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A Scuola di Costituzione: il Diritto allo Studio. Lettera


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Inviata da Luigi Talienti – La Costituzione Repubblicana rappresenta la principale fonte normativa del nostro ordinamento giuridico, ovvero, una salda e vera impalcatura della struttura ordinamentale, ove sono enucleati principi e norme, che, in maniera prognostica, declinano le tutele, nell’ambito del giano bifronte dei diritti e dei doveri, dei cittadini, fornendo cognizione fervida di ‘ Vision’ sociale.

Tra i diritti da esaminare, per importanza e senso di sapienza, vi è, senza dubbio alcuno, il Diritto allo Studio, sancito dall’art. 34 della Costituzione. Si tratta di un riconoscimento, pieno e sostanziale, che non è esclusivamente rilevabile a favore del singolo ma, ancor di più, a favore dello sviluppo della collettività, in quanto una società erudita rappresenta un intorno civico emancipato.

Tale tutela, ben combinata con i concetti sociologici di inclusione e integrazione, garantisce che la Scuola è aperta a tutti, senza alcuna eccezione, e che l’Istruzione inferiore è obbligatoria e gratuita. L’articolo, de quo, inoltre, stabilisce una garanzia particolareggiata a favore degli studenti meritevoli e capaci che, pur in assenza di sostanze economiche, possono accedere ai livelli più alti di studio, con apposite misure di agevolazione previste dallo Stato, come, a titolo esemplificativo, borse di studio e provvidenze.

Il Legislatore ha, sapientemente, rafforzato la valenza di queste forme di sostegno, con il Dls.vo 63/2017, in applicazione della legge 107/15, confermando il principio che l’istruzione è formazione sociale, dalla quale nessuno può e deve ritenersi escluso, in ragione di una, tanto acclamata, crescita globale. In particolar modo, con tale intervento, si tende a dare effettività al ‘ Diritto allo studio ’ , definendo le prestazioni relative ai servizi alla persona e strumentali a soddisfare una istruzione totalmente inclusiva, attraverso il potenziamento della Carta dello Studente e l’introduzione di un fondo, ad hoc , per le borse di studio. Già nell’antica Grecia, autori come Platone e Aristotele vedevano, con lungimiranza di interpretazione, l’educazione come strumento per la crescita morale e intellettuale del cittadino. Concetto ribadito nell’ opera ‘ Democrazia ed Educazione’ ( 1916), del Filosofo e Pedagogista Jhon Dewey che, appunto, descrive l’educazione come una funzione sociale della comunità, essenziale per la crescita dell’individuo e per la realizzazione di una vera e sana democrazia.

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E’ evidente che tale funzione debba investire tutti, senza discriminazione alcuna, in ossequio all’art. 3 della Costituzione, quale principio fondamentale dell’Ordinamento repubblicano, al di là di qualsivoglia forma di censo e/o provenienza, come ribadito in maniera pervicace.

Pertanto, risulta improcrastinabile, in soverchio ossequio a quanto declinato, mettere in campo delle azioni educative, compenetranti tra loro, che siano in grado di preparare le persone a partecipare attivamente alla società, promuovendo l’inclusione, la cittadinanza e lo sviluppo delle competenze necessarie per la tutela del benessere collettivo. Se ci fossero delle esclusioni, nell’ambito di quel meraviglioso spazio aperto, rappresentato dalla Scuola, non si andrebbe ad affermare un senso di appartenenza comune, ma delle prerogative di parte, che sono di nocumento all’intorno sociale medesimo, in quanto, lo stesso verrebbe privato di quel senso di unione che dovrebbe essere connotazione fisiologica.

Uno dei Padri Costituenti, Piero Calamandrei ha affermato, nel suo discorso, tenutosi presso il Salone degli affreschi, presso la Società Umanitaria, il 26 gennaio 1955, che la Costituzione non è un documento passivo, ma, un testamento di ‘ centomila morti’ che doveva essere rispettato ed applicato, per la libertà e la giustizia. In particolar modo, invitava i giovani a ‘ rimettere dentro la Costituzione’ il loro spirito, la loro volontà e il loro senso civico, trasformando le promesse scritte in una realtà effettiva. Lo stesso attribuiva alla Scuola un ruolo Costituzionale, con una funzione vitale per la democrazia, perché la Comunità Educante serve alla formazione della classe Dirigente, non solo in senso politico ma, ancor di più, in senso culturale.

La Classe Dirigente non deve essere tale, per successione o per derivazione oligarchica, ma deve essere aperta e sempre rinnovata dall’afflusso verso l’alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie.

Una Istruzione non accessibile a tutti non permetterebbe il raggiungimento di tali traguardi, con la conseguenza funesta di creare una società a doppia velocità, ripudiata in maniera veemente dalla nostra Carta Costituzionale. Una presenza multiculturale, sempre rimarcata e ribadita, garantisce l’esaltazione del ‘ Diritto allo Studio ’, con una tutela universale che presuppone o, quantomeno, dovrebbe presupporre l’affermazione di un paesaggio globale, sempre auspicato e ribadito in tutte le trattazioni giuridiche, nazionali e internazionali.

Ecco il senso di una accoglienza efficace, che supporta il processo educativo di persone senza orientamento e, spesso, prive di forme di sostentamento. Un accudimento che necessariamente determina, con forza, l’affermazione di una vera Democrazia, quale prodromo di civilizzazione e, soprattutto, quale contezza di vitalità di una Costituzione che non è solo carta, ma diventa vita quando applicata con spirito fervido.

I percorsi di apprendimento e il successo scolastico dei nostri discenti devono essere accompagnati, senza limitazione alcuna, ma con sostegno indiscriminato, onde evitare disuguaglianze e sperequazioni al ribasso.

Il vero senso del ‘ Diritto allo Studio ’, richiamato dai Costituenti, è questo e deve essere tutelato in ogni sua forma e connotazione, favorendo condivisione e comunione, oltrepassando i margini di una formazione autoreferenziale e riservata a pochi. La Democrazia, in epoca globale, va custodita e sedimentata, tramutando la consapevolezza del singolo in fervido convincimento della collettività, oltre il pregiudizio, oltre l’arbitrio della perniciosa esclusione.

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Ecco che la Scuola, parafrasando il nobile pensiero di Piero Calamandrei, se fosse organo umano, sarebbe organo vitale, ovvero, organo capace di creare sangue nell’organismo degli esseri viventi. La Scuola, così concepita, è vita.



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