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Riforma incentivi alle imprese, la prova del nove



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Meritocratico, uniforme, automatizzato. Così vuole essere il nuovo sistema delle agevolazioni destinate agli investimenti delle imprese, che, prima di tutto, deve appunto “diventare sistema”. Dalla giungla normativa al “bando-tipo”, dalle carte bollate alla centralizzazione digitale e all’interoperabilità… Come possiamo aspettarci possa cambiare lo scenario dell’agevolato in meno di un anno? Ce lo racconta il dossier relativo allo schema di decreto legislativo recante il Codice degli incentivi, pubblicato il 15 settembre scorso.

Intanto lo schema è in esame alle Camere: i pareri delle Commissioni competenti dovranno essere espressi entro il 9 ottobre 2025. La revisione del sistema degli incentivi, avviata due anni fa, prevede l’entrata in vigore dei provvedimenti di attuazione della Legge delega entro il 30 giugno 2026. La sfida: trasformare il mosaico frammentato degli incentivi in un quadro uniforme e armonico entro la prossima estate.

Sono ben due anni che ne sentiamo parlare, da quando l’iter legislativo ha preso il via, nel lontano 13 settembre 2023, in Aula al Senato. Allora, il sottosegretario al ministero delle Imprese e made in Italy, Massimo Bitonci, chiudendo l’esame del provvedimento, aveva evidenziato: «si tratta di una riforma fondamentale: ci sono più di duemila tipologie di incentivi, un terzo di carattere nazionale e due terzi di carattere regionale. C’è bisogno di semplificazione e di monitoraggio. È chiaro che le risorse che sono a disposizione per le imprese per un rimbalzo dell’economia devono essere assolutamente puntuali».

Nello stesso solco le più recenti dichiarazioni di Bernardo Mattarella, Amministratore delegato di Invitalia, nel corso dell’audizione del 23 settembre 2025 presso le Commissioni riunite Attività produttive della Camera e Industria del Senato: «riteniamo fondamentale introdurre concetti di trasparenza, pubblicità, uniformità e standardizzazione. Invitalia è pronta a contribuire».

Lavoro monumentale, la riforma degli incentivi, che nasce per chiudere il sipario su uno scenario caotico e riordinarlo intorno a un Codice unico: regole comuni, criteri generali e parità di accesso. L’obiettivo: ridurre tempi e costi per chi investe e rendere le risorse pubbliche più efficaci.

Qui un indice degli argomenti:

Cronistoria: partenza nel 2023, traguardo al 2026

Iniziato nell’ultimo trimestre del 2023, con l’approvazione della Legge delega che ha incaricato il Governo di ridisegnare l’intero sistema degli incentivi per le imprese, il percorso della riforma ha iniziato ad acquisire sostanza solo nel 2024, quando il Consiglio dei ministri ha licenziato in via preliminare un primo schema di decreto legislativo rimasto bloccato a lungo per le verifiche della Ragioneria dello Stato.

A giugno 2025, in Conferenza Stato-Regioni, si è trovata l’intesa politica necessaria a far avanzare il provvedimento. Poche settimane dopo, il 22 luglio, è arrivato un articolato parere del Consiglio di Stato.

È il 2 settembre 2025 che lo schema di decreto viene trasmesso alle Camere, corredato dall’Analisi di impatto della regolazione e dall’Analisi tecnico-normativa. Il 16 settembre parte ufficialmente l’esame parlamentare: entro il prossimo 9 ottobre le Commissioni competenti dovranno pronunciarsi.

Da qui in avanti, il calendario è serrato: l’approvazione definitiva del decreto dovrà arrivare entro fine anno per permettere l’avvio delle misure attuative nel 2026. La scadenza ultima fissata dal PNRR è il 30 giugno 2026: entro quella data, il nuovo sistema dovrà essere definito.

Razionalizzazione e trasparenza

Per porre le basi alla scrittura del Codice, il Ministero delle imprese e del made in Italy ha acquisito due analisi ricognitive considerando 348 incentivi esistenti; ne sono stati censiti 142 di carattere strutturale, destinati a confluire nel nuovo quadro ordinato che include anche quelli di natura fiscale, sottoposti a regime speciale.

Il progetto di un’offerta più mirata e programmata (delineato attraverso i 28 articoli, suddivisi in 5 Capi, del Codice) introduce generalizzate regole di pubblicità e monitoraggio. Sono già sul pezzo le imprese che si sono approcciate nell’ultimo anno a crediti d’imposta come Transizione 4.0, Transizione 5.0 e ZES Unica: una volta messa a terra la riforma, tutte le misure dovranno essere tracciabili, con valutazioni di efficacia ex ante, in itinere ed ex post. Una svolta culturale, prima ancora che normativa, che punta a misurare davvero il consumo e l’impatto delle risorse pubbliche.

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Digitalizzazione al centro

Uno degli aspetti più dirompenti che emergono dalla lettura del Codice (qui il dossier messo a disposizione dalla Camera dei deputati il 15 settembre 2025) è il nucleo digitale attorno al quale viene fatto ruotare il sistema degli incentivi. A partire dal Registro nazionale degli aiuti di Stato, e dalla piattaforma telematica Incentivi.gov.it, opportunamente sviluppati per dialogare con altri sistemi e per integrare l’intelligenza artificiale, si punta alla costruzione di un dispositivo innovativo. Una volta a regime, accentrerebbe l’intero ciclo di vita delle misure lungo processi standardizzati.

Non più modulistica e procedure eterogenee, ma l’uniformità garantita da una piattaforma unica, “Incentivi Italia”, destinata a diventare lo sportello digitale attraverso cui conoscere, richiedere e gestire le agevolazioni. Il dossier sottolinea la necessità della sua interoperabilità con altri sistemi informativi, in modo che dati e controlli siano condivisi tra amministrazioni, e che siano ridotti passaggi burocratici e duplicazioni. Ulteriore sfaccettatura dell’ambita omogeneità si esprime nel Codice attraverso il concetto di “bando-tipo”: uno stampo per omologare requisiti di accesso, criteri di selezione e modalità di rendicontazione. Questo per garantire maggiore trasparenza alle imprese e meno margini di discrezionalità tra i diversi enti gestori.

Il Consiglio di Stato, però, ha messo in guardia: nel testo del Codice non sono indicati termini certi per l’adozione dei decreti direttoriali che dovranno attivare concretamente la piattaforma e i bandi-tipo. Senza scadenze vincolanti, il rischio è che l’innovazione digitale resti sulla carta.

Nuovi criteri generali: vincoli e requisiti

Uno dei capitoli più severi del nuovo Codice è quello dedicato al contrasto alla delocalizzazione. Le imprese che beneficiano di incentivi pubblici saranno vincolate a mantenere l’attività sul territorio per almeno cinque anni (dieci se di grandi dimensioni). Spostare la produzione all’interno dello Spazio economico europeo, previa comunicazione obbligatoria al Ministero delle imprese e al Ministero del lavoro, comporterà la restituzione integrale degli aiuti ricevuti; delocalizzare fuori dallo SEE implicherà anche il pagamento di una sanzione da due a quattro volte l’importo percepito. Le imprese che sceglieranno di trasferire la produzione subiranno poi un blocco di accesso a futuri incentivi.

Previsto dal Codice un ulteriore principio di salvaguardia occupazionale: se i livelli di lavoro vengono ridotti oltre determinate soglie, le agevolazioni potranno essere decurtate o revocate.

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Oltre all’orizzontalizzazione dell’obbligo di stipula delle polizze catastrofali, dal dossier emerge tra l’altro un ruolo rafforzato del Documento unico di regolarità contributiva, diffusamente incorporato come requisito cardine per l’ammissibilità e l’erogazione degli incentivi. Per evitare che vengano percepiti fondi pubblici senza aver saldato gli obblighi, il DURC diventa nel Codice, in prospettiva, filtro automatico e permanente, integrato nel ciclo di vita dell’incentivo.

Premialità uguali per tutti gli incentivi

All’interno del Codice Unico fanno infine la differenza le certificazioni in possesso dell’impresa. In primo piano, il rating di legalità, lo strumento che misura il grado di correttezza e affidabilità delle imprese, associato a punteggi aggiuntivi o quote riservate nei bandi.

Accanto a questo, assume rilievo la certificazione della parità di genere, che valorizza le aziende impegnate a ridurre il divario tra uomini e donne in termini salariali, di carriera e di conciliazione vita-lavoro. Anche in questo caso, il Codice trasforma un requisito volontario in un fattore competitivo, estendendo la premialità a tutte le misure agevolative.

Avranno corsie preferenziali anche le imprese che adottano strumenti di welfare a sostegno della natalità, che favoriscono l’occupazione giovanile e femminile o che dimostrano attenzione verso l’inclusione delle persone con disabilità. Le premialità potranno tradursi in maggior punteggio, quote dedicate o importi incrementati; un approccio che lega gli incentivi non solo agli obiettivi industriali ed economici, ma anche alla coesione sociale e territoriale.

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La sfida dei prossimi mesi

La promessa: un sistema di incentivi più semplice, digitale, vicino alle esigenze delle imprese e di una società in evoluzione. Ma il tempo a disposizione è poco e le criticità non mancano, soprattutto sui tempi di attivazione dei decreti attuativi. Nei prossimi nove mesi si giocherà la credibilità dell’intera riforma: la lunga attesa saprà trasformarsi in una vera rivoluzione per chi fa impresa?







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