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Dazi Usa, la guerra commerciale terremota l’Europa: allarme per imprese e famiglie. Gli italiani tra i più preoccupati


Dazi e cittadini europei: scetticismo diffuso, gli italiani tra i più preoccupati. L’analisi di Altroconsumo 

Il tira e molla sui dazi che Trump sta attuando ormai da diverse settimane, di certo non ha giovato a borsa e mercati, ma ha creato un certo malcontento anche tra i comuni cittadini (soprattutto quelli europei). La tregua di 90 giorni decisa dall’amministrazione americana nei confronti dell’Europa non ha dissipato le preoccupazioni di una imminente guerra commerciale. Altroconsumo ha deciso così di condurre una ricerca, evidenziando quali potrebbero essere i settori più colpiti se non si trovasse un accordo allo scadere della tregua. Ma come stanno vivendo i cittadini questo delicato momento? Quanto sono consapevoli di ciò che potrebbe accadere da qui a qualche mese e quale percezione hanno dell’impatto che i dazi potrebbero avere sulle loro vite?

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L’inchiesta su oltre 4.600 europei

Per rispondere a queste domande, Altroconsumo ha svolto un’indagine in Italia, Belgio, Portogallo e Spagna, i Paesi in cui è presente Euroconsumers il network di organizzazioni di consumatori del quale Altroconsumo fa parte. L’indagine è stata realizzata tra il 15 e il 23 aprile 2025, coinvolgendo un campione di oltre 4.600 intervistati nei quattro i Paesi del gruppo (oltre 1.340 solo in Italia).

Ha sondato le opinioni dei consumatori in merito ai dazi annunciati da Trump e al modo in cui l’Europa potrebbe reagire. I risultati rivelano un quadro chiaro: forte preoccupazione per l’aumento dei prezzi e la situazione economica generale, dall’Europa ci si aspetta una risposta unitaria e investimenti nel settore tecnologico e digitale.

Oltre 9 cittadini su 10 prevedono impatti negativi

Forse anche grazie alla quantità di notizie circolate in queste ultime settimane, ormai quasi tutti gli intervistati (in tutti i quattro Paesi) sanno cosa significa il termine dazi, con l’Italia in testa dove la consapevolezza tocca addirittura il 95%.

A questa presa di coscienza fa da contraltare un forte pessimismo (non del tutto ingiustificato) sulle prospettive economiche. La percezione dello scenario è quasi unanime: i dazi avranno effetti negativi. Più di 9 intervistati su 10 pensano che danneggeranno le imprese e l’economia, sia nazionale sia europea. L’83% prevede un aumento del costo della vita, con un 26% che lo immagina considerevole. In Italia, le percentuali sono solo leggermente inferiori rispetto a quelle degli altri Paesi: il 78% si aspetta un incremento dei costi (per il 19% sarà significativo), mentre un 17% ritiene che i dazi non avranno effetti sulla spesa quotidiana (percentuale ridotta ma comunque superiore rispetto agli altri Paesi).

Quanto all’occupazione, il 44% degli intervistati teme un impatto negativo sulla situazione lavorativa della propria famiglia, in questo caso gli italiani (43%) si allineano al dato generale. Da notare che solo il 49% degli italiani crede che non ci saranno effetti sull’occupazione familiare, molto meno rispetto, ad esempio, al 62% dei cittadini belgi. In tutti i Paesi le preoccupazioni aumentano tra chi già affronta difficoltà economiche: in Italia, l’86% di chi è in difficoltà teme l’aumento del costo della vita, e il 59% prevede ricadute sul lavoro.

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Nel grafico qui sotto, viene riportato lo spaccato delle “preoccupazioni” nelle risposte degli intervistati italiani.


 

Attesi rincari sui prezzi: italiani i più preoccupati

Gli intervistati si aspettano rincari in quasi tutte le categorie merceologiche. In cima alla lista ci sono prodotti tecnologici e automobili, con oltre 3 intervistati su 4 che prospettano aumenti, che spesso si prevedono marcati. In Italia le preoccupazioni sono ancora più evidenti: il 91% teme rincari tecnologici (considerevoli per il 49%) e il 79% sulle auto (36% considerevoli). Gli italiani si distinguono rispetto agli altri Paesi soprattutto per la preoccupazione per forti rincari su bollette (28%) e mutui o prestiti (18%).

Nel grafico qui sotto, i prodotti che secondo i nostri connazionali potrebbero rincarare a causa dei dazi.


 

Perplessità sull’efficacia dei dazi

I contro dazi europei non sarebbero quindi la risposta giusta per proteggere tanto gli interessi economici nazionali quanto il mercato del lavoro dei singoli Paesi coinvolti. Solo un terzo degli intervistati considera i dazi un mezzo efficace per proteggere le industrie locali. In Italia, la fiducia verso questo strumento è ancora più bassa: appena il 22% crede che sia utile. Tuttavia, quando si tratta di risposte politiche, il 69% degli intervistati è favorevole a imporre contro-dazi agli Stati Uniti, ma tra gli italiani il consenso scende al 57%.

Più condivisa è la visione strategica: in tutti e quattro i Paesi oltre l’80% degli intervistati è convinto che l’Unione Europea debba puntare su nuovi mercati e investire nei settori tecnologico e digitale per affrancarsi dalla dipendenza verso i prodotti americani. Molti vedono inoltre nei dazi statunitensi una mossa politica più che economica: lo pensa il 62% degli intervistati (il 58% tra gli italiani).

Nel grafico qui in basso viene riportato lo spaccato delle opinioni degli italiani su tutti questi punti.


 

Accordi comuni, ma senza sconti sulle regole

La maggioranza degli intervistati (67%) ritiene che debba essere la UE, e non i singoli Stati, a negoziare con Washington. Anche in Italia prevale questa opinione (66%), ma si registra una maggiore apertura agli accordi bilaterali con gli USA: il 23% è favorevole, una percentuale ridotta ma superiore rispetto ad altri Paesi.

Tuttavia, i cittadini non sono disposti a sacrificare gli standard dell’Unione per ottenere la rimozione dei dazi: la maggioranza si oppone all’allentamento delle regole su sostenibilità ambientale (60%)sicurezza digitale (76%) e alimentare (80%). Gli italiani sono ancora più intransigenti: il 66%, l’82% e l’88% rispettivamente si oppongono a qualsiasi compromesso, con la percentuale più alta in assoluto sulla sicurezza alimentare.

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Infine un dato di genere; le donne (specialmente in Italia) si dimostrano particolarmente inflessibili sugli standard ambientali: solo il 10% accetterebbe di abbassarli, mentre il 24% degli uomini sarebbe disposto a farlo.





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