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Donazioni: aziende, dove siete? – Vita.it


Tra la miriade di dati – tutti interessantissimi – raccolti nel l’ottavo rapporto “Noi doniamo” presentato dall’Istituto Italiano della Donazione ce ne sono tre che colpiscono.

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Il primo è che il 63% delle organizzazioni non profit oggetto dell’indagine di Iid nel 2024 non si è rivolto alle aziende per la raccolta fondi e non ha entrate da quel fronte: erano il 59% nel 2023. Vero è che rispetto all’anno precedente le entrate provenienti da aziende sono in lieve miglioramento – il 31% delle organizzazioni ne registra un aumento (27% nel 2023) mentre diminuisce la percentuale di enti che registrano una diminuzione (10% vs 20% nel 2023) – ma quel 63% è davvero sorprendente. Per inciso, l’affaire Ferragni e il “ddl Beneficienza” per il 97% delle organizzazioni non ha avuto alcun impatto sui progetti in essere (erano il 78% un anno fa). Il secondo dice quanto ancora poco utilizzato lo strumento del volontariato di impresa, di cui invece si sente tanto parlare come di un felice ritorno: l’88% del campione (era il 90% nel 2023) dichiara di non aver attivato progetti di questo tipo nel 2024 o negli anni precedenti. Il campione è piccolo, si osserverà. Ma se andiamo al Censimento del non profit dell’Istat ecco che troviamo il terzo dato: le imprese private sono dei donatori per appena il 27,6% delle istituzioni non profit. I principali donatori sono costituiti da persone fisiche (indicati dal 66,8% delle Inp), seguiti dalle imprese pubbliche (42,8%). Le imprese private arrivano al terzo posto, prima di altre istituzioni non profit e fondazioni.

Quello con “Noi doniamo” è un appuntamento annuale, che arriva a ridosso del Giorno del Dono che si celebra il 4 ottobre e che quest’anno vede come “Capitale italiana del dono” il Comune di Pietrelcina, nel Sannio. «A dieci anni dall’approvazione della legge 110/2015 che ha istituito il Giorno del Dono, siamo tutt’ora l’unico paese al mondo ad avere questa giornata, cosa che dice l’importanza che ha il dono nella cultura del nostro Paese», ha sottolineato Ivan Nissoli, presidente dell’Istituto Italiano della Donazione.

La presentazione di “Noi Doniamo” a Mlano, nella sede di BPER

Il report, realizzato con il sostegno di BPER, «non vuole soltanto presentare dei dati, ma leggere dentro la propensione del nostro Paese verso la cultura del dono, capire come si muove. I dati ci parlano di una lenta crescita della propensione al dono: sono circa 6 milioni le persone che in Italia hanno donato denaro, tempo, competenze, sangue, organi, tessuti. Sono circa il 10% della popolazione. È tanto? È poco? Di certo vuol dire che c’è da lavorare perché quel 90% che non dona lo faccia», ha spronato Nissoli.

Donatori: 330mila in più

Rispetto alle donazioni in denaro, Cinzia Di Stasio, segretario generale Iid, ha tracciato un quadro fatto di timidi ma costanti segnali di ripresa. Secondo l’Istat, nel 2024 gli italiani che hanno donato denaro ad un’associazione almeno una volta sono stati l’11,6%, in crescita di 0,6 punti percentuali sul 2023: «Sembra poco, ma questo dato in valore assoluto attesta che in Italia ci sono 6.021.000 di donatori e quell’aumento di 0,6 punti corrisponde a 330mila persone in più che nel 2024 hanno donato».

Solo il 18% di chi dona lo fa con regolarità

Sempre puntuale il focus di Doxa sui donatori (in calo dal 59% al 55% quelli che donano ad associazioni e in calo dal 55% al 50% quelli che fanno donazioni informali), sulle cause sostenute (salvataggio/protezione/diritti degli animali  è ormai salito al quarto posto) e sul valore medio annuo delle donazioni (in crescita, 68 euro per chi dona ad associazioni e di 29 euro per chi fa solo donazioni informali), con dati riferiti all’autunno 2024 che i lettori di VITA hanno già trovato nell’Italy Giving Report di inizio 2025. «Per la prima volta nell’edizione 2024 del monitoraggio Italiani Solidali, abbiamo indagato la periodicità delle donazioni a Onp da parte degli italiani: l’82% dichiara di fare soltanto donazioni saltuarie, il 6% di fare soltanto donazioni regolari e il 12% donazioni sia saltuarie che regolari. C’è quindi solo un “magro” 18% di donatori italiani che contribuiscono con regolarità alle attività delle organizzazioni non profit», ha sottolineato Valeria Reda, senior research manager di Bva Doxa, responsabile della rilevazione. Un secondo quesito nuovo riguarda il rapporto tra donazioni a Onp e aiuti di emergenza, «con il 68% dei donatori italiani che ritiene che passare attraverso una organizzazione non profit per aiuti di emergenza permetta maggiore fiducia e controllo rispetto all’utilizzo dei fondi e il 32% che invece ritiene che passare attraverso una organizzazione non profit per questo tipo di donazioni implichi maggiore dispersione dei fondi e una maggiore distanza dai beneficiari».

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Volontari: 311mila in più

Nel 2024 i volontari – donatori di tempo e di competenze (si legga nel report il bel focus di Assif sul peopleraising) – sono tornati ad aumentare: sempre secondo l’indagine sugli aspetti della vita quotidiana di Istat fa volontariato l’8,4% degli italiani contro il 7,8% del 2023, pari nel complesso a 4,346 milioni di italiani. L’aumento di quei 0,6 punti percentuali vale 311mila persone in più.

Il 63% delle organizzazioni non fa raccolta fondi dalle aziende

Se guardiamo il fenomeno attraverso le raccolte fondi realizzate dalle organizzazioni non profit – ogni anno IID monitora le entrate, i successi e le criticità nella raccolta fondi di un gruppo di realtà – i risultati del 2024 confermano una situazione di stabilità rispetto all’anno precedente: il 41% del campione ha registrato un incremento di entrate totali (38% nel 2023); il 19% denuncia un decremento (24% nel 2023) e il 40% conferma una sostanziale stabilità (38% nel 2023). La fonte di maggiori entrate nella raccolta fondi da individui si conferma l’erogazione liberale da persone fisiche (63%), seguita dal 5 per mille (36% vs il 39% del 2023). Le entrate provenienti da aziende migliorano leggermente nel 2024 (il 31% registra un aumento), ma sul punto il dato più significativo è che il 63% degli enti dichiara che non si è rivolta alle aziende per la raccolta fondi e non ha entrate da quel fronte (erano il 59% nel 2023). In più anche tra chi lavora con le aziende, nel 2024 il 20% ha visto scendere l’importo proveniente da questa linea di entrate. Anche il volontariato d’impresa è ancora uno sconosciuto ai più: l’88% delle organizzazioni non ne ha avuto esperienza nel 2024. Fra gli strumenti di raccolta fondi, i bandi sono giudicati lo strumento più efficace (21% dei rispondenti), seguiti da eventi (20%) e banchetti (19%): strumenti che al cuore hanno la relazione.

Il 44% delle organizzazioni non pubblica il bilancio sul proprio sito

«Segnaliamo che pur avendo nel campione un numero altissimo di organizzazioni non profit iscritte al Runts (il 92%), il 44% non pubblica il bilancio sul proprio sito ma si limita a farlo, come obbligo, nel Runts stesso», annota Di Stasio. «Il donatore tuttavia non ha famigliarità alla consultazione dl Runts, la pubblicazione del bilancio sul proprio sito lo rende molto più fruibile. E la cosa che più colpisce è il fatto che la maggior parte di queste realtà sono di grandi dimensioni», sottolinea Di Stasio. L’Iid ha reso obbligatorio sin dall’inizio della sua attività la pubblicazione del bilancio e delle diverse rendicontazioni sui siti per le associazioni che aderiscono a www.iodonosicuro.it, quale elemento di garanzia per il donatore.

Pur avendo nel campione un numero altissimo di organizzazioni non profit iscritte al Runts (il 92%), osserviamo che il 44% non pubblica il bilancio sul proprio sito ma si limita a farlo, come obbligo, nel Runts stesso. E la cosa che più colpisce è il fatto che la maggior parte di queste realtà sono di grandi dimensioni

Cinzia Di Stasio, segretario generale IID

Censimento Istat, le dimensioni della raccolta fondi

Sabrina Stoppiello, responsabile del Censimento delle Istituzioni non profit, ha approfondito i dati relativi alla raccolta fondi emersi dal Censimento fatto nel 2022, appena pubblicati (leggi qui). I dati macro:  360.061 istituzioni non profit mappate da Istat, impiegano complessivamente 893.741 dipendenti, hanno 4.616.915 volontari e un valore economico che sfiora i 93 miliardi di euro.

La struttura organizzativa delle Inp varia in relazione alle attività che svolgono, con l’86,2% dei dipendenti si concentra in soli quattro settori: assistenza sociale e protezione civile (49%), istruzione e ricerca (14,8%), sviluppo economico e coesione sociale (11,4%) e sanità (10,8%). I volontari sono invece presenti per più della metà del totale in soli tre settori: cultura, sport e ricreazione (53,8%), assistenza sociale e protezione civile (per il 15,6%) e sanità (10,1%).

Fare raccolta fondi è più legato alla presenza di volontari che alla quella di dipendenti

Sabrina Stoppiello, responsabile del Censimento delle Istituzioni non profit di Istat

Le realtà che nel 2021 hanno svolto attività di raccolta fondi sono 61.840, pari al 17% del settore, una su sei, con un calo abbastanza consistente (-14%) rilevato rispetto al 2015, quando le Inp che avevano realizzato attività di raccolta fondi erano 72mila. Queste specifiche organizzazioni, pari appunto al 17% del totale, impiegano da sole 203mila dipendenti e 1 milione e mezzo di volontari (pari rispettivamente al 23% e al 34% del totale). Andando a vedere i territori, sono relativamente più presenti in Lombardia (22,3%, rispetto alla quota regionale del settore pari al 16,1%), in Veneto e in Piemonte (rispettivamente con il 10,0% e il 9,6%), in Emilia Romagna (9,5%) e in Toscana (l’8,4%).

Considerando i settori di attività, le realtà più impegnate nella raccolta fondi sono quelle attive nell’ambito della cooperazione e solidarietà internazionale (qui il 64% delle istituzioni fa attività di raccolta fondi, anche se erano il 77% nel 2015). Seguono le istituzioni non profit attive nei settori dell’ambiente (31%), della filantropia e promozione del volontariato (30%), della religione (30%), della sanità (29%) e dell’assistenza sociale e protezione civile (24%), con quote sempre superiori al valore nazionale.

La raccolta fondi? Cosa da volontari

«A fare raccolta fondi sono soprattutto le realtà medie e grandi, sia per dipendenti che per volontari. Con una particolarità», ha sottolineato Stoppiello. «Fare raccolta fondi è più legato alla presenza di volontari che non alla presenza di dipendenti. Se confrontiamo i grafici relativi alla struttura organizzativa del campione totale e della parte che fa raccolta fondi, vediamo che rispetto ai dipendenti sono molto simili, mentre cambiano moltissimo rispetto ai volontari. Le Inp che fanno raccolta fondi sono molte di più tra quelle che hanno i volontari».

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Due volte su tre i donatori sono persone fisiche

Un altro segmento del campione riguarda chi ha ricevuto contributi a fondo perduto, donazioni o lasciti e lo ha dichiarato nel bilancio. In parte il campione si sovrappone con quello di chi fa raccolta fondi e in parte no, perché esistono organizzazioni che non fanno fundraising ma comunque ricevono donazioni. Sono stimate in 68.214, pari al 19% del totale: anche loro in notevole calo – ben 15 punti percentuali – nel 2021 rispetto al 2015. A queste organizzazioni sono state poste, nel 2021, quesiti nuovi, andando a chiedere chi ha donato: i principali donatori sono persone fisiche (66,8%), seguono le imprese pubbliche (42,8%) e quelle private (27,6%); altre istituzioni non profit (22,4%) e fondazioni, comprese quelle bancarie (17,8%).

Sui 93 miliardi di euro delle entrate complessive del settore non profit, le realtà che fanno raccolta fondi (che sono il 17% del totale) hanno da sole entrate pari a 20,260 miliardi, il 21,8% del totale. Le entrate derivanti da contributi, offerte, donazioni e lasciti testamentari sono pari a 4,114 miliardi di euro (corrispondenti al 4,4% del totale) mentre le risorse derivanti da raccolta fondi ottenute attraverso la vendita di beni e/o servizi (per la prima volta specificate in una voce a parte) sono stimati pari 1,140 miliardi di euro e rappresentano l’1,2% del totale delle entrate del settore.

I giovani e il dono

Di grande interesse l’approfondimento di Paolo Anselmi (Walden Lab) e Barbara Martinelli (Eumetra) su “Giovani e il dono” attraverso una indagine ad hoc realizzata a luglio 2025 per Fondazione Sodalitas. I giovani svolgono attività di volontariato – in modo continuativo o occasionale – in percentuale significativamente superiore alla media (49% vs 42%). E sempre in misura superiore alla media si dichiarano “molto propensi” a svolgere volontariato a favore di una Onp (32% vs 26%), a partecipare ad eventi a favore di una Onp (31% vs 25%) ed anche a impegnarsi per promuovere la donazione a favore di una Onp (25% vs 20%). «Sarebbe sbagliato ragionare sul rapporto tra giovani e dono limitandoci all’atto economico, in verità il comportamento dei giovani e le risposte che danno dicono che sono molto più interessati a un coinvolgimento attivo, ad una presenza, che anche qui non possiamo più circoscrivere solo con la dimensione del volontariato. C’è una disponibilità a impegnarsi, una sensibilità per il sociale in senso più ampio: sarebbe sbagliatissimo pensare che siano disinteressati», ha detto Anselmi.

Protezione degli animali, tutela dei diritti umani, protezione dell’ambiente e tutela del patrimonio artistico sono gli ambiti a cui i giovani sono più sensibili rispetto alla media della popolazione. Da leggere il focus sul donor journey dei giovani donatori, con spunti anche sull’uso dell’AI.

In apertura, da archivio VITA, un’immagine relativa al volontariato aziendale di Sanofi con il programma Give Back (foto da ufficio stampa Sanofi)

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