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Vino, Eurispes: le proposte per migliorarlo: REPORT e DATI


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RomaVino, Eurispes: la fotografia del settore e le proposte per migliorarlo: IL REPORT e i DATI

In Italia il settore del vino conta circa 30.000 imprese di trasformazione (di cui 1.800 a carattere industriale), 250.000 imprese agricole nella fase iniziale della filiera, un fatturato complessivo 16 miliardi di euro (indotto escluso), pari a circa un punto di PIL (di cui, nel 2024, 8,1 miliardi di euro di export), con 74.000 persone che ci lavorano (in termini di addetti diretti).

L’Italia, oltre a essere il primo paese produttore di vino al mondo, con 47 milioni di ettolitri in media, è anche il principale esportatore mondiale in volume, con oltre 22 milioni di ettolitri in media. Il settore del vino italiano è caratterizzato però da una notevole variabilità della produzione, che presenta da tempo oscillazioni annuali tra 42 e 55 milioni di ettolitri. La produzione degli ultimi dieci anni ha registrato un massimo di 55 milioni di ettolitri nel 2018 e un minimo nel 2023 con 38 milioni di ettolitri, mentre dal 2019 al 2022 c’è stata una sostanziale stabilità. Per il 2024 si è avuto un aumento, restando comunque lontani dai 47 milioni di ettolitri di media degli ultimi 5 anni. Per il 2025 la produzione è però stimata dall’Unione Italiana Vini in 47,4 milioni di ettolitri con un +8 rispetto al 2024.

L’export del vino italiano ha continuato ad essere vivo anche nel 2025, anche se, per la prima volta è preceduto dal segno negativo. Quanto al valore del prezzo medio all’export del vino italiano, l’Italia, con 4,43 euro/litro per i vini fermi in bottiglia, è indietro non solo rispetto alla Francia (7,81 euro/litro), ma anche ad Australia (5,56 euro/litro) e Nuova Zelanda (5,86 euro/litro).

I DAZI FRENANO (E DANNEGGIANO) L’EXPORT DI VINO ITALIANO: CRONISTORIA DI UN SETTORE IN DIFFICOLTÀ

Il mercato statunitense vale per l’Italia circa 2 miliardi di euro di export, pari al 24% del valore totale dell’export, contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna. Fino al gennaio 2025 il dazio medio applicato sul vino italiano era del 2,9%. L’aumento dei dazi al 15% comporterà un impatto sul settore del vino italiano stimato in 317 milioni (UIV). Il danno salirebbe a 460 milioni di euro qualora il dollaro dovesse mantenere l’attuale livello di svalutazione. Tra dazio e svalutazione della moneta statunitense, se prima il prezzo finale di vendita rispetto al valore all’origine aumentava del 123%, da oggi si stima che lieviterà al 186%. Ad aprile 2025, primo mese soggetto ai dazi, l’export di vino italiano verso gli Usa ha già registrato una battuta d’arresto, con un calo del 7,5% a volume e del 9,2% a valore.

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A giugno 2025, l’export di vino italiano in Usa, pur restando in positivo nel primo semestre dell’anno, ha frenato, tanto in valore che in volume, rispetto al 2024. Rispetto al mercato Usa, per paese, in termini di valore, la Francia è in testa alla classifica con 191,3 milioni di euro (+5,9% su giugno 2024), davanti all’Italia con 169,8 milioni di euro (-4,2% per il mese di giugno). In termini di volume, invece, l’Italia rimane il principale fornitore degli Usa con quasi 33 milioni di litri (+3,5%) che, a giugno 2025, hanno rappresentato il 32,6% del vino totale importato dagli Stati Uniti. Anche considerando l’intero primo semestre 2025, l’Italia, sempre in termini di volume, è ancora in testa alla classifica, con 188,9 milioni di litri (+7,5%, ovvero +13,2 milioni di litri), precedendo la Francia (+20,1%).

CONSUMI IN CALO, PENALIZZATI I ROSSI

Nella graduatoria dei consumi l’Italia è solo terza, con prospettive di peggioramento nel ranking mondiale. In un trentennio la dimensione del mercato domestico si è sostanzialmente dimezzata. Nel mondo, i consumi di vino sono scesi da 236 milioni di ettolitri del 2019 a 214 mln del 2024, con una penalizzazione per i vini rossi.

La contrazione dei consumi interni ha fatto aumentare le giacenze che, nel 2023, sono risultate nel complesso superiori alla produzione, collocandosi oltre i 50 milioni di ettolitri. Nel luglio 2024 le giacenze sono scese a 40 milioni di ettolitri, il 20% in meno dell’anno precedente, ma con la produzione che era scesa del 23%. In termini assoluti, quindi, le scorte sono scese di 10,5 milioni di ettolitri, mentre la produzione, la più bassa degli ultimi 60 anni, ha visto un calo di 11,6 milioni di ettolitri. Al 30 giugno 2025, infine, le giacenze del vino italiano erano 43,6 milioni di ettolitri, inferiori del 6,4% rispetto al 31 maggio 2025, ma superiori dello 0,3% sul 30 giugno 2024. A questi dati vanno aggiunti 2,7 milioni di ettolitri di mosti e 63.926 ettolitri di vino nuovo ancora in fermentazione.

L’EROSIONE DELLA SUPERFICIE DESTINATA ALLA VITICOLTURA

La superficie vitata nazionale sta progressivamente diminuendo, con una riduzione tra il 2000 e il 2023 pari al 15%. Nel 2024 è proseguita anche l’erosione del vigneto mondiale, sceso a 7,1 milioni di ettari (-0,6% sul 2023), al suo quarto calo consecutivo. L’Ue a 27, con 3,2 milioni di ettari, mantiene la leadership, guidata da Spagna (930mila ettari, -15%), Francia (783mila ettari, -0,7%) e Italia (728mila ettari, +0,8%). La Cina, terzo vigneto mondiale con 753mila ettari, prima dell’Italia, ha perso un ulteriore 0,4% nel 2024. Diminuisce anche il vigneto delle Americhe, con Stati Uniti, Argentina e Cile, mentre il Brasile cresce per il quarto anno consecutivo. Da segnalare in senso contrario l’aumento del vigneto dell’India, nel 2024 a 185mila ettari con un tasso di crescita annuo del 4,5% dal 2019.

L’AVVENTO DEL NO-LOW

I dati di settore indicano che il mercato dei vini No-low vale oggi in Italia vale solo 3,3 milioni di euro, ma dovrebbe raggiungere i 15 milioni nei prossimi 4 anni. Sul fronte globale, la stima del mercato attuale è pari a 2,4 miliardi di dollari, con prospettive di crescita fino a 3,3 miliardi di dollari entro il 2028.

LE VIE ILLEGALI DEL VINO

Nel solo 2023 il valore dei prodotti illegali legati al settore e sequestrati ha superato i 22 milioni di euro. Nel 2023 ci sono state circa 18.000 verifiche, con irregolarità di oltre il 13% per gli aspetti di etichettatura e tenuta dei registri, mentre solo il 4% ha riguardato gli esiti dei controlli analitici dei campioni prelevati (dati Icqrf).

Qui di seguito AGRICOLAE pubblica il REPORT Eurispes:

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LE PROPOSTE A SOSTEGNO DEL SETTORE

Alla luce dei dati di sintesi di un settore che sta attraversando una delle crisi più profonde di sempre, l’Eurispes intende evidenziare, in una sorta di “pacchetto di salvaguardia”, alcune proposte operative di sicuro interesse per il suo sostegno.

Revisione Testo Unico del vino

La revisione del Testo Unico del vino, che ormai risale a quasi 10 anni fa (legge 238/2016), appare sempre più necessaria a partire da un ripensamento del sistema delle denominazioni fino ad una disciplina che prenda in considerazione le nuove istanze del settore e i cambiamenti di consumo in atto. Tra le azioni da porre in essere, per esempio: la riduzione delle rese per ettaro; l’allineamento delle rese delle uve ai dati reali degli ultimi cinque anni; la revisione dei disciplinari di produzione e revisione del meccanismo degli esuberi; un’azione sull’etichettatura dei vini, incluso l’obbligo di indicare gli ingredienti e la dichiarazione nutrizionale; una semplificazione del sistema dei controlli; la revisione delle riclassificazioni e degli strumenti di gestione; la riforma del sistema delle denominazioni, con un sistema di accorpamento regionale delle denominazioni.

Vero è che la legge 238/2016 ha già subìto modifiche in passato, come quelle introdotte dal “Decreto Semplificazioni” del 2020, che ha interessato diversi aspetti della normativa. Ma, visto il contesto di costante e continuo cambiamento, è necessario un aggiornamento alle esigenze, altrettanto in continua evoluzione, del settore e del mercato.

Riduzione dell’Iva

Una risposta ai dazi, anche al fine di rilanciare i “consumi” interni, potrebbe consistere nel  tagliare l’Iva sul vino a pasto nei ristoranti, sul modello di quanto già accaduto nei primi anni Duemila in Francia, quando l’Iva fu abbassata al 7%. Oggi il vino è infatti considerato un bene voluttuario con un’Iva all’acquisto pari al 22% e al 10% se servito al tavolo.

Tutela della concorrenza e contrasto alle frodi 

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La lotta alla falsificazione del vino richiede un impegno congiunto da parte dei diversi soggetti della filiera. L’onere principale spetta alle aziende vinicole, che devono investire in sempre più sofisticati sistemi di tracciabilità del vino, utilizzando tecnologie ad hoc opportunamente integrate nei propri prodotti e collaborando con le autorità per identificare e denunciare i casi di contraffazione.

Il compito delle Istituzioni è invece quello di rafforzare controlli e sanzioni sui contraffattori, promuovere campagne di sensibilizzazione per i consumatori e sostenere la ricerca di nuove tecnologie anticontraffazione, muovendosi su tre livelli di sicurezza crescente:

–         il primo dovrebbe prevedere l’utilizzo di uno speciale codice seriale integrato nel QR code, un numero univoco che identifichi la singola bottiglia;

–         il secondo livello di anticontraffazione dovrebbe comportare l’aggiunta di un tag RFID, un chip nativamente seriale che automatizza i processi di confezionamento ed associa ad numero specifico il seriale della bottiglia;

–         il terzo livello dovrebbe infine riguardare il tag NFC, che introduce un elemento di controllo ulteriore, uno speciale tag contenente un circuito antitamper (ossia antimanomissione), che quando si cerca di rimuovere si rompe registrando l’operazione di manomissione. Questa strategia impedisce il molto praticato refill, ossia il riempimento di bottiglie originali con vino falso.

Tra i più interessanti progetti di innovazione, anche anticontraffazione, vi è quello dei contrassegni fiscali di Stato per le bevande alcoliche, la cui sperimentazione è stata recentemente avviata anche in Italia. Dal 28 luglio 2025 è stata avviata la fase sperimentale che riguarderà un nuovo modello di contrassegno più resistente, più sicuro, più sostenibile e più funzionale alle esigenze industriali, in particolare durante la fase di applicazione sulle linee di imbottigliamento. Il progetto, oltre a semplificare l’operatività delle imprese, prevede l’adeguamento delle informazioni già trasmesse quotidianamente all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dai depositi fiscali; il che consentirà anche una gestione più snella delle garanzie e una riduzione del numero di tagli dei contrassegni. Una misura senz’altro da portare a compimento in via strutturale.

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Potenziare l’uso di Intelligenza artificiale

L’Intelligenza artificiale può essere sicuramente utile a sviluppare strategie vincenti per affrontare la congiuntura negativa che sta caratterizzando il settore, anche grazie a sistemi di automazione in grado di ridurre l’impiego di prodotti fitosanitari, intervenendo solo dove realmente necessario, analizzando in tempo reale la densità della vegetazione e regolando così automaticamente l’erogazione dei trattamenti.

Strumenti di IA si trovano già nelle operazioni in vigna, nelle operazioni in cantina, nel marketing, nelle vendite e amministrazione aziendale e nelle interazioni con i consumatori. Nella viticoltura moderna, l’Intelligenza artificiale sta dunque rivoluzionando il monitoraggio e la gestione dei vigneti, consentendo ai viticoltori di migliorare la qualità del raccolto e ottimizzare le pratiche agronomiche.

L’Intelligenza artificiale sta trasformando la vinificazione, il cuore del processo produttivo del vino, con innovazioni che vanno dalla fermentazione controllata alla creazione di blend personalizzati.

Modifica autorizzazioni di reimpianto

Sarebbe opportuna una modifica in materia di autorizzazioni di reimpianto e una sospensione per un anno delle nuove autorizzazioni, laddove, in caso di mancato utilizzo delle autorizzazioni, sia nuove che di reimpianto, concesse prima di gennaio 2025, sarebbe auspicabile che non scattino sanzioni amministrative.  Da valutare anche l’estensione della validità delle autorizzazioni di reimpianto a otto anni, periodo ritenuto necessario per consentire ai produttori di riallineare la produzione ai mutati stili di consumo e ai nuovi mercati.

Regime assicurativo di sostegno

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La Commissione Europea ha recentemente approvato a favore della Francia, in base alle norme Ue sugli aiuti di Stato, un regime di riassicurazione francese da 5 miliardi di euro per i crediti all’esportazione verso gli Stati Uniti. Il regime è rimasto in vigore dall’8 maggio 2025 all’8 luglio 2025 e ha consentito agli esportatori di vini e alcolici di esportare scorte negli Stati Uniti prima dell’entrata in vigore della nuova ondata di tariffe annunciata. Il regime di favore è stato attuato nell’ambito del regime di riassicurazione Cap Francexport, un regime di riassicurazione esistente, amministrato da Bpifrance Assurance Export, che fornisce crediti per l’esportazione verso paesi non commercializzabili sul mercato assicurativo privato. Certo, dopo l’entrata in vigore dei detti dazi, una tale soluzione perde il suo interesse. Tuttavia, potrebbe essere interessante studiare un analogo regime di copertura assicurativa, garantito dallo Stato e a sostegno del settore.

Fondo assicurativo tra produttori

Sempre in àmbito assicurativo una proposta di sicuro interesse (lanciata recentemente dal neopresidente dei Vignerons Coopérateurs d’Occitanie) può essere quella di creare un fondo assicurativo tra produttori per evitare che le rese in eccesso svalutino il vino. In sostanza, si tratterebbe di un fondo comune di investimento, magari con cofinanziamento pubblico, per eliminare i bassi prezzi del vino nel mercato.  Facendo una stima delle vendite prima della vendemmia e confrontandola poi con le rese, si potrebbe calcolare il differenziale, che costituisce un volume di ettolitri avanzati da vendere prima che le eccedenze stesse possano svalutare il prodotto. In definitiva, sarebbe una sorta di “assicurazione solidale” tra produttori, funzionale al mantenimento dei prezzi del vino, da realizzarsi attraverso un fondo di mutualizzazione per gestire l’eccesso dell’offerta. Un’opzione dunque che non prevederebbe riduzioni di produzione o limitazioni alla commercializzazione per gli operatori. Invece che far esporre a un viticoltore una parte dei suoi vini a prezzi fuori mercato, sarebbe pertanto previsto un contributo unico per ogni ettolitro prodotto, trovando comunque poi anche sbocchi effettivi per quelle che sono le rese in eccesso (magari anche con la produzione di succo d’uva, o la distillazione per i carburanti).

Compensazioni Ue

Andrebbe individuato, magari con misure emergenziali mirate e limitate nel tempo volte ad attenuare gli effetti dell’aumento dei dazi, un meccanismo di compensazione, non incompatibile col diritto dell’Unione europea, per il riequilibrio dell’utile inframarginale, con copertura magari dei costi di investimento e di gestione. La disciplina potrebbe ricalcare, almeno quanto a ratio, quella che prevede che gli Stati dell’Ue possono compensare, tramite sussidio, i settori a più alta intensità di uso di energia elettrica attraverso specifici programmi di aiuti pubblici. A scopo di compensazione dovrebbero quindi essere consentiti dei programmi di aiuti pubblici, che dovrebbero comunque soddisfare l’insieme di linee-guida stabilite dalla Commissione Europea in merito alle sovvenzioni di Stato ed essere pre-approvati, caso per caso, dalla Commissione stessa.

Affitto gestorio e joint venture

Uno degli strumenti che alcune imprese vinicole stanno approntando per affrontare il difficile momento riguarda la formula dell’affitto del ramo d’azienda, di solito con un canone annuo fisso e una percentuale sul fatturato. Il vantaggio consiste nell’introdurre altri soggetti nell’azienda, che, seppur con novità organizzative, produttive e commerciali, resta comunque di proprietà, senza quindi cedere la propria quota societaria e lasciandosi il tempo per valutare se rientrare nella gestione o arrivare poi ad una cessione definitiva. Così come chi subentra, terminato l’affitto, può valutare, con cognizione di causa, se comprare o meno.

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In media, i termini dell’affitto gestorio variano tra i 5 e i 7 anni (anche perché sotto i 3 anni non c’è nemmeno il tempo materiale, per le parti, per verificare in concreto se conviene o meno acquisire o vendere). E, una volta terminato il quinquennio, c’è l’opzione di riscatto con un prezzo definito da contratto, con il vantaggio di non investire subito somme importanti nell’acquisizione, cercare di portare l’attività in equilibrio finanziario, o comunque a minimo rendimento, e poi, dopo qualche anno, conoscendo anche meglio l’impresa, pensare eventualmente ad acquisirla.

Altro strumento societario di interesse può essere quello delle joint-venture, magari creando una newco per condividere impianti e tecnologie per nuovi mercati (si pensi per esempio ai dealcolati), ammortizzando così i costi.

Pegno rotativo

Tra gli strumenti che possono essere utili a dare sollievo alle imprese potrebbe essere utilizzato il cosiddetto “pegno rotativo”, che vede il vino in cantina trasformarsi in garanzia per prestiti bancari. Una misura storicamente presente nel settore agroalimentare, che già nel periodo della pandemia venne estesa appunto anche al vino. Il “pegno rotativo” è in sostanza un prestito erogato dalle banche fornendo come garanzia il proprio vino in magazzino: in questo modo le giacenze si trasformano in liquidità immediata.

Utilizzo potenziato dei fondi OCM Promozione

Potrebbe essere opportuno un utilizzo più flessibile e potenziato dei fondi Ocm (Organizzazione Comune di Mercato). Nell’ultimo bando OCM Vino – Promozione nei Paesi terzi, pubblicato il 15 maggio 2025, erano già numerose le semplificazioni introdotte dal Ministero, rendendo l’accesso alla misura più snello, efficiente e orientato alle reali esigenze delle imprese.

Un aspetto interessante era ed è in particolare la clausola di adeguamento futuro, laddove il nuovo avviso prevedeva già la possibilità di integrare le nuove disposizioni che sarebbero emerse dal “Wine Package” europeo, il che apre sicuramente la strada ad una maggiore flessibilità operativa nei mercati.

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Il nuovo bando presenta, inoltre, ulteriori semplificazioni di carattere operativo, che potrebbero comunque essere ulteriormente rafforzate. Esso rappresenta solo primo passo di una revisione già prevista come più ampia, che ora si rende ancora più necessaria, contemplando anche magari tra le prospettive future: un aggiornamento del Decreto Ministeriale di riferimento; l’estensione dei costi standard ad altri paesi; la possibile introduzione di nuovi costi forfettari, che consentano, oltre che la semplificazione della gestione amministrativa e della rendicontazione, una maggiore certezza per le aziende agricole sui contributi che riceveranno; l’eliminazione del limite dei 5 anni per le campagne di promozione nei paesi terzi; l’introduzione della possibilità di realizzare le campagne anche utilizzando un importatore o un distributore di cui l’impresa detiene una partecipazione societaria.

Crediti “natura” per chi tutela l’ambiente

Come già proposto anche in sede comunitaria, uno strumento utile per lo sviluppo del settore potrebbe essere il mercato di “crediti natura”, per premiare, sostenendolo finanziariamente, chi tutela l’ambiente, sulla scorta di quanto già fatto in Ue con il mercato di scambio del carbonio, dando vita ad un sistema di certificazione credibile per agricoltori e proprietari terrieri che mettono in campo misure verificabili che promuovono servizi ecosistemici

www.agricolae.eu

www.eurispes.it

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