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Supply chain: come viene gestita dalle aziende italiane?


Oltre il 60% delle imprese guida internamente i progetti di trasformazione del Supply Chain Planning, ma solo metà delle grandi imprese investe nella formazione delle persone

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Negli ultimi anni le supply chain globali hanno vissuto una sequenza inedita di shock: la pandemia con carenze di materiali e trasporto, l’invasione dell’Ucraina con limitato accesso a energia e beni essenziali, la crisi in Medio Oriente che ha reso insicuro il traffico marittimo nel canale di Suez, le nuove tensioni tariffarie. La volatilità costringe a ripensare filiere e processi e a sviluppare capacità di pianificazione sempre più sofisticate, ma le imprese italiane ancora trascurano la gestione anticipatoria del rischio.

L’82% delle aziende monitora i principali fattori di rischio, ma solo 26% delle grandi imprese e appena il 5% delle PMI ha rivisto i modelli di rischio. Solo una su dieci oggi sviluppa piani di contingenza strutturati e scenari alternativi, mettendo in evidenza una fragilità ancora diffusa. I rischi più presidiati sono quelli finanziari e operativi, ma cresce l’attenzione verso quelli geopolitici e di sostenibilità.
La capacità di trasformare e ottimizzare i processi di pianificazione dipende in modo significativo dal contributo umano, che può accelerare notevolmente il cambiamento o, al contrario, rappresentare un ostacolo se non adeguatamente supportato. Nel complesso, oltre il 60% delle imprese italiane (grandi e PMI) guida internamente i progetti di change management, confermando il valore strategico delle competenze interne. Due terzi delle aziende scelgono di gestire internamente la trasformazione della pianificazione della supply chain, e solo metà delle grandi imprese investe nello sviluppo delle proprie risorse.

Le imprese che hanno già avviato percorsi di integrazione e governance dei dati stanno progressivamente esplorando le potenzialità dell’intelligenza artificiale. Sebbene la maggior parte delle imprese non l’abbia ancora adottata (il 62% delle grandi e l’86% delle PMI), alcuni stanno sperimentando applicazioni concrete.

Le supply chain italiane sono in fase di transizione – afferma Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Supply Chain Planning -: sono spinte a innovare da un contesto instabile e competitivo, ma ancora frenate da limiti organizzativi e culturali. La direzione è però segnata: la capacità di integrare pianificazione, automazione, formazione e gestione proattiva del rischio sarà la leva decisiva per costruire filiere più resilienti, capaci di affrontare le perturbazioni future e di trasformarle in opportunità di vantaggio competitivo”.

“Molte aziende pianificano investimenti, ma altre sono ancora lontane dalla maturità tecnologica e organizzativa – dichiara Andrea Sianesi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Supply Chain Planning -. Le difficoltà derivano da problemi complessi di pianificazione e carenza di competenze tecniche e manageriali. Cresce infatti l’urgenza di formare le persone, prerequisito per passare da una logica reattiva a una proattiva, basata su scenari e simulazioni”.

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I progetti nel SCP. Circa il 60% delle aziende italiane ha avviato iniziative di trasformazione digitale negli ultimi 12 mesi che agiscono a livello operativo piuttosto che strategico, soprattutto in ambito demand e production planning.

Nei progetti futuri, l’automazione dei processi inizia a riscontrare l’interesse: il 13% delle imprese sta pianificando progetti in questo ambito nei prossimi dodici mesi. Nelle PMI, principalmente automazione semplice, come strumenti di Robotic Process Automation per la raccolta dati o comunicazioni automatiche. Nelle grandi aziende, automazione di processi più complessi tramite Intelligent Robotic Process Automation (iRPA).

La seconda area d’interesse è la formazione, indicata dall’11% delle grandi imprese e PMI. Nelle PMI soprattutto formazione tecnica su strumenti di pianificazione e sistemi gestionali. Nelle grandi imprese, invece, l’obiettivo è l’upskilling del team di planning, per sviluppare dimestichezza e capacità di utilizzare questi strumenti per attività complesse. Altre iniziative includono formazione su metodologie statistiche e machine learning, oppure training e workshop interfunzionali per favorire la partecipazione a processi decisionali integrati.

I risultati delle iniziative di trasformazione digitale, nel complesso, sono incoraggianti: il 69% delle grandi imprese e il 64% delle PMI ha raggiunto pienamente o in gran parte gli obiettivi prefissati. Solo una piccola quota non ha conseguito miglioramenti. I casi di insuccesso hanno come ostacolo principale il fattore umano: resistenze del personale, percezione dei sistemi come vincoli, o aspettative gestionali non realistiche rispetto ai tempi di maturazione delle nuove soluzioni.

I ruoli nel SCP. Il ruolo delle persone del team di supply chain planning è fondamentale per riuscire a gestire i processi, prendere decisioni tempestive e collaborare con tutti gli attori della filiera. Nelle grandi imprese prevale il ricorso al team interno di SCP (45%), che assicura coerenza strategica e continuità, ma richiede investimenti e rischia una visione autoreferenziale. Un altro 23% si affida a team dedicati al miglioramento continuo, soluzione agile ma meno strutturata. Le società di consulenza esterne (10%) e i vendor di software (10%) rappresentano opzioni utili per know-how e tecnologie, ma comportano costi più elevati, possibili rigidità e rischi di scarsa integrazione. Una quota residua adotta modelli ibridi o non formalizzati. Nelle PMI circa un terzo si affida al team SCP interno e un altro 30% a team dedicati al miglioramento continuo. Solo una minoranza sceglie i vendor di software (4%), scoraggiata dai costi.

Nel complesso, oltre il 60% delle imprese italiane — grandi e PMI — guida internamente i progetti di trasformazione (change management), confermando il valore strategico delle competenze interne. Questa centralità delle persone mette in primo piano il tema della formazione. Metà delle grandi imprese non investe nello sviluppo delle proprie risorse di planning, l’altra metà, invece, dichiara iniziative concrete. Il 13% delle grandi imprese e il 21% delle PMI hanno rafforzato competenze e strumenti dei team di SCP, con percorsi che includono ampliamento degli organici, corsi di formazione specialistici, upskilling su data analytics, machine learning e AI per migliorare previsioni di domanda, ottimizzazione delle scorte e programmazione di produzione.

“La trasformazione della supply chain planning non può prescindere dal ruolo delle persone – dichiara Roberto Cigolini, Direttore dell’Osservatorio Supply Chain Planning – La scelta prevalente di gestire i progetti internamente conferma la rilevanza strategica delle competenze aziendali, ma sottolinea al tempo stesso l’urgenza di investire nella formazione e nell’evoluzione professionale dei team, affinché possano affrontare le complessità future con strumenti adeguati, apertura all’innovazione e una maggiore resilienza organizzativa”.

Le tecnologie nel SCP. L’integrazione dei sistemi informativi è l’elemento chiave nella gestione di processi di SCP: collegare i sistemi gestionali come ERP, WMS e TMS consente di allineare previsioni, livelli di scorte, flussi di produzione e trasporti, riducendo ritardi e disallineamenti. Tuttavia, la maggior parte delle imprese italiane lavora ancora con sistemi parzialmente integrati (52% delle grandi e 39% delle PMI), limitando la visibilità di processi end-to-end, mentre solo una parte – un terzo delle grandi aziende e una PMI su cinque – ha raggiunto un’integrazione completa, con vantaggi tangibili di visibilità end-to-end. L’assenza di integrazione totale, che riguarda il 15% delle grandi e il 36% delle PMI, comporta invece costi elevati e perdita di agilità operativa.

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Dietro a questi limiti c’è spesso la mancanza di una governance chiara dei dati. Più del 20% delle grandi imprese e oltre il 40% delle PMI non dispone di regole formali sulla data ownership, con conseguenze su correttezza dei piani, reportistica e coerenza delle metriche.

Le imprese che hanno già avviato percorsi di integrazione e governance dei dati stanno progressivamente esplorando le potenzialità dell’intelligenza artificiale, sebbene la maggior parte delle imprese non l’abbia ancora adottata (62% delle grandi e 86% delle PMI). Le soluzioni di AI che si basano sull’elaborazione di dati numerici strutturati restano centrali per migliorare previsioni di domanda, ottimizzare la capacità produttiva, pianificare trasporti e stimare tempi di consegna. Le soluzioni di analisi dei testi consentono di facilitare la comprensione dei documenti, estrarne informazioni, aumentando la produttività, automatizzando attività ripetitive e riducendo errori. La visione artificiale viene usata poco. Le applicazioni come l’analisi semantica o sistemi di previsione basati su machine learning hanno già superato la fase di sperimentazione, mentre soluzioni più avanzate, come sistemi di pianificazione interamente autonomi, restano a livello di prototipo.

“L’evoluzione tecnologica della supply chain planning passa da tre direttrici: integrazione dei sistemi per una visione unificata, governance dei dati per garantire coerenza e accessibilità, e applicazioni mirate di tecnologie avanzate per automatizzare attività e migliorare qualità e resilienza delle decisioni – afferma Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Supply Chain Planning -. La capacità di mettere insieme e governare diverse iniziative diventa così un fattore competitivo cruciale, anche se declinato con modalità e complessità diverse tra grandi imprese e PMI”.



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