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Cresce la spesa in R&S nel pubblico e nel privato, ma aumentano i divari tra grandi e piccole imprese


Per la R&S intra-muros sono stati spesi nel 2023 29,4 miliardi di euro, il 7,7% in più a prezzi correnti rispetto all’anno precedente. L’intensità di ricerca e sviluppo, misurata rispetto al Pil, rimane costante rispetto al 2022.

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La crescita interessa tutti i settori istituzionali, con incrementi rilevanti nelle istituzioni pubbliche e nelle Università (rispettivamente +14,5% e +9,9%). La spesa delle imprese aumenta del 5,4%, sostenuta dalle medie e grandi imprese, rispettivamente +2,8% e +7,3%. Un ulteriore calo interessa le piccole imprese (-2,3%).

Oltre l’80% della spesa privata in R&S è sostenuta da imprese appartenenti a gruppi multinazionali sia nazionali che esteri. Circa la metà di questa proviene da imprese appartenenti a multinazionali estere.

I dati preliminari segnalano un contenuto incremento della spesa in R&S delle imprese per il 2024, +1,2% rispetto al 2023, mentre le aziende hanno programmato un aumento più consistente per il 2025 (+4,0% sul 2024).

Netto incremento della spesa in R&S nel pubblico e nelle Università

La spesa complessiva in R&S intra-muros, effettuata da imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private non profit e Università, ammonta nel 2023 a 29,4 miliardi di euro, in aumento del 7,7% rispetto al 2022.

L’aumento della spesa interessa tutti i settori istituzionali. In particolare, si registra un netto incremento nelle istituzioni pubbliche (+14,5%) e nelle Università (+9,9%). La spesa aumenta anche nelle imprese (+5,4%) e nel non profit (+2,3%).

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La dinamica della Spesa in R&S è misurata a prezzi correnti e quindi riflette  sia le variazioni dei prezzi che nel biennio 2022-23, come ben noto, è stata vivace, sia le variazioni reali del livello di spesa. Di conseguenza, l’incidenza percentuale della spesa sul Pil, indicatore noto come intensità di ricerca e sviluppo, risulta pari all’1,37%, in linea con il 2022 (1,37%), e in diminuzione rispetto al 2021 (1,41%). La spesa in R&S delle imprese sul Pil, pari allo 0,80%, è stabile rispetto all’anno precedente.

Per il 2024 i dati preliminari indicano un modesto incremento della spesa in R&S delle imprese (+1,2% rispetto al 2023), mentre per il 2025 le imprese hanno  programmato un aumento più consistente (+4,0% rispetto al 2024).

Nel settore delle istituzioni pubbliche i dati preliminari 2024 evidenziano un aumento della spesa in R&S intra-muros (+6,6% rispetto al 2023) che prosegue nel 2025 (con una previsione del +7,2% rispetto all’anno precedente). Anche per le istituzioni private non profit si prevede un aumento della spesa sia nel 2024 (+4,4%) che nel 2025 (+3,6%).

Cresce il contributo del settore pubblico alla spesa in R&S

Nel 2023 la spesa del settore privato (imprese e non profit) continua a essere la principale componente della spesa in R&S intra-muros complessiva (60,1%). Le imprese hanno investito oltre 17 miliardi di euro con un peso pari al 58,4% della spesa totale, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (-1,3 punti percentuali). Le Università, che con il 25,0% della spesa complessiva rappresentano l’attore più importante della R&S dopo le imprese, partecipano alla spesa totale del 2023 con una quota in lieve aumento (+0,5 punti percentuali rispetto al 2022). Cresce il contributo del settore pubblico, responsabile del 14,9% della spesa totale (+0,9 punti percentuali rispetto al 2022).

Con riferimento alle fonti di finanziamento, le imprese finanziano oltre la metà della spesa in R&S (15,0 miliardi di euro; 51,1% dei finanziamenti complessivi). Seguono il settore delle istituzioni pubbliche (10,8 miliardi; 36,9%) e i finanziatori stranieri (circa 2,9 miliardi; 9,8%). Rispetto al 2022 si rileva un sensibile aumento della spesa finanziata dal settore pubblico (+11,7%) e cresce notevolmente anche la componente finanziata dall’estero (+12,1%). Un aumento più contenuto interessa i finanziamenti delle imprese (+3,6%).

L’autofinanziamento si conferma la fonte principale della spesa per R&S delle imprese e del settore pubblico. In particolare, le istituzioni pubbliche finanziano l’88,7% del proprio settore, le imprese nazionali si autofinanziano per l’84,0%. Inoltre le istituzioni pubbliche finanziano l’80,9% della spesa in R&S delle Università e il 43,7% di quella delle istituzioni non profit.

Continua a scendere la spesa in R&S delle piccole imprese

L’aumento della spesa che si registra nel 2023 non interessa tutte le tipologie di imprese. I dati mostrano un sistema imprenditoriale fortemente diviso. Da un lato, la grande impresa (con almeno 250 addetti) continua ad aumentare le proprie spese in R&S; dall’altro, le piccole (con meno di 50 addetti) registrano un ulteriore calo. In quest’ultima classe dimensionale si rileva, infatti, una riduzione del 2,3%, mentre nelle altre classi la spesa cresce: in maniera significativa nelle grandi imprese (+7,3%) e in misura più contenuta in quelle di media dimensione (+2,8%).

Le grandi imprese si confermano quindi il soggetto più importante nelle attività di R&S intra-muros, con circa 12,5 miliardi di spesa (pari al 73,1% della spesa complessivamente sostenuta dalle imprese) contro i 3,4 miliardi delle piccole e medie imprese (PMI). Il loro peso cresce (+1,3 punti percentuali rispetto al 2022), mentre si ridimensiona la quota delle piccole e medie imprese (rispettivamente di -0,9 e -0,4 p.p.).

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Le imprese sono anche i principali finanziatori della spesa del settore: indipendentemente dalla fascia dimensionale, quasi tutta la spesa in R&S delle imprese è finanziata dalle stesse unità attive nella R&S. Oltre all’autofinanziamento, che costituisce la modalità prevalente, differenti sono le altre modalità di finanziamento: per le piccole imprese si assiste ad una combinazione di finanziamenti pubblici ed esteri (rispettivamente 6,2% e 7,1%), mentre per le grandi imprese risulta importante il contributo fornito dai soggetti stranieri (12,0%).

I settori che investono di più in R&S si confermano la produzione di autoveicoli, di macchinari e di altri mezzi di trasporto: i tre settori insieme rappresentano oltre il 38,4% della spesa complessiva. Seguono l’elettronica, il comparto della Ricerca, l’informatica e la farmaceutica con quote superiori al 5%. Quasi tutti questi settori registrano importanti aumenti rispetto al 2022; in particolare, la spesa cresce di oltre il 10% nella produzione di macchinari e degli altri mezzi di trasporto. Solo il comparto della Ricerca, le telecomunicazioni e il settore dell’assistenza sanitaria riducono la spesa in R&S, rispettivamente del 9,1%, 6,1% e 2,0%. Riguardo alla governance aziendale, nuove evidenze empiriche prodotte dall’Istat attraverso l’integrazione dei registri economici evidenziano il ruolo predominante delle multinazionali rispetto alla spesa in R&S in Italia .

Queste, a controllo estero o italiano, sono i principali attori della R&S privata in Italia: da esse dipende l’83,1% dell’intera spesa delle imprese, pari a 14,3 miliardi di euro. In particolare, le multinazionali a controllo estero sono responsabili del 44,6% contro il 38,5% della spesa sostenuta dalle multinazionali a controllo italiano. Solo l’8,8% della spesa è attribuibile a imprese appartenenti a gruppi domestici e un 8,1% spetta alle imprese indipendenti (ovvero, non appartenenti a gruppi). Rispetto al 2022, ad eccezione delle imprese appartenenti a gruppi domestici, si registra un aumento della spesa in tutte le categorie; un incremento che risulta superiore alla media nazionale nelle multinazionali (complessivamente +6,4%, +7,9% in quelle a controllo estero).

In forte crescita la spesa dedicata alla ricerca di base

Nel 2023 si conferma la tendenza alla crescita della spesa nelle due componenti della ricerca di base e applicata. Come già avvenuto nei due anni precedenti, si registra una variazione tendenziale particolarmente positiva nella spesa per la ricerca di base che, con un aumento del 13,9% rispetto al 2022, raggiunge i 7,6 miliardi di euro. La ricerca applicata, che si conferma la principale voce di investimento, con oltre 12 miliardi di euro, registra un incremento del 9,3%. Lo sviluppo sperimentale di nuovi prodotti e processi, invece, registra complessivamente un modesto  aumento (+1,6%).

Ciò si riflette in un aumento della quota di spesa in ricerca di base e applicata (dal 65,4% del 2022 al 67,3% del 2023), e nel ridimensionamento delle spese per lo sviluppo sperimentale (dal 34,6% al 32,7%).

Nelle imprese, si conferma la tendenza ad investire in attività di sviluppo sperimentale (circa metà della spesa in R&S proviene da questa componente, che è pari a 8,5 miliardi di euro), anche se nel 2023 l’aumento risulta molto contenuto (+0,7%), a differenza della spesa per la ricerca di base e applicata che fanno registrare un significativo aumento, rispettivamente, +17,7% e +8,6%.

Di contro, le istituzioni pubbliche e le istituzioni private non profit investono soprattutto nella ricerca applicata (rispettivamente il 63,4% e il 48,5% del totale) mentre nelle Università oltre la metà della spesa in R&S è destinata alla ricerca di base. Rispetto al 2022, nel settore delle istituzioni pubbliche si rilevano aumenti importanti sia nella spesa per la ricerca di base (+25,1%) che in quella per la ricerca applicata (+11,0%), mentre nel non profit si assiste ad un netto aumento della componente di sviluppo sperimentale (+13,0%).

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Il principale campo scientifico in cui si investe è quello delle Scienze ingegneristiche e ricerca tecnologica che assorbe oltre la metà delle spese complessivamente sostenute per la R&S. È seguito dalle Scienze naturali e dalle Scienze mediche e sanitarie in cui si realizzano rispettivamente il 15,0% e il 13,6% del totale. Tuttavia, notevoli differenze emergono a livello di settore esecutore. Se le imprese concentrano la maggior parte degli investimenti nelle Scienze ingegneristiche e ricerca tecnologica (l’82,9%), il non profit investe oltre i due terzi della R&S nelle Scienze mediche e sanitarie.

La spesa in R&S di Università e istituzioni pubbliche è più diversificata; in particolare, le prime investono soprattutto nelle Scienze naturali (26,1%), nelle Scienze sociali (22,8%) e nelle Scienze ingegneristiche e ricerca tecnologica (20,0%), mentre le istituzioni pubbliche puntano prevalentemente sulle Scienze naturali (41,1%) ma una quota importante della spesa totale riguarda anche le Scienze mediche e sanitarie (20,4%) e le Scienze ingegneristiche e ricerca tecnologica (18,7%).

Cresce la spesa in alcune regioni del Mezzogiorno ma non si riduce il divario con il Nord

Oltre metà della spesa totale in R&S (il 59,8%, pari a circa 17,6 miliardi di euro), è geograficamente concentrata in Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte. La Lombardia contribuisce a circa il 20,0% della spesa totale, mentre le altre tre regioni partecipano con quote superiori al 10%. Altre quattro regioni sostengono una spesa di oltre un miliardo di euro: il Veneto (con una quota dell’8,0% della spesa nazionale), la Toscana (6,5%), la Campania (5,4%) e la Sicilia (3,6%).

Rispetto al 2022 si registra una tendenza all’aumento della spesa in R&S in tutto il territorio nazionale con punte massime nel Nord-est (+10,5%) e nelle Isole (+13,7%, soprattutto per l’importante aumento del 17,1% registrato in Sicilia). Anche le regioni del Nord-ovest hanno complessivamente registrato incrementi superiori alla media nazionale (+7,9%), mentre la crescita della spesa nel Centro-sud è inferiore al valore medio nazionale.

Le migliori performance sono registrate in Molise (+25,9%), Calabria (+18,5%) e Friuli-Venezia Giulia (+18,4%), ma risultati molto positivi (con aumenti di oltre il 10%) si registrano anche in Sicilia, Provincia Autonoma di Trento, Emilia Romagna e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.

Con riferimento alla composizione della spesa per tipologia di soggetto esecutore, si confermano grandi differenze territoriali tra il Nord e una parte del Centro (precisamente, Toscana e Marche), caratterizzati dalla prevalenza della spesa delle imprese (con punte che superano i tre quarti in Piemonte ed Emilia-Romagna) e il Mezzogiorno e il Lazio, in cui la spesa in R&S è sostenuta prevalentemente dal settore pubblico e dalle Università, con punte dell’80% in Sardegna e Calabria.

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La componente della R&S privata non profit si attesta sempre su valori inferiori al 3%, salvo raggiungere il 19,4% nella Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen. In termini di incidenza della spesa per R&S sul Pil, le migliori performance sono rilevate in Piemonte ed Emilia Romagna, entrambe con valori superiori al 2,0% (Figura 4). Anche altre regioni del Centro-nord si posizionano sopra la media nazionale, mentre due regioni leader della R&S, quali il Veneto e la Lombardia, registrano intensità inferiori al livello nazionale. Infine, tutto il Mezzogiorno si colloca sotto la media nazionale.

In termini di intensità della R&S delle imprese, Piemonte e Emilia-Romagna sono le regioni in testa, seguite da Friuli-Venezia Giulia e Lombardia.

Nelle altre regioni più performanti, quali Lazio e Provincia Autonoma di Trento, prevalgono le componenti di R&S pubblica e privata non profit. Lo stesso si rileva in tutte le regioni del Mezzogiorno dove la R&S delle imprese risulta più debole e non riesce mai a superare le altre componenti della spesa totale in R&S.

Aumentano i ricercatori e le ricercatrici soprattutto nel pubblico e nelle Università

Nel 2023 il personale addetto alla R&S è pari a circa 519mila unità e rispetto al 2022 si stima un aumento del 3,1%. L’aumento è particolarmente significativo nelle istituzioni pubbliche (+6,6%) e nelle Università (+5,0%), mentre nelle due componenti private – profit e non profit – della R&S si assiste a un aumento nettamente inferiore (+1,6% nelle imprese e +0,4% nel non profit). In termini di unità equivalenti a tempo pieno (Etp), il personale si compone di 348mila Etp e rispetto all’anno precedente aumenta del 2,9%. Anche in questo caso, gli aumenti più importanti si rilevano nelle istituzioni pubbliche e nelle Università (rispettivamente +6,1% e +6,5%), anche nelle imprese l’andamento delle Etp è positivo (+0,8%), mentre si registra un piccolo calo nel non profit (-1,2%).

I ricercatori, misurati in Etp, sono circa 170mila e rappresentano il 48,9% del totale degli addetti alla R&S, in aumento dell’1,9% rispetto al 2022. L’incidenza maggiore si rileva nelle istituzioni non profit (69,5%). Costituiscono ovviamente la componente principale anche nelle Università, dove sono il 67,2% degli addetti alla R&S e sono in netto aumento (+7,0%). Anche nelle istituzioni pubbliche si segnala un analogo incremento (+7,6%) dei ricercatori che rappresentano il 61,2% del personale. Le imprese, invece, continuano ad avere quote nettamente inferiori di ricercatori sugli addetti complessivamente dedicati alla R&S (36,6%) e registrano un calo annuale pari a -3,7%.

Le donne impegnate in attività di R&S nel 2023 sono 183mila, pari al 35,3% del totale degli addetti, e registrano un tasso di crescita del 5,1% rispetto al 2022; in termini di unità equivalenti a tempo pieno, raggiungono le 121mila unità con un aumento del 5,4% rispetto all’anno precedente.

Il numero di donne impegnate nella R&S cresce soprattutto nel pubblico (+6,9% in unità e +6,7% in Etp) e nelle Università (+5,4% e +6,8% in Etp), mentre la crescita nelle imprese è più moderata (+4,2% in unità e +3,8% in Etp) ed è molto più bassa nel non profit (+2,1% in unità e +1,5% in Etp). Se le donne costituiscono circa la metà degli addetti nelle istituzioni pubbliche e nelle Università e il 60% nel non profit, nel settore delle imprese rappresentano ancora una minoranza (meno di un quarto del totale).

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Le ricercatrici sono 86mila in numero e circa 64mila in Etp. Sono in aumento rispettivamente del 4,6% e del 5,4% rispetto al 2022. L’aumento interessa soprattutto le istituzioni pubbliche e le Università, dove le ricercatrici crescono sensibilmente in Etp (rispettivamente +8,7% e +8,2%). Nelle imprese le ricercatrici restano sostanzialmente stabili sia in numero che in Etp.

Complessivamente l’incidenza delle ricercatrici sul personale femminile impegnato in R&S è superiore a quella dei ricercatori maschi (46,9% contro il 42,7%). Sulla quota incide la maggiore presenza di ricercatrici nelle imprese, che rappresentano il 34,6% delle donne impegnate nella R&S contro il 31,2% degli uomini). Nel settore non profit, nel pubblico e nelle Università accade il contrario: la distanza è evidente soprattutto nelle Università dove le ricercatrici sono il 51,0% delle donne complessivamente impegnate nella R&S contro il 66,7% dei ricercatori maschi .

Nel 2023 confermato l’aumento degli stanziamenti per R&S di Amministrazioni centrali, Regioni e Province autonome

Gli stanziamenti per Ricerca e sviluppo delle Amministrazioni centrali, Regioni e Province autonome (previsioni di spesa assestate) nel 2023 sono pari a circa 13,5 miliardi di euro, con un aumento del 4,8% rispetto all’anno precedente. Con riferimento alla distribuzione dei finanziamenti, quelli destinati alle Università sotto forma di Fondo di finanziamento ordinario (FFO, cap. 12 della classificazione NABS, Nomenclatura per l’analisi e il confronto dei bilanci e dei programmi scientifici), costituiscono la quota più rilevante (39,8% del totale).

Il resto degli stanziamenti è orientato in misura maggiore verso l’esplorazione e utilizzazione dello spazio (13,4%), la protezione e promozione della salute umana (11,9%) e le produzioni e le tecnologie industriali (9,8%).

Nel 2024 i dati relativi alle previsioni di spesa iniziali, sono pari a circa 13,4 miliardi di euro e restano sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente.



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