di Historicus
In questo articolo esamineremo la relazione fra crescita economica e dimensione o peso dello Stato in Cina, Corea del Nord e Corea del Sud.
Ci riferiremo nuovamente all’analisi economica condensata nella Curva di Rahn modificata, basata sul controllo statale delle risorse, riprodotta nella Figura 1. Un aumento dei controlli viene rappresentato da un movimento da A a B, una liberalizzazione economica invece corrisponde a un movimento da B a A.
Figura 1
L’idea che questa Figura trasmette, è che esiste è una dimensione ottimale per l’attività dello Stato. Ma, superato questo livello, più lo Stato aumenta ed irrigidisce i suoi controlli sulle risorse dell’economia più genera barriere ed impedimenti all’attività, riducendo sempre di più la crescita ed il benessere economico della popolazione.
Utilizzeremo nuovamente le serie storiche del PIL reale pro capite a potere d’acquisto comparabile e prezzi costanti, contenute nell’importante database delle serie storiche del Maddison Project (a prezzi del 2011) [sito: https://www.rug.nl/ggdc/historicaldevelopment/maddison/].
Passiamo ora ad analizzare la politica economica nelle tre nazioni selezionate.
Nella banca dati del Progetto Maddison, la serie storica della Cina è molto incompleta prima del 1950. D’altra parte, la fonte Maddison permette di confrontare le performance economiche di ciò che oggi sono la Corea del Nord e del Sud tra il 1911 e il 1943. Ma prima di passare ai dati, vediamo qual’era il regime politico ed economico in Corea durante quegli anni.
Nel periodo (1910–1945) la penisola coreana non era divisa in Nord e Sud, ma era unificata sotto l’occupazione giapponese. Quindi sia il territorio che diventerà la Corea del Nord sia quello che diventerà la Corea del Sud condividevano lo stesso regime politico ed economico imposto dal Giappone.
In relazione al contesto politico menzioniamo:
• 1910: Annessione ufficiale della Corea all’Impero Giapponese.
• Governo generale giapponese a Seul dove si trovava l’amministrazione coloniale diretta, guidata da un Governatore Generale nominato da Tokyo.
• Politica di repressione culturale e assimilazione:
– Soppressione della lingua coreana nelle scuole.
– Obbligo di adottare nomi giapponesi (a partire dal 1939).
– Persecuzione di movimenti nazionalisti e indipendentisti.
Per quel che concerne il sistema economico abbiamo:
• Modello coloniale classico: l’economia coreana fu riorientata a beneficio del Giappone.
• 1910–1930:
– Esproprio delle terre: gran parte della proprietà passò a coloni giapponesi o compagnie agricole.
– I contadini coreani divennero mezzadri o braccianti.
– Infrastrutture (ferrovie, porti) sviluppate principalmente per esportare riso, minerali e materie prime verso il Giappone.
• Dal 1930 (e soprattutto dopo il 1937, guerra sino-giapponese):
– Forte industrializzazione nel Nord della Corea (Manciuria vicina, risorse minerarie e idroelettriche).
– Il Sud rimase più agricolo, specializzato in riso e prodotti agricoli destinati al Giappone.
• Mobilitazione bellica (anni ’30–’40):
– Conversione dell’economia alla produzione militare.
– Reclutamento forzato di lavoratori coreani nelle miniere, nelle fabbriche o in Giappone stesso.
– Utilizzo anche di manodopera coatta e, dal 1944, arruolamento militare.
In sintesi notiamo delle differenze fra Nord e Sud della Corea già nel periodo coloniale:
• Nord (futuro Corea del Nord):
– Più industrializzato (miniere, energia, acciaio, chimica).
– Maggiore presenza di infrastrutture legate alla guerra e vicinanza alla Manciuria.
• Sud (futuro Corea del Sud):
– Predominanza agricola (riso, agricoltura intensiva).
– Struttura sociale più tradizionale e legata alla mezzadria.
Diamo ora un’occhiata alle serie storiche. Come illustra la Figura 2 che contiene l’evoluzione del PIL reale pro capite delle due Coree, ciò che oggi corrisponde alla Corea del Nord ha avuto una performance migliore rispetto alla Corea del Sud (aumento del 129% contro il 52%). Questo si spiega chiaramente dalla maggiore industrializzazione della Corea del Nord rispetto alla Corea del Sud di predominanza agricola.
Figura 2

Come ci si poteva aspettare, questo cambiò radicalmente a partire dal 1945. Il regime comunista in Corea del Nord si consolidò subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel contesto della divisione della penisola:
• Agosto 1945: il Giappone si arrende e la penisola coreana viene divisa in due zone di occupazione: sovietica a nord e americana a sud.
• Febbraio 1946: nella zona sovietica si istituisce il Comitato Popolare Provvisorio della Corea del Nord, dominato da comunisti locali ed esiliati (tra cui Kim Il-sung).
• 9 settembre 1948: viene ufficialmente proclamata la Repubblica Popolare Democratica di Corea, con Kim Il-sung come primo ministro. Quel giorno è considerato l’inizio formale del regime comunista nordcoreano come Stato.
L’evoluzione economica della Corea del Nord sotto il regime comunista (dal 1945 ad oggi) si è sviluppata in diverse fasi, sempre sotto un modello centralizzato ispirato prima all’URSS e poi a un modello proprio basato sull’autosufficienza (juche).
a. 1945–1953: Occupazione sovietica e Guerra di Corea
• Riforma agraria (1946): Espropriazione di terreni a proprietari terrieri giapponesi e coreani collaborazionisti; ridistribuzione gratuita ai contadini.
• Nazionalizzazione dell’industria (1946): Tutte le aziende giapponesi passarono a proprietà statale.
• Pianificazione centralizzata iniziale con supporto sovietico.
• La Guerra di Corea (1950–1953) distrusse gran parte delle infrastrutture e l’economia rimase devastata.
b. 1953–1960: Ricostruzione e collettivizzazione
• Piani quinquennali in stile sovietico.
• Collettivizzazione agricola (1954–1958): i contadini furono integrati in cooperative agricole.
• Industrializzazione accelerata: grande espansione dell’industria pesante con aiuto sovietico e cinese.
• Si consolidò la proprietà statale totale dell’industria e della banca.
c. 1960–1970: “Juche” e autarchia
• Ideologia Juche (autosufficienza): proclamata da Kim Il-sung come base economica.
• Autosufficienza agricola e industriale, enfasi sull’indipendenza dall’URSS e dalla Cina.
• Pianificazione centrale rigida: con obiettivi ambiziosi nella siderurgia, nell’energia e negli armamenti.
• Controllo totale del commercio estero: quasi inesistente, salvo con paesi socialisti alleati.
• Miglioramento iniziale, ma l’isolamento ha limitato l’innovazione e la crescita.
d. 1980: Stagnazione
• Sovracapacità industriale: imprese inefficienti, obsolete.
• Calo della produttività agricola: mancanza di modernizzazione.
• Crescente debito estero: la Corea del Nord ha chiesto prestiti ai paesi occidentali negli anni ’70 ed è entrata in default negli anni ’80.
• Crescente dipendenza dagli aiuti sovietici.
e. 1990: Crisi dopo la caduta dell’URSS e collasso economico (1991–1999)
• Perdita del commercio con l’URSS e l’Europa dell’Est.
• Carestia massiva di combustibili, fertilizzanti e alimenti.
• Carestia (“Marcia Dura”) con centinaia di migliaia (forse milioni) di morti. Non ci sono cifre ufficiali, ma ci sono diverse stime accademiche e di organismi internazionali che variano molto. La fascia più citata oggi nella letteratura accademica è tra 600’000 e 1 milione di persone.
• Il regime ha mantenuto l’economia pianificata, ma ha tollerato mercati neri (jangmadang) come valvola di sfogo.
f. 2000-oggi: aggiustamenti limitati senza riforma strutturale
• Mercati semilegali: lo Stato tollera certi scambi privati su piccola scala.
• Riforme parziali (2002): sono stati introdotti prezzi più realistici e una certa autonomia aziendale, ma poi sono stati in parte revocati.
• Militarizzazione dell’economia: priorità assoluta al programma nucleare e all’Esercito.
• Dipendenza dalla Cina, principale partner commerciale, fonte di cibo ed energia.
• Sanzioni internazionali per il programma nucleare, che limitano seriamente la modernizzazione e l’apertura.
Oggi, l’economia della Corea del Nord è una delle più chiuse e controllate del mondo. Il suo funzionamento si basa principalmente su una pianificazione centralizzata in stile socialista classico: lo Stato stabilisce la produzione, prezzi, distribuzione e priorità economiche attraverso piani quinquennali. Alcuni punti chiave sono:
• Proprietà statale: La maggior parte dei mezzi di produzione (fabbriche, terre, risorse naturali) è di proprietà statale o di cooperative controllate dal regime.
• Pianificazione centralizzata: Il governo assegna risorse e definisce cosa produrre e in quali quantità, con un forte accento sull’autosufficienza (juche).
• Attività privata limitata: Sebbene ufficialmente quasi tutto sia statale, dagli anni ’90 (dopo la carestia e il crollo del commercio con l’URSS) sono emersi mercati informali chiamati jangmadang. In essi, molte famiglie commerciano cibo, vestiti e beni di consumo. Lo Stato li tollera in certa misura perché sono essenziali per la sopravvivenza della popolazione.
• Settori strategici: Il regime dà priorità alle risorse per l’esercito e l’industria militare, il che crea squilibri con il resto dell’economia.
• Isolamento internazionale: La Corea del Nord affronta sanzioni economiche per il suo programma nucleare e balistico, il che limita le sue esportazioni legali (principalmente carbone, minerali e prodotti tessili) e l’ingresso di valuta estera.
• Dipendenza dalla Cina: Nonostante la sua retorica di autosufficienza, gran parte del commercio estero della Corea del Nord dipende dalla Cina, che fornisce cibo, combustibili e beni di prima necessità.
In sintesi, l’economia nordcoreana continua a essere pianificata e centralizzata, ma nella pratica esiste uno spazio informale di attività private nei mercati locali, cruciale per la vita quotidiana delle persone, sebbene sempre sotto la sorveglianza e il controllo del regime.
Passiamo alla Corea del Sud. Non è necessario approfondire il modello economico adottato dopo la divisione della penisola coreana, poiché si tratta di un’economia di tipo occidentale, ossia un’economia di mercato mista.
Invece è necessario presentare brevemente le fasi principali dell’evoluzione economica della Cina continentale. La transizione della Cina verso un’economia comunista non è avvenuta in un momento unico, ma è stata un processo con diverse fasi chiave:
a. 1949: Fondazione della Repubblica Popolare Cinese
Dopo la vittoria del Partito Comunista nella guerra civile, Mao Zedong proclamò la Repubblica Popolare Cinese. In quel momento, l’economia era ancora mista: coesistevano imprese private, terre contadine e controllo statale.
b. 1950–1952: Riforma agraria
Lo Stato confiscò le terre dei proprietari terrieri e le ridistribuì ai contadini. Questo eliminò sostanzialmente la proprietà privata di vaste estensioni di terra.
c. 1953–1956: Primo Piano Quinquennale e collettivizzazione
Ispirato al modello sovietico, il governo nazionalizzò le grandi industrie, le banche e i trasporti e iniziò a formare cooperative agricole. Nel 1956, praticamente tutta l’industria era sotto proprietà statale, e l’agricoltura si organizzava in cooperative popolari.
d. 1958–1962: Grande Balzo In Avanti
Si cercava una collettivizzazione totale e una rapida industrializzazione. Le cooperative rurali integravano produzione agricola e industriale. Tuttavia, le politiche hanno portato a una grave fame. Questa carestia è stata la più grande in tempo di pace nel XX secolo. Non sembrano esserci dati ufficiali poiché l’argomento è stato politicamente molto sensibile in Cina. Le stime che si trovano nelle ricerche accademiche internazionali variano abbastanza. L’intervallo più accettato dagli storici oggi si colloca tra i 20 e i 45 milioni di morti, con 30 milioni come cifra centrale.
Passiamo ora ai principali passaggi nell’introduzione di elementi importanti dell’economia di mercato che hanno elevato sostanzialmente lo standard di vita della popolazione cinese.
a. 1978–1984: Inizio della “riforma e apertura”
Quando sono iniziate le riforme di apertura nel dicembre del 1978, il presidente della Repubblica Popolare Cinese (carica di capo di Stato) era Hua Guofeng, che era succeduto ufficialmente a Mao Zedong dopo la sua morte nel 1976. Tuttavia, il vero leader delle riforme era Deng Xiaoping, che non era presidente, ma vicepresidente del Partito e poi la sua figura centrale. Deng ha promosso le decisioni del Terzo Plenario dell’XI Comitato Centrale del Partito Comunista (dicembre 1978), dove è stata adottata la svolta verso la “riforma e apertura” (gaige kaifang). Le misure chiave sono state:
• Sistema di responsabilità familiare in agricoltura (descollettivizzazione): le famiglie firmano contratti di produzione, rispettano una quota e possono vendere l’eccedenza.
• Scioglimento delle cooperative e ritorno della decisione alla famiglia contadina.
• Legalizzazione di piccole imprese individuali (getihu) e tolleranza dei mercati rurali.
b. 1980–1984: Apertura parziale all’estero all’estero
Nel 1980 sono state aperte le prime Zone Economiche Speciali (ZES): Shenzhen, Zhuhai, Shantou, Xiamen e nel 1984 sono state create 14 “città aperte” costiere. Le misure chiave furono:
• Incentivi fiscali e normativi per attrarre investimenti diretti esteri (IDE).
• Permesso per joint-venture e produzione per l’esportazione.
c. 1984–1992: Prezzi e imprese: dal piano al mercato (graduale)
Le misure chiave furono:
• Doppia via dei prezzi: quote al prezzo pianificato, eccedenze a prezzo di mercato.
• Autonomia imprenditoriale nelle imprese statali (IS): conservare i profitti, decidere su investimenti/personale.
• Riconoscimento legale del settore privato (fine anni ’80) ed espansione delle imprese collettive locali, cioè, imprese dei comuni e dei villaggi (ICV).
d. 1992–1997: “Economia socialista di mercato”
Nel 1992, in occasione del viaggio nel sud di Deng, fu presa la decisione ufficiale di costruire un’economia socialista di mercato. Le misure chiave furono:
• Legge sulle Società (1993) e creazione/espansione delle borse (Shangai 1990, Shenzhen 1991).
• Riforma fiscale del 1994 (sistema di distribuzione fiscale moderno) e riforma bancaria (banca centrale e banche commerciali).
• Unificazione monetaria (1994) e liberalizzazione commerciale graduale.
• Ristrutturazione delle imprese statali: “prendere il grande, lasciare il piccolo”, il che ha portato alla privatizzazione/chiusura delle piccole e alla professionalizzazione delle grandi.
e. 1998–2001: Consolidamento istituzionale e ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC)
Le misure chiave furono:
• Riforme legali sulla proprietà e sui contratti; fallimento e risanamento delle imprese statali in deficit.
• Adesione all’OMC (2001): riduzione dei dazi, apertura dei settori e norme a favore della concorrenza.
f. 2003–2012: Più mercato e rete di sicurezza sociale
Misure chiave:
• Assicurazione sanitaria rurale (2003) e urbana per non salariati (2007), pensioni di base (2009).
• Eliminazione dell’imposta agricola (conclusa nel 2006) e delle tasse scolastiche rurali.
• Incentivo al consumo interno e ai servizi; espansione delle ipoteche e del mercato immobiliare.
g. 2013–2020: Innovazione, digitalizzazione e riduzione della povertà
Misure chiave:
• Sostegno al settore privato e all’economia digitale (pagamenti mobili, commercio elettronico, piattaforme logistiche).
• Programmi mirati di riduzione della povertà (infrastrutture rurali, microcredito, rilocazioni).
• Maggiore apertura finanziaria (quote per investimenti stranieri, liberalizzazione graduale dei tassi di interesse) e ampliamento delle “città di secondo/terzo livello” per assorbire la migrazione.
h. 2021–oggi: Adeguamenti del modello con focus sulla “prosperità comune”
Misure chiave (indicative):
• Focus sulla regolamentazione dei mercati (tecnologia, istruzione, abitazione) e riduzione delle disuguaglianze; impulso alla manifattura avanzata.
• Riforme del hukou in città piccole/medie per facilitare l’insediamento e l’accesso ai servizi. (L’hukou è il sistema di registrazione delle famiglie introdotto in Cina negli anni ’50. Funziona come una carta d’identità territoriale che classifica ogni persona come urbana o rurale e la collega a un luogo specifico. Per decenni, l’hukou ha limitato la mobilità sociale e geografica.)
Quali elementi di mercato sono stati decisivi?
• Diritti di utilizzo e di proprietà più chiari (dalla casa contadina all’impresa a scopo di lucro).
• Prezzi e concorrenza (fine del razionamento amministrato, migliori segnali di mercato).
• Apertura commerciale e all’IED (tecnologia, capitale e occupazione).
• Riforma aziendale/finanziaria (governance aziendale, mercati dei capitali, banca commerciale).
• Mobilità lavorativa e urbanizzazione (nonostante i limiti dell’hukou, milioni di lavoratori hanno accesso a salari più alti).
• Rete di sicurezza sociale che ha permesso di consumare di più e assumere rischi (intraprendere, migrare).
Tutte queste riforme hanno elevato molto il livello di vita medio, ma con crescenti disparità regionali e disuguaglianza che hanno poi motivato delle correzioni. Ci sono stati costi ambientali ed episodi di instabilità (chiusure di IS, bolle locali), mitigati con investimenti pubblici e protezione sociale.
A questo punto possiamo dare un’occhiata alla Figura 3 in cui sono riprodotte le serie del PIL reale pro capite della Cina, della Corea del Nord e della Corea del Sud. Le esposizioni precedenti permettono di interpretare correttamente le evoluzioni in questa Figura.
Figura 3

Osserviamo prima il periodo dal 1950 al 1978. Mentre il PIL pro capite della Corea del Sud si moltiplicava quasi per 6, il PIL pro capite della Cina aumentava a poco più del doppio. Inoltre, è importante menzionare che durante il Grande Balzo In Avanti (1958-1962) il PIL pro capite scese del 21%.
E cosa è successo dal 1978 in poi grazie alle successive riforme dell’economia cinese? Durante il periodo 1978-2022, il PIL pro capite della Cina è aumentato del 1’000%, mentre il PIL pro capite della Corea del Sud è cresciuto del 600%. Ancora una volta si rimane stupiti dalla reazione positiva dell’economia, in questo caso dell’economia cinese, alle riforme pro mercato che hanno costituito un movimento da B ad A sulla Curva di Rahn modificata della Figura 1.
E cosa è successo nell’economia della Corea del Nord? Sfortunatamente, la serie recente del PIL reale pro capite di questa nazione inizia solo nel 1990. In quell’anno la Corea del Nord aveva un PIL pro capite molto simile a quello della Cina nel 1984. E mentre il PIL pro capite della Cina è cresciuto quasi del 600% durante gli anni 1990-2022, il PIL pro capite della Corea del Nord si è ridotto del 36% nello stesso periodo.
Nuovamente osserviamo come la nazionalizzazione dell’economia e la pianificazione centralizzata impediscono la crescita economica e l’aumento del benessere della popolazione.
Concludiamo questo articolo con una foto satellitale notturna della Cina e delle due Coree (Figura 4). Ricerche recenti hanno evidenziato una forte relazione fra il PIL e l’illuminazione notturna. Ma già da diversi decenni si conosce la stretta relazione fra la produzione ed il consumo di energia. Osservando la scarsa illuminazione della Corea del Nord, paragonata con quella della Cina e della Corea del Sud, si ottiene una ulteriore conferma – di altro genere – del basso livello di vita nella Corea del Nord rispetto ai suoi due vicini.
Figura 4

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