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Le 158 aziende legate allo sviluppo degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme


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Booking.com, Motorola Solutions (società distinta e che non ha nessuna connessione con Motorola Mobility, azienda produttrice di smartphone, ndr) e Trip Advisor sono alcune delle 158 aziende legate allo sviluppo degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, considerati illegali dal diritto internazionale.

A riferirlo è l’Onu che ha pubblicato oggi un elenco aggiornato delle aziende chiamate in causa, la maggior parte delle quali sono israeliane. Booking.com, Motorola Solutions e Trip Advisor continuano a comparire in questo elenco, stilato dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani, che include 68 nuove aziende, mentre altre sette, tra cui il produttore ferroviario francese Alstom, sono state rimosse.

“Questo rapporto sottolinea la responsabilità delle aziende che operano in contesti di conflitto di garantire che le loro attività non contribuiscano alle violazioni dei diritti umani”, ha dichiarato l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani in una nota. La maggior parte delle aziende elencate ha sede in Israele. Altre hanno sede in Canada, Cina, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. Questo elenco è stato pubblicato per la prima volta dalla stessa organizzazione dell’Onu nel 2020, a seguito di una risoluzione del Consiglio per i Diritti Umani approvata nel marzo 2016 che chiedeva la creazione di “un database di tutte le aziende coinvolte in attività” legate in particolare alla costruzione e allo sviluppo di insediamenti israeliani in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.

L’elenco in questione non è esaustivo: a causa della mancanza di risorse, l’Alto Commissariato ha potuto finora esaminare solo 215 aziende. L’occupazione israeliana dei Territori Palestinesi è considerata illegale dalle Nazioni Unite. Quando il primo elenco è stato pubblicato nel 2020, l’Unhcr ha chiarito che esso “non costituisce, e non intende costituire, un procedimento giudiziario o quasi giudiziario”, riferendosi implicitamente ai timori israeliani che potesse essere utilizzato come base per campagne di boicottaggio. Nel 2023 è stato pubblicato un elenco aggiornato, ridotto a 97 aziende, ma le Nazioni Unite non hanno valutato l’opportunità di aggiungerne di nuove. Le aziende elencate nell’aggiornamento pubblicato oggi operano principalmente nei settori dell’edilizia, immobiliare, minerario e delle cave. Nel 2020, Israele e Stati Uniti hanno condannato fermamente l’esistenza di questa lista delle Nazioni Unite, con il ministero degli Esteri israeliano che ha affermato che si tratta di “una vergognosa resa alle pressioni di paesi e organizzazioni che vogliono danneggiare Israele.

L’economia del genocidio

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per le aziende

 

Mentre la vita a Gaza viene cancellata e la Cisgiordania è sottoposta a un assalto crescente, questo rapporto mostra perché il genocidio di Israele continua: perché è redditizio per molti” questo è l’incipit dell’esplosivo rapporto “Dall’economia di occupazione all’economia di genocidio” (pubblicato il 1° luglio 2025) di Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati. Un rapporto che sta facendo tremare aziende, banche e istituzioni politiche di mezzo mondo. Dopo “Anatomia di un Genocidio” rapporto del marzo 2024, la giurista Francesca Albanese continua a dire chiaramente le cose come stanno, nonostante minacce e intimidazioni (anche gli Stati Uniti hanno recentemente chiesto la sua rimozione).

I nomi delle aziende citate nel report sono solo una parte di quelli presenti nella banca dati dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani, istituita nel 2020, “costituiscono una frazione di una struttura molto più profonda di coinvolgimento delle imprese, che traggono profitto dalle violazioni e dai crimini nei Territori palestinesi occupati e ne sono la conseguenza” spiega la Relatrice. Il rapporto analizza in modo sistematico otto settori dell’economia dell’occupazione e del genocidio. Li riportiamo in sintesi, invitando comunque a leggere integralmente il rapporto.

In primis il lucroso settore militare, diventato la spina dorsale economica dello Stato di Israele, e che gode di un forte sostegno internazionale. “Dal 2023 al 2024 si è registrata una impennata del 65% della spesa militare, pari a 46,5 miliardi di dollari, una delle più alte pro capite al mondo. L’occupazione prolungata e le ripetute campagne militari hanno fornito un banco di prova per capacità militari all’avanguardia: piattaforme di difesa aerea, droni, strumenti di puntamento basati sull’intelligenza artificiale e persino il programma F-35 guidato dagli Stati Uniti. Queste tecnologie vengono poi commercializzate come collaudate in battaglia” spiega il report. Il programma per i jet da combattimento F-35 guidato dalla statunitense Lockheed Martin, con un seguito di oltre 1600 aziende, tra cui il produttore italiano Leonardo S.p.A, è strettamente coinvolto con il genocidio in corso. “Dopo l’ottobre 2023, gli F-35 e gli F-16 sono stati fondamentali per dotare Israele di una potenza aerea senza precedenti, in grado di sganciare circa 85.000 tonnellate di bombe, uccidere e ferire più di 179.411 palestinesi e distruggere Gaza”.

Il secondo settore analizzato è quello della sorveglianza e cybersecurity, definito il lato oscuro della “Start-up Nation”. I giganti tecnologici statunitensi (IBM, Microsoft, HP) hanno filiali e centri di ricerca e sviluppo in Israele, portando a “sviluppi senza precedenti di queste tecnologie nei servizi carcerari e di sorveglianza, dalle reti di telecamere a circuito chiuso, alla sorveglianza biometrica, alle reti di posti di blocco high-tech, ai “muri intelligenti” e alla sorveglianza con droni, fino al cloud computing, all’intelligenza artificiale e all’analisi dei dati a supporto del personale militare sul campo”. Il rapporto evidenzia come in Israele la commistione tra civile e militare è strettissima, e le aziende tecnologiche israeliane spesso nascono dall’infrastruttura e dalla strategia militare, da veterani dell’Unità 8200. Nel 2021, Israele ha assegnato ad Alphabet Inc (Google) e Amazon.com Inc. un contratto da 1,2 miliardi di dollari per il Progetto Nimbus, per conservare e utilizzare (a scopo repressivo e di controllo) l’enorme mole di dati captati dalla sorveglianza dei palestinesi. Altra azienda citata è la statunitense Palantir Technology Inc., la cui piattaforma di intelligenza artificiale è stata usata dall’esercito israeliano dopo l’ottobre 2023.

Il terzo settore indagato è quello dei veicoli industriali civili: ruspe ed escavatori della Caterpillar sono usati da decenni per demolire case, edifici pubblici, terreni agricoli, strade e altre infrastrutture vitali nei territori palestinesi occupati, dall’ottobre 2023 sono stati usati anche per distruggere Gaza. Ci sono prove che in molti casi le ruspe passavano sopra alle persone intrappolate nelle macerie schiacciandole a morte. Nel 2025, Caterpillar si è aggiudicata un ulteriore contratto multimilionario con Israele. Citate nel report anche la coreana HD Hyundai, la svedese Volvo Group, e la RADA Electronic Industries (controllata da Leonardo). Quest’ultima, collaborando con Elbit e Iai ha trasformato il bulldozer D9 di Caterpillar in un’arma automatizzata e comandata a distanza. “Queste aziende hanno continuato a rifornire il mercato israeliano nonostante le numerose prove dell’uso criminale di questi macchinari da parte di Israele e le ripetute richieste da parte dei gruppi per i diritti umani di interrompere i rapporti” scrive Albanese.

Anche la tedesca Heidelberg Materials AG, attraverso la sua controllata Hanson Israel, ha contribuito al saccheggio di milioni di tonnellate di roccia dolomitica dalla cava di Nahal Raba in Cisgiordania, per poi utilizzarli per la costruzione di colonie. Da allora ha quasi esaurito la cava, sollecitando continue richieste di espansione. La spagnola/basca Construcciones Auxiliar de Ferrocarriles dal canto suo, si è unita a un consorzio israeliano per espandere la metropolitana dalle colonie illegali in Cisgiordania a Gerusalemme Ovest.

Il quarto settore è quello energetico. Mentre Gaza muore senza elettricità e senza acqua, l’energivora macchina bellica israeliana richiede e compra sempre più combustibili fossili. E anche qui c’è chi ne trae profitto. Drummond Company Inc. Glencore plc, Chevron Corporation, NewMedEnergy, British Petroleum, Paz Retail, Energy Ltd sono solo alcune aziende che estraggono gas dai giacimenti marittimi davanti Israele, o importano carbone e altri combustibili fossili a Israele, tramite gasdotti.

Il quinto settore affrontato è quello dell’agribusiness che cancella i sistemi alimentari palestinesi e accelera lo sfollamento. Coinvolte aziende come Tnuva, la Netafim, che sotto l’immagine globale di sostenibilità, hanno impoverito le risorse naturali palestinesi. Il sesto settore riguarda il turismo. Qui sono le principali piattaforme di viaggio online, come Booking e Airbnb, che traggono profitto dall’occupazione dando in affitto appartamenti nelle colonie, escludendo i palestinesi.

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Anche le banche e fondi di investimento hanno supportato finanziariamente Israele (e siamo al settimo settore) in questo anno e mezzo genocidio. Le più grandi banche del mondo come BNP Paribas e Barclays hanno sottoscritto i buoni del tesoro israeliani e finanziato l’industria bellica che rifornisce Israele. I fondi Blackrock, Vanguard, Allianz PIMCO, hanno convogliato miliardi di dollari verso Israele, detenendo azioni nelle principali aziende coinvolte nell’occupazione e nel genocidio. La cosa sconvolgente che fa emergere il report è che le società di consulenza finanziaria e di investimento non considerano le violazioni dei diritti umani in Palestina nei criteri ESG (Environmental, Social, and Governance) “Ciò consente ai fondi di investimento di rimanere conformi agli ESG nonostante investano in titoli di Stato israeliani e in azioni di società coinvolte in violazioni nei Territori palestinesi occupati” spiega Francesca Albanese.

Infine, il report si concentra sul mondo delle scuole, università e fondi europei per la ricerca (e siamo all’ottavo settore). Il Ministero della Difesa israeliano è l’unico esercito straniero che finanzia e commissiona le ricerche del prestigioso Massachusetts Institute of Technology (Mit), negli USA. Il centro di ricerca collabora attivamente anche con Elbt System e Iai (aziende israeliane produttrici di droni). “Tra i progetti commissionati dall’esercito israeliano al Mit vi sono il controllo degli sciami di droni, gli algoritmi di inseguimento, e la sorveglianza subacquea” precisa il rapporto. Ma la complicità non viene solo dagli Usa. Il programma Horizon della Commissione europea dal 2014 ha concesso oltre 2,12 miliardi di euro a entità israeliane, tra cui il Ministero della Difesa che in collaborazione con Università europee hanno studiato e sviluppato progetti utili al settore militare (e lo fanno tuttora).

Per concludere, la Relatrice speciale esorta “le aziende a cessare i rapporti con Israele fino alla fine dell’occupazione e dell’apartheid e fino al risarcimento” e la Corte penale internazionale e le magistrature nazionali “a indagare e perseguire i dirigenti e/o le entità aziendali per il loro ruolo nella commissione di crimini internazionali e nel riciclaggio dei proventi di tali crimini”. Esorta inoltre gli Stati a imporre sanzioni e un embargo totale sulle armi, sui prodotti a doppio uso come la tecnologia e i macchinari civili pesanti. Un appello anche ai sindacati, agli avvocati, alla società civile e ai cittadini comuni, per boicottare, disinvestire, imporre sanzioni: “Il futuro dipende da tutti noi”.

Ma quel futuro di umanità non è quello su cui lucrano quanti si arricchiscono con l’economia del genocidio. 





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