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Ddl IA: quale strada traccia per le pubbliche amministrazioni


Dopo l’approvazione in Senato il 17 settembre scorso, il disegno di legge nazionale sull’intelligenza artificiale (Ddl IA)  è stato pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale come Legge n. 132 del 2025. La norma, recante “disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale”, entrerà in vigore il 10 ottobre prossimo e nei successivi 12 mesi sono attesi i decreti e provvedimenti attuativi. Una norma che definisce un quadro di riferimento coerente con l’AI Act e in conformità con il Gdpr, il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali.

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L’obiettivo è fissare i paletti per l’adozione dell’IA, promuovendone un uso etico e responsabile e limitando i rischi di un uso distorto in settori chiave come lavoro, giustizia e sanità. Al centro della norma, principi chiave ormai condivisi: sicurezza, trasparenza, proporzionalità, non discriminazione, approccio antropocentrico.

Senza entrare qui nel merito di tutti gli articoli (e rimandando per questo alla lettura della Legge), vogliamo soffermarci in particolare sull’Art. 14 “Uso dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione”. Un articolo molto sintetico, composto da 4 comma, in cui si pone l’accento su questi obiettivi per l’introduzione dell’IA nelle organizzazioni pubbliche: incrementare l’efficienza, ridurre i tempi dei procedimenti, aumentare la qualità e la quantità dei servizi erogati, con un focus sempre presente sulla trasparenza nell’utilizzo di questi strumenti e sull’imprescindibile potere decisionale dell’uomo. Si sottolinea l’esigenza di adottare “misure tecniche, organizzative e formative” per garantire un utilizzo responsa­bile dell’intelligenza artificiale.

Una trasformazione che parte delle persone, perché impatta sui processi interni alle amministrazioni, su ruoli e competenze. Ne abbiamo parlato in tante occasioni, come il Tavolo di lavoro degli HR Manager a FORUM  PA 2025 dedicato proprio a “La crescita delle persone nell’era dell’intelligenza artificiale: valutazione delle performance, mappatura e trasferimento delle competenze”.

In questo momento di grande attenzione al tema, abbiamo chiesto un commento sulla nuova legge ad alcuni dei partecipanti alla nostra community. Ecco i primi commenti (in aggiornamento):

Il commento di Alessandro Bacci, Direttore Generale dei Sistemi Informativi e dell’Innovazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze

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“Credo che questo testo colga un aspetto fondamentale dell’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle organizzazioni, non solo pubbliche, che è quello della complessità. L’introduzione di questi strumenti all’interno delle organizzazioni va analizzato tenendo conto dei diversi ambiti e aspetti di applicazione e mi sembra che la legge lo faccia, anche se ovviamente particolare rilievo viene dato all’aspetto della sicurezza: cybersecurity, trattamento dei dati, protezione dei dati personali. Ovviamente non poteva mancare il tema della governance, se l’intelligenza artificiale ha un impatto sulla sicurezza, sui beni primari dei cittadini e sulla riservatezza dei dati è ovvio che occorre un apparato ufficiale e riconosciuto. Ma vorrei sottolineare che nella legge si trova anche un impulso all’innovazione, ci sono per esempio dei riferimenti all’attività del Ministero del Lavoro e al tema dello sviluppo economico. Insomma, il testo indica una strada, identificando le imprese e il mondo del lavoro come settori prioritari su cui ragionare. Per quanto riguarda il riferimento esplicito all’impatto sulla pubblica amministrazione, l’articolo 14 si focalizza sul ruolo dell’IA per incrementare la produttività, snellire i procedimenti e migliorare i servizi ai cittadini. Questo implica che si debbano portare avanti attività di organizzazione e formazione, oltre ai necessari upgrade tecnologici. In tutto questo, che ruolo assume il manager pubblico? È proprio lui che dovrà farsi carico di guidare questo percorso di trasformazione. Il manager, conoscendo la propria organizzazione e il suo reale fabbisogno, dovrà avere le competenze adatte per immaginare i progetti di innovazione più adatti, in una logica personalizzata, pur nella cornice definita dalla legge. Io penso che stiamo andando verso un momento in cui si dovrà passare dalle sperimentazioni a un’introduzione più sistematica e strutturata dell’intelligenza artificiale nei grandi servizi pubblici, quelli che cambiano veramente la vita ai cittadini. Infine, c’è il tema della misurazione e valutazione delle performance. Con l’introduzione di questi strumenti il processo di lavoro si linearizza, si semplifica e diventa più trasparente quello che ciascuno fa all’interno dell’amministrazione e i risultati ottenuti, rendendo più semplice (anche se non automatica) la valutazione. Ma è tutto il ciclo della performance ad essere impattato, non solo la misurazione ma anche la programmazione: tutto diventa teoricamente più prevedibile e quindi si possono strutturare documenti di programmazione più solidi nelle previsioni e nelle stime”.

Il commento di Grazia Strano, Direttore Generale per le Politiche del Personale e l’Innovazione Organizzativa del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

“La norma che è stata appena approvata in Parlamento, a mio parere è una norma necessaria, perché offre un quadro di riferimento sia rispetto ai limiti che alle opportunità. Per la pubblica amministrazione vedo due punti di attenzione molto importanti, uno che guarda all’interno delle organizzazioni, uno che guarda al rapporto tra l’amministrazione e il cittadino. Per quanto riguarda il primo, questa quinta rivoluzione industriale ha sicuramente un impatto sull’efficientamento dei sistemi pubblici, in quanto sappiamo che automatizzando i compiti ripetitivi libera risorse per mansioni con più alto valore aggiunto. Ma non solo, l’inserimento di sistemi di intelligenza artificiale migliora la gestione dei dati, rendendoli più utili per quelle che sono le analisi decisionali, che si fanno ancora troppo poco all’interno dell’amministrazione. In pratica vanno a supportare le decisioni strategiche, possono aiutare il policy maker nel prendere decisioni più mirate. Per quanto riguarda il rapporto con il cittadino, sappiamo che si possono fornire risposte sempre più immediate alle domande frequenti e organizzare servizi personalizzati che si basano sulle analisi del dato. Ma anche in questo caso è la previsione che fa la differenza: si potrebbero fare analisi per anticipare le richieste e predisporre politiche più mirate. È una grossa sfida, perché bisogna agire sui sistemi di reclutamento e sulle competenze del personale, ma allo stesso tempo renderà a mio parere più attrattiva la pubblica amministrazione perché i giovani di oggi non chiedono soltanto retribuzioni più alte, chiedono sistemi di welfare più efficienti, ma anche di poter partecipare ai processi decisionali. Quindi secondo me c’è una doppia leva interna ed esterna. Se penso, ad esempio al Ministero del lavoro, penso al rapporto con il cittadino, quindi alla definizione di politiche del lavoro più mirate cercando di anticipare i bisogni del futuro, ma anche a un aumento dell’efficienza interna, il che potrebbe far sì che i giovani non solo si affaccino alla PA, ma poi scelgano rimanerci. Quindi secondo me tolto il livello di automazione, ormai quello è un dato di fatto, l’importanza è nel dato, nel processo e nelle competenze. Il che significa aumentare la capacità previsionale, ma anche la capacità di intervenire on going. Dobbiamo utilizzare i sistemi di intelligenza artificiale per liberare le persone dai compiti ripetitivi e rivolgerle verso le analisi le previsioni, la preparazione dei PIAO, di strumenti di programmazione più mirati, più efficiente e che non siano dei semplici adempimenti normativi. Serve quindi un sistema di formazione continua. Anche qui i sistemi di intelligenza artificiale ci possono essere utili per analizzare le competenze che sono all’interno, quali sono i bisogni dell’amministrazione e programmare interventi di formazione più mirata.

Il commento di Mariagrazia Bonzagni, Capo Dipartimento Programmazione, Dati, Digitale, Diritti e Pari Opportunità del Comune di Bologna

“Sui principi generali della legge non c’è nulla da dire, ho invece qualche dubbio se si stia lavorando altrettanto efficacemente sulla parte di abilitazione dell’innovazione. Nella legge non si parla di investimenti, è vero che è una legge delega e forse non era la sede adatta, ma mi lascia comunque perplessa. L’altra cosa che mi ha un po’ colpito è proprio l’articolo dedicato alla pubblica amministrazione. Mi sembra molto focalizzato sulla dimensione dell’efficienza, sull’uso dell’intelligenza artificiale per esempio per la riduzione dei tempi di risposta nei procedimenti e per il miglioramento dei servizi. Va bene, ma forse si è persa un po’ l’occasione per esplicitare il ruolo della pubblica amministrazione nel paese. Dov’è l’uso dell’intelligenza artificiale in logica predittiva, per esempio? I segnali che emergono nelle amministrazioni più avanzate riguardano proprio l’uso dell’intelligenza artificiale in tal senso, per la costruzione di servizi in una logica proattiva, con l’obiettivo di rispondere alle domande dei cittadini prima che emerga il bisogno. Chiaramente si tratta di un approccio ancora di nicchia, ma sta qui la vera visione innovativa.  Mi sembra che si sia un po’ persa l’occasione per ricordare il ruolo strategico che l’IA può avere nelle pubbliche amministrazioni, per farle diventare ad esempio delle organizzazioni più attrattive per le persone. Invece è fondamentale parlare di formazione e di coinvolgimento del personale. Mi sarei aspettata almeno un piccolo comma su questo, sul senso dell’uso dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione come occasione per cambiare paradigma, per modificare l’organizzazione, per coinvolgere le persone, per farne uno strumento di attraction dei giovani. Temo che altrimenti continuiamo a rischiare delle grandi diseguaglianze tra le grandi organizzazioni centrali e le piccole realtà locali, che non possono permettersi sperimentazioni avanzate e saranno portate magari a introdurre delle tecnologie senza aver prima fatto un percorso di change management e senza un minimo di coinvolgimento e progettazione”.



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