’impresa debitrice, la garanzia pubblica facilita l’ottenimento del prestito dalla banca, potendo sostituire in parte o totalmente le usuali garanzie reali o personali richieste (ipoteche, fideiussioni). La presenza del Fondo può inoltre tradursi in tassi di interesse più bassi o importi concessi maggiori rispetto a quanto l’azienda otterrebbe senza garanzia. Non vi sono costi diretti a carico dell’impresa per ottenere la garanzia (sebbene dal 2024 sia previsto un contributo una tantum a carico dei finanziatori in favore del Fondo). Durante la pandemia, questo strumento è stato vitale per erogare rapidamente liquidità alle PMI colpite da cali di fatturato. Ad esempio, prestiti bancari fino a 30.000 € garantiti al 100% dallo Stato venivano deliberati con istruttorie semplificate e tempi ridotti (a volte in poche settimane) grazie al cosiddetto “Decreto Liquidità” (D.L. 23/2020).

Svantaggi e limiti: La garanzia copre solo una parte del rischio: ad esempio, con copertura al 50%, la banca resta esposta per l’altro 50% e valuterà comunque il merito creditizio dell’impresa. Imprese fortemente compromesse finanziariamente potrebbero non ottenere il prestito nemmeno con la garanzia statale. Inoltre, il ricorso alla garanzia non esonera l’azienda dal rimborso: in caso di insolvenza, il Fondo di Garanzia pagherà la banca (escutendo la garanzia) ma si surrogherà nei diritti della banca verso l’impresa, diventando esso stesso creditore per la quota pagata. Vi è poi un limite alle risorse disponibili: negli anni, in periodi di alta domanda, sono stati introdotti massimali per singolo finanziamento o restrizioni settoriali. Ad esempio, dal 2023 sono state ridotte le percentuali garantite per i prestiti di mera liquidità proprio per contenere l’esposizione complessiva dello Stato. Infine, ottenere il prestito garantito non è immediato: occorre presentare domanda tramite una banca o confidi convenzionato, attendere la delibera bancaria e l’approvazione della copertura da parte del Fondo (di norma qualche settimana, in urgenza alcune banche deliberavano in 7-10 giorni, ma dipende).

Esempio pratico: La Alfa S.r.l., PMI commerciale con 40 dipendenti, necessita di 200.000 € per ripianare debiti urgenti. Priva di immobili da offrire in garanzia, ottiene però dalla banca un finanziamento di 5 anni grazie alla copertura del Fondo PMI all’80%. La banca applica un tasso del 3%, sapendo che in caso di default dello società potrà recuperare l’80% dallo Stato. Alfa S.r.l. ottiene così liquidità per 200.000 € con rate sostenibili (circa 3.600 € mensili) invece di ricorrere a finanziamenti più costosi. Senza la garanzia, la banca avrebbe probabilmente negato il credito o richiesto garanzie personali ai soci.

FAQ – Fondo di Garanzia PMI

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  • D: Chi può accedere al Fondo di Garanzia PMI?
    R: Possono fare richiesta (indirettamente, tramite la banca che eroga il finanziamento) le imprese di dimensione PMI di quasi tutti i settori, incluse professionisti e ditte individuali, purché in bonis (non devono avere procedure fallimentari in corso né essere impresa in difficoltà ai sensi UE prima del 2020). Dal 2025 l’accesso è esteso anche alle imprese fino a 499 dipendenti. Sono esclusi alcuni settori come attività finanziarie e assicurative, e in generale bisogna rispettare i limiti di aiuto di Stato (regime “de minimis” o regolamenti COVID applicabili).
  • D: Quali tipi di finanziamenti copre e in che misura?
    R: Copre varie tipologie di operazioni bancarie: per liquidità aziendale la garanzia attuale è pari al 50% dell’importo (era fino all’80-90% nel 2020-21), per nuovi investimenti produttivi rimane più alta (fino all’80%). Esistono sezioni speciali con coperture maggiori per startup innovative (80%) e per progetti di ricerca & sviluppo, oltre a una sezione per microcredito. L’importo massimo garantito è attorno a 5 milioni di euro per impresa collegata.
  • D: Come si presenta la domanda e in quanto tempo si ottiene la garanzia?
    R: L’iter standard prevede che l’impresa si rivolga a una banca o intermediario finanziario convenzionato con MCC. La banca valuta il merito creditizio e inserisce la richiesta di garanzia sulla piattaforma del Fondo. Se l’operazione è ammissibile, la garanzia viene concessa automaticamente (per piccoli importi) o dopo delibera del Consiglio di Gestione del Fondo. I tempi possono variare: indicativamente 2-4 settimane per l’esito finale. In periodi di crisi (es. pandemia) la procedura è stata velocizzata e semplificata.
  • D: Cosa succede se l’azienda non ripaga il prestito garantito?
    R: La banca attiverà la garanzia statale dopo aver escusso eventuali altre garanzie. Il Fondo pagherà alla banca la percentuale garantita (ad es. 80% del capitale residuo) e subentrerà come creditore verso l’impresa per quella somma (attraverso l’agenzia Mediocredito Centrale). In pratica, l’azienda rimane debitrice, solo che dovrà rimborsare lo Stato invece della banca per la parte garantita. Il vantaggio per l’impresa debitrice è che, almeno per la parte garantita, la banca non agirà esecutivamente (avendo ottenuto soddisfazione dallo Stato), ma attenzione: il Fondo può rivalersi giudizialmente sull’impresa insolvente.
  • D: La garanzia pubblica copre anche i vecchi debiti o solo i nuovi finanziamenti?
    R: Copre soltanto nuove operazioni finanziarie. Non viene concessa per ripianare direttamente esposizioni bancarie esistenti (ad esempio non si può “garantire” uno scoperto di conto pregresso), ma è possibile utilizzarla per un prestito che di fatto serve a rimborsare altri debiti (purché la banca deliberi un nuovo credito). In alcuni casi si è usata per consolidare debiti a breve in un finanziamento a medio termine garantito.

Misure pubbliche di emergenza e incentivi (Invitalia, contributi, fondi)

Oltre al Fondo di Garanzia, vi sono altri strumenti pubblici per sostenere la liquidità delle imprese in difficoltà. Durante la crisi pandemica 2020-2021 sono stati attivati numerosi finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto per imprese colpite da cali di fatturato. Al 2025 quei programmi emergenziali si sono conclusi, ma rimangono misure strutturali e nuovi bandi attivi. Eccone alcuni rilevanti:

  • Finanziamenti agevolati Invitalia per imprese in difficoltà: Invitalia (Agenzia nazionale per lo sviluppo) gestisce vari incentivi. Ad esempio, nel 2021 è stato operativo il Fondo Grandi Imprese in Difficoltà, che erogava prestiti quinquennali a tasso zero fino a 30 milioni € a grandi aziende in temporanea crisi di liquidità a seguito del Covid. Lo sportello è rimasto aperto solo fino ad aprile 2022. Per le PMI, Invitalia offre strumenti come Nuova Sabatini (contributo in conto interessi su finanziamenti bancari per beni strumentali), Smart&Start Italia (finanziamenti a tasso zero + fondo perduto per startup innovative), Nuove Imprese a Tasso Zero e altri bandi mirati a settori o territori svantaggiati. Questi interventi spesso richiedono progetti di investimento; non sono aiuti di emergenza, ma possono liberare risorse (ad es. abbattendo il costo di nuovi macchinari attraverso il contributo statale sugli interessi).
  • Contributi a fondo perduto e misure regionali: Molte Regioni e enti locali dispongono periodicamente bandi che erogano liquidità sotto forma di contributi a fondo perduto o prestiti agevolati alle imprese in difficoltà, attingendo a fondi europei (POR FESR, ecc.) o nazionali. Ad esempio, la Regione Calabria nel 2024 ha attivato un Fondo Competitività Imprese (FCI) con finanziamenti a tasso agevolato e contributi capitale per sostenere la liquidità delle PMI locali. Le Camere di Commercio talvolta offrono voucher (per digitalizzazione, fiere, ecc.) che, pur avendo destinazione specifica, di fatto alleviano uscite di cassa. Anche settori particolari ricevono attenzione: ad esempio, per il commercio al dettaglio la Legge di Bilancio 2025 ha prorogato crediti d’imposta su affitti per negozi del turismo/ristorazione e previsto esenzioni di costi fissi (come il canone RAI speciale) per esercizi in crisi. È importante quindi che l’imprenditore verifichi a livello locale quali bandi o bonus siano disponibili nel periodo, perché possono offrire liquidità aggiuntiva (se a fondo perduto) o risparmi di spesa.
  • Fondo Nuove Competenze (FNC): Si tratta di un particolare strumento pubblico che, pur non erogando liquidità diretta, consente alle imprese di risparmiare liquidità sul costo del lavoro attivando programmi di formazione per i dipendenti. In breve, l’azienda in difficoltà può accordarsi per ridurre temporaneamente l’orario di lavoro di parte del personale destinando quelle ore alla formazione; il Fondo Nuove Competenze, gestito da ANPAL e rifinanziato con risorse PNRR (730 milioni € per la terza edizione), rimborsa all’azienda il costo delle ore di formazione (retribuzione e contributi fino a un massimo di 150 ore per dipendente). In pratica, per alcuni mesi una parte degli stipendi è coperta dallo Stato, liberando liquidità. Ad esempio, un’azienda con 10 dipendenti può far fare a ciascuno 100 ore di formazione invece di lavoro produttivo: il Fondo rimborserà circa l’80% di quelle retribuzioni orarie, poniamo 8.000 € su 10.000 € totali, che l’impresa non dovrà sborsare. La terza edizione del FNC è aperta a tutte le imprese (non solo in crisi conclamata) e le domande si sono potute presentare fino ad aprile 2025. È uno strumento prezioso per imprese che, avendo cali di attività, investono in upskilling del personale ottenendo al contempo un sollievo finanziario temporaneo.

In sintesi, gli strumenti pubblici “non bancari” per la liquidità includono svariati interventi: dai fondi di emergenza (spesso temporanei) ai contributi e incentivi per progetti di ripresa, fino al sostegno indiretto via riduzione dei costi aziendali (FNC, sgravi contributivi per evitare licenziamenti, incentivi alle assunzioni, ecc.). Ogni misura ha criteri specifici (spesso occorre presentare un progetto e attendere graduatorie). Per un’azienda indebitata, però, ottenere anche un contributo a fondo perduto di qualche decina di migliaia di euro o risparmiare costi per un semestre può fare la differenza nella gestione della crisi.

FAQ – Incentivi e fondi pubblici

  • D: Un’azienda in crisi può ottenere finanziamenti Invitalia o fondi pubblici?
    R: In linea generale sì, purché non sia in stato di fallimento o liquidazione. Molti bandi richiedono che l’impresa sia “in bonis” (regolare con pagamenti e non soggetta a procedura concorsuale) ma anche che abbia prospettive di continuità. Ad esempio, il Fondo Salvaguardia Imprese istituito nel 2020 investe nel capitale di aziende medio-grandi in difficoltà temporanea per sostenerne il piano di risanamento e salvare l’occupazione: può intervenire però solo se c’è un piano credibile e co-investitori privati, e se l’impresa ha almeno 250 dipendenti o marchi storici o rilevanza strategica. Le piccole imprese possono accedere ad altri incentivi (es. Smart&Start per startup, bandi regionali) anche se hanno tensioni finanziarie, ma devono comunque dimostrare solidità sufficiente a realizzare il progetto finanziato.
  • D: Ci sono aiuti a fondo perduto per imprese fortemente indebitate?
    R: I veri e propri contributi a fondo perduto senza obbligo di rimborso oggi sono limitati a bandi specifici (innovazione, digitalizzazione, internazionalizzazione, ecc.) o a indennizzi per calamità. Non esistono contributi a fondo perduto statali “generici” per ripianare debiti aziendali. Tuttavia, in situazioni particolari il Governo ha previsto esoneri o cancellazioni di debiti: ad esempio la cancellazione automatica dei debiti fiscali fino a 1.000 € affidati all’agente della riscossione prima del 2015 (stralcio previsto dalla L.197/2022). Questo di fatto è un “aiuto” che allevia il carico debitorio. Per importi maggiori, esistono le definizioni agevolate (rottamazioni) di cui si dirà più avanti, che pur non essendo contributi, abbattono sanzioni e interessi.
  • D: Conviene usare il Fondo Nuove Competenze in caso di crisi di liquidità?
    R: Se l’azienda ha dipendenti sotto-occupati a causa di un calo di lavoro, sì: il FNC permette di trasformare le ore non lavorate in formazione finanziata, con un risparmio dell’80% circa del costo di quelle ore. È utile però solo se l’impresa ha tempo per formare il personale e cash-flow sufficiente a pagare i salari nell’immediato (il rimborso arriva a conguaglio). Non è uno strumento adatto a generare liquidità immediata se l’azienda è sul punto di non pagare gli stipendi correnti (in quel caso meglio valutare la cassa integrazione straordinaria).
  • D: Come trovare bandi o incentivi adatti alla propria impresa?
    R: Bisogna monitorare le fonti ufficiali: il portale incentivi.gov.it (catalogo nazionale incentivi), i siti della propria Regione e Camera di Commercio, oltre alle associazioni di categoria. In alternativa, ci si può rivolgere a consulenti specializzati. I bandi spesso hanno finestre temporali di apertura, importi limitati e specifiche graduatorie, quindi occorre pianificare per tempo la partecipazione.

Garanzie statali straordinarie (SACE, emergenziali)

Un altro filone di intervento pubblico riguarda le garanzie statali straordinarie su prestiti, gestite da SACE S.p.A. Tradizionalmente SACE offriva garanzie per l’export, ma con il Decreto Liquidità (D.L. 23/2020) le sue facoltà furono estese per sostenere internamente le imprese durante la pandemia. La “Garanzia Italia” di SACE ha coperto dal 70% al 90% di grandi finanziamenti bancari a imprese (anche oltre i limiti PMI) colpite dal Covid, fino a un plafond complessivo di 200 miliardi di €. Questa misura, insieme alla Garanzia PMI di MCC, ha permesso alle aziende di ottenere nell’immediato ingenti prestiti bancari con lo Stato a far da garante di ultima istanza.

Nel 2022, con la crisi economica derivante dalla guerra in Ucraina e caro-energia, è stata introdotta la Garanzia SupportItalia (tramite D.L. 50/2022, “Decreto Aiuti”): un nuovo schema SACE per imprese colpite dagli effetti del conflitto. Anch’esso offriva garanzie statali su prestiti bancari destinati a liquidità. Tale strumento non è stato prorogato oltre il 31 dicembre 2023, dunque dal 2024 non è più possibile presentare nuove richieste di garanzia SupportItalia. In generale, le garanzie SACE emergenziali avevano natura temporanea legata alle deroghe sugli aiuti di Stato approvate dalla Commissione UE (Temporary Framework Covid, ecc.).

Situazione 2024-2025: Terminata l’emergenza, SACE mantiene la possibilità di rilasciare garanzie a condizioni di mercato su finanziamenti alle imprese (ad esempio la nuova Garanzia “Archimede” istituita dalla L. 213/2023, che fino al 2029 sosterrà investimenti industriali e infrastrutturali con garanzie SACE fino a 25 anni). Tuttavia, tali strumenti non sono sovvenzionati dallo Stato come le precedenti garanzie emergenziali; servono più che altro ad agevolare investimenti di medio-lungo termine in settori strategici, e meno per risolvere problemi di cassa immediati.

Per le PMI, terminata la Garanzia Straordinaria al 100%, rimane disponibile la garanzia ordinaria del Fondo PMI (vista sopra). Per le imprese medio-grandi, conclusa Garanzia Italia/SupportItalia, l’accesso al credito torna alle logiche di mercato, sebbene possano valutare il coinvolgimento di SACE su progetti specifici (export, green economy).

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FAQ – Garanzie SACE e misure emergenziali

  • D: Posso ancora chiedere un prestito con garanzia statale al 90% come durante il Covid?
    R: Non nelle forme straordinarie Covid. Oggi (2025) le garanzie statali disponibili sono quelle ordinarie: il Fondo PMI (per prestiti fino a 5 mln alle PMI, con copertura standard 50-80%) e strumenti SACE a mercato. Le garanzie 100% statali su liquidità erano una deroga emergenziale cessata.
  • D: Le garanzie SACE attuali a cosa servono?
    R: La Garanzia “SupportItalia” di SACE per la crisi Ucraina è scaduta. La nuova Garanzia Archimede (2024) copre investimenti in infrastrutture, servizi pubblici locali, industria, transizione ecologica, ecc., con copertura e costo definiti caso per caso (fino al 80% probabilmente, ma a condizioni di mercato e con commissioni). Non è pensata per finanziare perdite o debiti pregressi, ma per facilitare nuovi progetti di sviluppo.
  • D: Cosa succede ai prestiti SACE Covid già ottenuti se l’azienda non riesce a pagarli ora?
    R: I prestiti garantiti dallo Stato vanno comunque rimborsati. Se l’impresa diventa insolvente, la banca potrà escutere SACE/Siccome la garanzia SACE era controgarantita dallo Stato, SACE paga la banca e lo Stato diventa creditore verso l’impresa per l’importo escusso. Non sono previsti condoni su quei prestiti, ma durante la pandemia era stata prevista la possibilità di allungare la durata fino a 10 anni e un periodo di pre-ammortamento lungo. Oggi se l’impresa è in crisi potrebbe rinegoziare col la banca (con consenso di SACE) un piano di rientro più lungo, ma senza ulteriori aiuti statali diretti.
  • D: Esistono altre garanzie pubbliche per ottenere liquidità immediata?
    R: Per alcuni settori specifici sì. Ad esempio in agricoltura c’è la garanzia ISMEA per i prestiti agrari; per il turismo il Fondo di garanzia Turismo; presso CDP ci sono fondi di venture capital pubblico. Ma in generale i canali principali sono il Fondo PMI e l’eventuale coinvolgimento di SACE su operazioni maggiori. Un’alternativa se l’impresa ha crediti verso la Pubblica Amministrazione è utilizzare strumenti come la compensazione di crediti fiscali o cederli a banche (spesso con garanzia garanzia dello Stato implicita perché il debitore è lo Stato stesso).

Sollievo fiscale e dilazioni dei debiti con il Fisco

Un’area cruciale per aziende sovraindebitate è la gestione dei debiti fiscali e contributivi. Lo Stato, tramite l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER), ha introdotto negli ultimi anni varie misure che, pur non fornendo liquidità aggiuntiva, liberano liquidità evitando esborsi immediati o riducendo l’ammontare dovuto. Ecco i principali strumenti fiscali di sollievo:

  • Rateizzazioni straordinarie dei carichi fiscali: Normalmente, un’azienda che riceve una cartella esattoriale può chiedere una dilazione fino a 72 rate mensili (6 anni). Recenti riforme hanno ampliato questa possibilità. Dal 2023-2024, per debiti fino a 120.000 € per singola richiesta è concesso automaticamente un piano fino a 84 rate mensili (7 anni) con semplice autocertificazione di temporanea difficoltà. Se il debito è superiore a 120.000 €, o se si vuole una durata maggiore, è possibile ottenere fino a 120 rate (10 anni) presentando idonea documentazione economico-finanziaria che provi lo stato di difficoltà. Addirittura, per debiti sotto 120.000 € con prova di difficoltà, AER può concedere piani fino a 10 anni (120 rate) già nel 2025. Queste novità (introdotte dal D.Lgs. 110/2024) rendono più flessibile il pagamento dei tributi arretrati. Inoltre, la soglia di debito sotto la quale non serve comprovare lo stato di difficoltà è stata elevata a 120 mila € (prima era 60 mila). Importante: la decadenza dal beneficio della dilazione ora avviene se si saltano 8 rate anche non consecutive (per piani concessi dal 2022 in poi), rendendo le dilazioni più robuste rispetto al passato (in cui bastavano 5 rate non pagate per decadere). Rateizzare i debiti fiscali consente all’impresa di evitare azioni esecutive e di suddividere l’esborso su più anni, migliorando la cassa mensile.
  • Definizioni agevolate (“rottamazione” delle cartelle): Il legislatore ha varato diverse “rottamazioni” che permettono di pagare i debiti iscritti a ruolo senza sanzioni e interessi di mora, risparmiando quindi una quota significativa. L’ultima in ordine di tempo è la Rottamazione-quater (2023) prevista dalla L.197/2022, che consente di definire i carichi affidati ad AER dal 2000 al giugno 2022 pagando solo le imposte/contributi dovuti + interessi legali e aggio, ma zero sanzioni e zero interessi di mora. In molti casi ciò riduce il debito di oltre il 30%. Ad esempio, una cartella per IVA non versata da 50.000 € con 12.000 € di sanzioni e 5.000 € di interessi verrebbe definita pagando solo i 50.000 € (più un interesse ridotto al 2% annuo dal 2023). La rottamazione-quater ha permesso il pagamento in 18 rate fino al 2027. Chi ne ha fatto richiesta nel 2023 sta iniziando ora i pagamenti: questo strumento riduce l’ammontare dovuto e diluisce nel tempo (fino a 5 anni) il pagamento, liberando risorse nel breve termine. Se dovessero essere introdotte nuove definizioni agevolate (il governo periodicamente valuta “rottamazioni” ulteriori), sono opportunità da cogliere per alleggerire il bilancio dell’impresa dai debiti pregressi.
  • Stralcio dei piccoli debiti: Come accennato, la Legge di Bilancio 2023 ha disposto la cancellazione automatica dei carichi fino a 1.000 € affidati ad AER tra il 2000 e il 2015. Questa misura (stralcio dei mini-debiti) ha estinto d’ufficio milioni di vecchie micro-cartelle. Per un’azienda, vedersi cancellati ad esempio 3 avvisi da 800 € ciascuno (magari per bollo auto o tasse locali) significa 2.400 € di esborso evitato. Non molto, ma ogni risparmio di cassa conta se si è in difficoltà.
  • Transazione fiscale e contributiva: Nell’ambito delle procedure di concordato preventivo o accordi di ristrutturazione, la legge consente di trattare con Agenzia Entrate e INPS un pagamento parziale dei tributi e contributi, superando il divieto assoluto di falcidia dell’IVA e ritenute (grazie alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 83/2022 in attuazione della Direttiva UE 2019/1023). Fu una svolta rispetto al passato quando la Cassazione a Sezioni Unite (sent. 8500/2021) aveva aperto alla possibilità di soddisfare parzialmente l’IVA in concordato, poi recepita nella nuova normativa. Ciò però riguarda procedure concorsuali: se l’azienda negozia un piano di ristrutturazione del debito con omologa del tribunale, può prevedere anche un pagamento ridotto dei debiti fiscali (tipicamente almeno il 20-30%) ottenendo il voto favorevole (o la cram-down) dell’Erario. Questa opzione è trattata più avanti nella sezione normativa, ma è bene citarla perché è un potenziale abbattimento dei debiti tributari – sebbene attuabile solo in un contesto legale formale.

In conclusione, una gestione accorta dei debiti fiscali può generare “liquidità indiretta”: ottenere piani di rateazione decennali evita esborsi immediati massicci; aderire a rottamazioni riduce il debito da pagare; pianificare un’eventuale procedura concorsuale con transazione fiscale può tagliare la parte non pagabile del debito. Ovviamente, queste misure vanno utilizzate coordinandole con il piano di risanamento aziendale complessivo.

FAQ – Debiti fiscali e contributivi

  • D: Ho debiti con il Fisco: meglio rateizzare o aspettare una rottamazione?
    R: Dipende. La rateizzazione va richiesta tempestivamente per bloccare le azioni esecutive e ottenere il Durc (per i contributi). Se è in vista una “rottamazione” annunciata, potrebbe convenire attendere quella per risparmiare su sanzioni e interessi, ma non c’è garanzia che vi sarà una nuova edizione a breve. In genere è prudente rateizzare subito per mettersi in regola, e poi eventualmente aderire alla definizione agevolata se esce (come è stato consentito fare nel 2023: anche chi aveva un piano in corso poteva comunque rottamare il residuo).
  • D: Posso pagare meno del dovuto al Fisco se l’azienda è in crisi?
    R: Al di fuori delle rottamazioni o dello stralcio dei mini debiti (che sono previsti per legge), l’unico modo per tagliare la quota capitale dei tributi è attraverso una procedura concorsuale omologata (concordato preventivo o accordo di ristrutturazione con transazione fiscale) in cui l’Erario accetti un pagamento parziale. Questo però richiede di intraprendere un percorso formale in tribunale, non è una scelta unilaterale dell’impresa. Dunque, nel quotidiano, l’impresa deve considerare di dover pagare interamente tasse e contributi, salvo le facilitazioni su interessi e sanzioni offerte dalle definizioni agevolate.
  • D: Quante rate posso ottenere al massimo per i miei debiti tributari?
    R: Dal 2025, fino a 10 anni (120 rate mensili) presentando documentazione che provi lo stato di difficoltà economica. Fino a 120 mila € di debito, basta un’autodichiarazione per avere fino a 7 anni (84 rate) subito. Per importi più alti serve produrre bilanci, indice di liquidità <1 o altri parametri che l’Agenzia valuterà secondo il decreto MEF 27/12/2024. Se la difficoltà è confermata, anche un debito grande (es. 500 mila €) può essere dilazionato in 10 anni. Attenzione però: se si saltano 8 rate, si decade e il debito torna immediatamente esigibile per intero.
  • D: Le rate fiscali hanno interessi? Riuscirò a pagarle?
    R: Sì, le rateazioni di cartelle hanno un interesse annuale relativamente basso (attualmente 2% annuo circa dopo la riforma, prima era 4.5%). Quindi il costo dell’operazione è sostenibile. Pianificare bene le scadenze è fondamentale: conviene chiedere il numero massimo di rate compatibile con la propria situazione per avere rate più piccole. Ad esempio, un debito di 120.000 € in 10 anni genera circa 1.100 € di rata mensile, molto più gestibile di 2.500 € al mese se dilazionato in 4 anni. La normativa consente di modulare in base alla capacità finanziaria, ma richiede disciplina nei pagamenti.

Soluzioni di Mercato e Strumenti Privati di Finanziamento

Passiamo ora agli strumenti privati e di mercato che un’impresa indebitata può utilizzare per generare liquidità. A differenza degli aiuti pubblici, queste soluzioni implicano rapporti contrattuali con soggetti finanziari o investitori e sono disponibili a prescindere da bandi o risorse statali. Tuttavia, le condizioni offerte (importi, costi, requisiti) dipendono strettamente dalla situazione di rischio dell’azienda: un’impresa in grave crisi troverà più costoso o difficile accedere a finanziamenti privati. Analizziamo i principali strumenti.

Factoring (Cessione dei crediti commerciali)

Il factoring consiste nella cessione dei crediti commerciali di un’azienda ad un intermediario finanziario (società di factoring o banca) che anticipa immediatamente una percentuale del loro valore, trattenendo una commissione. In questo modo, l’impresa trasforma le fatture non ancora incassate in liquidità disponibile subito. Ad esempio, se l’azienda ha emesso fatture per €100.000 pagabili dai clienti a 90 giorni, cedendole pro soluto a un factor potrebbe ricevere subito ~€90.000 (al netto di interessi e commissioni), migliorando la cassa.

Pro soluto vs pro solvendo: Nella cessione pro soluto il factor si assume il rischio di insolvenza del debitore ceduto (il cliente che deve pagare la fattura): se il cliente non paga alla scadenza, l’azienda cedente non ne risponde. Nel pro solvendo invece l’azienda cedente garantisce la solvibilità: se il cliente non paga entro un certo termine, il factor può rivalersi sull’azienda cedente (quindi in pratica è un anticipo su crediti con rischio che rimane in capo all’impresa). Per un’azienda in difficoltà, il factoring pro soluto è preferibile, perché elimina il rischio di mancato incasso e permette di scaricare dal bilancio i crediti ceduti; tuttavia, è più costoso e non sempre disponibile (il factor lo concede solo se i debitori ceduti hanno buona affidabilità).

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Requisiti e fattibilità: Il factoring è adatto a imprese che vantano crediti verso clienti affidabili, specie se questi pagano a lungo termine. Molte PMI lo usano regolarmente per finanziarsi sul capitale circolante. Se però l’azienda cedente è prossima al default, il factor starà attento a possibili contestazioni sui crediti (ad es. il cliente potrebbe rifiutare il pagamento per inadempienze dell’azienda cedente). Inoltre, se c’è già un pignoramento sui crediti o se l’azienda è in procedura concorsuale, la cessione può complicarsi. La legge italiana (L.52/1991) tutela comunque il factor: se la cessione del credito ha data certa anteriore al fallimento, i pagamenti effettuati dal debitore ceduto al factor non sono revocabili dal curatore (purché avvenuti nei termini d’uso). La Cassazione ha chiarito che questa esenzione dalla revocatoria fallimentare vale solo per i pagamenti ordinari del debitore ceduto, non per eventuali atti di pagamento anomali o anticipati fuori dalle scadenze pattuite.

Vantaggi: Il factoring offre liquidità immediata e flessibile: man mano che si emettono fatture, si possono cedere e ottenere anticipi in pochi giorni. Non richiede garanzie reali, perché la garanzia è il credito stesso ceduto. Per un’azienda con portafoglio clienti solido ma tensioni di cassa, è una linfa vitale. Consente anche di esternalizzare la gestione crediti (il factor spesso cura l’incasso e talvolta assume il rischio). Un vantaggio legale: i crediti ceduti pro soluto escono dal patrimonio aziendale, riducendo l’esposizione in caso di procedura concorsuale (e il corrispettivo incassato è liquidità utilizzabile magari per pagare debiti urgenti).

Costi e rischi: Di contro, i costi possono essere alti: oltre agli interessi sul pre-finanziamento (in pratica un tasso applicato fino alla data di incasso fattura), il factor applica commissioni (di gestione, valutazione dei debitori, ecc.). In situazioni di forte rischio, il factor potrebbe anticipare solo percentuali basse (es. 60-70%) o rifiutare alcuni crediti. Inoltre, se l’impresa debitrice fallisce entro 6 mesi dagli incassi, c’è il rischio che il curatore tenti comunque un’azione revocatoria sui pagamenti ricevuti dal factor, sostenendo fossero anomali: sebbene la legge 52/91 offra protezione, in casi complessi (es. factoring con operazioni collegate) i giudici potrebbero disconoscere l’esenzione. Altro rischio: nel factoring pro solvendo, se il cliente non paga, l’azienda dovrà restituire l’anticipo ricevuto, magari aggravando la sua crisi.

Esempio pratico: La Beta S.p.A., con 2 milioni € di crediti verso la GDO incassabili a 120 giorni, ha urgente bisogno di 500.000 € per pagare fornitori. Stipula un accordo di factoring pro soluto: il factor anticipa l’80% dei crediti presentati, applicando un tasso annuo del 5% e commissioni pari all’1%. Beta cede fatture per 625.000 € ottenendo subito 500.000 € liquidi. Pagherà al factor circa 15.000 € di interessi se il pagamento avviene in 90 giorni, più 6.250 € di commissioni. Il costo effettivo (circa 21.250 €, ovvero ~3,4% in 3 mesi) è elevato, ma Beta ha evitato una crisi di liquidità e, grazie all’incasso anticipato, può rispettare le scadenze con i fornitori e mantenere aperte le linee di approvvigionamento.

FAQ – Factoring

  • D: Il factoring è possibile se i miei clienti sono in ritardo o dubbi?
    R: Dipende. Il factor valuta la qualità dei crediti. Se i clienti hanno protesti o pagano molto in ritardo, difficilmente anticiperà quei crediti, oppure li prenderà pro solvendo (ossia con rivalsa su di te se non pagano) e magari anticipandoti meno del valore (es. 50%). Se invece i crediti sono verso enti pubblici o grandi imprese con buon rating, anche se tu azienda sei in crisi il factor può accettare di anticiparli, perché confida che il debitore finale pagherà.
  • D: Posso cedere in blocco tutte le fatture e liberarmi del pensiero?
    R: Sì, esistono contratti di factoring continuativo dove tutte le tue fatture vengono cedute man mano. In tal caso il factor spesso notifica la cessione ai clienti e diventa lui a gestire gli incassi. Questo migliora subito la tua posizione finanziaria, ma considera che perdi il controllo sul rapporto con i clienti per quanto riguarda i pagamenti. Inoltre devi attenerti ai limiti di affidamento concessi dal factor.
  • D: Il factoring può essere revocato in caso di fallimento?
    R: La cessione dei crediti in sé no, se ha data certa anteriore al fallimento (ad esempio atto notarile o registrazione, o notifica ai debitori). I pagamenti che il factor riceve dai debitori ceduti non sono revocabili come “pagamenti preferenziali”, a condizione che avvengano nei termini pattuiti originariamente (se il debitore paga in anticipo fuori dalle scadenze, potrebbe essere visto come anomalo). Comunque, è bene cedere crediti il più presto possibile e con procedure formalizzate, per evitare contestazioni se poi c’è una bancarotta.
  • D: Il factoring è compatibile con altri finanziamenti o con il Fondo PMI?
    R: Sì, sono strumenti complementari. Puoi ottenere un prestito bancario garantito dallo Stato e insieme cedere crediti via factoring. L’importante è che sullo stesso credito non ci siano doppie cessioni o pegni: ad esempio, se hai dato in garanzia generale crediti a una banca, devi escludere quelli che cedi al factor. Inoltre, la presenza di factoring migliora alcuni indici finanziari, cosa utile se stai negoziando ristrutturazioni: riduce il DSO (giorni di incasso) e quindi migliora il capitale circolante netto.

Cessione del quinto e prestiti personali per i soci/imprenditori

Quando l’azienda non riesce ad ottenere finanziamenti diretti (ad es. per rating basso), una via indiretta per immettere liquidità è far ricorso ai soci o al titolare: questi possono ottenere un prestito personale e poi versare i fondi in azienda. Tra le varie forme di prestito personale, merita attenzione la cessione del quinto dello stipendio o della pensione, perché offre condizioni relativamente vantaggiose e accessibili se chi la richiede ha uno stipendio fisso.

Cos’è la cessione del quinto: È un tipo di prestito al consumo dedicato a dipendenti (pubblici o privati) e pensionati, in cui la rata mensile viene trattenuta direttamente dalla busta paga o pensione, e non può eccedere un quinto (20%) dell’importo netto mensile. Ha durata massima 10 anni. Poiché il rimborso è garantito dalla trattenuta in busta paga, questi prestiti hanno tassi relativamente contenuti e possono essere concessi anche a soggetti con altri debiti o con un passato creditizio non perfetto. Inoltre, per legge devono essere assicurati (polizza rischio vita e impiego che tutela il rimborso in caso di morte o perdita lavoro del debitore).

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Esempio e utilizzo per l’azienda: Poniamo che il titolare della Gamma S.r.l. percepisca uno stipendio netto di 1.500 € come amministratore. Egli può chiedere una cessione del quinto impegnando 300 €/mese. Su 10 anni (120 mesi) ottiene circa 25.000 € netti di prestito, che poi versa in azienda come finanziamento soci. La società così riceve 25.000 € di liquidità immediata, e il socio restituirà il prestito negli anni con la trattenuta sul suo stipendio. Anche un dipendente dell’azienda potrebbe farlo volontariamente per aiutare l’impresa, ma è meno comune e delicato (meglio limitarlo a soci o amministratori che abbiano uno stipendio formalizzato). La cessione del quinto può essere chiesta anche dal coniuge pensionato, etc., se c’è volontà di sostenere l’impresa familiare.

Pro e contro: Vantaggi – è spesso l’unico modo per ottenere credito quando l’azienda non è finanziabile: si sfrutta l’affidabilità reddituale personale del socio/lavoratore. I tassi, benché più alti dei mutui, sono inferiori ad altri prestiti personali non garantiti: tipicamente dal 5% all’11% annuo a seconda dei casi. La durata lunga rende la rata bassa. Lo svantaggio è che impegna una fonte di reddito personale: se l’azienda poi va male e non può più pagare lo stipendio al socio, quest’ultimo dovrà comunque trovare il modo di pagare le rate (oppure l’assicurazione interverrà ma poi rifarà causa). Inoltre il capitale ottenibile non è enorme (il max è generalmente 50-75.000 € se lo stipendio è elevato). Va considerato un “ultima risorsa” per immettere denaro in azienda attingendo al credito personale.

Altre forme di prestito personale: In parallelo alla cessione del quinto, un imprenditore può valutare un prestito personale tradizionale o un mutuo ipotecario (ad es. ipotecando la casa personale) se servono somme più grandi. Tuttavia, in situazioni di crisi molte banche sono restie a concedere mutui a imprenditori il cui reddito dipende dall’azienda in difficoltà. La cessione del quinto ha invece il vantaggio che la valutazione si basa più sul posto di lavoro che sulla società (per un dipendente pubblico è quasi automatica, per un dipendente di azienda privata conta la solidità dell’azienda datrice).

FAQ – Cessione del quinto e prestiti personali

  • D: Posso far intestare un prestito ai miei dipendenti per finanziare l’azienda?
    R: Tecnicamente sì, un dipendente potrebbe ottenere un prestito con cessione del quinto e girare i soldi all’azienda. Ma è una scelta delicata: significherebbe far indebitare il dipendente a titolo personale. Meglio che queste operazioni le facciano i soci o gli amministratori che hanno interesse diretto. Inoltre, coinvolgere più dipendenti indebitandoli per salvare l’impresa può creare malumori e non è prassi corretta.
  • D: Che succede se chi ha fatto la cessione del quinto perde il lavoro?
    R: Se è un dipendente e viene licenziato, l’assicurazione interviene rimborsando il residuo (fino a capienza del TFR maturato). Ma poi la finanziaria/assicurazione potrebbe rivalersi sull’ex dipendente per la parte eventualmente eccedente il TFR. In caso di amministratore/socio, se smette di percepire lo stipendio perché l’azienda chiude, resterà personalmente obbligato e, non avendo più la trattenuta automatica, dovrà pagare le rate manualmente (l’assicurazione in genere copre solo caso morte in quel frangente, non la perdita del ruolo di amministratore).
  • D: Quali sono i costi e tassi della cessione del quinto?
    R: I tassi effettivi annui (TAEG) includendo assicurazione variano per legge in base a tabelle MEF trimestrali. Mediamente siamo intorno al 5-6% annuo per pensionati e statali, 7-9% per dipendenti privati, ma possono arrivare all’11-13% per fasce rischiose. Il che significa che su 10.000 € di capitale si restituiscono 12-14.000 € in 10 anni. Come costi, ci sono poi commissioni bancarie e la polizza obbligatoria (già inclusa nel TAEG comunicato). È comunque uno dei prestiti “personali” meno costosi sul mercato, grazie alla garanzia del quinto.
  • D: Conviene garantire un prestito personale con ipoteca su casa o è meglio la cessione quinto?
    R: Dipende dall’importo. Se servono 200.000 €, solo un mutuo ipotecario personale può arrivare a tanto, ma la banca valuterà molto attentamente la capacità di rimborso e l’immobile. La cessione del quinto dà importi più bassi ma con iter più semplice e senza ipoteca. Inoltre l’ipoteca mette a rischio la casa di famiglia se poi non si paga. In sintesi: per somme piccole/medie (fino a 50k) la cessione quinto è una soluzione rapida; per somme grandi serve coinvolgere garanzie reali, ma a quel punto è quasi un sacrificio personale per salvare l’azienda e va ponderato bene (magari esplorando alternative come nuovi soci o investitori).

Sale & Lease-back (vendita con retrolocazione)

Il sale and lease-back è un’operazione mediante la quale un’azienda vende un proprio bene (tipicamente un immobile commerciale o un macchinario di valore) ad una società di leasing, e contestualmente stipula un contratto di leasing sullo stesso bene, continuando ad usarlo dietro pagamento di un canone periodico, con opzione di riacquisto finale. In sostanza, è un modo per “liberare” liquidità dal patrimonio fisso senza perdere immediatamente la disponibilità del bene: il ricavato della vendita fornisce cassa immediata, mentre l’azienda può continuare a utilizzare l’asset pagando rate di leasing.

Vantaggi e quando utilizzarlo: Il lease-back può essere molto utile se l’impresa possiede beni di valore non ipotecati – ad esempio un capannone di proprietà o macchinari pagati – e ha urgente bisogno di denaro. Vendendoli alla società di leasing, incassa subito il valore (al netto di eventuale sconto) e ottiene liquidità. Rispetto a un mutuo ipotecario, il lease-back può finanziare una quota maggiore del valore (anche 100%) e può essere più rapido da ottenere se la società di leasing valuta positivamente il bene. Inoltre i canoni di leasing sono deducibili fiscalmente come costi (mentre un immobile proprio non genera costi deducibili se non ammortamenti). Dunque c’è anche un beneficio fiscale: si trasforma un bene in liquidità e costi periodici deducibili.

Svantaggi e rischi: Il principale rischio è che se l’azienda non paga i canoni, perde definitivamente la proprietà del bene (che resta in capo al leasing). Nel lease-back immobiliare, ad esempio, se l’impresa fallisce durante il leasing, l’immobile è già fuori dal fallimento (essendo della società di leasing) e l’impresa lo perderà; i creditori concorsuali non potranno contare su quel cespite. È un rischio soprattutto se dal bene dipende l’attività (es. la sede produttiva); bisogna essere ragionevolmente certi di poter sostenere le rate di leasing con la ripresa delle operazioni grazie alla liquidità ottenuta. Altro possibile svantaggio è il costo: il leasing include interessi (solitamente un tasso simile a quello di un finanziamento a medio termine) più eventuali maxicanoni iniziali o finali. Inoltre la società di leasing in genere acquista il bene a prezzo di mercato ma può richiedere perizia: se l’immobile è già ipotecato o se ha un valore di realizzo dubbio, potrebbe offrire meno del valore contabile.

Aspetti legali: Il sale & lease-back è perfettamente lecito, ma ha suscitato in passato questioni di validità se usato come mero escamotage finanziario. La legge vieta il “patto commissorio” (art.2744 c.c.), cioè accordi in cui a fronte di un prestito il creditore può prendersi un bene del debitore in caso di mancato pagamento. Un lease-back potrebbe celare un finanziamento: la società di leasing fornisce denaro e si garantisce col bene. La Cassazione (sent. n. 28553/2024) ha ribadito che per valutare la validità di un lease-back occorre verificare se l’operazione complessiva abbia funzione di garanzia vietata. Non servono necessariamente tutte le “spie” classiche (azienda venditrice in difficoltà, prezzo di vendita troppo basso, canoni equivalenti a interessi) per dichiararlo nullo: basta provare che il fine reale era aggirare il divieto di patto commissorio. In sostanza, se il sale & lease-back è concluso a condizioni irragionevoli (prezzo nettamente inferiore al valore, canoni sproporzionati), e la finalità è solo garantire un finanziatore, rischia di essere dichiarato nullo con obbligo di restituzione del bene e dei canoni. Viceversa, se avviene a prezzo equo di mercato e con genuina volontà di entrambe le parti, è valido. Ad esempio, Cass. 5438/2006 riconobbe legittimo un lease-back ben bilanciato.

Esempio pratico: La Delta S.r.l. possiede un impianto industriale valutato 1 milione € (libero da ipoteche). Necessita di 800.000 € liquidi per rientrare dai debiti verso banche. Concorda con una società di leasing la vendita dell’impianto per 1 milione e contestuale leasing: incassa 1 milione €, paga un canone mensile di 15.000 € per 6 anni, e ha opzione finale di riacquisto a 50.000 €. In totale pagherà ~1,13 milioni (interessi inclusi) in 6 anni. Con quei 1.000.000 € Delta estingue alcuni debiti onerosi e torna liquida. Tuttavia, se tra due anni non riuscisse più a pagare i canoni, la società di leasing risolverebbe il contratto e Delta perderebbe l’impianto (dovendo restituirlo immediatamente).

FAQ – Sale & Lease-back

  • D: Quali beni si prestano al lease-back?
    R: Soprattutto gli immobili aziendali (capannoni, uffici) e i macchinari costosi. Devono essere beni di proprietà dell’impresa, liberi da vincoli o sui quali il leasing possa riscattare eventuali ipoteche esistenti (magari una parte del ricavato va a estinguere il mutuo in essere). Beni troppo specializzati o di difficile riutilizzo possono non interessare al finanziatore.
  • D: Che differenza c’è con un normale leasing o con un mutuo?
    R: Nel leasing tradizionale l’azienda sceglie un bene nuovo e la finanziaria lo acquista per poi dartelo in locazione: serve per investire in un asset. Nel lease-back invece il bene è già tuo – è un’operazione prettamente finanziaria per generare cassa. Rispetto a un mutuo ipotecario, il lease-back comporta che tu vendi il bene e ne perdi la proprietà per la durata del leasing; nel mutuo rimani proprietario e l’immobile è solo ipotecato. Il lease-back può finanziare anche il 100% del valore, il mutuo di solito arriva al 60-70%. Fiscalmente, i canoni di leasing sono tutti deducibili più rapidamente degli ammortamenti di un bene di proprietà.
  • D: Il sale & lease-back può essere contestato dai creditori o dal curatore?
    R: Sì, può succedere. Se l’azienda fallisce entro 2 anni dall’operazione, il curatore potrebbe agire per far dichiarare nullo il contratto come patto commissorio simulato, specie se c’erano indicatori di frode (ad esempio, prezzo di vendita enormemente più basso del valore reale, in modo che la società di leasing sia sicura di guadagnarci comunque). La Cassazione nel 2024 ha cassato una sentenza che riteneva valido un lease-back solo perché non tutte le “spie” erano presenti, ricordando che conta la sostanza: se era un prestito mascherato da vendita con scopo di garanzia, è nullo. Quindi, per sicurezza, l’operazione va fatta a valori di mercato e preferibilmente con tre soggetti distinti (venditore, compratore/lessor, e un finanziatore terzo) in modo da dimostrare la genuinità.
  • D: Conviene fare lease-back in crisi?
    R: Può essere risolutivo per recuperare liquidità, ma è un’arma a doppio taglio: stai di fatto vendendo un asset spesso critico per l’attività. Se la risoluzione della crisi fallisce, hai perso l’asset e aggravato la situazione. Se invece grazie a quel cash salvi l’impresa, in futuro potrai ricomprare il bene pagando tutte le rate. Valuta attentamente il business plan: le rate di leasing sono un costo fisso in più da sostenere, quindi il lease-back ha senso se l’azienda, risanati i debiti urgenti, torna profittevole abbastanza da coprire anche i canoni.

Crowdfunding e finanziamenti collettivi

Il crowdfunding consente di raccogliere capitali da un insieme diffuso di investitori tramite piattaforme online autorizzate. Per un’impresa in cerca di liquidità esistono diverse forme:

  • Equity crowdfunding: l’azienda (tipicamente una startup innovativa o PMI) offre quote/azioni in aumento di capitale sulla piattaforma; molti investitori sottoscrivono versando denaro e diventando soci. L’impresa ottiene così capitale proprio senza indebitarsi. In Italia dal 2017 tutte le PMI possono usare equity crowdfunding, non solo le startup innovative. Bisogna preparare un pitch, un business plan convincente e fissare un obiettivo di raccolta. Se la campagna ha successo, arriva liquidità in cambio di una partecipazione societaria ai finanziatori. Esempio: una startup in difficoltà di cassa può decidere di offrire il 10% del capitale per raccogliere 100.000 € da nuovi soci. Se trova sufficiente interesse del “crowd”, risolve la liquidità, ma ovviamente i vecchi soci si diluiscono.
  • Lending crowdfunding (P2P lending): qui l’impresa ottiene un prestito erogato da una molteplicità di persone/investitori attraverso la piattaforma, impegnandosi a restituirlo con interessi. È un’alternativa ai canali bancari, spesso più veloce ma con tassi più alti, perché gli investitori si assumono rischi maggiori. Alcune piattaforme italiane (es. Borsa del Credito, October) valutano il merito creditizio dell’azienda e la propongono agli investitori retail e istituzionali. Se la raccolta va a buon fine, la società riceve il prestito e poi paga rate mensili che la piattaforma distribuisce ai prestatori. Può essere utile per PMI che hanno ordini in crescita ma tensioni di cassa e magari non riescono ad ottenere subito credito bancario: la piattaforma, diversificando tra molti prestatori, può assumersi rischi che singole banche rifiutano. Naturalmente, per aziende in grave crisi conclamata, anche il P2P lending risulta difficile.
  • Invoice trading: una variante del crowdfunding di debito focalizzata sulle fatture. Simile al factoring, ma i fondi per comprare le fatture li mettono investitori online. L’azienda carica la propria fattura sulla piattaforma, gli investitori fanno offerte acquistandola con un certo sconto, e l’azienda riceve subito la somma. È molto rapido (anche pochi giorni) e flessibile. I tassi possono essere elevati (il rendimento per gli investitori può arrivare al 10% su base annua per fatture di piccole imprese). Tuttavia, se l’impresa ha clienti solidi, potrebbe ottenere condizioni accettabili. Piattaforme come Workinvoice operano in Italia in questo settore.
  • Reward o pre-sale crowdfunding: l’azienda raccoglie fondi offrendo in cambio prodotti o ricompense (non rimborsi in denaro). È tipico per lanciare nuovi prodotti (es. prenotazioni su Kickstarter), ma in contesti di crisi può servire a generare cassa se l’azienda ha una base clienti affezionata disposta a pagare in anticipo per beni/servizi futuri. Non è però una soluzione strutturale per debiti, più una tattica di marketing/prevendita.

Vantaggi: Il crowdfunding può mobilitare risorse in tempi brevi (campagne di qualche mese) e permette di accedere a capitali altrimenti inarrivabili (il pubblico degli investitori online). Per le imprese innovative o con una buona storia da raccontare, può essere più facile convincere centinaia di piccoli investitori a mettere 500 € a testa, che convincere una banca a prestare 200k €. Equity crowdfunding in particolare apporta capitale di rischio, quindi non va rimborsato (alleggerendo la struttura finanziaria). Il lending crowdfunding può dare prestiti anche senza garanzie, basandosi su credit scoring e diversificazione del rischio.

Svantaggi: Non tutte le campagne hanno successo – serve preparazione, marketing e una community interessata. Ci sono costi di piattaforma (commissioni sul raccolto, tipicamente 5-7%). Nell’equity crowdfunding, gestire poi decine o centinaia di piccoli soci può essere complesso (anche se di solito vengono stipulati patti parasociali o si usa il vehicle dell’investitore collettivo). Nel lending, i tassi spesso rispecchiano il rischio: un’azienda in difficoltà pagherà facilmente 8-10% annuo o più sul prestito ricevuto. Inoltre, l’azienda deve esporre pubblicamente i propri dati e piani: se è in una fase di crisi, potrebbe essere controproducente rendere noti a tutti gli investitori i problemi (bisogna saper impostare la comunicazione in modo costruttivo).

Aspetti regolamentari: In Italia l’equity crowdfunding è regolato da Consob (Regolamento n. 18592/2013 e succ. mod.) e ora anche dal Regolamento UE 2020/1503. Le piattaforme devono essere autorizzate. Per il lending/crowdfunding di debito, operano sotto normative di istituti di pagamento o collaborano con banche. L’azienda che raccoglie capitale via equity deve rispettare i limiti di capitale sociale e informativa previsti (ad esempio fornire bilanci, business plan).

FAQ – Crowdfunding

  • D: Una PMI non tecnologica può fare equity crowdfunding?
    R: Sì, dal 2017 la possibilità è aperta a tutte le PMI, non solo startup innovative. Ovviamente le piattaforme prediligono progetti con appeal (innovativi, green, real estate, ecc.). Ma ci sono stati casi di PMI tradizionali (es. un birrificio artigianale, un’azienda di moda) che hanno raccolto con successo. Occorre predisporre un’offerta di sottoscrizione di quote/azioni e un documento informativo.
  • D: E se poi i piccoli soci intralciano la gestione?
    R: Si tende a utilizzare veicoli o patti per accorpare i crowd-investor. Ad esempio, nominare un rappresentante comune per i nuovi soci, o farli entrare tramite un SPV (special purpose vehicle) unico. Così l’imprenditore continua ad avere interlocutori gestibili. Inoltre, spesso i crowd-investor sono passivi: investono piccole somme e non intervengono nella gestione quotidiana. L’importante è fornire trasparenza periodica per tenerli soddisfatti.
  • D: Quanto tempo serve per avere soldi tramite crowdfunding?
    R: Preparazione della campagna: 1-2 mesi (tra iscrizione piattaforma, materiali, approvazione Consob dell’offerta se equity). Campagna online: di solito 2-3 mesi. Accredito fondi: subito dopo la chiusura, entro qualche settimana (tolte commissioni). Quindi in totale possono volerci 3-6 mesi. Non è rapidissimo come il factoring, ma può portare capitali consistenti.
  • D: Se la campagna di lending non raggiunge l’obiettivo, posso averne una parte?
    R: Dipende dalla piattaforma. Alcune funzionano “tutto o nulla”: se non raggiungi il target prefissato, il prestito non parte. Altre consentono “best effort”: raccogli quello che arriva, magari in più tranche. Conviene fissare obiettivi realistici.
  • D: Il crowdfunding può danneggiare la reputazione se fallisce?
    R: Un po’ sì. Una campagna pubblica che fallisce (raggiunge tipo il 10% dell’obiettivo) segnala poco interesse del mercato, e quell’informazione rimane visibile. Può far sorgere dubbi su salute e prospettive dell’azienda. Meglio evitare di lanciare campagne senza prima sondare potenziali investitori anchor e senza un marketing adeguato.

Altri strumenti finanziari alternativi

Chiudiamo con una carrellata di altri strumenti che un’impresa in difficoltà può valutare per ottenere fondi:

  • Mini-bond: sono obbligazioni emesse da PMI (non quotate) offerte a investitori professionali. Introdotti in Italia nel 2012, permettono a società relativamente piccole di raccogliere credito disintermediato. Per emettere un minibond l’azienda deve avere bilanci solidi o un business plan credibile, e spesso viene affiancata da un arranger e da un investitore capofila (es. fondi di debito). Non è uno strumento immediato né adatto a situazioni di emergenza acuta (processo di emissione richiede settimane/mesi e rating/information memorandum), ma può essere utile in piani di risanamento di medio termine, specie se abbinato a garanzie (recentemente MCC può garantire fino a 30% di minibond di PMI) o a strutture come i “basket bond” (più imprese emettono insieme per diversificare). Il vantaggio è raccogliere somme rilevanti (milioni) con scadenze medio-lunghe (5-7-10 anni) e pagamento interessi periodici. Tuttavia, in caso di default del minibond, l’azienda va incontro ad azioni legali come con qualunque obbligazione.
  • Cessione di crediti fiscali: se l’impresa vanta crediti d’imposta (IVA a rimborso, bonus fiscali per investimenti, ecc.) può monetizzarli cedendoli a banche o altri soggetti. Negli ultimi anni questo è diventato comune col Superbonus 110% e altri bonus edilizi: molte imprese edili hanno finanziato la propria attività cedendo i crediti maturati (incassando subito ad esempio il 90% del valore). Nel 2023 il governo ha limitato la cedibilità di nuovi crediti per evitare abusi, ma i crediti esistenti restano cedibili. Anche crediti IVA possono essere scontati in banca, seppur con percentuali inferiori. Attenzione: contare su crediti futuri incerti può essere pericoloso (es. se un bonus fiscale viene contestato, chi ha comprato il credito può rivalersi sull’azienda cedente).
  • Pegno su magazzino o scorte: alcune banche offrono finanziamenti garantiti da pegno su beni in magazzino (si pensi ai settori vinicoli – pegno rotativo su vino – o al settore tessile). L’azienda ottiene liquidità lasciando in pegno le scorte; se non rimborsa, la banca può vendere le merci. È uno strumento di nicchia, ma previsto dal Codice Civile e agevolato da recenti normative per taluni comparti. Simile è il warranty sui magazzini (releasing), usato però da imprese più grandi.
  • Vendita di asset non strategici: in situazione di necessità, un’azienda può cedere asset secondari: una partecipazione, un ramo d’azienda marginale, macchinari inutilizzati, il parco auto, brevetti, ecc. Convertire beni in denaro per pagare i debiti è spesso l’anticamera di una ristrutturazione. Va fatto con attenzione per non pregiudicare la continuità, e preferibilmente nell’ambito di un piano concordato con i creditori (per evitare azioni revocatorie se vendite sottocosto). Tuttavia, può fornire liquidità immediata se si trova un acquirente rapidamente (magari con sconto).
  • Ingresso di un nuovo socio finanziatore: se l’azienda ha prospettive ma soffre debiti pregressi, cercare un investitore (fondo, business angel) disposto a immettere capitale fresco in cambio di quote può risolvere la liquidità e rafforzare il patrimonio netto. Questo rientra più nel campo della finanza straordinaria che in strumenti “pronti cassa”, ma è la soluzione più strutturale: capitale di rischio nuovo che ripaga i debiti e permette il rilancio. Ovviamente dipende dal convincere qualcuno a investire nonostante la crisi – spesso ciò avviene solo in parallelo ad accordi di ristrutturazione che riducano il debito (per non far scappare il nuovo socio).
  • Prestiti obbligazionari convertibili o strumenti mezzanini: per startup innovative o PMI dinamiche, emettere un prestito convertibile (che sarà rimborsato in equity in futuro) può attrarre investitori interessati a entrare come soci successivamente. Nel frattempo l’impresa riceve un finanziamento ponte. Anche qui, serve pianificazione e contratti ben strutturati; di solito coinvolge fondi di venture capital o investitori professionali, più che il pubblico.

In generale, gli strumenti alternativi vanno calibrati sul caso concreto. In situazioni disperate, spesso la soluzione è avviare una procedura concorsuale ordinata e trovare un accordo con i creditori piuttosto che rincorrere ulteriori finanziamenti che potrebbero solo rinviare l’inevitabile. Tuttavia, per imprese con modelli di business validi ma solo un problema di liquidità temporanea, le opzioni private di mercato offrono un ventaglio di opportunità per superare il momento critico.

FAQ – Strumenti alternativi

  • D: Un’azienda artigiana piccolissima può emettere minibond?
    R: In teoria sì se è costituita come S.r.l. o S.p.A., ma in pratica il costo e la complessità non lo giustificano. I minibond sono usati da PMI di dimensioni medio-alte (fatturato almeno 10-15 mln). Microimprese hanno altri canali (microcredito bancario, confidi).
  • D: Vale la pena cedere i crediti fiscali maturati?
    R: Se hai bisogno immediato di liquidità e non puoi aspettare i tempi del rimborso fiscale, sì può essere utile, anche accettando lo sconto che applica la banca/acquirente. Ricevi cash subito e trasferisci eventuali rischi (nel caso dei bonus edilizi, però, molte banche nel 2023 hanno smesso di comprare crediti per saturazione). Verifica bene la validità del credito prima di cederlo, perché se emergono irregolarità, la responsabilità potrebbe ricadere su di te.
  • D: Come trovare un investitore disposto a mettere soldi in una ditta in crisi?
    R: Non è facile. Bisogna presentare un piano di turnaround convincente e spesso passare per il canale del concordato in continuità o accordo di ristrutturazione: l’investitore entra a condizioni favorevoli (es. acquisendo l’azienda ripulita dai debiti a saldo e stralcio). Professionisti M&A e advisor finanziari possono aiutare a cercare potenziali interessati, ma richiede tempo. Per piccole imprese, il nuovo socio spesso è qualcuno del settore o un concorrente che rileva l’attività.
  • D: Cosa sono i Confidi e possono aiutare un’impresa indebitata?
    R: I Confidi sono consorzi di garanzia collettiva fidi che prestano garanzie alle banche per facilitare i prestiti ai soci (tipicamente PMI). Possono aiutare imprese con rating debole ad ottenere finanziamenti, garantendo una percentuale (ad es. 50%) del prestito bancario. Negli ultimi anni il loro ruolo è in parte sovrapposto al Fondo PMI (alcuni confidi operano come garanti “autorizzati” collegati al Fondo stesso). In pratica, rivolgersi a un Confidi di settore o territoriale può migliorare la possibilità di ottenere credito, ma l’impresa deve comunque avere prospettive di solvibilità. Inoltre i confidi richiedono una commissione e spesso l’azienda deve diventare socia versando una quota associativa.

Quadro Normativo Aggiornato (2022-2025) in Materia di Crisi d’Impresa e Liquidità

Le soluzioni per far fronte alla crisi di liquidità non possono prescindere dal contesto normativo entro cui l’impresa opera. Negli ultimi anni l’Italia ha riformato profondamente la disciplina della crisi d’impresa con l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) e sono state emanate normative straordinarie (es. Decreto Liquidità) per fronteggiare emergenze come il Covid. È essenziale comprendere come queste regole impattino le scelte del debitore.

Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e s.m.i.)

Dal luglio 2022 è pienamente in vigore il nuovo Codice della Crisi, che ha sostituito la vecchia Legge Fallimentare del 1942. Il CCII mira a favorire l’emersione tempestiva della crisi e il salvataggio delle imprese ancora vitali, introducendo strumenti di allerta (in parte posticipati) e procedure di ristrutturazione più flessibili, in attuazione anche di direttive UE.

Tra gli istituti principali che interessano le imprese indebitate:

  • Composizione negoziata della crisi: Introdotta col D.L. 118/2021 (conv. L.147/2021) e ora disciplinata nel Codice, è un percorso volontario e confidenziale in cui l’imprenditore in squilibrio finanziario, coadiuvato da un esperto indipendente nominato dalla CCIAA, tenta di negoziare con i creditori soluzioni per il risanamento (nuovi finanziamenti, ristrutturazioni del debito, accordi). Durante la composizione negoziata, l’impresa può chiedere misure protettive al tribunale (stay delle azioni esecutive) e ottenere autorizzazione a finanziamenti prededucibili. Questa procedura informale non impone automatica pubblicità (salvo la richiesta di misure protettive, che viene iscritta nel registro imprese). Vantaggio: può portare ad accordi stragiudiziali o agevolare l’accesso ad un concordato preventivo semplificato. Novità: con le modifiche del 2022 (D.Lgs. 83/2022) è stata incentivata ulteriormente prevedendo ad esempio una moratoria degli obblighi sulle perdite in caso di accesso alla composizione e segnalazioni obbligatorie di allerta da parte di INPS, Agenzia Entrate e Agenzia Riscossione quando certi ritardi di pagamento superano soglie (per spingere l’imprenditore ad attivarsi).
  • Accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR): L’accordo ex art.57 CCII (ex art.182-bis L.F.) è un contratto tra l’imprenditore e una parte dei creditori (almeno 60% dei crediti) che diventa vincolante con l’omologazione in tribunale. Consente di gestire la ristrutturazione del debito in modo relativamente rapido (se non ci sono opposizioni, entro 4-6 mesi). Il 2022 ha introdotto varianti come gli accordi ad efficacia estesa (che legano anche creditori dissenzienti di una certa classe, ad es. banche, se aderisce il 75% di quella classe) e gli accordi agevolati (con soglia ridotta 30% ma pagamento integrale dei dissenzienti). Vi è anche la possibilità di includere nella omologazione una transazione fiscale per falcidiare IVA e contributi, superando il previgente divieto (recependo l’art.6 della Dir. UE 2019/1023). Questo strumento è utile quando si ha il supporto della maggior parte dei creditori strategici ma si vuole un crisma di ufficialità e protezione (durante la trattativa l’imprenditore può chiedere misure protettive come nel concordato).
  • Concordato preventivo: Previsto dagli art.84-120 CCII, è la procedura concorsuale giudiziale per eccellenza, alternativa al fallimento (ora chiamato liquidazione giudiziale). Può essere in continuità aziendale (diretta, se l’azienda prosegue, o indiretta se l’attività viene ceduta ma mantenuta operativa da terzi) oppure liquidatorio. Le riforme 2022 hanno introdotto la suddivisione in classi obbligatoria per i creditori e la possibilità di cram-down: il tribunale può omologare il concordato anche senza l’approvazione di tutte le classi, purché almeno una classe di creditori non assicurati voti a favore e la proposta non li tratti peggio delle alternative (Absolute Priority Rule) – recependo la direttiva UE. In un concordato in continuità, l’imprenditore può reperire finanziamenti prededucibili per la gestione corrente e per il rilancio, con autorizzazione del tribunale (artt.100-101 CCII). Tali crediti saranno privilegiati in caso di eventuale successivo fallimento, così da incentivare banche o soci a finanziare l’azienda nel periodo di crisi. Inoltre, nel concordato liquidatorio è ora richiesto il soddisfacimento minimo del 20% ai chirografari, salvo eccezioni. Per quanto concerne la liquidità, il concordato consente di congelare le azioni esecutive e i pagamenti pregressi, permettendo all’impresa di utilizzare la cassa generata solo per l’esercizio dell’attività e secondo il budget autorizzato dal giudice.
  • Esdebitazione dell’imprenditore sovraindebitato: Nel caso di liquidazione giudiziale (ex fallimento), l’imprenditore persona fisica può ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) dopo la chiusura della procedura, a certe condizioni di meritevolezza. Questo è stato confermato e ampliato nel CCII. C’è anche una procedura di esdebitazione per “incapiente” (art.283 CCII) che consente all’imprenditore onesto ma sfortunato di liberarsi dei debiti anche se in liquidazione non è stato pagato nulla ai creditori, salvo obbligo morale di pagarli in futuro se la situazione migliora. Questo ovviamente riguarda l’ex imprenditore fallito e non salva l’azienda, ma è un elemento di contesto importante per chi rischia il tracollo: sapere di avere la possibilità di ripartire senza il fardello dei debiti passati.

Modifiche 2022-2025: Il Codice della Crisi ha subìto varie modifiche correttive:

  • Il D.Lgs. 83/2022 (vigente dal 15 luglio 2022) ha adeguato le norme italiane alla Direttiva Insolvency (UE 2019/1023): introdotte le classi obbligatorie e cram-down nei concordati, estesa la transazione fiscale, creati gli accordi semplificati e migliorata la composizione negoziata.
  • Sono state rinviate le misure di allerta interna (indicatori di crisi) che originariamente il Codice prevedeva: anziché far partire gli “alert” già dal 2021, si è preferito puntare sulla composizione negoziata volontaria. Tuttavia, dal 2023 gli enti pubblici (Fisco, Inps, Agenzia Riscossione) devono segnalare all’imprenditore e all’OCRI certi ritardi gravi (ad es. debiti IVA oltre 5.000 € e 90 giorni di ritardo) per stimolare la ricerca di soluzioni.
  • Il D.Lgs. 14/2023 e altri interventi minori hanno aggiustato dettagli tecnici e coordinamenti (es. in materia di sovraindebitamento dei consumatori, di concordato semplificato per liquidazione, etc.). Al 2025 non risultano ulteriori riforme organiche, ma è in corso una delega al Governo per razionalizzare le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi e altri aspetti.

Implicazioni pratiche per l’imprenditore indebitato: Occorre considerare seriamente l’utilizzo di questi strumenti legislativi per gestire la crisi. Ad esempio, avviare per tempo una composizione negoziata può evitare l’irreparabile e magari ottenere nuova finanza con la protezione della prededuzione. Oppure, se il debito è insostenibile, un concordato preventivo in continuità potrebbe consentire un taglio delle passività e il risanamento, con l’apporto di capitali freschi (da soci o terzi) protetti dalla legge. L’importante è non aspettare di finire la liquidità: il Codice della Crisi punisce la inerzia degli amministratori (che possono essere responsabili per aggravamento del dissesto) e premia chi attiva gli strumenti idonei.

FAQ – Codice della Crisi

  • D: L’accesso a composizione negoziata o concordato blocca i creditori subito?
    R: La composizione negoziata di per sé non blocca nulla automaticamente, a meno che l’imprenditore non richieda al tribunale le misure protettive (art.18 CCII) ottenendo una sospensione delle azioni esecutive per max 4+4 mesi. Il concordato preventivo, invece, prevede fin dal deposito della domanda il “automatic stay” di legge: i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e i contratti in corso proseguono (salvo eccezioni). Quindi, per proteggersi, spesso l’imprenditore deposita una domanda di concordato (anche in bianco) oppure – se vuole provare prima la via stragiudiziale – deposita comunque la richiesta di misure protettive durante la composizione negoziata.
  • D: Posso ottenere finanziamenti freschi durante queste procedure?
    R: Sì. Nella composizione negoziata, l’esperto può attestare che un nuovo finanziamento è funzionale al risanamento, e tale prestito godrà di privilegio generale prededuzione (art.10 CCII). Nel concordato o negli accordi omologati, i nuovi finanziamenti autorizzati dal giudice hanno super-priorità in caso di fallimento successivo (artt.99-101 CCII). Inoltre, per incentivare i finanziatori, la legge esclude la loro responsabilità penale per concorso in bancarotta semplice o preferenziale, salvo dolo. Quindi è previsto un quadro protettivo per chi immette liquidità in un’impresa in crisi con piano approvato.
  • D: Che differenza c’è tra concordato in continuità e liquidazione giudiziale? Perché scegliere il primo?
    R: Il concordato in continuità è un piano per evitare la morte dell’impresa: propone ai creditori un pagamento (anche parziale) ma lasciando l’azienda in attività, così da generare più valore (e salvare posti di lavoro). La liquidazione giudiziale (ex fallimento) invece chiude l’azienda, liquida i beni e paga i creditori con quel che ricava. Ovviamente i creditori preferiscono il concordato se garantisce un recupero superiore a quanto avrebbero nella liquidazione. Per l’imprenditore, il concordato è preferibile perché conserva l’attività (seppur ristrutturata) e lui può rimanerne alla guida (nel concordato con continuità indiretta magari l’azienda viene venduta a terzi, ma in ogni caso non c’è la stigmatizzazione del fallimento). Il Codice ha reso il concordato più flessibile e attraente, proprio per favorire le soluzioni di continuità ove possibile.
  • D: Se l’azienda va in liquidazione giudiziale, gli amministratori sono responsabili?
    R: Dipende dalla gestione. Il Codice e il Codice Civile (art. 2086 c.c.) obbligano l’imprenditore a istituire assetti adeguati a rilevare la crisi e ad attivarsi senza indugio. Se ha colposamente tardato nel richiedere il concordato o altra procedura aggravando il dissesto, può essere citato in responsabilità per i danni (dai creditori o dal curatore). Anche i soci in certi casi (s.p.a. con controllo) possono rispondere di abuso di direzione se hanno impedito soluzioni che avrebbero limitato il danno. Dunque, conoscere ed usare per tempo gli strumenti offerti dal CCII è anche un modo per tutelarsi personalmente.

Il “Decreto Liquidità” e altre norme emergenziali 2020-2021

Durante la pandemia di Covid-19, l’ordinamento italiano ha temporaneamente sospeso o modificato alcune regole concorsuali e ha introdotto misure eccezionali per sostenere la liquidità. Alcune di queste hanno avuto effetti fino al 2022:

  • Con il D.L. 23/2020 (Decreto Liquidità) si è stabilito ad esempio il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della Crisi (poi avvenuta nel 2022) e la sospensione fino a fine 2020 dell’obbligo degli amministratori di ridurre il capitale per perdite (evitando così che molte imprese con perdite Covid finissero subito in scioglimento per capitale <1/3). Tale sospensione è stata poi prorogata e in parte resa permanente dal Codice (art. 3 CCII non sanziona le perdite 2020-2021 nel computo).
  • Sono state congelate per alcuni mesi le istruttorie di fallimento e i termini per dichiarare fallimento su istanza di creditori; di fatto nel 2020 c’è stata una moratoria sui fallimenti, per dare respiro alle imprese colpite dal lockdown.
  • Il Decreto Liquidità e i successivi (D.L. 18/2020 “Cura Italia”, D.L. 34/2020 “Rilancio”, D.L. 73/2021 “Sostegni bis”, etc.) hanno introdotto le garanzie pubbliche sui prestiti (già discusse: Garanzia PMI 100%, Garanzia SACE) e le moratorie sui mutui: le PMI potevano sospendere fino a 12 mesi le rate di finanziamenti in essere (ex art. 56 D.L. 18/2020 e accordi ABI). Inoltre fu istituito il Fondo Gasparrini per la sospensione mutui prima casa esteso agli autonomi.
  • Sul fronte tributario, dal 2020 al 2021 vi sono stati vari rinvii di versamenti (IVA, ritenute, contributi) e dilazioni straordinarie, poi seguiti dalle definizioni agevolate 2023.

Al 2025, queste misure emergenziali sono cessate. È importante però ricordarle perché molte imprese hanno accumulato debiti grazie a quelle sospensioni (es. versamenti fiscali rinviati poi rateizzati) o contratto prestiti garantiti con scadenze che ora iniziano a pesare. La “coda lunga” dell’emergenza è la presenza in bilancio di queste esposizioni. Il legislatore nel 2022-2023 ha cercato di gestirle con:

  • Rinegoziazione/Allungamento dei prestiti garantiti: possibilità di estendere da 6 a 10 anni la durata dei prestiti Covid con garanzia statale e mantenere la garanzia (prevista da L.178/2020, art.1 co.248 e succ.).
  • Nuove “pace fiscali” per smaltire gli arretrati tributari (rottamazione-quater, ecc., di cui si è detto sopra).

Da menzionare anche il Decreto “Sostegni” (D.L. 41/2021) che ha introdotto la possibilità di richiedere la chiusura d’ufficio dei debiti verso Agenzia Riscossione fino a 5.000 € per imprese con determinati requisiti (contributi a fondo perduto percepiti ecc.), e ulteriori contributi una tantum per le imprese con cali di fatturato.

In sintesi, il biennio 2020-21 ha visto una sospensione di molte regole ordinarie per salvare il tessuto produttivo. Dal 2022 si è tornati al regime normale (nuovo CCII) con qualche strumento in più ereditato da quel periodo (es. la composizione negoziata). Un imprenditore nel 2025 deve quindi muoversi seguendo le regole ordinarie, ma può ancora beneficiare degli strascichi positivi di quelle norme transitorie (come piani di rientro lunghi per i prestiti Covid e definizioni di debiti pregressi).

FAQ – Normative emergenziali

  • D: Il Decreto Liquidità è ancora applicabile?
    R: Le sue misure principali (garanzie straordinarie, moratorie, rinvio codice crisi) sono terminate. Oggi rimane l’effetto di quelle che furono attuate: ad esempio, le aziende che ottennero prestiti garantiti nel 2020 stanno rimborsando secondo i piani concordati (spesso 5-6 anni, estensibili a 8-10). Le moratorie mutui PMI sono scadute a fine 2021 salvo specifici accordi. La parte normativa sull’allerta è stata superata dal CCII entrato in vigore nel 2022. Quindi, il decreto in sé è “storia”, ma con conseguenze presenti.
  • D: Se la mia azienda aveva una perdita enorme nel 2020, devo ancora ridurre il capitale?
    R: No, le perdite maturate negli esercizi 2020-2021 non rilevano ai fini di obblighi di ricapitalizzazione immediata grazie alle deroghe introdotte (prima col Decreto Liquidità e poi confermate dal Codice della Crisi). Avevi tempo fino al 2025 per ridurre capitale o provare il recupero. Dal 2022 però le nuove perdite vanno trattate normalmente. In pratica, quelle misure ti hanno dato tempo: assicurati ora, nel 2025, di sistemare eventuali buchi di bilancio con operazioni sul capitale, fusioni o altro, perché la protezione sta finendo.
  • D: Posso ancora sospendere le rate del mutuo aziendale per Covid?
    R: Non più con legge. Le moratorie generalizzate sono terminate. Puoi sempre provare a negoziare con la banca privatamente una rinegoziazione o ulteriore sospensione, ma dipende dalla banca accettare. Alcune banche aderiscono volontariamente a protocolli ABI di sospensione per imprese colpite dal caro energia o eventi eccezionali, ma non c’è un diritto legale automatico ora.
  • D: I “ristori” o contributi Covid vanno restituiti?
    R: No, i contributi a fondo perduto ricevuti per Covid (ad esempio quelli basati sui cali di fatturato dei vari DL Ristori) non sono da restituire, erano appunto a fondo perduto. L’importante è averli utilizzati correttamente; l’Agenzia delle Entrate sta facendo controlli e se uno li ha avuti senza averne diritto potrebbe chiederne la restituzione con sanzioni. Ma se erano dovuti, costituiscono un aiuto entrato a patrimonio dell’azienda. Semmai, attenzione che alcuni sostegni (es. finanziamenti Simest emergenza) erano prestiti a tasso agevolato che vanno rimborsati negli anni: tieni traccia di questi per non mancare le scadenze.

Giurisprudenza Rilevante Recente

Concludiamo il quadro normativo con uno sguardo ad alcune pronunce giurisprudenziali che nel periodo 2021-2025 hanno chiarito aspetti importanti per le imprese in crisi e i loro finanziatori:

  • Cass., Sez. Unite civili, n.8500/2021: ha segnato una svolta in tema di trattamento dell’IVA nei concordati preventivi. Le Sezioni Unite hanno stabilito che è ammissibile un concordato con pagamento parziale dell’IVA se ciò assicura ai creditori un soddisfacimento non inferiore all’alternativa liquidatoria e se lo Stato può beneficiare di eventuali utilità future (recependo la giurisprudenza comunitaria). Questa decisione ha superato il precedente orientamento (Cass. SU 2017) che riteneva l’IVA sempre infalcidiabile. Il legislatore ha poi allineato la legge, consentendo la transazione fiscale sull’IVA nel CCII. Per le imprese ciò significa che un piano di ristrutturazione può includere il taglio dell’IVA arretrata – prima impensabile – a patto di seguire le procedure corrette.
  • Cass., Sez. I, n.31652/2024: materia factoring e revocatoria. La Suprema Corte ha ribadito che nei contratti di factoring la protezione dalla revocatoria fallimentare riguarda solo i pagamenti dei debitori ceduti fatti nei termini normali. Se l’operazione esula dall’ordinario (es. un pagamento effettuato tramite delegazione di pagamento con triangolazioni poco chiare), non gode dell’esenzione dell’art. 6 L.52/1991 e può essere revocato come atto anomalo. In altre parole, ha delimitato l’area di sicurezza del factoring: finché si incassa alle scadenze pattuite, il factor è protetto; se si creano strutture artificiose per far avere soldi al factor prima del dovuto, tali pagamenti possono essere revocati dal curatore come atti preferenziali.
  • Cass., Sez. III, n.28553/2024: già citata, sul sale & lease-back. Ha cassato una sentenza di merito che riteneva valido un lease-back mancante solo parzialmente dei tre indici di possibile patto commissorio. La Corte ha affermato che non serve la presenza cumulativa di: a) situazione debitoria, b) stato di difficoltà del venditore, c) prezzo sproporzionato, per dichiarare nullo il contratto; basta dimostrare che in concreto l’operazione mirava a garantire un creditore aggirando il divieto del patto commissorio. Questa pronuncia mette in guardia finanziatori e imprese: se si usa il lease-back come puro mezzo di garanzia (prestito mascherato), si rischia la nullità. Occorre strutturarlo in modo genuino, con prezzo equo e senza condizioni capestro, e soprattutto senza uno stato di soggezione del debitore tale per cui il finanziatore si “assicura” il bene.
  • Cass., Sez. I, n.14299/2023: in tema di fallimento e azione revocatoria, ha chiarito che il sindacato di legittimità sulla valutazione dello stato d’insolvenza fatto dal giudice di merito è molto limitato. Questo viene dal caso di una società di calcio che aveva ceduto crediti da sponsor in factoring e poi fallita: il curatore contestava la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del factor (requisito per revocare l’opponibilità della cessione ex art. 7 L.52/91). La Cassazione ha detto che appurare se il factor sapesse dell’insolvenza è accertamento di fatto riservato al giudice di merito, non rivedibile in Cassazione se motivato. In pratica non entra nel merito, ma conferma l’approccio: se il factor era a conoscenza della crisi irreversibile del cedente, la cessione dei crediti non gli è opponibile al fallimento e i pagamenti ricevuti potrebbero dover essere restituiti.
  • Giurisprudenza di merito su concordati e transazione fiscale: numerose decisioni di Tribunali fallimentari dal 2022 hanno applicato le nuove norme permettendo omologazioni di concordati con cramming down del fisco. Ad esempio, Tribunale di Roma 2023 ha omologato un concordato in continuità con pagamento dell’IVA al 30%, ritenendo soddisfatto l’interesse dell’Erario data la comparazione con la liquidazione. Questo trend indica una maggiore apertura delle corti a soluzioni di ristrutturazione innovative, e un ruolo meno ostativo degli enti fiscali (che spesso si adeguano se vedono che la proposta concordataria è il “max risultato possibile”).

In sintesi, le leggi e i giudici stanno fornendo un ambiente un po’ più favorevole ai risanamenti: c’è flessibilità nel ridurre i debiti (anche fiscali) in sede concorsuale, protezioni per chi finanzia imprese in crisi, e chiare linee guida su operazioni finanziarie straordinarie per non incappare in nullità o revocatorie. L’impresa e i consulenti devono muoversi con cognizione di queste regole per massimizzare le chance di successo del risanamento.

Focus su Tipologie Specifiche di Imprese

Alcune categorie di imprese hanno esigenze particolari e strumenti dedicati per la liquidità. Vediamo brevemente le peculiarità per PMI, startup innovative e imprese artigiane, che spesso ricorrono a misure su misura.

Piccole e Medie Imprese (PMI)

Le PMI costituiscono l’ossatura del tessuto imprenditoriale italiano e sono espressamente target di molte misure di sostegno. In base alla definizione UE, una PMI ha meno di 250 occupati e fatturato annuo fino a 50 milioni € (o totale attivo <43 mln). In questa categoria rientrano la maggior parte delle imprese non micro.

Caratteristiche: Spesso hanno accesso limitato ai mercati dei capitali e dipendono dal credito bancario. Possono offrire garanzie limitate, e per questo beneficiano di strumenti come il Fondo di Garanzia PMI (che porta il rating di credito vicino a quello sovrano) e i Confidi regionali/settoriali. Le PMI più strutturate possono anche emettere minibond o cercare soci, ma la maggior parte sfrutta misure come la Nuova Sabatini (se devono acquistare macchinari), i bandi regionali, e i finanziamenti agevolati di Invitalia se rientrano in startup, femminili o giovanili.

Crisi d’impresa nelle PMI: Il Codice della Crisi ha previsto procedure semplificate per le PMI sotto certi limiti (concordato “minore” e ristrutturazione “minore” per debiti fino a 5 milioni, con formalità ridotte). Inoltre, le PMI non soggette a fallimento (imprese sotto soglia art.2 CCII: sotto 2 milioni attivo, 2 mln ricavi e 10 dipendenti) possono usare le procedure di sovraindebitamento, come il concordato minore o l’esdebitazione. Per le PMI sopra soglia, valgono le procedure ordinarie, ma la composizione negoziata è calibrata per loro (l’esperto deve tener conto delle dimensioni). In sostanza, una PMI ha opportunità sia sul fronte della prevenzione (allerta/negoziazione) sia sul fronte finanziario (fondi pubblici e strumenti di mercato tarati su scala ridotta). PMI industriali con molti crediti commerciali usano intensivamente il factoring; PMI commerciali spesso ricorrono a leasing per attrezzature; PMI familiari si affidano ai propri soci per immettere capitali (anche tramite patrimonio personale come visto).

Esempio: Un’azienda manifatturiera PMI con 80 dipendenti in temporanea crisi potrebbe combinare: garanzia MCC per un nuovo prestito bancario, factoring sulle fatture verso i suoi clienti grossi, accesso al Fondo Nuove Competenze per ridurre costi del personale e magari un minibond sottoscritto da un fondo regionale. Nessuno strumento da solo risolve tutto, ma l’insieme può far superare il periodo difficile.

Startup Innovative

Le startup innovative (definite dal D.L. 179/2012) sono quelle aziende di nuova costituzione (meno di 5 anni) ad alto contenuto tecnologico che godono di speciali agevolazioni. Dal punto di vista della liquidità, spesso il problema principale delle startup è la mancanza di flussi di cassa iniziali e l’elevato bisogno di finanziamenti per crescere, più che i debiti verso banche (che raramente concedono credito senza bilanci storici).

Strumenti dedicati:

  • Fondo di Garanzia Startup: esiste una corsia preferenziale presso il Fondo PMI che garantisce fino all’80% dei prestiti bancari alle startup innovative senza valutazione del merito di credito (ciò ha permesso a molte startup di ottenere finanziamenti nei primi anni).
  • Smart&Start Italia: prestito a tasso zero fino a 1,5 mln € + eventuale contributo a fondo perduto 30% (per startup del Sud), per piani d’impresa innovativi. Questo strumento gestito da Invitalia fornisce liquidità per investimenti e costi operativi iniziali e ha un meccanismo di conversione parziale in fondo perduto se la startup attira investitori terzi.
  • Equity crowdfunding & venture capital: le startup fanno largo uso di equity crowdfunding (favorito dalla normativa: es. detrazioni fiscali 30% per chi investe in startup) e dell’ingresso di investitori (business angels, fondi VC). Ciò porta liquidità non appena trovano investitori disposti a puntare sul loro progetto.
  • Facilitazioni fiscali e contributive: le startup innovative beneficiano di esonero dall’imposta di bollo, flessibilità contrattuale, possibilità di remunerare con stock options (che riduce outflow di cassa all’inizio) e, se vanno male, una procedura di liquidazione semplificata. Non pagano diritti camerali e hanno iter velocizzati per fallimento (sono soggette al fallimento ordinario però se superano le soglie).
  • Conversione debiti soci: spesso i soci finanziatori anticipano fondi a titolo di convertendo o finanziamento soci postergato, quindi in crisi tali debiti sono rinunciabili per rafforzare il patrimonio (si convertono in capitale sociale, riducendo il debito e migliorando la liquidità prospettica perché niente rimborso).

Crisi di liquidità nelle startup: Può succedere se i risultati tardano ad arrivare. Tuttavia, spesso la soluzione è trova nuovi investitori o pivot più che indebitarsi: una startup senza cassa difficilmente ottiene prestiti tradizionali, quindi deve convincere investitori a iniettare equity. In caso di fallimento, fortunatamente l’impatto sistemico è minore (di solito pochi fornitori coinvolti). Il CCII consente anche alle startup di accedere al concordato se superano le soglie di fallibilità, ma raramente avviene: più frequente è la liquidazione diretta se non decolla.

Esempio: La AlphaTech S.r.l., startup innovativa, sta bruciando cassa e non trova un round di investimento in tempo. Per sopravvivere altri 6 mesi attiva: un finanziamento bancario da 100k € garantito dal Fondo PMI all’80%; i soci concedono un finanziamento soci di emergenza di 50k prededucibile (in caso di concordato); e lancia una campagna di equity crowdfunding mirata a 300k € per trovare nuovi soci. Così cerca di tamponare la liquidità e ristrutturarsi per attrarre investitori.

Imprese Artigiane e Microimprese

Le imprese artigiane (definite dalla L.443/1985) sono tipicamente micro o piccole imprese (spesso individuali o società di persone) in cui prevale il lavoro manuale del titolare. Hanno peculiarità:

  • Spesso l’artigiano si finanzia tramite canali dedicati: Artigiancassa (istituto convenzionato che eroga prestiti agevolati agli artigiani con garanzia del Fondo di garanzia sez. Artigianato), cooperative artigiane di garanzia (Confidi artigiani). Ad esempio, molti artigiani accedono a piccoli prestiti (<50k €) garantiti dai loro consorzi fidi.
  • In caso di crisi, se sono molto piccoli (sotto soglie fallimento), rientrano nella procedura di sovraindebitamento: possono presentare un piano del consumatore (se il debito è misto privato e aziendale) o un concordato minore. Queste procedure, semplificate e gestite dall’OCC (Organismo di Composizione delle Crisi), permettono anche a un artigiano di esdebitarsi.
  • Alcune regioni e Camere di Commercio hanno fondi specifici per l’artigianato: es. contributi per digitale, bandi per la partecipazione a fiere, etc., che di riflesso portano liquidità.
  • Gli artigiani spesso usano molto il leasing (macchinari, veicoli) e, come persone fisiche, se serve liquidità, possono accedere a microcredito (<40k €) presso enti convenzionati con MCC.

Microimprese in generale: Quelle sotto 10 addetti e 2 mln € fatturato, hanno accesso limitato al credito bancario, quindi in crisi di liquidità spesso:

  • Utilizzano la rete familiare: prestiti dai familiari o soci, garanzie personali per ottenere fidi.
  • Possono chiedere la cessione del quinto se l’imprenditore è formalmente dipendente della sua stessa ditta (in certi casi si può fare, anche se le finanziarie guardano che l’impresa datrice non sia troppo instabile).
  • Hanno la possibilità di rivolgersi al microcredito supportato dallo Stato: c’è una sezione del Fondo PMI per microcredito fino a 40.000 € senza garanzie, erogato da operatori accreditati.

Esempio: Un panificio artigiano con 5 dipendenti ha un calo e accumula 30k di debiti. Può chiedere un micro-prestito di 30k garantito dallo Stato (microcredito) per pagarli; oppure aderire a un bando della Camera di Commercio per un voucher da 5k su innovazione (che gli libera quell’importo da altre spese). Se la situazione fosse più grave, essendo sotto soglia potrebbe presentare un “piano di ristrutturazione” tramite l’OCC locale, proponendo ai creditori un saldo a stralcio del 50% pagato in 4 anni, utilizzando la liquidità generata dall’attività che continua.

In conclusione per le categorie speciali:

  • Le PMI hanno un ventaglio ampio di strumenti pubblici (il Fondo di garanzia in primis) e possono anche sperimentare vie di mercato come minibond o crowdfunding se sufficientemente strutturate.
  • Le startup devono puntare su capitale di rischio più che debito, utilizzando i fondi agevolati disponibili ma soprattutto investitori e misure fiscali di vantaggio.
  • Gli artigiani e micro hanno supporti dedicati (confidi artigiani, microcredito) e normative di insolvenza più “protettive” (sovraindebitamento) che li aiutano a ripartire senza essere travolti dai debiti.

Ogni tipologia di impresa dovrebbe quindi valutare le opzioni di liquidità tenendo conto delle proprie dimensioni, forma giuridica e settore, sfruttando i canali predisposti su misura.

Esempi Pratici e Simulazioni

Vediamo ora alcune simulazioni numeriche che aiutano a comprendere l’impatto degli strumenti illustrati sulla liquidità aziendale.

Esempio 1 – Finanziamento bancario con garanzia pubblica: La XYZ S.r.l. (PMI commerciale) ha €500.000 di debiti verso fornitori scaduti e necessita urgente liquidità. Senza garanzie, la banca le concederebbe forse 100k € a breve termine. Invece XYZ ottiene un prestito di €400.000 a 6 anni al tasso 3,5% grazie alla garanzia del Fondo PMI all’80%. La rata mensile è ~€6.150. Nei primi 12 mesi paga solo interessi (il Fondo ha consentito preammortamento), quindi i fornitori ottengono subito buona parte dei loro crediti. XYZ con questo finanziamento evita azioni legali dai fornitori e ottiene uno “spazio di manovra” di un anno per risanare il circolante. L’esborso mensile di 6k € è impegnativo ma sostenibile rispetto al non averlo affatto – e senza la garanzia pubblica non avrebbe mai ottenuto 400k di prestito.

Esempio 2 – Factoring pro soluto: La ACME S.p.A. produce componenti auto e ha crediti per €1 milione verso un grosso cliente (pagamento a 120 giorni). Deve pagare stipendi e materie prime, e non può aspettare 4 mesi. Cede l’intero credito ad una società di factoring pro soluto con un anticipo del 90% e commissioni totali del 4% (considerando interessi per 4 mesi). ACME incassa subito €900.000 e fra 4 mesi il factor incasserà €1.000.000 dal cliente (se così non fosse, ACME non avrà obblighi ulteriori, essendo pro soluto). Il costo per ACME è €40.000, ma ottiene la liquidità per continuare la produzione senza intoppi. In mancanza di factoring, avrebbe forse dovuto fermare la produzione per mancanza di cassa (un danno ben maggiore del 4%). Il factor, dal canto suo, analizzando che il debitore è affidabile, ha accettato l’operazione contando di guadagnare il 4% in pochi mesi.

Esempio 3 – Sale & lease-back di un macchinario: La Gamma S.r.l. possiede un macchinario utensile dal valore di €200.000 (ancora non completamente ammortizzato a bilancio per 120k). La società leasing Alfa acquista il bene per 200k e stipula con Gamma un leasing 5 anni con maxi rata finale. Gamma riceve €200.000 cash. Utilizza 150k per pagare arretrati fiscali e fornitori, e 50k per capitale circolante. Da subito migliora il rapporto con i fornitori (che tolgono il blocco delle forniture). Gamma pagherà un canone trimestrale di circa €11.000; l’impatto sul conto economico è ~44k annui di costo leasing invece di 40k annui di ammortamenti, quindi peggiora di poco la redditività, ma la tranquillità finanziaria recuperata consente di rispettare le scadenze e non incorrere in more o cause. Al termine, Gamma potrà riacquistare il macchinario a 10k. Se però a metà percorso Gamma non riesce più a pagare, perderà il macchinario (che Alfa potrà riprendersi). Per ora però la simulazione mostra che la liquidità liberata (200k) è stata utilizzata per sanare la situazione e permettere a Gamma di proseguire.

Esempio 4 – Rottamazione e rateizzazione debiti fiscali: La Delta S.r.l. ha €100.000 di debiti con l’Erario (IVA e IRAP 2018-2019) in cartella, di cui 20k sanzioni e 10k interessi. Aderisce alla Rottamazione-quater nel 2023: l’importo da pagare scende a €100k (niente sanzioni e interessi di mora), dilazionato in 18 rate in 5 anni. Quindi Delta pagherà ~€5.555 ogni semestre per 5 anni (prima rata 2023, ultima 2027). Senza rottamazione, avrebbe dovuto pagare l’intero €130.000 (eventualmente rateizzabile in 6-8 anni ma con sanzioni). Grazie alla definizione agevolata, risparmia €30.000 e ogni semestre risparmia anche l’interesse di rateazione (al 2%). Ciò la aiuta a mantenere la liquidità per l’attività operativa. In parallelo, Delta rateizza anche €50.000 di altri debiti INPS non rottamabili in 10 anni (120 rate mensili da circa €500 l’una). Complessivamente, Delta trasforma circa 150k di debiti immediati in un onere di circa €1.500 al mese + 5.555 semestrali – sostenibile con la ripresa del fatturato, evitando il default per pressioni del Fisco.

Esempio 5 – Crowdfunding equity: La startup InnovXYZ è a corto di cassa (ha 1 mese di runway: soldi per stipendi solo fino al prossimo mese) e non trova subito venture capitalist disposti ad investire. Decide allora di lanciare con urgenza una campagna di equity crowdfunding offrendo il 15% delle quote in cambio di €200.000. Mobilita il suo network, fa marketing sui social e in 30 giorni raggiunge il goal: 250 investitori (tra cui alcuni business angel) sottoscrivono capitale per 200k €. Nel frattempo i soci avevano anticipato di tasca loro stipendi e spese essenziali per un mese (circa 50k, come prestito ponte). Con i 200k raccolti, InnovXYZ rimborsa i soci del prestito ponte e dispone di 150k netti per proseguire altri 6 mesi e sviluppare il prodotto. Ha “comprato tempo” vendendo parte del capitale ma evitando la chiusura. I nuovi soci entrati sanno che il rischio è alto ma confidano di rivendere un domani a multipli maggiori se la startup decolla.

Esempio 6 – Composizione negoziata con nuovo finanziamento soci: La Omega S.p.A. (200 dipendenti) è decotta, rischia insolvenza. Ricorre a composizione negoziata: l’esperto verifica che c’è un investitore interessato a rilevare l’azienda a patto di ridurre i debiti del 50%. Omega ottiene dal tribunale misure protettive per 3 mesi (stop azioni esecutive) e nel frattempo i soci versano un finanziamento di €300.000 autorizzato dall’esperto per pagare fornitori strategici e stipendi – tale prestito è accordato essere prededucibile ex art.10 CCII (quindi se la successiva procedura fallimentare avvenisse, verrebbe rimborsato prima di altri crediti). Con la calma temporanea ottenuta, Omega negozia con banche e fornitori un accordo: i creditori chirografari accettano 50% a saldo grazie anche all’apporto di €2 milioni del nuovo investitore. L’accordo viene formalizzato come piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (ex art.64 CCII) e omologato dal tribunale. L’azienda esce dalla crisi, i soci originari hanno perso in parte l’azienda ma l’hanno salvata vendendola, il nuovo investitore l’ha acquisita ripulita dai debiti tagliati, e il mini-finanziamento ponte di 300k dei soci è stato rimborsato interamente perché prededucibile (era condizione posta dall’investitore per subentrare). Questo scenario mostra come l’utilizzo combinato degli strumenti giuridici (composizione negoziata + procedura concorsuale) e finanziari (nuova finanza prededucibile + equity di investitore) possa risolvere situazioni altrimenti disperate.

Ogni situazione reale è diversa, ma questi esempi dimostrano in numeri come funzionano le varie leve:

  • Prestiti garantiti e factoring accorciano i tempi di incasso e danno liquidità immediata a fronte di costi accettabili.
  • Operazioni sul patrimonio (lease-back, aumento di capitale) possono fornire grossi importi di cassa ma con impatti strutturali (costi futuri, perdita di controllo).
  • Le definizioni col Fisco e le dilazioni consentono di spalmare i debiti nel tempo, liberando il presente finanziario.
  • Coinvolgere soci/investitori può risolvere il problema, ma richiede cedere interessi o patrimonio.

L’importante è calcolare sempre i flussi di cassa: simulare scenari di pagamento e incasso come sopra aiuta l’impresa e i consulenti a scegliere le mosse giuste per superare il momento di crisi.

Tabelle riepilogative degli Strumenti

Di seguito due tabelle comparative che sintetizzano i principali strumenti pubblici e privati di liquidità, con i loro vantaggi, svantaggi, requisiti e tempistiche indicative di attivazione.

Tabella 1 – Strumenti Pubblici per la Liquidità

Strumento (tipo) Requisiti principali Vantaggi Svantaggi Tempistiche tipiche
Fondo Garanzia PMI (garanzia pubblica su prestiti bancari) PMI fino 499 dipendenti; banca disponibile a erogare prestito; impresa non in dissesto conclamato. Facilita ottenimento prestito (copertura 50-80%); nessuna garanzia reale richiesta; tassi più bassi. Non finanzia a fondo perduto (va rimborsato tutto); importo limitato a ~5 mln; se impresa troppo fragile banca può rifiutare comunque. 2-6 settimane per erogazione prestito con garanzia (iter banca + MCC).
Garanzia SACE (garanzia Stato su finanziamenti) Grandi imprese o midcap con progetti investimenti (Garanzia “Archimede”); progetto in settori ammessi; sostenibilità finanziaria. Possibilità di ottenere finanziamenti di importo elevato (anche >5 mln); durata lunga (fino 25 anni). A condizioni di mercato (non agevolato dal 2024); iter istruttorio complesso; costi di commissione SACE. 1-3 mesi per operazioni complesse (istruttoria SACE + banca + eventuale MEF).
Contributi a fondo perduto / Bandi Invitalia (agevolazione pubblica) Dipende dal bando: requisiti di progetto, settore, localizzazione; impresa in bonis (di norma). Apporto di capitale non da restituire (fondo perduto) o prestiti a tasso zero; migliora patrimonio; incentivi specifici (digital, giovani, Sud, ecc.). Procedure burocratiche, tempi lunghi di istruttoria; graduatorie competitive; vincoli di spesa rendicontata. 3-6 mesi o più per ottenere fondi sul conto (dalla domanda all’erogazione).
Fondo Nuove Competenze (rimborso costo lavoro formazione) Avere dipendenti; accordo sindacale per riduzione orario e formazione; presentazione progetto ad ANPAL. Rimborso 80% costo ore formazione dipendenti (fino 150 h) – riduzione costo del personale nel breve; migliora competenze staff. Non fornisce cash upfront ma a rimborso; necessita anticipare stipendi e organizzare corsi; non adatto a crisi di cassa immediata severa. ~1 mese per approvazione progetto; rimborso erogato a saldo (possono passare 6-12 mesi).
Rateizzazione debiti fiscali (dilazione pagamento imposte/contributi) Debiti iscritti a ruolo con AER; dimostrare difficoltà se >120k; domanda di dilazione. Sospende azioni esecutive; pagamento in piccole rate (fino 120 mensili); alleggerisce esborso immediato; interessi legali bassi (~2%). Debito comunque da pagare (non riduce importo se non con rottamazione); se saltano 8 rate si decade; nel frattempo rimane blocco DURC finché non pagata prima rata. 1-2 settimane per ottenimento piano rate dopo domanda; durata piani fino a 10 anni.

Tabella 2 – Strumenti Privati/di Mercato

Strumento (tipo) Requisiti principali Vantaggi Svantaggi Tempistiche tipiche
Factoring (cessione crediti) Presenza di fatture/crediti commerciali verso clienti solidi; contratti di fornitura conclusi (beni/servizi già erogati). Liquidità immediata su fatture (anticipi 70-90%); nessuna garanzia reale; gestione incassi esternalizzata. Costi interessi/commissioni elevati (fino 1-2% al mese se rischio alto); se pro solvendo rimane rischio insolvenza; rischio revocatoria se fuori ordinarietà. 1-4 settimane per attivare la linea factoring; anticipi poi erogati in 48 ore dalla fattura.
Cessione del quinto (prestito personale garantito stipendio) Essere dipendente (o amministratore con busta paga) o pensionato; TFR maturato a garanzia; età < 65-70 anni a fine piano. Accessibile anche con altri debiti a carico; rata fissa trattenuta dallo stipendio (nessun stress per debitore); durata lunga (fino 10 anni) e tassi moderati (5-9% medio). Importo ottenibile limitato (max circa 50-75k); coinvolge risorse personali dei soci/dipendenti; impegna il reddito futuro; assicurazione obbligatoria incide sul costo. 2-4 settimane per erogazione dal via libera (istruttoria semplice se documenti ok).
Sale & Lease-back (vendita bene e leasing) Bene di proprietà libero da vincoli (immobile, macchinario); valore ben determinabile e rivendibile; società leasing interessata. Sblocca ingente liquidità (fino a 100% valore bene) senza perdere uso del bene; canoni leasing deducibili; nessuna esposizione bancaria aggiuntiva (debito leasing non è bancario). Perdita immediata della proprietà del bene; obbligo di canoni periodici (rischio insolvenza = perdita bene); costi totali maggiori del finanziamento standard; possibile nullità se struttura fraudolenta. 1-3 mesi per completare perizia, atto di vendita e contratto leasing; liquidità erogata alla vendita.
Crowdfunding (equity o lending) Progetto imprenditoriale convincente; documentazione (pitch, business plan); piattaforma autorizzata disposta ad accettare l’azienda; compliance normativa (statuto adeguato, ecc.). Possibilità di raccogliere capitali significativi anche senza banche; equity CF non genera debito da rimborsare; lending CF senza garanzie reali; coinvolge community di sostenitori/clienti. Tempistiche di campagna non immediate (mesi); esito incerto (rischio fallimento raccolta); costi di successo (fee piattaforma 5-10%); equity: diluizione proprietà societaria. Preparazione 1-2 mesi, campagna 2-3 mesi, fondi disponibili subito dopo (es. ~4 mesi totali se successo). Lending: istruttoria 2-4 settimane, erogazione immediata a completamento funding.
Minibond (emissione obbligazioni PMI) PMI in forma di società di capitali con bilanci solidi; necessaria struttura amministrativa per emissione; interesse di investitori (fondi, banche locali, etc.). Raccolta di importi elevati (anche milioni) con durata medio-lunga (5-7 anni); nessuna diluizione di proprietà; migliora standing aprendosi al mercato dei capitali. Procedura complessa (rating o memorandum); servono costi di emissione (arranger, legali); interesse cedola tipicamente alto (6-8%+) per attirare investitori su PMI; obbligo trasparenza bilanci. 3-6 mesi per organizzare ed emettere (incluso roadshow investitori); una volta collocato, fondi disponibili in un’unica soluzione.
Cessione crediti d’imposta (monetizzazione fiscale) Esistenza di crediti fiscali certificati (da dichiarazioni o bonus cedibili); controparte (banca o altra azienda) disposta ad acquistarli; rispetto normativa sulla cedibilità. Incasso quasi immediato di crediti che altrimenti si userebbero in anni (es. crediti da Superbonus, IVA a rimborso); migliora cash flow nel breve; trasferimento rischio di utilizzo del credito alla controparte. Sconto sul valore nominale (es. si ottiene 85-95 a fronte di 100); mercati a volte illiquidi (difficoltà a trovare acquirenti per alcuni crediti); rischio di responsabilità in solido se credito non spettante (diligenza necessaria). 1-2 mesi per perfezionare la cessione (verifiche documentali, atto di cessione su piattaforma AdE); incasso spesso in poche settimane dalla formalizzazione.

Conclusioni

Affrontare una crisi di liquidità aziendale richiede un approccio multidisciplinare: finanziario, legale e strategico. Questa guida ha mostrato come esistano numerosi strumenti – pubblici e privati – che, se ben combinati, possono fornire ossigeno finanziario immediato e creare le condizioni per un risanamento di lungo termine. Dal punto di vista giuridico, il debitore oggi ha a disposizione un quadro normativo più favorevole al risanamento (concordati flessibili, transazione col fisco, composizione assistita) che va sfruttato con il supporto di professionisti esperti. Dal punto di vista finanziario, occorre saper negoziare con banche, factor, leasing, investitori, utilizzando anche le leve offerte dallo Stato (garanzie, incentivi) per rendere più appetibile l’operazione.

Un elemento cruciale è la tempestività: prima che la cassa si esaurisca completamente, l’imprenditore deve attivarsi, analizzare le cause della crisi e predisporre un piano combinato – magari iniziando con un semplice 13-week cash flow (budget di tesoreria a 13 settimane) per capire esattamente di quanto e quando ha bisogno. In parallelo va coinvolto il commercialista o advisor legale per valutare se attivare una composizione negoziata o un accordo con i creditori. La trasparenza con i finanziatori e la credibilità del piano sono fattori determinanti per ottenere nuova fiducia e quindi nuova finanza (sia essa un prestito garantito, un supporto dei soci o un investimento esterno).

Va sottolineato che ogni strumento ha implicazioni di cui essere consapevoli: ad esempio indebitarsi ulteriormente per tamponare la liquidità può fallire se non si risolve il problema di fondo del modello di business; viceversa cedere quote societarie per avere capitale può salvare l’impresa ma far perdere il controllo. Il bilanciamento degli interessi (dell’imprenditore, dei creditori, dei dipendenti, eventuali nuovi partner) va ricercato caso per caso, anche attraverso le “regole del gioco” fissate dai tribunali nelle procedure concorsuali quando necessario.

In conclusione, un’azienda con debiti e difficoltà di liquidità ha molte strade percorribili “da sapere” e valutare: non esiste la bacchetta magica, ma un insieme di interventi coordinati. La chiave del successo sta nel piano di risanamento integrato: reperire liquidità immediata per superare l’emergenza, mentre contestualmente si ristrutturano i debiti insostenibili e si pongono le basi (operativo-commerciali) per tornare all’equilibrio finanziario duraturo. Conoscere gli strumenti giuridici e finanziari presentati in questa guida – e farsi assistere da consulenti qualificati nel metterli in pratica – è il primo passo per ridare ossigeno all’impresa e condurla fuori dalla crisi.

Fonti normative e riferimenti

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14, e successive modifiche (D.L. 118/2021 conv. L.147/2021; D.Lgs. 83/2022; D.Lgs. 16 marzo 2023 n.14; ecc.), consultabile su Gazzetta Ufficiale e Normattiva.
  • Decreto “Liquidità” – D.L. 8 aprile 2020 n. 23, conv. in L. 5 giugno 2020 n. 40, recante misure urgenti per accesso al credito e rinvio adempimenti per imprese (G.U. n.94/2020).
  • Legge di Bilancio 2023 – L. 29 dicembre 2022 n.197, commi 231-252 (Definizioni agevolate debiti fiscali, “Rottamazione-quater” e stralcio mini-debiti).
  • Legge di Bilancio 2025 – L. 30 dicembre 2024 n.207, commi 450-454 (rifinanziamento e riforma Fondo Garanzia PMI).
  • D.Lgs. 17 giugno 2022 n.83 (attuazione Dir. UE 2019/1023 sulla ristrutturazione e insolvenza) – ha modificato il CCII introducendo novità su concordati, accordi e transazione fiscale.
  • Decreto MEF 27 dicembre 2024 – Parametri per la definizione di temporanea difficoltà ai fini delle nuove rateizzazioni fino a 120 rate (G.U. 31/12/2024 n.305).
  • Circolare Mediocredito Centrale n. 20/2024 – Istruzioni operative su Fondo di Garanzia PMI post riforma 2024.
  • Codice Civile, art.2744 – Divieto di patto commissorio (richiamato da Cass. 28553/2024 sul sale & lease-back).
  • Cassazione Civile, Sez. Unite, n.8500/2021 – Ammissibilità del pagamento parziale dell’IVA nei concordati preventivi.
  • Cassazione Civile, Sez. I, n.31652/2024 – Ambito di esenzione da revocatoria nel factoring (pagamenti ordinari non revocabili, atti solutori anomali revocabili).
  • Cassazione Civile, Sez. III, n.28553/2024 – Limiti di validità del contratto di sale and lease-back e divieto di patto commissorio.
  • Cassazione Civile, Sez. I, n.14299/2023 – Condizioni per opponibilità cessione di crediti al fallimento e conoscenza dello stato d’insolvenza.
  • Portale ufficiale incentivi.gov.it – Catalogo aggiornato di incentivi pubblici alle imprese, Ministero delle Imprese e Made in Italy.
  • Sito Cassa Depositi e Prestiti – sezione SACE – Informazioni su Garanzia Italia, SupportItalia e Garanzia “Archimede” (Bilancio 2024).
  • Agenzia Entrate-Riscossione – Guide su rateizzazione e definizioni (es. FiscoOggi, art. 3/1/2025).
  • ANPAL – Fondo Nuove Competenze – Documentazione avvisi 2022-2025 (D.M. 10/10/2024) e linee guida ANPAL.
  • Normativa emergenziale Covid – vari D.L. 2020-2021 (Cura Italia, Rilancio, Liquidità, Sostegni) consultabili su Gazzetta Ufficiale e portali normativi (per es., art.56 D.L. 18/2020 su moratoria mutui PMI, art.13 D.L. 23/2020 su Garanzia MCC 100% PMI, art.1 D.L. 73/2021 su contributi a fondo perduto, etc.).
  • Banca d’Italia – Tassi soglia usura – Tassi medi cessione del quinto pubblicati trimestralmente (indicativi di mercato, es. 2025Q1 dipendenti privati ~11%).

Quando un’azienda è in crisi e servono risorse subito, ottenere liquidità può sembrare la soluzione, ma va fatto con attenzione: debiti pregressi, segnalazioni e situazioni irregolari possono peggiorare la situazione.
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Conclusione

La ricerca di liquidità immediata va gestita con prudenza: se l’azienda è indebitata, una scelta sbagliata può aggravare la crisi.
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