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Tracciabilità dei flussi finanziari: il caso del CIG e della formazione a catalogo


Premessa

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Nel presente contributo verrà offerta una panoramica sul tema della tracciabilità dei flussi finanziari, analizzando la definizione di Codice Identificativo Gara (CIG), la ratio alla base della sua istituzione da parte del legislatore e i casi in cui le Amministrazioni sono esenti dall’acquisizione del suddetto codice. Proprio in riferimento ai casi di esclusione, l’analisi si concentrerà sui servizi di formazione a catalogo. 

CIG: definizione e funzione 

Il codice CIG è un codice alfanumerico generato, a decorrere dal 1° Gennaio 2024, dalle PAD (Piattaforme di Approvvigionamento Digitale) mediante scambio con la PDNCP di ANAC. In ottemperanza alla L. 136/2010, il CIG assolve anche alla funzione di strumento, insieme al CUP, su cui è imperniato il sistema della tracciabilità dei flussi di pagamento.

Nell’ambito della disciplina dettata agli articoli 3 e 6 della Legge sopra menzionata – avuto riguardo alla ratio della norma, volta a tracciare gli incassi provenienti dai contratti di appalto ed i pagamenti che, a fronte di tali incassi, sono effettuati dagli appaltatori verso i soggetti della filiera – l’indicazione dei codici CIG e CUP assume la finalità di rendere l’informazione “tracciante”. Il riferimento ad un determinato CIG (ed eventualmente CUP) consente, quindi, di ricondurre il pagamento per prestazioni comprese in subcontratti rientranti nella filiera al contratto stipulato dalla stazione appaltante con l’appaltatore principale. 

Ricapitolando:

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  • una prima funzione è collegata agli obblighi di comunicazione delle informazioni alla Banca Dati Nazionale dei Contratti pubblici gestita dall’ANAC, per consentire l’identificazione univoca delle gare, dei loro lotti e dei contratti pubblici;
  • una seconda funzione è legata al sistema di contribuzione, derivante dal finanziamento dettato dall’articolo 1, comma 67, della legge 266/2005, richiamato dall’art. 222, comma 12, del Dlgs 36/2023.
  • una terza funzione, infine, è attribuita dalla legge n. 136/2010 che affida al codice CIG il compito di individuare univocamente (tracciare) le movimentazioni finanziarie degli affidamenti di lavori, servizi o forniture

La ratio della legge n. 136/2010 è quella di prevenire infiltrazioni malavitose e di contrastare le imprese che, per la loro contiguità con la criminalità organizzata, operano in modo irregolare ed anticoncorrenziale.

A tal fine, tra l’altro, la legge prevede che i flussi finanziari collegati ad un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture, debbano essere tracciati, in modo tale che ogni incasso e pagamento possa essere controllato ex post. Pertanto, il fine non è quello dell’efficienza della spesa pubblica, ma piuttosto quello di stabilire un meccanismo che consenta agli investigatori di seguire il flusso finanziario relativo ad un contratto di appalto, al fine di identificare i soggetti coinvolti nei flussi finanziari relativi a un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture, onde evitare, mediante un meccanismo di trasparenza, che il denaro pubblico finisca nelle mani delle mafie e, più in generale, che ci sia nell’esecuzione di contratti pubblici il coinvolgimento di imprese in contiguità con la criminalità organizzata.

Vi sono, tuttavia, dei casi esclusi dall’obbligo di tracciabilità tramite comunicazione del codice CIG, che l’ANAC identifica nel seguente elenco:

  • i contratti di lavoro / dipendenti S.A.
  • appalti esclusi a fronte di un diritto esclusivo e gli appalti aggiudicati per l’acquisto di acqua /energia o di combustibili destinati alla produzione
  • il trasferimento di fondi da PA ad enti pubblici, se relativi alla copertura di costi per le attività istituzionali 
  • l’amministrazione diretta 
  • risarcimenti corrisposti dalle imprese assicuratrici e  indennizzi e i risarcimenti corrisposti a seguito di procedure espropriative
  • gli incarichi di collaborazione ex articolo 7, comma 6, del testo unico sul pubblico impiego
  • spese fondo economale
  • l’erogazione diretta, a titolo individuale, di contributi da parte della pubblica amministrazione a soggetti indigenti…
  • i contratti di associazione 
  • i contratti dell’Autorità giudiziaria non qualificabili come contratti di appalto; 
  • le convenzioni in materia di difesa, protezione civile e prevenzione 
  • i contratti di servizi forniti da banche centrali di cui all’art. 56, comma 1, lett i) CCP

Oltre ai suddetti casi, non è prevista la richiesta di un nuovo codice CIG per la proroga (tecnica) del contratto ai sensi dell’art. 120, comma 11, del Dlgs 36/2023, concessa per garantire la prosecuzione delle prestazioni nelle more dell’espletamento delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo soggetto affidatario.

Parimenti, quando la S.A. riceve una sponsorizzazione di “puro finanziamento”.  In tal caso, infatti, lo sponsor si impegna nei confronti della stazione appaltante (che assume la veste di sponsee, ossia di soggetto sponsorizzato) esclusivamente al riconoscimento di un contributo economico (in cambio del diritto di sfruttare spazi per fini pubblicitari) e non anche allo svolgimento di altre attività (come avviene nel caso della sponsorizzazione tecnica, soggetta alla comunicazione del CIG). Tale fattispecie è esclusa dall’ambito di applicazione degli obblighi di tracciabilità, in quanto si traduce in un mero finanziamento (non immediatamente legato all’ambito degli appalti) effettuato dall’operatore economico nei confronti di un soggetto pubblico.

Quadro di riferimento ante e post digitalizzazione

Con l’entrata in vigore delle norme sul ciclo vita degli acquisti pubblici scompare anche lo smart CIG, inizialmente introdotto per semplificare la procedura di ottenimento del codice negli appalti di minor interesse per l’Autorità (i“micro-contratti”) e nello specifico: per i contratti di lavori, servizi e forniture, inclusi i contratti esclusi e i contratti di sponsorizzazione (tecnica) di importo inferiore a 40.000 euro. In tale circostanza non era possibile avvalersi dell’ambiente AVCPASS (oggi FVOE) per espletare le verifiche sui requisiti.

Diversamente da prima, oggi il CIG per gli affidamenti diretti non prevede un «regime semplificato» rispetto a quanto avveniva tra “Smart” e SIMOG, bensì un onere di comunicazione delle schede che aumentano esponenzialmente in base all’importo (anche entro la soglia dell’affidamento diretto). Anche nel caso dei contratti quadro, è necessario che il soggetto sottoscrittore dell’accordo (che funge da centrale di committenza) chieda l’attribuzione di un codice CIG (cd. CIG “padre”). Le amministrazioni che aderiscono all’accordo quadro devono chiedere l’emissione di un nuovo codice CIG (“CIG derivato” detto anche CIG “figlio”) che identificherà lo specifico contratto e che sarà riportato nei pagamenti derivanti da quest’ultimo.

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Anche laddove il soggetto (amministrazione) che stipula l’accordo quadro coincida con quello che è parte contraente dei contratti attuativi a valle dell’accordo, è necessario acquisire i codici CIG “derivati” o “figli” per lo sviluppo delle schede relative alle fasi di esecuzione dell’appalto. Eccola allora che, se prima tale adempimento poteva apparire superfluo, oggi con l’esigenza di «nutrire» l’ecosistema digitale sembra imprescindibile che ogni contratto attuativo goda di un singolo e dedicato regime di tracciabilità. 

I Servizi di formazione a catalogo e il parere del MIT

Il Servizio Supporto giuridico del MIT ha risposto ad quesito in materia di tracciabilità dei flussi finanziari, in cui si chiede se nell’ipotesi in cui un’amministrazione intenda iscrivere a titolo oneroso uno o più dipendenti ad un corso a catalogo (ovvero: formazione presente all’interno di un catalogo formativo, offerta da parte di un ente di formazione e/o società di formazione alla generalità dei possibili fruitori con un programma, metodologia, prezzo, luogo, data e orario di svolgimento predeterminati), integri la fattispecie di appalto di servizio di formazione con gli obblighi connessi alla richiesta di CIG e tracciabilità e se nel caso in cui il corso a catalogo sia, invece, escluso dall’obbligo di richiesta di CIG e tracciabilità dei flussi finanziari, se sia necessario procedere all’acquisto tramite piattaforme negoziali certificate oppure se sia possibile procedere tramite acquisti extra piattaforme negoziali analogamente a quanto avviene con un acquisto economale.

Con il riscontro 3136/2025, il servizio di Supporto Giuridico del Ministero fornisce il seguente riscontro:

Se il corso di formazione è oggetto di un contratto tra la società che organizza l’evento e l’Ente i cui dipendenti beneficiano della formazione, si tratta di un contratto di servizi per il quale il CIG è necessario. Al contrario, se una società di formazione offre in modo indistinto la possibilità di partecipare ad un convegno/corso/seminario a potenziali fruitori e un Ente ritiene opportuno far partecipare uno o più dipendenti a tale evento, la delibera ANAC n. 4/2011 affermava espressamente che la “mera partecipazione di un dipendente di una stazione appaltante ad seminario o convegno non integra la fattispecie di appalto di servizio di formazione”. A seguito delle modifiche apportate alla suddetta delibera 4/2011 con la successiva delibera ANAC 556/2017 tale osservazione non è più presente. Tuttavia, sul tema, nelle FAQ di ANAC relative alla Tracciabilità dei flussi finanziari, aggiornate al 6 Febbraio 2024, si riscontra la faq C9 secondo cui in caso di partecipazione di un dipendente ad un seminario o ad un convegno non è necessaria l’acquisizione del CIG. Ai sensi dell’art. 25, comma 2, lett. a) del d.l. 66/2014 convertito nella legge n. 9/2014, la partecipazione di un dipendente ad un seminario o ad un convegno non integra la fattispecie dell’appalto di servizi di formazione e, pertanto, alla specifica ipotesi non si applica la normativa sulla tracciabilità dei flussi finanziari. La risposta alla domanda 1) è negativa. Per la domanda 2) si concorda con la seconda opzione da voi indicata. Si ricorda che le spese effettuate dalle stazioni appaltanti con il fondo economale non sono sottoposte alla disciplina sulla tracciabilità. Tuttavia tali spese – per le quali è ammesso l’utilizzo di contanti – vanno tipizzate dalle stazioni appaltanti in un apposito regolamento interno, con cui siano elencati dettagliatamente i beni e i servizi di non rilevante entità (spese minute) necessari per sopperire ad esigenze impreviste nei limiti di importo delle relative spese. Per maggiori dettagli, si invita a consultare le numerose indicazioni fornite dalla Corte dei Conti (fra tutte, si segnalano le recenti sentenze delle Sezioni Giurisdizionali per la Regione Molise n. 44/2023 e per la Regione Calabria n. 115/2023).

Conclusioni critiche

Gli elementi evidenziati per tracciare una linea di differenziazione tra corsi di formazione a catalogo (esclusi dalla comunicazione CIG) e servizi di formazione (appalti di servizi soggetti a CIG) non appaiono – a chi scrive – del tutto persuasivi.

A ben guardare, se il discrimine fosse rappresentato dal solo fatto di configurare un “prodotto a catalogo”, allora anche l’acquisto di beni informatici o di altre forniture oggetto di listini predeterminati, non dovrebbe dar luogo a contratti di appalto.

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Un corso di formazione a catalogo prevede, comunque, un contratto tra l’Ente che iscrive il proprio dipendente e la società erogatrice del corso, anche laddove questo non preveda particolari margini di personalizzazione.

Piuttosto, sembra più corretto sostenere che il corso a catalogo sia escluso dall’ambito di applicazione della tracciabilità laddove oggetto di acquisto “economale” e, per tale ragione, sottratta anche all’utilizzo di piattaforme di negoziazione telematiche. E infatti è proprio il MIT a precisare, in riferimento al secondo quesito, che sarebbe possibile inquadrare tali acquisti come spese effettuate tramite fondo economale, come nel caso di acquisti di minori importi, e quindi non soggette alla disciplina della tracciabilità dei flussi finanziari. 

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