Vuoi acquistare in asta

Consulenza gratuita

 

«Marsilio e la scelta di Venezia, capitale del contemporaneo»


Per tanti scrittori quella casa rossa che si faceva notare all’ingresso della Venezia d’acqua, proprio alla fine del ponte della libertà, era Marsilio. Qui aveva la sua base il professor Cesare De Michelis, l’italianista, l’accademico, che tra le sue passioni coltivava anche quella per l’editoria. Un punto di riferimento nella vita culturale italiana che ha attraverso decenni e travagli, tra cambi di proprietà e riorganizzazioni. Oggi la sede di Marsilio è sempre a Venezia, poco distante dalla casa rossa: affacciata sul canale della Giudecca, accanto agli uffici del Porto.

Investi nel futuro

scopri le aste immobiliari

 


Un esempio di come è cambiato il modo di fare impresa culturale in Italia. «Il prossimo saranno 65 anni dalla fondazione» ricorda Luca De Michelis, il figlio di Cesare, formazione economica ed esperienza nel mondo della finanza internazionale alle spalle, da quindi anni regge da amministratore delegato le sorti di Marsilio. «Io 65 anni fa non c’ero. Non posso descrivere il cambiamento di prima mano – sorride – é il mondo ad essere cambiato e il mondo dell’editoria e della cultura si è evoluto, anche involuto, in vari modi. La forza di Marsilio è stato l’aver costruito questo legame molto forte con il territorio in cui è nata e con Venezia in particolare. Un legame fatto di rapporti solidi con istituzioni sia pubbliche che private: università, musei, realtà come la Biennale o la Fondazione Cini… Rapporti che oggi ne definiscono l’ossatura e l’identità».

Aste immobiliari

l’occasione giusta per il tuo investimento.

 

Perché Venezia è tanto importante per Marsilio?

«Questo è un luogo straordinario, ha una storia impareggiabile nell’arte. E ha sempre più una proiezione internazionale, come pochi altri luoghi al mondo. Vive tra questa storia e questa proiezione verso il mondo. Oggi è la città più cosmopolita. Perché è sentita propria da americani, cinesi, arabi e europei. Culture diverse ma che hanno un loro legame con la città, che va al di là dell’arte. Una risorsa straordinaria. E c’è un’altra caratteristica di Venezia che è quasi un ossimoro: la città meno contemporanea è diventata la città del contemporaneo per arte, cinema, teatro, fotografia… E questa dimensione accentua la sua proiezione verso l’internazionalità».

Ma lei, da veneziano, sa bene quanto la città abbia perso in abitanti e imprese. Questa perdita della dimensione produttiva non è un problema?

«Questo è vero per quello che era lo sviluppo industriale di Venezia: Marghera, lo stesso Porto che non è più al primo posto nell’Adriatico. C’è stato sicuramente un arretramento. E questo deve far pensare. Per questo ora va sfruttato proprio il suo legame con il contemporaneo. Credo che la strada per avere un futuro sia costruire delle realtà economiche che vadano oltre la dimensione turistica che sta soffocando la città. Le fondazioni culturali vanno benissimo, ma non bastano. Vanno trovati modelli economici per attirare giovani, creatività, quattrini… Investimenti possibili, soprattutto nel mondo di oggi, in cui le imprese funzionano in rete e sono dove c’è il cervello».

Ma come si fa a portare qui i cervelli delle imprese?

«Ci vorrebbero delle politiche per attirare investimenti. Non è semplice. Ma non è impossibile per un luogo come Venezia. Le leve possono andare dagli sgravi fiscali alla costruzione di distretti produttivi. Ho delle idee possibili per gli aspetti culturali, ma non ci sono solo quelli. C’è tutto il tema dell’ambiente, ad esempio. E ci sono molte altre cose su cui Venezia può essere attrattiva. L’importante è non schiacciarsi su quella che io chiamo la sindrome da palcoscenico. Per cui si viene a Venezia per mettere in mostra qualcosa o per realizzare eventi. Va bene, ma non basta. Bisogna andare oltre. E per questo servono intelligenze, talenti da attrarre».

Se n’era parlato molto durante la pausa imposta dal Covid, che aveva attratto gli smart worker. Poi la ripresa ha riportato il turismo al centro. Non è una battaglia persa?

«Il turismo tende a soffocare il resto e la maggior parte delle occasioni di lavoro che offre non permettono di vivere a Venezia. Serve altro. Ma Venezia, che io intendo anche oltre l’isola, non sfrutta la sua capacità attrattiva come potrebbe. Oggi ci sono tutte le caratteristiche per uno sviluppo in chiave moderna della città. Potrebbe essere l’inizio di una nuova stagione. Serve un disegno, un progetto. Poi ci sarà la messa a terra. Ovviamente portare qui l’industria pesante non è la risposta, ma ci sono tante industrie leggere possibili.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Da un punto di vista concreto, un editore come Marsilio fatica di più in un territorio come questo. Non sarebbe tutto più facile da Milano?

«Ripeto, siamo molto legati alla nostra identità veneziana. Certo, fare impresa qui è più difficile. L’offerta di lavoro è più complicata, banalmente perché per portare le persone dobbiamo trovargli casa. Ma il vantaggio è avere un ruolo rilevante in una capitale della contemporaneità. Vale per l’arte e non solo. Questo è un elemento di forza anche quando usciamo dai nostri confini, sia in Italia che nel mondo. Oggi per Marsilio Arte stiamo ragionando molto su come aprirci all’internazionalizzazione. Già oggi abbiamo un certo incoming, il prossimo passo sarà andare noi fuori. Questo possiamo farlo forti della nostra identità».

Marsilio è un esempio anche di passaggio generazionale riuscito…

«C’è una continuità familiare che riguarda mio padre e Emanuela Bassetti e da quindici anni anche me. Lo sviluppo di Marsilio è poi stato legato a dei grandi gruppi: prima Rcs, ora Feltrinelli. Un esempio di conduzione familiare che è stata capace di sfruttare l’opportunità di far parte di gruppi più grandi».

Oggi la dimensione dell’editore familiare è impossibile?

«Quello che faceva mio padre o altri editori di quegli anni è un modello novecentesco non più perseguibile. Il tema oggi è quale sia l’evoluzione: o il grande gruppo con tanti marchi o un modello che non perde il suo progetto identitario. La scelta di Feltrinelli, che ha comunque una dimensione familiare, è stata fatta anche per questo. E nel caso di Marsilio è centrale il radicamento nel territorio, il legame con le persone, il rapporto stesso tra la mia famiglia e la città».

Come stanno le imprese culturali?

Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.

 

«In Italia le imprese culturali sono un caso abbastanza anomalo. Qui si sono sviluppate accanto allo Stato, che ha delegato loro alcune funzioni. Oggi questo è uno dei limiti perché lo Stato sta portando all’interno alcuni servizi. Il ruolo del privato sta cambiando e vanno trovate altre strade, rapporti con gli operatori privati, internazionalizzazione».

In Veneto come vede la situazione?

«Il Veneto è pieno di gioielli, come dice il presidente Zaia è la regione che ha più siti Unesco. Una regione che ha anche più attenzione di altre, lavorando in tutta Italia possiamo dirlo. Penso al turismo, al vino… Il tema è portare avanti progetti che abbiano un vero impatto sul territorio. Tornando al caso Venezia: ha un’offerta culturale talmente ricca e varia, che costruire cose che si affermino diventa complicato. Questo è vero anche a livello regionale. Bisogna costruire eccellenze che abbiano un’attrazione a livello internazionale al di là del mero turismo. Non può essere l’unico faro per attrarre investimenti. Faccio un esempio: Google ha una sua divisione che sviluppa progetti culturali, per la sua sede ha scelto Parigi. Il fatto che l’Italia non sia riuscita ad attrarre una cosa così, fa pensare. La Francia, come dimostra la sua presenza nei Paesi del Golfo, è stata efficace in queste politiche, l’Italia molto meno. Non è una giustificazione per lamentarsi. È un’arma da sviluppare».
 





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Contributi e agevolazioni

per le imprese