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PNRR, Sicilia ancora in ritardo: rischio definanziamento per infrastrutture idriche


Il Parlamento europeo, lo scorso 18 giugno, ha approvato una risoluzione per invitare la Commissione a valutare una possibile estensione di 18 mesi del Recovery and Resilience Facility.

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Un flop fin qui del tutto annunciato. Stiamo parlando del rapporto tra Sicilia e PNRR, i fondi europei provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e che nell’Isola continuano a non essere spesi. Al 30 giugno 2026, tutti i fondi non impiegati dovranno essere restituiti a Bruxelles. E per la Sicilia si tratta di miliardi di euro.

A fornire tutti i dati per il monitoraggio dell’avanzamento dei progetti è Open PNRR, progetto della Fondazione Open Polis. A inizio settembre i dati sono stati aggiornati allo scorso 30 giugno 2025. E la situazione per la Sicilia resta disastrosa.

La conferma arriva indirettamente anche dalla Regione, che sottolinea come al momento siano stati eseguiti appena il 31,63% dei pagamenti nei confronti delle ditte appaltatrici. Ma procediamo con ordine.

I numeri del PNRR

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), il pacchetto da 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà da sovvenzioni, concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica.

La principale componente del programma NGEU è il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza che ha una durata di sei anni e una dimensione totale di 672,5 miliardi di euro (312,5 sovvenzioni, i restanti 360 miliardi prestiti a tassi agevolati). Come riporta il sito del Mef, il PNRR contribuirà in modo sostanziale a “ridurre i divari territoriali, quelli generazionali e di genere”. Ma in Sicilia sta davvero andando così?

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Sicilia, pagamenti effettuati solo per il 31,63% dei progetti

Alla Regione Sicilia sono state destinate somme complessive per 19,4 miliardi di euro, di questi 15,3 provengono proprio da risorse PNRR. Il numero di progetti assegnati corrisponde a 22.438 con particolare attenzione per Digitalizzazione (5.136 progetti), Scuola, università e ricerca (5.713) e Impresa e lavoro (4.222). Solo al quarto posto il capitolo Infrastrutture con 3.443 progetti.

Sul sistema informativo Re.Gi.S., piattaforma ufficiale per il monitoraggio e la rendicontazione dei progetti PNRR, i dati aggiornati al primo settembre evidenziano che in Sicilia è stato effettuato il 31,63% dei pagamenti, pari a oltre 5 miliardi di euro, su un totale di quasi 15,9 miliardi di finanziamenti complessivi (PNRR e fondi provenienti da altri capitoli di spesa).

La Regione Siciliana risulta “soggetto attuatore” di appena 1,8 miliardi di euro, circa l’11% delle risorse disponibili. Questo si traduce in una notevole corresponsabilità della gestione della parte più consistente dei fondi da parte di Comuni, enti pubblici nazionali e altri organismi.

Quanto è rimasta attardata l’Isola sulla tabella di marcia lo racconta la bozza di sintesi del Defr 2026-28, al vaglio dell’assessorato regionale all’Economia. I progetti che hanno raggiunto fin qui l’obiettivo sono appena il 9,4% del totale: 2.050 sui complessivi 22.275 ammessi a finanziamento per un totale di 15,66 miliardi di euro.

Oltra la metà dei progetti attivati risulta ancora con target definiti ma senza programmazione completa. Tradotto: per questi ultimi potrebbero non essere ancora stati elaborati progetti esecutivi. E considerando che la scadenza prefissata è al 30 giugno 2026, lecito attendersi che, in relazione alle grandi opere pendenti, non sussistano più i tempi tecnici.

Ragioneria ad amministrazioni, sprint per la rata finale PNRR

La Ragioneria generale dello Stato ha sollecitato proprio lo scorso 19 settembre le amministrazioni titolari delle misure PNRR per accelerare sul caricamento della documentazione nel sistema Re.Gi.S. Un passaggio necessario per rispettare i tempi imposti da Bruxelles per la richiesta dell’ultima rata del Piano che dovrà essere erogata all’Italia.

Nella circolare si ribadisce che i target vanno centrati entro il 31 agosto 2026, mentre le spese potranno completarsi successivamente, salvo i casi in cui costituiscano indicatori diretti. Tutti i dati dovranno restare disponibili su Re.Gi.S per consentire eventuali controlli da parte della Commissione e della Corte dei conti europea, fino a cinque anni dopo il saldo finale del 2026.

Il pagamento della settima rata da oltre 18 miliardi di euro rappresenta un passaggio determinante per le casse dello Stato, ma la salita non è ancora cominciata. Questo perché gli obiettivi più complessi da raggiungere sono inseriti all’interno delle ultime tre – l’ottava già richiesta il 30 giugno, la nona e la decima da richiedere entro il 31 dicembre 2025 e il 31 agosto 2026. Tradotto: è alquanto plausibile che queste tre tranche finali arrivino all’Italia solo in maniera parziale o rischiano di non arrivare del tutto.

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La preoccupazione delle imprese

Il tema è stato di recente sollevato anche dai costruttori siciliani, consci di un avanzamento lavori troppo lento in vista delle scadenze imposte dell’Europa. Lentezza causata anche dai molteplici passaggi burocratici, oltre che dall’incapacità di Comuni e Regione di spendere i fondi assegnati ai vari dipartimenti.

A Palermo, riuniti presso la sede regionale dell’Ance, i rappresentanti del Mezzogiorno hanno lanciato nei giorni scorsi un monito netto: accelerare le opere e utilizzare ogni margine di flessibilità offerto dall’Europa per evitare che progetti strategici restino incompiuti.

Per l’Ance, serve che le istituzioni rimodulino la possibilità di impiego delle risorse PNRR non spese anche oltre il 2026. L’obiettivo indicato è chiaro: concentrare gli investimenti su priorità sociali e contrasto al cambiamento climatico.

I dati citati dall’associazione segnalano che circa un quarto dei fondi PNRR destinati alle opere pubbliche riguarda il Mezzogiorno: un patrimonio che, se disperso, comprometterebbe la competitività e la ripresa dell’area mediterranea.

Il presidente regionale Ance Sicilia, Salvo Russo, interpreta la recente revisione della politica di coesione come opportunità: la riforma consente infatti di rimodulare almeno il 10% dei programmi, ottenendo maggior prefinanziamento, incentivi e più tempo per completare gli interventi. Al centro degli interventi proposti da Russo, priorità per housing sociale, rigenerazione urbana, adattamento climatico ed emergenza idrica.

Infrastruttura idrica, ennesima incompiuta?

Ridurre le perdite, potenziare la depurazione e modernizzare reti e impianti. A due anni dal via, però, l’operazione rischia di trasformarsi in un’occasione mancata. Questa la fotografia dell’avanzamento del PNRR a proposito di infrastrutture idriche nell’Isola. L’ultima fotografia di REF Ricerche è impietosa: soltanto il 2 per cento degli interventi è completato e oltre il 51 per cento è ancora in fase di collaudo. Fattori tecnici ed esecutivi si mescolano a una burocrazia che allunga i tempi e frena i pagamenti.

Il tempo medio di realizzazione di un’opera idrica collegata al PNRR è di quattro anni e mezzo. La sola fase esecutiva assorbe quasi due anni; alle procedure preliminari — gare, valutazioni e autorizzazioni — va mediamente un anno e cinque mesi.

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Le reti del Sud perdono più acqua — fino al 49 per cento — e gli utenti subiscono interruzioni che superano le 220 ore annue, mentre al Nord la media resta sotto l’ora. La Sicilia è un caso emblematico. Nella misura per la riduzione delle perdite — 141 progetti per 2,6 miliardi a livello nazionale — l’Isola è interessata da cinque interventi per 127,4 milioni. Ma i pagamenti si fermano all’11 per cento, contro il 32 per cento della media nazionale.

I lavori nelle infrastrutture idriche nell’Isola riguardano la nuova rete idrica di Palermo. Qui i fondi rendicontati sono fermi ancora allo 0,28 per cento. E poi ancora l’ingente finanziamento disposto per Messina (24 milioni) e interventi in vari comuni — Caltagirone, Militello Val di Catania, Vizzini, San Cono, San Michele di Ganzaria, Licodia Eubea e Grammichele.

Sulle infrastrutture idriche primarie la Sicilia raccoglie nove opere per 343,6 milioni, fra cui il nuovo scarico di fondo e i lavori alla diga di Pozzillo (32,9 milioni), il potabilizzatore Jato a Partinico e il completamento della diga di Pietrarossa — opera avviata nel 1982, simbolo di una delle principali incompiute della Sicilia insieme alla diga di Blufi.

Scerra (M5S): “Sicilia in ritardo, c’è il rischio di perdere risorse fondamentali”

In una nota inviata lunedì, l’eurodeputato siciliano del Movimento Cinque Stelle, Filippo Scerra, ha evidenziato anche una volta il ritardo che continua ad accumulare l’Isola. “La Sicilia è penultima in Italia per utilizzo dei fondi del PNRR, con appena il 13% delle risorse spese rispetto al 29% della media nazionale. Un dato allarmante che rischia di trasformarsi in un danno irreversibile per la nostra regione e per l’intero Paese, in termini di coesione sociale e territoriale”.

“A meno di un anno dalla conclusione del Piano – prosegue Scerra – il quadro è drammatico: a Siracusa, ad esempio, risultano finanziati 1.632 progetti per circa 3,6 miliardi di euro, ma la spesa è ferma al 41%. In settori cruciali come infrastrutture, transizione ecologica e sanità, i pagamenti si fermano a percentuali minime: appena il 2,31% per il bypass ferroviario di Augusta, lo 0,1% per il collegamento del porto commerciale alla linea ferroviaria, il 3% per il potenziamento delle reti elettriche”.

Ue: no a dilazione tempi PNRR

Dall’Europa arriva un eco di preoccupazione condivisa: l’eurodeputato Marco Falcone avverte che, senza proroghe, i progetti rischiano di restare a metà strada. Tra le proposte politiche c’è l’estensione fino a 18 mesi per i progetti che alla scadenza risultassero maturi ma incompleti. La richiesta dei costruttori è semplice e urgente: più flessibilità, tempi certi e scelte di spesa che traducano i fondi in opere utili e crescita sostenibile per il Sud.

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Nonostante un quadro tanto drammatico, l’Italia risulta tra i Paesi europei più avanti nell’attuazione del PNRR. È in questo contesto che il Parlamento europeo, lo scorso 18 giugno, ha approvato una risoluzione per invitare la Commissione a valutare una possibile estensione di 18 mesi del Recovery and Resilience Facility (Rrf), lo strumento che finanzia i Pnrr dei singoli Stati. Finora l’idea di andare oltre la scadenza del 2026 era rimasta fuori dal dibattito ufficiale. La Commissione, in una comunicazione di inizio giugno, aveva ribadito il carattere vincolante del termine. Cosa eventualmente fare con le risorse rimanenti che i singoli Paesi non sono riusciti a spendere, lo suggerisce la Commissione, che spinge gli stati membri a contribuire al programma Rearm EU.





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