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2 arresti e 15 indagati


La Procura di Palermo ha ottenuto dal gip due arresti e misure cautelari per 15 indagati accusati a vario titolo di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente ed emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Le misure, notificate ieri mattina, includono arresti domiciliari, obblighi di dimora, obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e provvedimenti interdittivi. Nessuno degli indagati è stato condotto in carcere.
L’inchiesta è parte dell’indagine “Sorella Sanità”, l’operazione che già nel 2020 aveva svelato un sistema di corruzione negli appalti sanitari siciliani per oltre 700 milioni di euro (la Cassazione, lo scorso 23 maggio, ha confermato alcune condanne e annullato con rinvio altre). Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria con il coordinamento della Procura di Palermo, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, hanno messo in luce il “malaffare connesso all’indizione e alla gestione di gare d’appalto del valore complessivo di oltre 130 milioni di euro varate da alcune tra le principali strutture sanitarie in ambito regionale”. Secondo i magistrati, la sanità siciliana sarebbe “affetta da una corruzione sistemica”, gestita da un “comitato d’affari criminale” composto da manager pubblici, imprenditori, professionisti, lobbisti e faccendieri, legati da contiguità con esponenti politici di rilievo.
Le investigazioni hanno rivelato un sistema ben orchestrato per orientare le procedure di gara in favore di determinate aziende. 
La procura avrebbe individuato almeno cinque gare che sarebbero state pilotate: quella sul servizio di gestione, assistenza e manutenzione del parco apparecchiature biomediche bandita dall’Asp di Trapani nel 2021 (fatta vincere, secondo i pm, dalla ditta Polygon), quella per il servizio integrato di sterilizzazione, manutenzione e fornitura in noleggio di strumentario chirurgico e servizi supplementari bandita dall’ospedale Civico di Palermo nel 2022; quella per il servizio di fornitura di pasti in legame refrigerato a ridotto impatto ambientale bandita dall’Asp di Caltanissetta nel 2022 e quella per il servizio quinquennale di noleggio, lavaggio e disinfezione biancheria, fornitura divise per il personale e materasseria, gestione guardaroba e distribuzione interna, bandita dall’ospedale Villa Sofia-Cervello di Palermo. Tra gli espedienti utilizzati, i pubblici funzionari avrebbero anticipato “ai referenti delle imprese da avvantaggiare documentazione secretata relativa a gare ancora da bandire”, costruito “capitolati ad hoc sulla base delle indicazioni ricevute dagli stessi interlocutori” e, in alcuni casi, annullato bandi non graditi alle imprese amiche. Inoltre, sono emerse manovre per condizionare la formazione delle commissioni giudicatrici, inserendo componenti ritenuti “affidabili”.
In cambio di questi favori, ai pubblici ufficiali sarebbero state promesse o corrisposte “tangenti di rilevante importo collegate al valore delle commesse”, spesso mascherate da accordi di consulenza, o altre utilità, come “assunzioni di prossimi familiari”. 

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Tribunale di Palermo © Paolo Bassani 

La figura di Antonio Maria Sciacchitano detto “Ninni”

Dopo l’interrogatorio di garanzia del 23 maggio, durante il quale il commercialista-manager Antonio Maria Sciacchitano, difeso dagli avvocati Marco Manno e Fausto Amato, ha negato tutte le accuse, la gip Carmen Salustro ha deciso per lui gli arresti domiciliari e l’interdizione dai pubblici uffici. L’applicazione dei domiciliari è stata decisa anche per Catello Cacace, imprenditore campano. Mentre risultano indagati anche Aldo Albano e Pietro Genovese. Albano è provveditore dell’azienda sanitaria Villa Sofia-Cervello: per lui è scattato l’obbligo di presentazione e interdizione per sei mesi. Genovese, ex direttore amministrativo dell’Asp di Caltanissetta, ha avuto l’obbligo di presentazione e interdizione per un anno.
Maria Sciacchitano è un noto commercialista palermitano e secondo i magistrati avrebbe pilotato gare per 130 milioni e avrebbe avuto a sua disposizione una fitta rete di relazioni e del potere d’influenza derivante da importanti incarichi fiduciari istituzionali ricoperti nell’ambito della pubblica amministrazione e di strutture ospedaliere. In base alle ipotesi investigative sarebbe stato lui l’anello di congiunzione tra il settore pubblico e il privato quale consulente del collegio sindacale dell’ospedale Civico e dell’Asp di Palermo, consulente dell’Asp di Caltanissetta per le problematiche contabili, presidente di valutazione dei manager della sanità pubblica.
Secondo gli inquirenti, le gare sarebbero state gestite illecitamente da una struttura piramidale che al suo apice vedeva proprio Sciacchitano. Per l’accusa era “in grado di coagulare intorno a sé faccendieri, funzionari pubblici e imprenditori scelti perché in grado di assicurare la miglior sintesi possibile fra istanze dell’imprenditoria e velleità di carrierismo e arricchimento illecito di pubblici dipendenti infedeli”. Per i magistrati un illecito comitato d’affari e influenze, vicino anche alla politica, per accaparrarsi i fondi della sanità siciliana, “affetta – è scritto nell’ordinanza – da una corruzione sistemica”.
Proprio presso lo studio di Antonio Maria Sciacchitano, nelle settimane scorse, nel corso di una perquisizione, sarebbero stati trovati 44 mila euro in contanti, altri 3mila euro li aveva addosso. Intercettato dai pubblici ministeri avrebbe detto: “Tra questa gara degli elettromedicali… sterilizzazione ballano milioni di euro…siccome per ora sono terrorizzati da me…hanno un terrore che tu non riesci a immaginare…perché? perché io la prima cosa che…ca fici (che ho fatto, ndr)…sono andato a puntare le gare! Le proroghe! Scrivo e metto!”.
Fino a ieri io ho sentito il direttore generale il quale mi disse ‘Ni’, se a mia mi arriva l’ispezione ora, m’ammazzano!'”, aggiungeva l’indagato. Da presidente del collegio sindacale dell’azienda ospedaliera Arnas Civico di Palermo e, quindi, da pubblico ufficiale, Sciacchitano vantava rapporti strettissimi col management del nosocomio, riuscendo a incidere su una gara indetta reperendo documentazione riservata, modificandola e addirittura facendone revocare la prima edizione, perché fondata su capitolato e disciplinare non graditi agli imprenditori da lui spalleggiati. 

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Maurizio de Lucia © Paolo Bassani 

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Arriva, diciamo, una persona sulla quale io ho tirato fuori i coglioni, li ho messi sul tavolino e ci dissi (al direttore generale dell’ospedale Civico di Palermo, ndr):- aggiungeva Sciacchitano – ‘o fai sta cosa o il rapporto è chiuso’ e me lo sono convocato in seconda commissione Bilancio (presieduta dal deputato Riccardo Savona ndr) e dissi: dobbiamo fare il nuovo provveditore hanno coglioneggiato se l’uno ottobre non prende servizio Bisignano il nostro rapporto è chiuso'”. Dopo l’inchiesta della procura di Palermo la presidenza della Regione ha revocato l’incarico di presidente dell’organismo indipendente di valutazione della performance regionale affidato ad Antonino Maria.
Nelle intercettazioni si parla anche di contatti all’interno del Policlinico: “Noi abbiamo una squadra…”, d’altronde il Policlinico “lo governo io. Non perché Vincenzo lo meriterebbe ma perché è amico mio. Quando io ci dico ‘Vicè’, si fa come dico io” avrebbe detto Sciacchitano, in un’intercettazione captata il 19 luglio scorso.
Altra figura chiave dell’inchiesta è l’imprenditore Giovanni Cino (non in carcere ma con l’obbligo di dimora), vicinissimo a Sciacchitano, e il faccendiere campano Catello Cacace. Questi ultimi avrebbero aiutato Sciacchitano, sempre secondo la procura, a curare e relazioni create e alimentate con i funzionari pubblici e sul versante delle imprese, “per strutturare intese fra aziende in grado di creare realtà economiche tanto solide da poter partecipare ai bandi garantendo la credibilità e i requisiti economico-patrimoniali necessari”, hanno scritto gli inquirenti. 

Indagati cercarono contatti con il fratello di Cuffaro

Nelle 400 pagine della richiesta della procura c’è pure il presunto “ringraziamento” alla famiglia Cuffaro: nessuno di loro risulta indagato, ma Silvio (dirigente dell’Assessorato all’Economia) e Totò Cuffaro – già condannato per favoreggiamento alla mafia – sono citati.
I magistrati ipotizzano una cifra di 10 o 20 mila euro che si sarebbero dovuti dare alla famiglia Cuffaro “per ringraziarli per l’impegno profuso in questa vicenda e per ingraziarseli in vista di un prospettabile (e prospettato) successo elettorale alle prossime elezioni regionali”.
Il tutto sarebbe partito sempre da Antonino Maria Sciacchitano: i magistrati sono convinti che quest’ultimo abbia cercato di arrivare a Silvio Cuffaro per aiutare la Polygon spa (una delle società da loro favorite) a chiudere una transazione con la Centrale Unica di Committenza della Regione per l’assegnazione del lotto 1 della procedura delle apparecchiature elettromedicali.
La Polygon avrebbe pensato di proporre una transazione all’amministrazione regionale, in modo da riottenere l’aggiudicazione del lotto, evitando alla Centrale unica di committenza di dover bandire nuovamente una gara per l’assegnazione della porzione dell’appalto da cui Polygon (ex Tecnologie Sanitarie) era stata esclusa dopo la vecchia inchiesta “Sorella Sanità”.

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