Carlo Gherardi è un ottimista. «È il momento d’investire, di guardare al lungo termine, la situazione non è brillantissima ma stiamo reagendo, teniamo botta — dice, e intende malgrado i dazi di Trump, le incertezze della geopolitica, la svalutazione del dollaro —. Penso che ci sarà una crescita degli investimenti a fine d’anno perché gli imprenditori non hanno altra strada». Detto da lui, ha un peso. Con la sua Crif, che presiede e che fondò a Bologna nel 1988, Gherardi ha sott’occhio la situazione di crisi delle imprese in tutto il mondo. Il gruppo — Centrale rischi finanziari — è ormai in 37 Paesi di quattro continenti con oltre 85 società, serve 90 mila aziende e un milione di consumatori, lavora con 10.500 istituti finanziari e 450 assicurazioni. Lo schivo Gherardi sa quante aziende pagano i fornitori in tempo e quante in ritardo, quante hanno un merito di credito positivo (cioè meritano d’essere finanziate) e quante no, quante investono in innovazione e quante si sono fermate. Insomma, chi sta al palo e chi si muove.
I cambiamenti in Nomisma e alla Virtus Basket
L’impenditore è anche l’azionista di maggioranza (53%) di Nomisma, la società di ricerche bolognese cofondata da Romano Prodi. «È stato un mio professore», dice Gherardi che sta trasformando Nomisma «da società accademica a centro studi industriale con nuove competenze come il biomedicale». È stato anche azionista della Virtus Basket Bologna a fianco di Massimo Zanetti: «Sono entrato da corporate citizen con il 43%, ne sono uscito a giugno scorso dopo che ha vinto lo scudetto», annuncia. Attività collaterale: la produzione di olio extravergine d’oliva a Palazzo di Varignana, sopra Bologna.
Mercati e cervelli
Gherardi sostiene che per affrontare il nuovo quadro economico bisogna aprire nuovi mercati: «L’Asia, l’Africa, l’America Latina e negli Stati Uniti si deve restare ma con un ruolo distintivo, diverso dal passato». Dice che l’Europa deve muoversi: «È il vaso di coccio fra gli Stati Uniti e la Cina: è il momento di spingere per una maggiore integrazione, dal mercato dei capitali all’energia, dalla difesa all’intelligenza artificiale o diventiamo irrilevanti». Vede un risvolto positivo nell’annuncio di Trump della tassa di 100 mila dollari su molti visti lavorativi per gli Stati Uniti: «Può portare un ritorno dei cervelli in Europa ma bisogna essere attrattivi: cogliamo l’occasione». La notizia, però,è che le imprese italiane starebbero superando l’impasse degli ultimi mesi. «Trump ha portato con i dazi soprattutto incertezza, ma la geopolitica era già complicata dal 2022 — dice Gherardi —. Volendo pensare positivo, questo è il momento di guardare a lungo termine. E le aziende si stanno muovendo bene». I dati di Crif confermano, in base a due indicatori: pagamenti e prestiti.
I dati positivi su pagamenti e prestiti
«Nel primo semestre dell’anno i pagamenti fra aziende non sono peggiorati — dice il presidente di Crif —. La quota di chi ritarda oltre i 90 giorni è del 4,3% la stessa di gennaio-giugno 2024. È vero che soltanto il 44% delle aziende che monitoriamo in Italia salda i fornitori entro i 30 giorni, diversamente, per esempio, dalle puntualissime imprese tedesche, ma è importante che i ritardi non siano aumentati. Non vedo criticità».
Quanto al mercato del credito: «Nel primo semestre i finanziamenti a medio-lungo termine alle aziende sono aumentati del 15,1%. E se un’impresa fa un investimento a medio-lungo termine sta pianificando il futuro». L’obiezione è che nei primi sei mesi di quest’anno non c’era Trump alla presidenza Usa. «Sì — risponde Gherardi — ma intanto il 15% d’incremento delle risorse c’è stato e servirà. Poi le banche sono in condizioni di erogare. Gli investimenti possono riprendere». Altro indicatore è il credito ai privati. «Anche qui sono positivo — dice il presidente di Crif —. L’erogazione di mutui è cresciuta di oltre il 20% nel semestre, segno di fiducia». E pazienza se i prestiti per le auto sono crollati del 5,8%. «I prestiti personali salgono del 6,8%».
I piani, il bilancio, le 67 acquisizioni
Azienda familiare di prima generazione, aderente all’Aidaf, Crif cresce del 7-8% l’anno per linee interne e per acquisizioni. «Prevediamo di chiudere il 2025 con ricavi a 900 milioni con un margine operativo lordo di 190 milioni», dice Gherardi. L’obiettivo è arrivare a 1,1 miliardi di fatturato nel 2027, un miliardo e mezzo in sette anni. Il piano industriale al 2027 prevede almeno 250 milioni d’investimenti. Si aggiungono al 10% dei ricavi investiti ogni anno finora. «In 15 anni abbiamo concluso 67 acquisizioni, quattro in Italia dal 2022 — dice l’imprenditore —. Dal 2015 abbiamo investito 1,3 miliardi: 520 milioni in acquisizioni, 650 in nuovi servizi, il resto in uffici».
Gli investimenti si concentrano sull’innovazione. Tanta intelligenza artificiale, e poi servizi tecnologici come il digital onboarding (l’acquisizione di nuovi clienti via web, per esempio dalle banche) e per la sostenibilità: «Stiamo lanciando un’altra agenzia di rating specializzata sull’Esg. Abbiamo 17 startup nel mondo, partecipiamo a hub innovativi dalla Germania alla Spagna, dall’India a Singapore. Il detto tecnologico oggi è: sbagliare in fretta. Bisogna capire rapidamente se ciò che si sta facendo è l’innovazione giusta». E formare le persone per rispondere a minacce come i cyber attacchi: da tre anni Crif ha un’Accademy a Bologna.
Il passaggio generazionale
La costante è la proprietà familiare. Il gruppo resta in capo a Gherardi (ha l’89%) e nel consiglio d’amministrazione siedono i tre i rappresentanti delle banche azioniste Bnp Paribas, Deutsche Bank e Bpm. «Aprire il capitale? Ma perché? I nostri investimenti li ripaghiamo con le nostre risorse. E della Borsa non abbiamo necessità». Necessario invece è guidare il passaggio generazionale, che Gherardi sta preparando con un consulente d’impresa per i suoi tre figli di 31, 26 e 24 anni. «Nessuno di loro è ancora in azienda e non è detto che entri in futuro — dice — ma è importante conoscere i meccanismi, imparare a separare proprietà e gestione».
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