Dopo oltre due anni di negoziati, l’UE si avvicina al testo finale del regolamento FiDA (Financial Data Access)[1], l’impianto abilita l’open finance in Europa ma, secondo ricostruzioni convergenti, esclude i grandi “gatekeeper” digitali dall’accesso diretto allo schema.
L’obiettivo dichiarato è favorire un ecosistema finanziario europeo, tutelare i dati sensibili dei clienti e prevenire concentrazioni di potere. Le Big Tech paventano freni all’innovazione e minore scelta per i consumatori. In mezzo, banche e fintech europee che vedono aprirsi un nuovo spazio competitivo.
Il compromesso politico e le motivazioni europee
Secondo fonti diplomatiche e ricostruzioni giornalistiche, l’Unione Europea è orientata a escludere Meta, Apple, Google e Amazon dal nuovo sistema di condivisione dei dati finanziari previsto da FiDA.
Il sostegno politico arriva da Berlino e trova sponde nel Parlamento europeo e nella Commissione. La ratio è evitare che i grandi intermediari digitali possano sfruttare dati finanziari sensibili per consolidare posizioni dominanti e disintermediare gli operatori finanziari europei. La conclusione dei negoziati è attesa in autunno 2025, con un esito considerato, ad oggi, sfavorevole alle Big Tech.
Che cos’è FiDA e perché è strategico
FiDA è il regolamento che estende la logica open banking all’open finance[2], fissando diritti e doveri per la condivisione dei dati dei clienti (privati e imprese) oltre i conti di pagamento. In concreto, introduce la possibilità, non l’obbligo, per i clienti di condividere i propri dati con soggetti terzi autorizzati; obbliga i detentori dei dati (ad esempio banche e assicurazioni) a renderli disponibili tramite interfacce standard e sicure; assicura il pieno controllo ai clienti su chi accede ai dati e per quale finalità; infine impone la standardizzazione dei dataset e delle API.
Le categorie di dati interessate includono, tra le altre, mutui, prestiti, conti non di pagamento, risparmio e investimenti (strumenti finanziari, IBIP, crypto-asset), diritti pensionistici, assicurazioni danni (escludendo la salute) e informazioni utilizzate nelle valutazioni di merito creditizio. L’obiettivo è stimolare nuovi servizi come consulenza, budgeting, comparazione e personalizzazione, e al tempo stesso aumentare la concorrenza a beneficio dei clienti.
Sovranità digitale e strategia tedesca
La Germania ha proposto di escludere i grandi gatekeeper[3] per “promuovere uno spazio finanziario digitale europeo, garantire la parità competitiva e proteggere la sovranità digitale dei consumatori”. In quest’ottica, i dati finanziari diventano un asset strategico: l’accesso da parte di piattaforme globali con potere di mercato e integrazione multi-servizio potrebbe spostare valore e controllo fuori dall’ecosistema UE.
Banche, fintech e big tech: interessi contrapposti
Banche e assicurazioni europee hanno spinto per limitare l’accesso dei gatekeeper, temendo che questi possano disintermediare il rapporto col cliente, internalizzarne i dati, e comprimere i margini con offerte integrate (pagamenti, credito al consumo, gestione liquidi, investimento).
Le Big Tech: sostengono che l’esclusione riduce la scelta e l’innovazione per i consumatori, tradendo l’idea originaria di maggiore controllo dell’utente sui dati. Per le associazioni di categoria, il rischio è cristallizzare il potere degli incumbent (le banche) anziché aprire il mercato.
Le Fintech europee in prospettiva, possono trarre vantaggio competitivo dall’apertura dei dati senza la pressione diretta delle piattaforme globali, a patto che standard tecnici, oneri e tempi di implementazione siano gestibili.
Le conseguenze per banche, fintech e consumatori
Per le banche si amplia la responsabilità operativa (fornire dati via API affidabili e sicure) ma anche lo spazio per servizi a valore (consulenza personalizzata, data-driven, embedded finance con partner europei). L’esclusione dei gatekeeper può dare respiro sul fronte concorrenziale, senza però eliminare la sfida dell’innovazione.
Per le fintech si apre una “finestra” per consolidare use case su risparmio, investimenti, credito, assicurazioni e pensioni, con un mercato integrato a livello UE se la standardizzazione funzionerà davvero. Resta il tema della scalabilità e dei costi di conformità.
Per i consumatori e le PMI in teoria più prodotti comparabili, consulenza personalizzata e portabilità dei dati. Il rovescio della medaglia è il rischio di frammentazione dei servizi rispetto a super-app globali, e la necessità di educazione finanziaria e digitale per gestire consensi, revoche e privacy.
Il nodo “gatekeeper” nel DMA e l’idoneità a operare
Il Parlamento europeo, nel percorso di definizione del proprio mandato negoziale, ha indicato che i grandi gatekeeper designati dal Digital Markets Act (DMA) non dovrebbero essere eleggibili come Financial Information Service Providers nell’ambito FiDA.
È un tassello chiave collega politica della concorrenza digitale e apertura dei dati finanziari, per prevenire effetti leva tra mercati adiacenti (es. e‑commerce, pubblicità, mobile) e finanza.
Connessioni con Data Act, PSD2/PSR, DSA/DMA
FiDA si inserisce in un disegno più ampio. Il Data Act, pienamente applicabile dal 12 settembre 2025, definisce principi orizzontali di accesso equo e uso dei dati, inclusa portabilità e interoperabilità, ad esempio nello switching tra cloud provider. In parallelo, il pacchetto PSD3/PSR modernizza i pagamenti e rafforza la sicurezza, mentre DSA e DMA regolano contenuti, responsabilità e poteri di mercato dei grandi intermediari digitali. FiDA, specifico per i dati finanziari, mira invece a standardizzare dataset e API, creando schemi governati e registri di operatori autorizzati a livello UE.
Geopolitica e commercio: il fattore USA
L’ipotesi di esclusione delle piattaforme statunitensi riapre la questione dei rapporti UE‑USA. Da Washington sono arrivate in passato minacce di dazi ritorsivi in caso di misure percepite come discriminatorie verso le Big Tech americane. L’UE dovrà bilanciare autonomia strategica e stabilità commerciale in un frangente in cui i dati finanziari toccano interoperabilità regolatoria e norme sulla concorrenza.
Tempistiche e prossimi passi
La chiusura del trilogo su FiDA con un testo di compromesso è attesa nell’autunno 2025. Successivamente saranno necessarie le approvazioni formali di Parlamento e Consiglio, seguite dalle fasi attuative con la definizione degli standard tecnici e degli schemi di condivisione (governance, registri, responsabilità, liability). L’implementazione potrebbe avvenire in modo graduale, con un approccio phased‑in per categorie di dati e tipologie di operatori.
Gli scenari all’orizzonte
Lo scenario più probabile è quello dell’esclusione confermata, con i gatekeeper fuori dagli schemi FiDA. Ciò darebbe un vantaggio competitivo a banche e fintech europee, riducendo i rischi di concentrazione e rafforzando l’idea di un ecosistema finanziario sovrano. Al tempo stesso, però, potrebbe comportare una perdita in termini di integrazione e di rapidità dell’innovazione lato consumer, dove le Big Tech hanno dimostrato grande capacità di scala.
Un’altra ipotesi è quella di un’apertura condizionata: le Big Tech potrebbero accedere solo tramite partnership con soggetti europei, con requisiti di separazione, regole chiare sul riuso dei dati e una sorveglianza rafforzata. Questo approccio mitigherebbe i rischi di abuso ma aumenterebbe la complessità regolatoria e i costi di conformità. Infine, non si può escludere un compromesso di rinvio, con l’idoneità dei gatekeeper subordinata a una revisione futura e a prove di conformità rafforzata. In questo caso si eviterebbe lo scontro immediato con Washington, ma si introdurrebbe incertezza regolatoria per operatori e investitori. Un tale rinvio, inoltre, potrebbe rallentare l’attuazione concreta di FiDA e minarne la credibilità.
In definitiva, l’orientamento a escludere i gatekeeper riflette una scelta di politica industriale oltre che di concorrenza e tutela dati. Nel breve periodo protegge l’ecosistema e crea spazio di manovra a incumbent e fintech europee; nel medio, il successo dipenderà dalla qualità degli standard, dalla governance degli schemi, dalla portabilità effettiva e dalla capacità di scalare servizi paneuropei. In assenza di una user experience comparabile alle super‑app globali, il rischio è un’adozione tiepida e una frammentazione che vanifica i benefici promessi.
Note
[1] FiDA — Regolamento “Framework for Financial Data Access”: definisce chi può accedere a quali dati, con che consenso, tramite quali API standard, e con quali responsabilità e rimedi in caso di abuso.
[2] Open banking vs open finance. L’open banking, abilitato in UE dalla PSD2, riguarda i dati dei conti di pagamento (es. accesso saldo e movimenti, avvio pagamenti). L’open finance estende la logica a un perimetro molto più ampio (credito, investimenti, assicurazioni, pensioni, dati di creditworthiness).
[3] Gatekeeper (DMA) Grande piattaforma con significativo potere di intermediazione nei mercati digitali. Il DMA impone obblighi e divieti per prevenire comportamenti escludenti e pratiche di self‑preferencing; nel contesto FiDA, l’idoneità dei gatekeeper è il punto più sensibile.
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