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Il Consiglio di Stato “apre” la fattispecie del grave illecito professionale


Consiglio di Stato, sez. V, 11 settembre 2025, n. 7282
 
D.lgs. n. 36/2023 – Appalti pubblici – Cause di esclusione automatica e non automatica – Grave illecito professionale – Requisiti generali – Giudizio di integrità e affidabilità dell’operatore economico – Artt. 94 e 95 del d.lgs. n. 36/2023 – Art. 98 del d.lgs. n. 36/2023 – Omissione dichiarative – Informazioni false o fuorvianti – Valutazione di gravità – Art. 80 d.lgs. n. 36/2023 – Elenco tassativo – Interpretazione restrittiva – Interpretazione estensiva – Principio di buona fede – Reato di estorsione – Reato di occupazione abusiva di spazio demaniale – Decreto penale di condanna – D.lgs. n. 50/2016
 
L’intero sistema dei contratti pubblici si ispira al principio della ‘buona fede’, espressamente codificato dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023; una disposizione che, mediante il ricorso alle categorie dell’affidamento e della buona fede precontrattuale, si preoccupa di distribuire i rischi dell’invalidità degli atti del procedimento di evidenza pubblica, collegandoli ad oneri informativi.
[…]
La diffusione di informazioni inesatte o l’omissione di informazioni che non possano consentire all’Amministrazione di valutare adeguatamente la scelta di contrarre o meno con un operatore economico, sono comportamenti contrari al principio di buona fede codificato dal codice dei contratti.
Questo Consiglio di Stato ha, in più occasioni, valorizzato il dovere di buona fede nel rapporto che si instaura tra soggetto pubblico e parte privata nelle gare di appalto, stabilendo che: “il comportamento di entrambi deve essere realizzato in funzione della reciproca e leale collaborazione, così come sancito dalla legge 241/1990 e, recentemente, dal d.lgs. 36/2023. In questo modo viene a configurarsi un nuovo rapporto di tipo orizzontale tra i partecipanti alla selezione.
Ciò comporta che mentre l’amministrazione deve esercitare a favore dell’operatore economico una funzione di protezione o, secondo parte della giurisprudenza e della dottrina, la stessa è tenuta ad obblighi connessi a diritti soggettivi, il cives va incontro ad una più accentuata responsabilizzazione, che deve essere presente nel corso del procedimento e del processo” (Cons. Stato, n. 10744 del 2023).
In ottemperanza al dovere di buona fede, il privato è tenuto a fornire all’Amministrazione ogni elemento potenzialmente rilevante ai fini della valutazione della sua affidabilità (Adunanza Plenaria, sentenza n. 16 del 2020). Gli obblighi informativi sanciti dagli artt. 1337 e 1338 c.c. hanno per oggetto elementi rilevanti in funzione degli illeciti professionali di cui la stazione appaltante dovrà poi valutare la gravità e la rilevanza rispetto al giudizio di integrità e affidabilità.
Da siffatti rilievi, appare agevole ritenere che il comportamento posto in essere dalla Ditta -OMISSIS- nella procedura di gara indetta dal Comune di Otranto è stato contrario a buona fede (artt. 1337 e 1338 c.c.), secondo i contenuti espressi dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023, con la conseguenza che è stato pregiudicato il dialogo procedimentale tra l’impresa e l’Amministrazione pubblica, e fortemente lesa la valutazione dell’integrità e dell’affidabilità del predetto operatore economico.

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Il fatto

Un operatore economico presentava ricorso avverso l’esclusione disposta dal Comune di Otranto dalla gara per l’affidamento del servizio di pulizia delle spiagge libere e dei litorali comunali per il triennio 2024-2026.

Il provvedimento di esclusione era stato fondato dall’Amministrazione sulle seguenti circostanze: l’omessa comunicazione delle pendenze giudiziarie che vedevano coinvolta l’impresa; la natura dei reati contestati – occupazione e innovazione abusiva di spazio demaniale, estorsione – tali da incidere sul giudizio di integrità e affidabilità dell’operatore; la costituzione di parte civile del Comune nei procedimenti penali pendenti.
Il ricorrente deduceva l’illegittimità dell’esclusione lamentando la violazione degli artt. 94, 95 e 98 del d.lgs. n. 36/2023.

In particolare, il ricorrente affermava che l’omissione dichiarativa di reati non ricompresi tra le cause di esclusione automatica e non automatica non sarebbe sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 98, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 36/2023, e perciò tale omissione non integrerebbe un’ipotesi di “grave illecito professionale”.  

Il T.A.R. Puglia, sez. II, Lecce, rigettava il ricorso con la sentenza n. 1324/2024 del 2 dicembre 2024.

Il giudice di prime cure offriva un’interpretazione evolutiva ed estensiva dell’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36/2023 nella parte in cui prevede la possibilità di desumere un grave illecito professionale dalla condotta dell’operatore che abbia “tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante”, reputandola una “una norma “aperta” che dà rilievo ad ogni possibile accadimento idoneo ad incidere sull’affidabilità del concorrente, purché esso abbia attinenza, anche indiretta, con la vita professionale dell’impresa”.

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In sintesi, nella lettura del T.A.R., tale disposizione costituirebbe una “una clausola generale, idonea a ricomprendere tutte le condotte poste in essere dal concorrente nello svolgimento di una procedura di gara, non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità e sull’affidabilità dell’operatore economico”.

L’impresa presentava appello avverso la sentenza di primo grado.

La decisione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato inquadrava preliminarmente la questione nei termini che seguono: se “l’omissione dichiarativa di pendenze penali a carico dell’operatore economico, per reati non ricompresi dell’elencazione tassativa indicata dal nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023), possa legittimare l’esclusione dalla gara, in fattispecie, come quella in esame, nell’ambito della quale sia stata valutata negativamente da parte dell’Ente comunale l’affidabilità ed integrità del suddetto operatore, il quale è stato accusato di condotte penali (estorsione) contestate anche in relazione ad un servizio espletato per conto della stessa Amministrazione appaltante, e in costanza di rapporto, e che risulta coinvolto in altri procedimenti penali ( per violazione degli artt. 54 e 1161 cod. nav.) nell’ambito dei quali il Comune si è già costituito parte civile, o è in procinto di costituirsi”.

Successivamente, i giudici di Palazzo Spada procedeva alla ricognizione della disciplina contenuta nel previgente codice dei contratti pubblici, confrontandola con quella attualmente prevista dal d.lgs. n. 36/2023.

Dal confronto emergeva una prima possibile lettura restrittiva del combinato disposto, e cioè quella secondo la quale “oggi, l’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023 qualifica come grave illecito professionale esclusivamente l’aver fornito in gara informazioni false o fuorvianti, ove suscettibili di influenzare le scelte della stazione appaltante. In tale ipotesi, l’Amministrazione ha comunque l’obbligo di valutare la rilevanza della dichiarazione falsa o fuorviante, disponendo l’esclusione dell’operatore ritenuto privo dei requisiti di affidabilità ed integrità.

Il Legislatore ha previsto, pertanto, un diverso regime per l’omissione dichiarativa di un fatto non desumibile dal fascicolo virtuale, precisando che l’omessa o inesatta dichiarazione ‘pur non costituendo di per sé causa di esclusione può rilevare’, nell’apprezzamento del grave illecito professionale (art. 96, comma 14, d.lgs. n. 36 del 2023).

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L’art. 96, comma 14, del d.lgs. n. 36 stabilisce un obbligo preciso per l’operatore economico, ossia quello “di comunicare alla stazione appaltante la sussistenza dei fatti e dei provvedimenti che possono costituire causa di esclusione ai sensi dell’art. 94 e 95, ove non menzionati nel proprio fascicolo virtuale. L’omissione di tale comunicazione o la non veridicità della medesima, pur non costituendo di per sé causa di esclusione, può rilevare ai sensi del comma 4 dell’articolo 98”.

Una lettura delle disposizioni invocate, ispirata a rigidi criteri interpretativi, sembra collegare, come lo stesso appellante ha dedotto nei propri scritti difensivi, la valutazione della gravità dell’illecito professionale solo nell’ipotesi in cui vi sia stata una condotta attiva dell’operatore economico, ossia quando l’operatore economico fornisca informazioni false e fuorvianti.”
Il Consiglio di Stato ritiene però di non accogliere una tale lettura delle disposizioni del d.lgs. n. 36/2023 in materia di cause di esclusione – lettura che esclude la sussumibilità dell’omissione dichiarativa nelle fattispecie di “grave illecito professionale” – potendo la stessa solo fondare la valutazione di idoneità dell’illecito professionale ad incidere sul giudizio di affidabilità e integrità dell’operatore.

I giudici di Palazzo Spada ritengono invece di aderire ad un’interpretazione per così dire “estensiva” dell’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36/2023, il quale dispone che “L’illecito professionale si può desumere al verificarsi di almeno uno dei seguenti elementi: (…) b) condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”. Secondo il Consiglio di Stato, “se l’omessa comunicazione di una circostanza rilevante ai fini della partecipazione alla gara è priva di autonoma rilevanza escludente, certamente concorre nel giudizio di affidabilità dell’operatore unitamente al fatto non dichiarato, purché si tratti di una circostanza non autonomamente desumibile dal fascicolo virtuale dell’operatore economico”.
Nei successivi passaggi, il Consiglio di Stato rileva che il “discrimen tra omessa dichiarazione (comportamento omissivo) e falsa dichiarazione (comportamento attivo) è sfumato in fattispecie in cui l’operatore economico riferisce circostanze non sufficienti, e soprattutto non idonee, a consentire alla stazione appaltante di svolgere correttamente la procedura di gara, nel rispetto della par condicio competitorum, e soprattutto nel perseguimento del pubblico interesse.

Ciò in quanto, diversamente opinando, l’Amministrazione pubblica sarebbe privata, in violazione dei principi generali che regolamentano il nuovo codice dei contratti (il principio di buona fede, il principio della fiducia, il principio del risultato) della possibilità di valutare correttamente l’affidabilità e integrità del futuro contraente, in questo modo potendo essere costretta a stipulare un contratto di appalto con un’impresa non idonea e non affidabile. Tanto soprattutto quando, come nella specie, l’omissione dichiarativa si è connotata da ‘dolo specifico’, perché, diversamente da quanto ha sostenuto l’appellante, è stato certamente utile tacere dei precedenti penali a carico, al fine di ‘influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante’ (art. 98, comma 3, lett. b) d.lgs. n. 36 del 2023)”.

Pertanto, il Consiglio di Stato riteneva la fattispecie dell’omissione dichiarativa sussumibile all’interno delle ipotesi escludenti, così confermando sostanzialmente l’impostazione seguita dal T.A.R. Lecce, con conseguente rigetto dell’appello.

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Brevi considerazioni conclusive

Preliminarmente, per completezza del quadro normativo, occorre ricordare che L’art. 98, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che “L’esclusione di un operatore economico ai sensi dell’articolo 95, comma 1, lettera e) è disposta e comunicata dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:
a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;
b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore;
c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.”

Mentre l’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del d.lgs. n. 50/2016 prevedeva tra le fattispecie escludenti l’aver “tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” ovvero l’aver “omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, l’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36/2023 prevede tra le ipotesi di esclusione quella della “condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”, senza quindi riproduzione del periodo che ricollegava anche l’omissione dichiarativa alle ipotesi escludenti.

 Quanto alla rilevanza delle omissioni informative nel nuovo Codice, l’art. 96, comma 14, del d.lgs. n. 36/2023 prevede espressamente che “L’omissione di tale comunicazione (e cioè, la comunicazione alla stazione appaltante la sussistenza dei fatti e dei provvedimenti che possono costituire causa di esclusione ai sensi degli articoli 94 e 95) … pur non costituendo di per sé causa di esclusione, può rilevare ai sensi del comma 4 dell’articolo 98”, mentre quest’ultimo dispone che “La valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell’organizzazione dell’impresa”.

Nella Relazione al nuovo Codice dei contratti pubblici, alla voce riguardante il comma 14 dell’art. 98, si legge che esso “chiarisce che l’omissione di tale comunicazione o la non veridicità della medesima, pur non costituendo di per sé causa di esclusione, può rilevare ai sensi della valutazione sulla sussistenza di una condotta integrante illecito professionale; viene quindi resa esplicita l’irrilevanza della mera omissione od inesattezza della medesima quale autonoma causa escludente”.

Dunque, sembrerebbe emergere un quadro abbastanza chiaro: l’espulsione dell’omissione dichiarativa dal novero delle fattispecie escludenti previste dal d.lgs. n. 36/2023, con la permanenza della sola condotta attiva – e cioè, il concorrente che fornisce informazioni false o fuorvianti – nelle ipotesi di esclusione.

Pertanto, dalla mancata appartenenza dei reati contestati al novero delle cause di esclusione automatica e non automatica, dalla mancata riproduzione dell’omissione dichiarativa tra le ipotesi escludenti, dall’esplicita menzione dell’omissione dichiarativa tra gli elementi che fondano la valutazione di gravità di un’ipotesi di grave illecito professionale, nonché dall’espressa estromissione dell’omissione dichiarativa dai casi che costituiscono “di per sé causa di esclusione”, dovrebbe discendere l’irrilevanza della suddetta omissione dichiarativa ai fini dell’integrazione di una fattispecie di grave illecito professionale (ex dell’art. 98, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 36/2023), anche perché l’art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che “I contratti pubblici non sono affidati agli operatori economici nei confronti dei quali sia stata accertata la sussistenza di cause di esclusione espressamente definite”, mentre il comma 2 dispone che “le cause di esclusione di cui agli articoli 94 e 95 sono tassative”.

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Che il T.A.R. Lecce e il Consiglio di Stato abbiano “forzato” il dato letterale delle disposizioni in materia di esclusione, oltre a “dequotare” il principio di tassatività delle cause escludenti, appare abbastanza evidente.

Certo è che le finalità alla base di tali “forzature” ermeneutiche appaiono piuttosto condivisibili agli occhi di scrive, visto il palese vuoto normativo creato dalla disciplina sopra descritta – vuoto che, seguendo l’impostazione restrittiva, impedirebbe di estromettere un operatore coinvolto in reati particolarmente gravi (estorsione, occupazione e innovazione abusiva di spazio demaniale) e certamente idonei a minare il giudizio di affidabilità, soprattutto nell’ambito di una gara per l’affidamento di servizi pubblici da svolgere nelle spiagge libere e nei litorali comunali.

Con un effetto, però da non sottovalutare: il ritorno all’“apertura” della fattispecie del grave illecito professionale, che era stato uno degli aspetti più problematici del d.lgs. n. 50/2016 – seppur trattandosi di un’“apertura” certamente più circoscritta di quella di cui al Codice previgente.

Il perno fondamentale di questa lettura “evolutiva” (o meglio, “estensiva”) della normativa sulle esclusioni, sembra rappresentato dalla centralità riconosciuta dai giudici di Palazzo Spada ai principi della fiducia e della buona fede codificati, rispettivamente, dagli artt. 2 e 5 del d.lgs. n. 36/2023 – principi alla base del riconoscimento del carattere “aperto” delle ipotesi di grave illecito professionale, con correlata soccombenza del contrario principio di tassatività delle cause di esclusione.

Tuttavia, la “fiducia” di cui all’art. 2 del nuovo Codice presenta la “duplice valenza” di fiducia dell’Amministrazione verso gli operatori, e di fiducia degli operatori nei confronti dell’Amministrazione, quest’ultima certamente più a rischio in presenza di un catalogo non “chiuso” delle cause di esclusione non automatiche – e lo stesso può dirsi rispetto al principio di buona fede.

Occorrerà attendere la risoluzione di future controversie per valutare gli effetti che avrà sul sistema dei contratti pubblici il nuovo orientamento inaugurato dal T.A.R. Lecce e dal Consiglio di Stato.

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