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Le tutele lavoristiche dei ciclo-fattorini operanti su piattaforme digitali secondo il Ministero del lavoro


In attesa che l’ordinamento italiano recepisca la Direttiva 2024/2831/UE del 24 ottobre 2024 in argomento, con la circolare n. 9/2025 il Ministero del lavoro ha inteso offrire una ricognizione giuridica delle modalità espressive del lavoro dei ciclo-fattorini su piattaforma e delle possibili opzioni di tutela, segnalando alcune soluzioni interpretative meritevoli di riflessione.

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La circolare ministeriale

Ad oltre 2 anni dal termine fissato per il recepimento nel nostro ordinamento della Direttiva 2024/2831/UE[1] relativa al lavoro mediante piattaforme digitali, il cui nucleo essenziale consiste, da un lato, nell’adozione del principio del “primato dei fatti”, inteso quale prevalenza dell’effettivo atteggiarsi della prestazione lavorativa resa ad onta di falsi contratti di prestazioni lavorative autonome e, dall’altro, nella presunzione legale relativa di subordinazione nei procedimenti amministrativi e giudiziari, prevista per compensare l’evidente squilibrio dell’assetto negoziale tra le parti del rapporto[2], il Ministero del lavoro ha inteso condividere, a legislazione nazionale vigente, una ricognizione per quanto possibile puntuale di tale tipologia contrattuale, in ragione della sua eterogeneità e della conseguente verifica casistica delle reali modalità attraverso cui si manifesta l’organizzazione della prestazione resa.

In particolare, partendo dall’assunto per cui alle modalità esecutive della prestazione fanno da contraltare differenti tipologie contrattuali adottabili, la circolare in commento ha ricordato che la recente novella del 2019 sulle collaborazioni cd. etero-organizzate – ovverosia quelle collaborazioni continuative, a carattere prevalentemente personale e con modalità esecutive organizzate dal committente di cui all’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015 – ha innestato nell’ordinamento giuridico nazionale una disposizione di carattere rimediale, la quale, pur senza costituire un tertium genus rispetto alla dicotomia lavoro autonomo/lavoro subordinato, riserva l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato a quei rapporti – e pertanto ai lavoratori – che, in ragione delle modalità esecutive della prestazione ivi contemplata, continuano ad appartenere all’orbita del lavoro autonomo, come peraltro posto in rilievo dalla Suprema Corte nella nota sentenza n. 1663/2020, resa su un caso vertente proprio il lavoro dei ciclo-fattorini.

Del pari, con il Capo V-bis al D.Lgs. 81/2015, il Legislatore ha previsto “una disciplina speciale per il lavoro autonomo prestato attraverso piattaforme digitali, nell’ottica di garantire un nucleo minimo di tutele anche ai lavoratori che non rientrino nella categoria delle collaborazioni etero-organizzate[3].

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In buona sostanza, ha argomentato il Dicastero di via Vittorio Veneto, il diritto positivo italiano, nel mentre ha garantito un corredo di tutele minime al ciclo-fattorino autonomo mediante il ricordato inserimento del Capo V-bis, D.Lgs. 81/2015, ha emendato la disciplina delle collaborazioni etero-organizzate, atteggiandola a rimedio per assicurare effettive tutele ai lavoratori, in ragione, appunto, del modo in cui è resa nella concretezza la prestazione lavorativa, fatto sempre salvo il principio di indisponibilità della tipologia contrattuale.

Al cospetto di quest’ultimo assunto, più volte esplicato dalla Corte Costituzionale nelle proprie decisioni[4], tanto alle parti quanto al Legislatore è inibita la predeterminazione tipologica del singolo rapporto lavorativo, dovendo essere sempre privilegiata la ricostruzione fattuale dell’assetto negoziale intercorso tra le parti al cui cospetto individuare il modello negoziale più adatto. Ciò in quanto a rilevare non tanto è il nomen juris assegnato dalle parti al negozio giuridico sottoscritto, quanto la concreta esplicazione delle modalità esecutive della prestazione lavorativa, derivandone che la qualificazione giuridica di un rapporto di lavoro va compiuta all’esito della ricostruzione di tutte le circostanze del caso senza condizionamenti o pregiudiziali derivanti dal modello contrattuale scelto dalle parti.

 

L’opzione del lavoro autonomo

In ossequio all’approccio metodologico prescelto, la prima opzione che il Ministero ha analizzato con la circolare in commento riguarda la fattispecie del lavoro autonomo, cui è rivolto l’articolo 47-bis, D.Lgs. 81/2015, il quale sancisce un livello minimo di tutela riservata a tale tipologia di lavoratori.

In proposito, la circolare n. 9/2025 ha opportunamente ricordato che, perché possano dirsi genuinamente autonome, le prestazioni poste in essere dai ciclo-fattorini devono essere caratterizzate da una triplice mancanza e da una presenza.

Con riferimento al primo presupposto, è necessario che le prestazioni in parola siano rese in assenza di poteri di controllo, direttivi e sanzionatori, derivandone che il lavoratore non deve risultare soggetto all’etero-organizzazione, anche con riferimento ai tempi e al luogo di esecuzione della prestazione[5], non dev’essere obbligato a farsi trovare in determinate aree per poter accedere all’applicazione utilizzata dal committente ovvero seguire percorsi predeterminati per adempiere alle consegne, né, infine, subire conseguenze negative sulla retribuzione, attraverso un ranking reputazionale, che, per esempio, determini l’assegnazione al lavoratore di fasce orarie svantaggiate perché prive di occasioni di lavoro.

In relazione alla seconda circostanza, occorre che il ciclo-fattorino possa rifiutarsi di eseguire la prestazione in modo libero e unilaterale, senza tuttavia esporsi a conseguenze negative nel caso di future collaborazioni con il medesimo committente.

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Verificata l’autentica natura autonoma del rapporto, al ciclo-fattorino spetta in ogni caso il diritto a un compenso minimo orario in relazione a quanto stabilito dalla contrattazione collettiva di settore maggiormente rappresentativa, a un’indennità integrativa, pari almeno al 10% del compenso base, per prestazione lavorativa svolta la notte, nei giorni festivi o in condizioni metereologiche sfavorevoli, nonché a una copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, in ragione del premio pagato dal committente e parametrato al tasso di rischio derivante dall’attività lavorativa posta in essere.

 

La fattispecie del lavoro subordinato

Come detto, tuttavia, la prestazione resa dal ciclo-fattorino può anche avere natura, e conseguente inquadramento, di lavoro subordinato. Tale ipotesi sussiste – ha ricordato il Ministero del lavoro – allorché dall’indagine di fatto emergono gli indici tipici della subordinazione cristallizzati dall’articolo 2094, cod. civ., e consistenti nella dipendenza e nella direzione, ovverosia nella soggezione del prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare dell’imprenditore che fruisce dell’attività posta in essere dal lavoratore.

Applicati i predetti principi giuridici alla fattispecie del lavoro mediante piattaforma, l’assoggettamento del ciclo-fattorino al triplice potere datoriale – direttivo, organizzativo e disciplinare, appunto – deve, altresì, accompagnarsi all’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, con conseguente limitazione della sfera della propria autonomia decisionale ed operativa[6].

All’atto pratico, pertanto, l’esistenza di specifiche direttive[7], incombenti sul lavoratore in parola, ed alle quali quest’ultimo è tenuto ad attenersi, non potranno che costituire espressione del potere direttivo e della conseguente etero-direzione cui il medesimo è sottoposto, con doverosa esclusione di qualsivoglia profilo di lavoro autonomo; un esito non dissimile si realizzerebbe a fronte di un potere di controllo e disciplinare, di cui possono essere manifestazione tanto l’imposizione al lavoratore di slot di orari e ordini ad opera della piattaforma informatica quanto la previsione di una reazione negativa – in termini di punteggio e/o di ulteriori occasioni di lavoro o di accessibilità alle consegne/fasce orarie più remunerative – indirizzata al lavoratore ove il medesimo non si sia uniformato alle indicazioni impartite.

L’attenzione, quindi, va posta, ad avviso del Ministero, “alle caratteristiche tecniche del funzionamento della piattaforma e dello specifico algoritmo utilizzato, che possono porre all’autonomia del lavoratore limiti tali da poter ricondurre alla piattaforma e all’algoritmo medesimi una sintesi dei tipici poteri direttivo, di controllo e disciplinare propri di un datore di lavoro nei confronti di un lavoratore subordinato”, non potendo l’esistenza di tali poteri esser nascosta dalla mera presenza di un algoritmo.

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La compatibilità con il lavoro intermittente

Nell’alveo del rapporto subordinato, la circolare n. 9/2025 ha individuato nel lavoro intermittente la fattispecie negoziale che, per caratteristiche e disciplina, meglio si attaglia alla regolamentazione del lavoro svolto dai ciclo-fattorini. Nel merito, sussistendone i presupposti di legge e se richiamato dalla contrattazione collettiva, per il trattamento economico, normativo e previdenziale dei ciclo-fattorini sarà possibile ricorrere al lavoro intermittente e alla loro disciplina e riparametrazione in funzione della prestazione effettivamente resa, con particolare attenzione all’importo della retribuzione globale e delle sue singole componenti, delle ferie, della malattia/infortunio e del congedo parentale o di maternità, fermo restando, altresì, il rispetto della normativa in materia di orario di lavoro e, pertanto, dei riposi giornaliero e settimanale.

Peraltro – ha osservato il Ministero – la compatibilità del lavoro dei ciclo-fattorini con la tipologia di contratto intermittente implica una riflessione ponderata sull’istituto della chiamata e sul suo relativo trattamento economico, dovendo in particolare sia essere verificata l’eventuale esistenza nel contratto di lavoro di un obbligo, in capo al rider, di rispondere alla chiamata, sia la coniugabilità del suo trattamento economico con gli istituti della malattia e/o della genitorialità.

Del pari degno di riflessione è, ad avviso del documento di prassi in commento, il trattamento economico dell’indennità di disponibilità, ovverosia di quella frazione temporale in cui il lavoratore, in base alle modalità organizzative stabilite dalla piattaforma, è effettivamente a disposizione del committente, restando in attesa della ricezione/accettazione dell’incarico di consegna, nei fatti concretando un vincolo di soggezione risultante funzionale al rendimento della prestazione.

Pertanto, in presenza di un obbligo a rispondere alla chiamata, secondo la circolare n. 9/2025, “si ritiene che … il periodo di svolgimento della prestazione lavorativa da retribuire, coincida con il tempo effettivamente impiegato per rendere la prestazione medesima. Diversamente, per il periodo durante il quale al lavoratore sia richiesto il collegamento con la piattaforma e fino al momento della sua disconnessione, è riconosciuta l’indennità di disponibilità, laddove prevista dal contratto e nella misura dallo stesso stabilita”.

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In relazione a quanto esplicitato dal Ministero sull’utilizzabilità del lavoro intermittente per i riders, sono state sollevate alcune perplessità in ordine alla loro reciproca compatibilità[8].

In particolare, è stato fatto presente come l’impiego per i ciclo-fattorini di una tipologia contrattuale quale il lavoro a chiamata, caratterizzata da discontinuità, per soddisfare esigenze estemporanee dell’imprenditore, nei fatti permetterebbe a quest’ultimo di scaricare sui lavoratori un proprio rischio, ovverosia quello di impresa.

Infatti, nel caso di consegne a domicilio di cibo o altro bene, l’alea di impresa consiste proprio nell’organizzare un servizio sulla base di una valutazione prognostica sulla quantità e volume delle richieste da parte della clientela, con una stima che, per quanto ricavabile da indagini di mercato, sconta in ogni caso un’inevitabile incertezza, cui si espone l’imprenditore, appunto. Orbene, poiché lo svolgimento dell’attività di impresa implica l’organizzazione dei fattori produttivi, fra cui le risorse umane, l’ordinario ricorso al lavoro intermittente – per sua natura previsto per soddisfare un bisogno estemporaneo, non già strutturale, dell’imprenditore – nella suddetta fattispecie potrebbe produrre, come sottile effetto distorsivo, il trasferimento sui lavoratori della specifica incognita del mercato.

L’effetto paradossale che ne potrebbe derivare rischierebbe di aumentare il dislivello nel potere negoziale tra le parti, ulteriormente assoggettando il lavoratore alle esigenze produttive, le più variabili e imprevedibili, dell’imprenditore, e probabilmente travisando la medesima ratio della Direttiva di prossima attuazione nell’ordinamento giuridico nazionale.

 

L’ipotesi delle collaborazioni etero-organizzate

Sussistendo, nel panorama legislativo nazionale, anche il tertium genus delle collaborazioni etero-organizzate, il Ministero del lavoro ha chiarito che è possibile che le prestazioni rese dai ciclo-fattorini configurino delle prestazioni genuinamente a carattere in prevalenza personale e siano rese in modo continuativo. Tuttavia, se dall’indagine fattuale compiuta emerge che la prestazione resa dal rider risente di un significativo assetto organizzativo ad opera del committente, troverà applicazione la disciplina del lavoro subordinato, come prescritto dall’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015, senza alcuna necessità di inquadramento sistematico del rapporto di lavoro nella tipologia del lavoro subordinato.

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Ciò in quanto, ha precisato il Ministero, gli elementi della personalità, continuità ed etero-organizzazione sono stati ritenuti, dall’ordinamento giuridico, sintomatici di dipendenza economica e debolezza negoziale del prestatore di lavoro, a valere quale apprezzabile squilibrio tra le parti del rapporto lavoristico da compensare attraverso la previsione normativa rimediale, appunto.

 

I profili previdenziali e assicurativi

Infine, per quanto concerne i profili previdenziali e assicurativi, la circolare in commento ha precisato che la natura subordinata del rapporto di lavoro interessante i ciclo-fattorini, nella duplice ipotesi dell’esistenza di un contratto di lavoro subordinato ovvero di applicazione della disciplina della subordinazione alle collaborazioni etero-organizzate, implica l’obbligo di iscrizione del lavoratore al Fondo pensione lavoratori dipendenti, con conseguente pagamento dei relativi contributi sulla base dell’imponibile contributivo di fatto ovvero ricavabile dalla fonte negoziale invocabile nel singolo rapporto di lavoro.

Viceversa, la tutela assicurativa ai fini Inail non risente della tipologia contrattuale prescelta e, soprattutto, riscontrabile nel caso di specie, trattandosi del medesimo rischio assicurato; a variare, semmai, sarà l’imponibile retributivo da assumere ai fini della determinazione dei premi assicurativi: in particolare, infatti, mentre nel caso di lavoro genuinamente autonomo il riferimento sarà alla retribuzione convenzionale, sussistendo le fattispecie di lavoro subordinato, collaborazioni etero-organizzate e di disconoscimento di lavoro autonomo, il parametro di riferimento sarà il trattamento retributivo effettivo ovvero previsto dal Ccnl applicabile.

[1] Per una recente analisi della direttiva 2024/2831/UE, M. Lai, “Brevi note sul lavoro tramite piattaforme”, W.P. Adapt, 5/2025, Adapt University Press 2025.
[2] Per mera completezza, come peraltro riportato dalla medesima circolare in commento, è opportuno rilevare come la fonte europea derivata preveda anche un obbligo di informativa ai riders sull’uso di sistemi di monitoraggio automatizzati, anche di tipo decisionale, per la supervisione, valutazione o esecuzione del lavoro su piattaforma, stabilendo altresì un controllo e un apprezzamento umano, a cadenza almeno biennale, delle conseguenze di detti sistemi automatizzati ricadenti sui lavoratori, con contestuale informativa ai lavoratori delle decisioni assunte e ferma restando la promozione della contrattazione collettiva nel settore e dell’informazione e consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali.
[3] Così, testualmente, la circolare in commento.
[4] Tra le più rilevanti, sentenze n. 121/1993, n. 115/1994 e n. 76/2015.
[5] Come potrebbe accadere, ha esemplificato il Ministero, ove al lavoratore venissero imposti tempi di consegna o se il medesimo fosse sottoposto a geolocalizzazione per finalità estranee alle esigenze organizzative della consegna.
[6] Come peraltro osservato anche dalla giurisprudenza di merito (Tribunale Torino n. 1560/2023) su una vicenda relativa ai riders, menzionata anche dal documento di prassi in commento.
[7] È il caso, ha esplicitato il Ministero, di indicazioni, fornite al ciclo-fattorino in tempo reale tramite App, sulle modalità di svolgimento della prestazione cui il medesimo è tenuto.
[8] Ben sintetizzate da F. Capponi, “Rider e lavoro intermittente: alcuni chiarimenti dal Ministero del lavoro”, in Bollettino Ordinario Adapt, n. 16/2025 e riportate a breve nel testo.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza”.

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