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Stato dell’arte sull’attestazione della rendicontazione di sostenibilità


Dal D.Lgs. n. 125/2025, in meno di 12 mesi, è cambiato quasi completamente il quadro relativo alla rendicontazione di sostenibilità e alla sua attestazione. Il Provv. europeo Omnibus, noto anche come “stop the clock”, della scorsa primavera ha rivisto sia i contenuti, spingendo per una semplificazione dei Principi EFRAG di redazione, che le tempistiche, spostando l’entrata dell’obbligo della rendicontazione di 2 anni per le imprese non quotate di grandi dimensioni, mentre il mondo della professione era ai blocchi di partenza per assistere le imprese. Con la Legge n. 118/2025, si sono rivisti i termini dell’entrata dell’obbligo e, allo stesso tempo, sono stati ridotti i contenuti minimi della rendicontazione semplificando le informative necessarie per le imprese non quotate.

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Senza fare la cronologia degli eventi degli ultimi 12 mesi, si può partire dalla Legge n. 118/2025, che converte il D.L. n. 95/2025, pubblicata sulla G.U. n. 184/2025.

Con tale provvedimento si recepisce nell’ordinamento italiano il rinvio degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità (“CSRD”) concedendo tempo in più alle imprese non quotate rientranti nell’obbligo, come anticipato dalla Direttiva (UE) 794/2025[1], detta anche “stop the clock” entrata in vigore il 17 aprile 2025.

Con l’art. 10, comma 1-bis, viene quindi recepito il rinvio di 2 anni per le imprese di grandi dimensioni[2], dell’obbligo di rendicontazione di sostenibilità che ora è fissato all’esercizio con inizio dal 1° gennaio 2027, mentre in precedenza era previsto dal 1° gennaio 2025.

Nulla cambia per gli enti di interesse pubblico che erano rientrati nell’obbligo già con l’esercizio 2024 e che di fatto continueranno a predisporre la rendicontazione di sostenibilità.

Il nuovo cronoprogramma consente una migliore organizzazione dei lavori, infatti:

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  • le imprese avranno maggiore tempo per mappare gli indicatori di sostenibilità che dovranno rendicontare, senza ridursi all’ultimo momento, iniziando a misurarli e monitorarli il prima possibile;
  • i regolatori potranno rivisitare drasticamente i Principi di rendicontazione EFRAG (gli “ESRS”), in una logica di semplificazione e di riduzione del numero dei datapoint obbligatori, per agevolare le imprese, come richiesto dall’Omnibus;
  • l’obbligo della nomina del revisore e, quindi, della revisione limitata del rendiconto di sostenibilità slitterebbe di 2 anni, con idee più chiare sul contenuto dell’oggetto della revisione e sulle procedure di revisione da svolgere;
  • nel frattempo, nulla vieta alle imprese di anticipare la predisposizione un rendiconto di sostenibilità su base volontaria, a partire dall’esercizio 2025, magari assoggettandolo a revisione limitata da parte di un revisore con incarico non obbligatorio.

In merito alla complessità degli ESRS il c.d. Decreto Omnibus ha previsto una revisione sostanziale del set dei Principi europei, già avviata dall’EFRAG, che dovrebbe portare a una riduzione significativa, di oltre il 60%, dei c.d. datapoint obbligatori[3], ossia le richieste di informazioni. Si tratta di una semplificazione tangibile che comporta anche una riduzione delle informazioni di tassonomia e l’eliminazione degli attesi Principi settoriali, che avrebbe ulteriormente complicato e ampliato il set informatico richiesto.

Per le piccole e medie imprese[4], non rientranti direttamente nell’obbligo, al fine di promuovere la cultura d’impresa sostenibile e di migliorare la qualità delle informazioni, la Commissione Europea ha approvato il 30 luglio 2025 la Raccomandazione dello standard volontario di rendicontazione ESG per le piccole e medie imprese, il Voluntary reporting standard for Very Small Entities (“VSME”). La Commissione Europea ha voluto dare una chiara indicazione sullo standard da seguire per le imprese non comprese nella CSRD e soprattutto ha posto dei limiti precisi alla richiesta di informazioni di sostenibilità generate dalla c.d. catena del valore. Il VSME rappresenta, infatti, una difesa concreta delle PMI di fronte alle richieste di dati ESG da parte dei soggetti di maggiori dimensioni inseriti nella loro filiera, una soglia oltre la quale le imprese soggette alla CSRD non potranno più richiedere dati ESG ai soggetti a valle della propria filiera. Allo stesso tempo, il VSME rappresenta il primo gradino, coerente con gli standard europei di rendicontazione (ESRS), di informazioni di sostenibilità, nel loro complesso, snelle.

Questo standard, però, non rientrando nelle previsioni della CSRD, ha richiesto una forma di riconoscimento, mediante una raccomandazione, che costituisce la base per l’evoluzione dello standard volontario, adottabile tramite atto delegato, come previsto nell’ambito del pacchetto di semplificazione “Omnibus I”.

Se, da un lato, l’innalzamento delle soglie dimensionali dell’obbligo ridurrà il numero delle imprese obbligate, per altro verso, si allargherà la platea delle imprese che volontariamente potranno scegliere una rendicontazione di sostenibilità. In tale scenario l’evoluzione del nuovo standard volontario, VSME, sarà fondamentale per avere la base informativa comune auspicata dalla Commissione.

Dalla proposta Omnibus package si sono allargate le discussioni su un ulteriore passaggio verso la semplificazione che propone un innalzamento dei limiti per rientrare nell’obbligo, elevando i parametri di osservazione, in particolare sul numero dei dipendenti che dovrebbe passare da 500 a 1.000 ma anche in termini del riferimento del fatturato e del totale attivo. In un futuro prossimo, per effetto dell’innalzamento dei parametri, il numero delle imprese obbligate nella realtà italiana si ridurrà considerevolmente, aumentando di molto il numero delle imprese che potrebbero, in via volontaria, redigere una rendicontazione di sostenibilità. In questo caso troverebbe vasta applicazione il documento volontario in conformità ai Principi VSME e non, quindi, ai più esigenti ESRS. I Principi di redazione VSME andranno a costituire il c.d. value cap chain, ossia il limite delle informazioni massime che potranno essere richieste a soggetti non obbligati e alla catena del valore. Diventa, per certi versi, una sorta di linguaggio universale minimo sulla sostenibilità che, nei rapporti tra soggetti economici, diventerà indispensabile e non rifiutabile nelle richieste tra controparti. Il VSME diventa in sostanza lo standard europeo volontario, sviluppato dalla Commissione Europea, per le PMI e microimprese che non saranno soggette alla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e presenta il contenuto minimo e inderogabile di qualsiasi rendicontazione di sostenibilità.

 

Gli effetti per il revisore della sostenibilità

La citata Legge n. 118/2025, modifica l’art. 18, comma 11, D.Lgs. n. 125/2024, in base al quale il MEF e la Consob sono chiamate a predisporre, entro il 31 ottobre 2028, uno studio volto a verificare i benefici e gli oneri sottesi all’opzione di aver limitato, ai soli revisori legali, il ruolo di revisori della sostenibilità, scelta effettuata dal Legislatore italiano, anche alla luce dell’esperienza di altri Paesi europei. In precedenza, la norma prevedeva un periodo di studio e osservazione di 18 mesi che, a fronte dello slittamento dei termini dell’obbligo, sono stati opportunamente allungati. In questa maniera l’eventuale conferma della scelta italiana di limitare il ruolo di revisori della sostenibilità ai revisori legali potrà estendere il campo di osservazione alle relazioni di attestazione emesse per l’esercizio 2027. Entro il 31 ottobre 2028 si potrà sapere se anche altri professionisti, senza specifiche expertise contabili, potranno diventare revisori della sostenibilità, previa abilitazione ai sensi di legge, nel rispetto degli obblighi di formazione continua e delle norme previste in materia di etica e indipendenza.

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Senza considerare gli enti di interesse pubblico, già assoggettati all’obbligo di CSRD dall’esercizio 2024, per i quali la revisione limitata della rendicontazione di sostenibilità è svolta da società di revisione, si può prevedere che per gli esercizi 2025 e 2026 le imprese di grandi dimensioni, che hanno beneficiato dello slittamento dell’obbligo, opteranno per una rendicontazione di sostenibilità volontaria.

In quel caso l’impresa potrà scegliere di affidare l’incarico di attestazione a una società di revisione oppure a un revisore della sostenibilità abilitato ai sensi del D.Lgs. n. 125/2024.

Resta quindi rilevante chiarire, nei prossimi mesi, come i revisori legali potranno predisporre la propria domanda di iscrizione ai sensi dell’art. 6, comma 1-bis, D.Lgs. n. 39/2010, secondo le modalità in via di predisposizione dal MEF. Resta necessario aver maturato 5 crediti formativi annuali in materia caratterizzante la sostenibilità, nel 2025 o anche nel 2024, mentre non è richiesto documentare esperienze pratiche, tirocini o esami di abilitazione, per chi è già iscritto al registro dei revisori legali.

Quindi se gli obblighi per le imprese si spostano di 2 anni, gli aspiranti revisori della sostenibilità devono comunque abilitarsi per poter assumere gli incarichi di natura volontaria, che il Legislatore attende siano numerosi.

L’incarico volontario di attestazione del rendiconto di sostenibilità

Considerato che le relazioni di attestazione dei rendiconti di sostenibilità degli EIP saranno effettuate da società di revisione, il revisore della sostenibilità potrà assumere incarichi sulle medie e grandi imprese obbligate dall’esercizio 2027, oppure sulle imprese che redigono un documento in via volontaria per anticipare la decorrenza dell’obbligo.

 

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Oggetto della revisione

Questione fondamentale per il revisore è identificare l’oggetto dell’incarico, se sia conforme agli ESRS oppure al meno esigente VSME.

Nel primo caso non solo i datapoint (“DP”) saranno più estesi e l’informativa più articolata, ma la scelta delle informazioni qualitative o quantitative da rendicontare, guidata dagli esiti del processo di doppia materialità, costituirà una valutazione rilevante nel giudizio del redattore che dovrà essere analizzato attentamente dal revisore. In caso di conformità agli ESRS, l’adozione dovrà essere integrale, senza sconti o varianti, per permettere al revisore di esprimersi rispetto un corpo integrato e riconosciuto di principi di redazione e per dare una riconoscibilità al documento fornito ai terzi, che altrimenti risponderebbe a principi arbitrari, con la possibilità di addomesticarlo alle proprie esigenze informative, con omissioni o parziali informative su fatti generalmente rilevanti (principio di consistency e suitability). Si ricorda che, su impulso dell’Omnibus Package, l’EFRAG ha avviato una rivisitazione del set degli ESRS al fine di una semplificazione mirata alla minore quantità e maggiore qualità, concentrandosi su datapoint quantitativi a scapito di un’elevata numerosità di informazioni descrittive. Il periodo di consultazione dovrebbe terminare con settembre 2025 e, quindi, è lecito attendere nei prossimi mesi l’emanazione di un nuovo set di ESRS maggiormente focalizzati a una rendicontazione di sostenibilità più efficiente, il che permetterà una attestazione di maggiore qualità al revisore.

In caso di applicazione del VSME il compito del revisore sarà facilitato, visto che il percorso e il contenuto è in gran parte predeterminato e fissato dal principio, senza che vi sia un obbligo di effettuare l’esame preliminare della doppia materialità, sostituita da un più agevole criterio di applicabilità.

Come noto, i Principi ESRS non rappresentano l’unico framework esistente per la predisposizione di rendicontazioni di sostenibilità, pertanto le imprese non obbligate alla CSRD e al D.Lgs. n. 125/2024, che intendono predisporre in via volontaria un’informativa in materia di sostenibilità, potrebbero applicare un framework diverso dagli ESRS (ad esempio i Sustainability Reporting Standards, definiti dal Global Reporting Initiative – GRI)[5].

Per incarichi di natura volontaria il revisore deve tenere conto di alcune peculiarità della rendicontazione assoggettata ad attestazione, che non dovrà e non potrà essere inclusa nella Relazione della gestione, ma verrà presentata come documento separato dal bilancio, peraltro senza obbligo di pubblicità o di deposito, con la possibilità di svincolarlo dai tempi imposti al bilancio e con passaggi agli organi di governance da determinare caso per caso. Con tali premesse corre l’obbligo di evidenziare che l’incarico del revisore potrà avere un iter diverso che in caso di obbligatorietà, con una delibera anche del solo organo amministrativo e non necessariamente dalla assemblea, con durate di mandato anche diverse dall’usuale triennio. La relazione viene in questi casi indirizzata coerentemente all’organo che ha conferito l’incarico.

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È possibile in questi casi una diversa denominazione del documento, come quella di bilancio ambientale, bilancio sociale o bilancio di missione, come avveniva nel recente passato. Un altro caso riguarda le società benefit, ove l’obbligatorio bilancio di impatto viene in alcuni casi arricchito da alcune selezionate informazioni in tema di sostenibilità desunte dal VSME o in alcuni casi anche da ESRS o GRI, esplicitando tale derivazione.

 

Principi di revisione

Per quanto riguarda i Principi di revisione applicabili all’incarico di attestazione del rendiconto di sostenibilità, il riferimento principale rimane per il momento il Principio ISAE 3000R – Assurance Engagement Other than Audits or Review of Historical Financial Information emesso dall’International Audititing and Assurance Standard Board (IAASB), che è stato affiancato nel gennaio 2025 dal Principio di attestazione della Rendicontazione di Sostenibilità – Standard on Sustainability Assurance Engagement SSAE (Italia) adottato con la determina del Ragioniere Generale dello Stato del 30 gennaio 2025. Il Principio italiano è andato a integrare il succitato Principio internazionale, che non è specifico per le attività di assurance della sostenibilità, per andare a cogliere alcuni aspetti peculiari su temi non coperti, quali la doppia materialità e la tassonomia.

Considerato che la doppia materialità e gli indicatori di tassonomia non sono elementi in una rendicontazione di sostenibilità volontaria, che adotterà, come detto, i VSME, il SSAE Italia è un Principio rilevante nella misura in cui rinvia all’ISAE 3000R per le attività richieste al revisore e ne richiama esplicitamente le medesime modalità di assunzione dell’incarico, in particolare sui temi deontologici, etici e di indipendenza, di gestione della qualità e di scetticismo professionale.

Il Principio italiano non fornisce indicazioni o specifiche procedure per un incarico volontario, e si deve quindi applicare, come in precedenza, l’ISAE 3000R, fino a quando non verrà adottato l’International Standard on Sustanability Assurance 5000 (ISSA 5000) o l’atteso Principio di attestazione emesso dalla Commissione Europea che, si può presumere, sarà in parte desunto dall’ISSA 5000.

Da sottolineare che l’incarico di attestazione è ora di tipo revisione limitata, ed è destinato a rimanere tale anche in futuro, visto che la prospettiva di passare dal 2028 a una reasonable assurance è stata accantonata forse definitivamente.

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La revisione limitata volontaria applica quindi l’ISAE 3000R, per quanto applicabile avendo come oggetto un rendiconto di sostenibilità, nelle diverse fasi dell’incarico:

  • le condizioni essenziali, i presupposti di etica, indipendenza e scetticismo;
  • qualità del processo di revisione limitata;
  • la fase di pianificazione, la determinazione delle soglie di significatività e l’enfasi sul processo di formazione della rendicontazione di sostenibilità;
  • l’acquisizione delle evidenze, nel caso con approfondimenti del sistema di controllo interno, anche con test sul funzionamento dei controlli;
  • le conclusioni e il giudizio professionale.

Relativamente alla forma e contenuto della relazione di attestazione SSAE Italia fornisce dei modelli, prevalente orientati all’incarico ai sensi legge, ma che potranno essere adattati anche sullo spunto di quelli suggeriti dal documento di ricerca n. 260, Assirevi, uscito precedentemente.

 

Considerazioni conclusive

Con l’Omnibus Package si è radicalmente modificato il quadro di riferimento per la rendicontazione di sostenibilità quando si credeva finalmente stabilizzato.

Sono state posticipate le date di entrata in vigore dell’obbligo, i Principi di redazione vanno adeguati a Principi di semplificazione e di riduzione degli obblighi per le imprese, il perimetro di applicazione ha visto una significativa riduzione del novero delle imprese assoggettate, ha assunto un’imprevista rilevanza il VSME, che ragionevolmente troverà una vasta applicazione.

Il passo indietro ha interessato i Principi settoriali, che non verranno più emessi, proprio in un’ottica di semplificazione, nonostante l’attesa degli operatori per avere un percorso più guidato, ma che avrebbe aggiunto altri datapoint e non ridotto il numero. Il quadro, comunque, resta instabile, soprattutto se verrà accolto anche un robusto innalzamento dei parametri per l’obbligo della rendicontazione di sostenibilità che, oltre a considerare il numero di 1.000 dipendenti, preveda un significativo incremento dei ricavi. Si profila un numero assai ridotto di enti di interesse pubblico e grandi imprese obbligate alla CSRD e, quindi, di applicazione degli ESRS, Principi di redazione più impegnativi ed esigenti. Dall’altro lato le esigenze crescenti di informazioni ESG da parte degli istituti di credito e delle grandi imprese lungo la catena del valore spingeranno molte imprese a predisporre un’informativa di carattere volontario applicando il VSME, che costituisce il livello minimo e massimo per soddisfare le necessità di dati per la value chain.

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Resterà da vedere se questo VSME resterà strutturato come si presenta oggi, o verrà ampliato e arricchito, come in qualche modo richiesto all’EFRAG, visto che era stato pensato per le piccole imprese, mentre ora riguarderebbe anche le medie imprese.

In ogni caso si può prevedere che il revisore della sostenibilità riceverà prevalentemente incarichi da imprese non obbligate che predisporranno la rendicontazione applicando il VSME. Considerato che, per quanto precedentemente detto, il numero degli adopters volontari dovrebbe essere molto numeroso e nel tempo in crescita, il numero degli incarichi di revisione limitata, seppur di natura volontaria, è destinato a crescere corrispondentemente.

Immaginare una diffusione di informative ESG senza alcuna revisione, anche se limitata, per darne credibilità e affidabilità pare improbabile, se non impossibile, proprio per le esigenze di tutti gli operatori di avere fiducia nei dati ESG utilizzati forniti dalle proprie controparti.

Si tratta quindi di una deviazione dall’obiettivo di avere un report integrato di dati finanziari e ESG assoggettato a revisione limitata ai sensi di legge, ma è di certo una soluzione tattica e temporanea che può tornare utile a far crescere sensibilità professionali e cultura, a oggi ancora da consolidare nel mondo della professione e delle imprese.

[1] Cfr. Direttiva 2025/794, pubblicata sulla Gazzetta Europea il 16 aprile 2025.

[2] Società che alla data di chiusura del bilancio abbiano superato, nel primo esercizio di attività o successivamente per 2 esercizi consecutivi, 2 dei seguenti limiti:

– totale dello Stato patrimoniale 25 milioni di euro;

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– ricavi netti delle vendite e delle prestazioni 50 milioni di euro;

– numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio 250.

Tali limiti potrebbero essere rivisti a breve, prima dell’entrata in vigore dell’obbligo, elevandoli e riducendo così il numero delle imprese obbligate per norma alla rendicontazione di sostenibilità. Se tale limite verrà modificato potrebbe cambiare anche la platea delle imprese non quotate rientranti nell’obbligo.

[3] La scadenza prevista per una edizione più asciutta degli ESRS è addirittura ottobre 2025, dai primi di agosto u.s. è in corso la procedura di consultazione che termina il 29 settembre 2025.

[4] Società non quotate che alla data di chiusura del bilancio, nel primo esercizio di attività o successivamente per 2 esercizi consecutivi, rientrino in almeno 2 degli intervalli di seguito indicati:

– totale dello Stato patrimoniale superiore a 450 mila euro e inferiore a 25 milioni di euro;

– ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiore a 900 mila euro e inferiore a 50 milioni di euro;

– numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio non inferiore a 11 e non superiore a 250.

[5] In relazione all’attività di revisione su altre forme di reportistica di sostenibilità predisposta volontariamente in base a Principi diversi dagli ESRS, si rimanda anche al documento di ricerca Assirevi 232R: “Relazione della società di revisione indipendente sul bilancio di sostenibilità – GRI Standards (febbraio 2023)”.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Bilancio, vigilanza e controlli”.



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