In 48 ore, il convoglio umanitario della Global Sumud Flotilla si troverà di fronte alle coste di Gaza e ci aspettiamo un arresto di tutte le persone a bordo. Lo ha detto a Nova Maria Elena Delia, portavoce della delegazione italiana della Flotilla, il convoglio umanitario diretto verso la Striscia di Gaza e intenzionato a forzare il blocco della Marina israeliana davanti alle coste dell’enclave palestinese. “Le imbarcazioni sono ancora in acque internazionali e non si sono ancora avvicinate alla porzione di mare sopra la quale Israele rivendica il controllo. Quando la Flotilla approccerà le 12 miglia nautiche dalla linea delle coste di Gaza, prevediamo che ci saranno arresti di massa da parte delle Forze di difesa d’Israele (Idf)”, ha affermato la portavoce.
“Sulla Flottilla sono preoccupato per le conseguenze della violazione del blocco navale ma la nostra Marina militare non avrà uno scontro con quella israeliana” ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervenendo all’evento “The young hope”. “A cominciare dal presidente della Repubblica, poi tutto il governo e l’opposizione, abbiamo chiesto di lasciare i beni a Cipro, perché se l’obiettivo è aiutare la popolazione civile palestinese, si può fare senza incidenti. La Marina militare è presente per compiti umanitari”, ha ricordato Tajani, escludendo “un conflitto a fuoco con la marina di Israele”. “In Medio Oriente la speranza è che si arrivi a un cessate il fuoco dopo l’accordo presentato dagli Stati Uniti. L’Italia è pronta a fare la propria parte, anche per la ricostruzione, così come in Ucraina” ha aggiunto.
I parlamentari italiani a bordo della Flotilla si sono detti pronti a fermarsi in caso di alt imposto da Israele. “Mi pare una scelta di buon senso: forzare il blocco a che cosa serve? Soltanto a mettere a repentaglio l’imbarcazione e le persone che ci sono dentro”, ha commentato Tajani a margine dell’evento. “Ieri ho anche chiamato il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar chiedendo che non venga usata, nel caso di un tentativo di forzare il blocco, violenza né contro i parlamentari, né contro i cittadini italiani. Speriamo che prevalga il buon senso da parte di tutti”.
Intanto la Global Sumud Flotilla prosegue la navigazione verso Gaza, mancano circa 250 miglia all’ingresso nelle acque palestinesi. In un comunicato stampa la delegazione italiana della missione ribadisce che lo scopo “è quello di rompere il blocco illegale di Israele, aprire un corridoio umanitario e favorire l’ingresso permanente di aiuti per la popolazione di Gaza”. Durante il viaggio la flottiglia ha subito due attacchi da parte di droni che hanno causato danni ad alcune imbarcazioni. Nonostante ciò, la missione continua con determinazione verso le acque palestinesi. “A sostenere gli equipaggi in mare vi sono centinaia di migliaia di persone a terra. La solidarietà verso il popolo palestinese ha generato mobilitazioni, scioperi ed eventi su tutto il territorio nazionale, con richieste rivolte al governo italiano affinché adotti ogni iniziativa necessaria per fermare le violenze e far rispettare il diritto internazionale. La partecipazione allo sciopero del 22 settembre ha mostrato l’attenzione diffusa dell’opinione pubblica italiana su Gaza e sulla missione umanitaria della Global Sumud Flotilla”, prosegue la nota.
La delegazione italiana “ritiene che una delle principali forme di protezione per le imbarcazioni sia la pressione pubblica nelle piazze, soprattutto di fronte a un intervento istituzionale che finora è apparso insufficiente a garantire tutela e sicurezza a chi naviga pacificamente in acque internazionali”. “Dall’inizio della missione l’equipaggio di terra ha accolto l’appello dei portuali: ‘Se toccano la Gsf blocchiamo tutto’. Tale messaggio viene ribadito ora che le imbarcazioni si avvicinano alla destinazione, dove persiste il rischio di ulteriori attacchi”.
La portavoce italiana, Maria Elena Delia ha dichiarato: “L’incontro tenutosi domenica 28 settembre tra la delegazione italiana e il ministro Crosetto non ha portato a impegni concreti volti a garantire sicurezza e protezione alla flottiglia. Pur riconoscendo la complessità del quadro internazionale, riteniamo che l’atteggiamento del governo italiano si stia traducendo in nient’altro che nella complicità con le linee politiche che stanno causando sofferenze a Gaza, poiché l’assenza di azioni concrete contribuisce a mantenere lo status quo. Un governo che sceglie di non intervenire, e di non esercitare pressione diplomatica, finisce con il legittimare situazioni che violano il diritto internazionale anziché contrastarle”. Per questo “chiediamo al governo italiano misure concrete e tempestive: sanzioni contro Israele, che secondo le Nazioni Unite e le corti internazionali sta commettendo un genocidio; la sospensione di accordi commerciali che possano contribuire a sostenere le operazioni militari; e l’interruzione immediata dell’invio di armi e materiali a duplice uso verso chi è coinvolto in azioni che mettono a rischio civili e infrastrutture umanitarie. Tali misure devono essere coordinate con i partner europei e con gli organismi internazionali, e accompagnate da iniziative diplomatiche per promuovere indagini indipendenti, responsabilità e accesso umanitario senza ostacoli. Il governo italiano ha il dovere di richiedere il rispetto delle convenzioni internazionali, agire per porre fine al genocidio e adottare misure coerenti con tali obiettivi. È inoltre fondamentale proteggere gli equipaggi e permettere alla missione di proseguire in sicurezza”, aggiunge la nota.
La delegazione italiana del movimento verso Gaza “conferma che gli incontri istituzionali sono stati condotti nell’interesse dell’intera flottiglia, non soltanto dei cittadini italiani. L’obiettivo resta Gaza: ogni azione, in mare e a terra, è finalizzata a esercitare pressione sui governi affinché si ponga fine alle sofferenze della popolazione. Se si verificheranno ulteriori aggressioni alle imbarcazioni, la popolazione è pronta a mobilitarsi nuovamente con scioperi e manifestazioni pacifiche. Esprimiamo solidarietà a chi ha subito provvedimenti o repressione a seguito dello sciopero del 22 settembre. Non ci fermeremo e non lo faremo fino a quando non saranno garantiti canali umanitari permanenti per Gaza. Per una Palestina libera e per la tutela dei diritti di tutti e tutte”, conclude il comunicato.
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