di Giulio Albanese
L’Africa è sempre più ai ferri corti con le agenzie di rating statunitensi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata, all’inizio di giugno, il downgrade da parte dell’agenzia di rating Fitch dell’African Export-Import Bank (Afreximbank). Il declassamento è stato duramente contestato dall’African Peer Review Mechanism (Aprm), un organismo istituito dall’Unione africana (Ua) per preparare il terreno al lancio di un’agenzia di rating africana entro la fine dell’anno secondo cui i calcoli di Fitch sono inesatti e ha richiesto colloqui immediati tra Fitch, Afreximbank e altre istituzioni africane. Fitch ha declassato il rating creditizio di Afreximbank, con sede al Cairo, da BBB a BBB-, un livello di poco sopra il rating spazzatura, citando gli elevati rischi di credito e le deboli politiche di gestione del rischio. Il severo giudizio di Fitch si fonda sul fatto che ha rilevato una percentuale nel cosiddetto rapporto dei crediti deteriorati (Npl) di Afrexim sopra la soglia di “rischio elevato” del 6 per cento indicata nei criteri di valutazione dell’agenzia di rating. Afreximbank dal canto suo ha dichiarato nei suoi risultati operativi del primo trimestre che il rapporto Npl si attestava al 2,44 per cento a fine marzo. Fitch è una delle tre agenzie di rating statunitensi insieme a Moody’s, e a Standard&Poor’s.
Queste Big Three, è bene rammentarlo, sono entità economico-finanziare private, pesantemente segnate da un conflitto di interessi in quanto vantano partecipazioni azionarie importanti provenienti dalle più grandi banche e fondi di investimento e corporation internazionali. A tale proposito è utile leggere il dettagliatissimo documento, di oltre 650 pagine, intitolato “The financial crisis inquiry report” redatto da una commissione bipartisan e pubblicato dall’amministrazione statunitense nel 2011, nel quale vengono evidenziate le gravi responsabilità delle agenzie di rating, prima e durante la grande crisi finanziaria del 2007-8. «La crisi non sarebbe potuta avvenire — scrissero gli estensori del rapporto — senza le dette agenzie. I loro rating, prima alle stelle e poi repentinamente abbassati, hanno mandato in tilt i mercati e le imprese». Com’è noto, i rating sono presi in considerazione dai mercati per giudicare lo stato di salute delle varie economie nazionali e, di conseguenza, per definire anche i tassi d’interesse sul debito pubblico. Nel passato, la Banca centrale europea (Bce) li usava addirittura per definire l’affidabilità delle obbligazioni pubbliche dei Paesi membri dell’Unione europea e per decidere se accettare o meno tali titoli in garanzia per operazioni di credito e di finanziamento. Si tratta di una procedura che per fortuna le autorità bancarie europee hanno deciso di non applicare a seguito del covid-19 per evitare che si acuissero i processi di speculazione sui Paesi dell’Ue.
Poiché le agenzie di rating hanno un enorme potere di influenzare le aspettative del mercato e le decisioni di allocazione del portafoglio degli investitori, i declassamenti minano tendenzialmente i fondamentali macroeconomici dell’intero continente e hanno una valenza fortemente speculativa. Peraltro, in tempi di crisi come quella attualmente in corso, le suddette agenzie dovrebbero posticipare la pubblicazione dei report, assicurandosi di poter disporre di tutte le informazioni necessarie per effettuare una valutazione equa dei loro profili di rating; cosa che non avviene quasi mai. Sta di fatto che il downgrade è avvenuto per il semplice fatto che Afreximbank ha cercato di proteggere i suoi prestiti dalla ristrutturazione in Ghana, Zambia e Malawi, affermando che in quanto prestatore multilaterale ha lo status di creditore preferenziale. «L’ipotesi che Ghana, Sud Sudan e Zambia non riescano a rimborsare i prestiti ad Afreximbank è incoerente con il trattato del 1993 che ha istituito la Banca, di cui Ghana e Zambia sono entrambi membri fondatori, azionisti e firmatari», ha affermato l’Aprm.
Fitch ha difeso il proprio giudizio, affermando di operare sulla base di analisi indipendenti e tempestive. «Tutte le decisioni di rating sovranazionali di Fitch vengono prese esclusivamente in conformità con criteri di rating coerenti a livello globale e pubblicamente disponibili, con fattori di rating e sensibilità chiaramente identificati nel nostro commento pubblico continuo sui rating», ha dichiarato l’agenzia di rating alla Reuters.
Tutto questo ragionamento si traduce in un’espressione ad effetto: African Risk Premium. In altre parole, i governi africani devono sobbarcarsi costi maggiori d’indebitamento perché non giudicati all’altezza del loro compito dalle agenzie che guidano le scelte degli investitori. Sia chiaro: sull’imparzialità delle agenzie di rating le polemiche imperversano da anni. In effetti il capitale azionario di Fitch, Moody’s e Standard&Poor’s è controllato da grandi fondi d’investimento, come il Berkshire Hathway del banchiere-speculatore Warren Buffet, il BlackRock, il Vanguard e lo Ssga, che sono le massime potenze del Non banking financial intermediation (Nbfi), chiamato dalle stesse banche centrali Shadow banking, il cosiddetto sistema bancario ombra. Già da diverso tempo i governi africani hanno lamentato la politica finanziaria invasiva delle agenzie americane note un po’ in tutto il mondo per il loro estro nello stilare il rating di solvibilità dei governi, delle obbligazioni di Stato, dei titoli pubblici e privati e anche delle società finanziarie e industriali.
Per quanto concerne l’Africa, i bilanci pubblici africani sono stati quasi sempre giudicati insoddisfacenti da Moody’s, Standards & Poor’s e Fitch. Ne sono pertanto conseguiti i declassamenti vale a dire l’isolamento finanziario, le crisi economiche che hanno acuito a dismisura l’esosità degli speculatori e delle multinazionali impegnate nel business delle materie prime. Per le popolazioni locali tutto questo si è tradotto in povertà, instabilità sociale e sottosviluppo. Di fronte a questo scenario, l’Ua ha in cantiere un progetto per tentare di spezzare l’oligopolio di Fitch, S&P e Moody’s. Si chiamerà Africa Credit Rating Agency (Afcra) e potrebbe aprire i battenti già il prossimo settembre, con l’obiettivo di emettere le prime valutazioni sul debito tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026. A differenza delle tradizionali agenzie di rating del credito, Afcra si concentra esclusivamente sulle economie africane, integrando dati e indicatori socioeconomici specifici per regione. Opererà con il mandato di rafforzare i mercati finanziari africani, promuovendo al contempo trasparenza, equità e inclusività. Afcra porrà inoltre l’accento su quadri di valutazione del merito creditizio orientati allo sviluppo, adattati ai diversi contesti del continente.
Una cosa è certa: s’impone l’esigenza di un approccio valutativo diverso, rispetto al passato, che possa scongiurare o comunque contenere le spinte speculative indotte dai mercati. Un elemento di differenziazione della nuova agenzia africana di rating del credito dovrebbe consistere nell’attribuire un peso significativo alla ricchezza mineraria come indicatore di performance, con particolare riferimento non solo alle fonti energetiche, ma anche all’immenso capitale nascosto nelle viscere del continente: dall’oro, ai diamanti, dalla cassiterite al rame, dal rutilio, allo zinco, dal cobalto alle terre rare in generale. In fondo l’Africa non è povera, ma è impoverita.
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