I dati sulle liquidazioni giudiziali del secondo trimestre 2025 tracciati da CRIBIS fotografano un contesto in forte accelerazione rispetto agli anni passati. Tutti i numeri del report
Nel dibattito sullo stato di salute del tessuto produttivo italiano, il termometro delle procedure concorsuali resta un indicatore rivelatore. Osservare come, dove e in quali settori si attivano le procedure di liquidazione non serve solo a descrivere il passato: aiuta a stimare la pressione finanziaria a cui sono sottoposte imprese e filiere, a leggere gli impatti di tassi, inflazione e domanda, e a immaginare quali leve di innovazione possano fare la differenza tra resistere e uscire dal mercato. È un terreno che interessa anche l’ecosistema dell’imprenditoria innovativa, dove strutture patrimoniali leggere e runway limitati amplificano gli shock.
Un punto di metodo: dal luglio 2022, nel Codice della crisi d’impresa, la procedura di fallimento è stata sostituita dalla liquidazione giudiziale. Questo cambiamento lessicale riflette un riordino normativo, utile da ricordare per confrontare i dati nel tempo e non confondere il trend con la terminologia.
Cosa indicano i numeri nel 2025
Secondo CRIBIS, nel secondo trimestre 2025 si contano 2.712 liquidazioni giudiziali, in decisa accelerazione rispetto allo stesso periodo del 2024 (2.292). Il dato è in crescita anche rispetto al Q1 2025 (2.341). Complessivamente, nei primi sei mesi del 2025 le liquidazioni giudiziali sono state 5.053.
La geografia del fenomeno non sorprende: la Lombardia guida per numerosità delle procedure con 543 casi nel Q2 2025 (20% del totale), seguita dal Lazio (400 casi, 14,7%), dall’Emilia-Romagna (239 casi, 8,8%) e dalla Campania (220 casi, 8,1%). Rispetto al trimestre precedente, tutte queste regioni mostrano un aumento (Lombardia 480, Lazio 337, Emilia-Romagna 208, Campania 183).
Sul fronte settoriale il Commercio mostra la maggiore incidenza (826 liquidazioni nel Q2 2025 contro le 713 del Q1), davanti a Edilizia (600 vs 493), Servizi (597 vs 555) e Industria (445 vs 373). Questi pattern confermano come i comparti più esposti a volatilità di consumi, energia e logistica restino i più vulnerabili.
Per la platea aziendale, ciò implica una doppia lettura. Da un lato, il rialzo delle procedure è un segnale di stress finanziario diffuso – erosione dei margini, peggioramento del capitale circolante, tensione sui covenant bancari. Dall’altro, il ritorno su livelli simili a quelli storici indica che la fase eccezionale post-pandemica sta lasciando spazio a driver più ordinari del ciclo economico, dove la qualità della gestione e l’uso dei dati diventano i veri discriminanti.
Resilienza o fragilità?
Un aumento delle liquidazioni giudiziali non dice tutto sulla resilienza del sistema. Il dato aggregato è la “punta dell’iceberg”: sotto la superficie c’è la capacità – molto diversa da impresa a impresa – di assorbire shock con costi fissi flessibili, supply chain ridondanti, disciplina di cassa e una cultura di miglioramento continuo supportata da tecnologie digitali.
Per i team di direzione e i CFO, la bussola operativa passa da alcune priorità concrete:
- Prevenzione dati-driven: sistemi di early warning su clienti e fornitori che integrano informazioni esterne e KPI interni per anticipare tensioni di liquidità.
- Ottimizzazione del circolante: negoziazione mirata dei termini di pagamento, uso selettivo di factoring e dynamic discounting, presidio del DSO con obiettivi trimestrali.
- Ridisegno dei costi fissi: trasformare quote di costo in variabile dove possibile – cloud, logistica on demand, lavoro flessibile – per abbassare il punto di pareggio.
- Investimenti ad alto ROI: digitalizzazione dei processi core – dalla previsione della domanda al controllo di gestione – con metriche di rientro chiare su tempi e cassa.
La resilienza nasce dall’integrazione tra finanza e operations. La tecnologia non è un orpello: l’adozione di analytics predittivi per la pianificazione della produzione, di piattaforme AI per la valutazione del rischio clienti o di soluzioni no code per automatizzare il back office crea un cuscinetto reale contro shock di fatturato e margini.
Focus startup: implicazioni pratiche
Per le startup e le PMI innovative, l’aumento delle liquidazioni giudiziali si traduce in un contesto creditizio più selettivo e in filiere più caute. Questo tocca tre aree chiave.
- Runway e unit economics. Con capitale paziente meno abbondante e costo del debito più alto, la disciplina di cassa è prioritaria. Vale ricalibrare il piano su ricavi ricorrenti, ridurre la dipendenza da pochi clienti, lavorare sul net revenue retention e fissare milestone di prodotto che sbloccano tranche di funding. La pipeline commerciale va “de-rischizzata” con test di prezzo rapidi e offerte land-and-expand.
- Finanza alternativa e gestione del rischio. Non tutte le scaleup possono permettersi il debito tradizionale. Strumenti come revenue-based financing, accordi di invoice trading o partnership con fintech di factoring digitale consentono di monetizzare il circolante senza diluire eccessivamente l’equity. In parallelo, coperture selettive – credit insurance su controparti critiche – riducono l’esposizione a default a catena lungo la supply chain.
- Innovazione come leva anticiclica. Nei periodi di incertezza, vincono le aziende che innovano sul processo oltre che sul prodotto. Automatizzare la lead qualification con modelli di scoring, introdurre pricing dinamico e A/B test continui sulle funzionalità core, misurare l’impatto con KPI di efficienza collegati alla cassa – cost to serve, payback dei canali, gross margin after support – aiuta a preservare margini e ad accelerare il time-to-value. Anche nelle relazioni con partner corporate, la co-innovazione con obiettivi condivisi e SLA misurabili riduce il rischio di contratti lunghi che non si traducono in ricavi.
Per i founder, leggere un incremento delle procedure come un segnale di allarme può essere utile, ma la risposta non è ritirarsi: è alzare la qualità dell’esecuzione. Dove i mercati restano difficili, posizionarsi su nicchie ad alta utilità, semplificare il portafoglio, standardizzare l’onboarding clienti e rafforzare la governance finanziaria – forecast rolling a 13 settimane, cash war room tra CFO e COO – fa spesso la differenza. In questo senso, le evidenze CRIBIS – 2.712 casi nel Q2 2025, 2.292 nel Q2 2024, 2.341 nel Q1 2025, con incidenza maggiore in Lombardia e nel commercio – non sono solo statistiche: sono un invito a progettare organizzazioni agili, capaci di adattarsi rapidamente ai segnali deboli del mercato.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link