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«Vogliamo creare un hub trasversale, rafforzato dalla collaborazione con università e imprese»


Alessandro Palombo, medico e ricercatore con una lunga esperienza nelle tecnologie applicate alla salute, è il nuovo direttore del Centro nazionale per l’Intelligenza artificiale, l’HTA e la Tecnoassistenza dell’Istituto superiore di sanità. Un nuovo hub che riunisce competenze in telemedicina, robotica, nanotecnologie e valutazione delle innovazioni sanitarie, con l’obiettivo di guidare l’Italia in una fase decisiva: governare l’impatto dell’intelligenza artificiale in medicina, trasformandola da rischio potenziale in opportunità per pazienti e sistema sanitario. TrendSanità ha incontrato il neo-direttore per approfondire di cosa si occuperà il Centro e con quali linee strategiche.

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Direttore Palombo, quali sono gli obiettivi principali del nuovo Centro nazionale e quale ruolo avrà all’interno dell’Istituto superiore di sanità?

«L’Istituto superiore di sanità ha oltre 90 anni di storia. È nato con una missione precisa, la lotta alla malaria, e oggi è l’organo tecnico-scientifico del ministero della Salute, con il compito di tutelare la salute pubblica in ogni sua dimensione, mantenendo indipendenza e terzietà. Il nuovo Centro nazionale per l’Intelligenza artificiale, l’HTA e la Tecnoassistenza rappresenta un passaggio fondamentale in questa evoluzione. È l’erede del Centro Tecnologie innovative per la Sanità pubblica e riunisce competenze diverse: HTA, telemedicina, intelligenza artificiale e robotica, nanotecnologie e terapie innovative, chimica e fisica per la medicina, biomedicina spaziale e subacquea, fino a una sezione dedicata alla gestione sanitaria in ambienti estremi ed emergenze.

Il Centro contribuirà alla definizione di linee guida pratiche e condivise e all’elaborazione di protocolli chiari per la gestione degli algoritmi

La sua organizzazione riflette questa vocazione multidisciplinare. L’Unità di Telemedicina, Ingegneria biomedica e Medicina digitale lavorerà sullo sviluppo di piattaforme e dispositivi per il monitoraggio a distanza e per l’assistenza integrata. Accanto a essa, l’Unità dedicata a Nanotecnologie, Nonomateriali e Terapie innovative esplorerà l’uso di materiali avanzati e di tecniche di manifattura additiva per dare vita a protesi personalizzate, organi artificiali e nuove soluzioni terapeutiche. L’Unità di Chimica e Fisica per la Medicina, invece, si occuperà di medicina nucleare e di integrare l’imaging con l’intelligenza artificiale, così da potenziare la diagnosi precoce, la valutazione prognostica e il monitoraggio delle terapie.

Il Centro punta a diventare un hub trasversale tra ricerca, sviluppo e applicazioni

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Un ruolo particolarmente importante sarà svolto dall’Unità di HTA e Dispositivi medici, che avrà il compito di valutare l’efficacia, la sicurezza e la sostenibilità delle innovazioni, garantendo un utilizzo basato su evidenze scientifiche e un corretto inserimento nelle politiche sanitarie. A questa si affiancherà l’Unità su intelligenza artificiale e Robotica, responsabile dello sviluppo di algoritmi predittivi, modelli di apprendimento automatico e sistemi robotici in grado di affiancare i clinici e migliorare i percorsi assistenziali, sempre nel rispetto della trasparenza e dell’etica. L’obiettivo è diventare il cuore pulsante dell’innovazione tecnologica dell’Istituto. Non un centro che accentra, ma un hub trasversale, capace di raccordare ricerca, sviluppo e applicazioni concrete. In questo modo l’innovazione non rimane confinata ai laboratori, ma diventa strumento operativo per il Servizio sanitario nazionale, al servizio dei cittadini».

L’intelligenza artificiale è ormai un tema centrale anche in sanità: in che modo il Centro intende favorirne un utilizzo sicuro, etico e realmente utile per medici e pazienti?

«L’intelligenza artificiale è diversa da ogni altra tecnologia: non solo ci aiuta a decidere, ma può influenzare le nostre decisioni. È uno strumento straordinariamente potente, che se usato nel modo giusto può fare molto bene, ma se impiegato senza consapevolezza può produrre rischi e disuguaglianze. Per questo il Centro si propone come garante. Per raggiungere questo obiettivo, il Centro contribuirà alla definizione di linee guida pratiche e condivise, alla creazione di standard di qualità riconosciuti a livello nazionale e internazionale, e all’elaborazione di protocolli chiari per la gestione degli algoritmi.

L’AI non ci aiuta solo a decidere, ma può influenzare le nostre decisioni

Ogni algoritmo dovrà essere valutato non solo per le prestazioni tecniche, ma anche per trasparenza, robustezza, bias, implicazioni etiche e protezione dei dati sensibili. La privacy e la dignità della persona restano valori imprescindibili. Accanto a questo, un punto decisivo è la formazione. Anche il miglior sistema di intelligenza artificiale fallisce se i professionisti non sanno usarlo, interpretarne i risultati o comunicarli ai pazienti. Per questo vogliamo creare una nuova cultura digitale in sanità, con corsi di aggiornamento, percorsi universitari e progetti pilota nelle strutture sanitarie. Solo così l’intelligenza artificiale diventerà un alleato prezioso, capace di ridurre errori diagnostici, migliorare la tempestività delle cure e aumentare la fiducia dei cittadini nel sistema.

Spazio anche per testare le soluzioni in progetti pilota su piccola scala

Il Centro promuoverà anche progetti pilota in ospedali, strutture territoriali, RSA e contesti di cura innovativi. Queste sperimentazioni sul campo permetteranno di valutare in maniera concreta l’efficacia delle soluzioni, di adattarle alle diverse realtà operative e di correggerne eventuali limiti prima della diffusione su larga scala. L’obiettivo è rendere l’adozione dell’intelligenza artificiale un processo graduale ma solido, capace di rispondere alle esigenze reali dei cittadini e dei professionisti».

L’acronimo HTA (Health Technology Assessment) richiama la valutazione delle tecnologie sanitarie: come verranno integrate intelligenza artificiale e HTA nel lavoro quotidiano del Centro per supportare decisioni cliniche e politiche sanitarie?

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«L’HTA è la bussola che guida la valutazione delle tecnologie. Serve a stabilire se uno strumento sia utile, sicuro, sostenibile ed eticamente accettabile. Ma i processi tradizionali oggi non bastano più: la tecnologia corre molto più veloce. Con l’Intelligenza artificiale possiamo trasformare l’HTA in un percorso dinamico e continuo, che accompagna le tecnologie in tutte le fasi del loro ciclo di vita: dall’horizon scanning alla certificazione, fino al monitoraggio degli effetti reali nella pratica clinica. Grazie all’analisi di grandi quantità di dati clinici, epidemiologici ed economici, possiamo avere valutazioni aggiornate e tempestive, utili non solo ai ricercatori ma anche a medici e decisori politici.

Tra gli obiettivi, l’armonizzazione di criteri e metodologie nazionali e internazionali

L’Intelligenza artificiale offre strumenti potenti per raccogliere, analizzare e interpretare enormi quantità di dati clinici, epidemiologici, gestionali ed economici, permettendo valutazioni più rapide, più precise e costantemente aggiornate. Non si tratterà più di un processo rigido e statico, incentrato su analisi ex post, ma di un percorso dinamico e continuo che inizia con l’osservazione e l’analisi delle tecnologie emergenti, per poi accompagnarle in tutte le fasi del loro ciclo di vita, fino alla misurazione degli impatti concreti nella pratica clinica e organizzativa. In questo modo, sarà possibile individuare tempestivamente rischi e opportunità, orientando con maggiore efficacia sia le scelte terapeutiche sia le politiche sanitarie.

L’obiettivo è armonizzare criteri e metodologie con altre istituzioni nazionali e internazionali, così da creare un linguaggio comune e fare dell’Italia un modello di riferimento anche in Europa».

Guardando ai prossimi anni, quali pensa possano essere le applicazioni più promettenti dell’intelligenza artificiale in ambito sanitario – a livello italiano e internazionale – e come si potrà passare dalla sperimentazione all’adozione diffusa?

«Il campo più maturo è la diagnostica per immagini. Gli algoritmi già oggi supportano radiologi e specialisti nell’individuazione precoce di tumori, patologie cardiovascolari e malattie neurodegenerative. A breve diventeranno parte integrante dei referti, riducendo disuguaglianze territoriali e migliorando la qualità diagnostica. Un’altra area cruciale è la medicina personalizzata. Integrando dati genetici, clinici e ambientali, sarà possibile definire terapie su misura, anticipare la risposta ai farmaci e ridurre gli effetti collaterali.

Diagnostica per immagini, medicina personalizzata, monitoraggio da remoto e applicazioni di frontiera sono gli ambiti più promettenti per l’AI

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Il monitoraggio remoto è un altro fronte decisivo: sensori e piattaforme digitali permetteranno di seguire i pazienti cronici e anziani a distanza, riducendo i ricoveri e alleggerendo gli ospedali. È un cambiamento radicale, che aumenta autonomia e qualità della vita. Infine, guardiamo alle applicazioni di frontiera: la biomedicina spaziale e subacquea. Tecnologie sviluppate per astronauti o per scenari oceanici estremi possono trovare impieghi concreti nella sanità quotidiana, ad esempio per l’assistenza in zone remote o in situazioni di emergenza ambientale. Sono settori che sembrano lontani, ma che in realtà hanno ricadute dirette sulla vita di tutti i giorni.

Anche la comunicazione è cruciale e il Centro la considera parte della propria missione

Tuttavia, il passaggio dalla sperimentazione all’adozione diffusa non sarà automatico. Sarà necessaria una governance forte, capace di coniugare la spinta dell’innovazione con il rigore della valutazione scientifica e regolatoria. Le tecnologie dovranno essere validate sul campo, certificate nella loro sicurezza e qualità, integrate in architetture di dati sicure e interoperabili, e soprattutto accompagnate da programmi di formazione per i professionisti sanitari. Senza questo passaggio, il rischio è che soluzioni promettenti restino confinate a progetti pilota senza trasformarsi in benefici reali per i cittadini. In questo contesto, il nuovo Centro avrà un ruolo significativo. Non si limiterà a osservare le innovazioni, ma le accompagnerà lungo tutto il loro ciclo di vita: dalla fase di ideazione e sperimentazione, alla valutazione tramite Health Technology Assessment, fino alla diffusione su larga scala all’interno del Servizio Sanitario Nazionale. L’obiettivo sarà quello di garantire che l’AI e le tecnologie più avanzate non restino semplici esercizi accademici, ma diventino soluzioni concrete, sostenibili ed etiche, capaci di rafforzare il sistema sanitario e migliorare la salute dei cittadini».

Il Centro che lei dirige avrà inevitabilmente un rapporto con aziende, istituzioni e università: quali forme di collaborazione immagina per accelerare ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico?

«L’innovazione in sanità non nasce dall’azione di un singolo, ma dalla capacità di costruire reti solide e trasversali. Con le università svilupperemo percorsi congiunti di formazione e ricerca, capaci di aggiornare chi già lavora e di formare nuove figure professionali: data scientist clinici, ingegneri biomedici esperti di intelligenza artificiale, specialisti di HTA con competenze digitali avanzate.

Università e imprese saranno partner del Centro per la costruzione di reti solide e trasversali

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Con le imprese attiveremo partnership strategiche per accelerare sviluppo e validazione delle tecnologie, ma sempre nel rispetto di criteri condivisi di eticità, sicurezza e sostenibilità. Non basta che l’innovazione arrivi sul mercato: deve essere utile, sicura e accessibile ai cittadini. Alle istituzioni – dal ministero della Salute alle Regioni – offriremo supporto tecnico-scientifico, contribuendo a linee guida, modelli di governance e valutazioni indipendenti. Ma la vera sfida è costruire veri ecosistemi di innovazione pubblico-privati: piattaforme di dati federati sicure e interoperabili, progetti pilota in scenari reali, standard condivisi a livello nazionale e internazionale. Solo così potremo ridurre il divario tra laboratorio e corsia e portare più rapidamente ai cittadini i benefici delle nuove tecnologie.

La vera sfida è costruire veri ecosistemi di innovazione pubblico-privati

Naturalmente c’è anche un altro tema molto importante da affrontare: quello della comunicazione. Conta moltissimo. E non parlo solo di comunicazione verso gli addetti ai lavori, ma verso tutti i cittadini. Oggi si tende a considerarla forma, mentre in realtà è sostanza. Se le nuove tecnologie – oggi l’intelligenza artificiale, domani i dispositivi impiantabili o altre innovazioni – non vengono spiegate con chiarezza, rischiamo di generare diffidenza o addirittura paura. Viceversa, una comunicazione corretta e condivisa diventa strumento di consapevolezza collettiva. Il nostro compito non è soltanto sviluppare e valutare tecnologie, ma anche aiutare le persone a comprenderle e a usarle meglio. Perché una tecnologia, per quanto avanzata, non serve a nulla se non viene accettata e utilizzata correttamente dalla comunità a cui è destinata. Per questo, accanto a ricerca, HTA e innovazione, il Centro considera la comunicazione parte integrante della propria missione. È il modo migliore per fare in modo che l’innovazione sia davvero al servizio di tutti, e non solo di pochi».



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