Le nuove dinamiche del commercio internazionale al centro del Forum organizzato da ARcom Formazione
Il 10 ottobre 2025 si terrà a Milano la terza edizione del Forum del Commercio Internazionale.
Un evento di primissimo piano, di cui Lefebvre Giuffrè è partner, che riunisce imprese, istituzioni, opinion maker e media, un’occasione di confronto con i principali esperti a livello globale per discutere di attualità del commercio internazionale, scenari geopolitici, andamento dell’export, post-globalizzazione e opportunità di riavviare investimenti strategici nel nostro Paese.
Il Forum è organizzato da ARcom Formazione, centro di studio e alta formazione, un punto di riferimento nel settore del commercio internazionale, di cui l’Avv. Sara Armella è direttore scientifico.
L’evento, giunto ormai alla sua terza edizione, è patrocinato dalla Commissione Europea, da Simest e dalla Regione Lombardia, oltre che da Aice (Associazione Italiana Commercio Estero).
Anche quest’anno sono confermati, oltre a esperti di rilievo internazionale, importanti presenze istituzionali come il Sen. Ignazio La Russa, Presidente del Senato della Repubblica e l’On.le Raffaele Fitto, Vicepresidente esecutivo della Commissione europea. Saranno presenti anche il Ministro dell’Università e della ricerca, On.le Anna Maria Bernini e il Sottosegretario agli affari esteri On.le Giorgio Silli, oltre all’ex Presidente del Consiglio dei Ministeri Prof. Enrico Letta.
Uno spazio di approfondimento e divulgazione in un settore fondamentale per l’economia italiana. Durante il Forum è previsto anche il Premio “Alfiere del Commercio internazionale” (Young International Trade Specialist) per il miglior approfondimento sulle tematiche attinenti al diritto doganale e al commercio internazionale, dedicato alle giovani generazioni al fine di coinvolgerle in queste tematiche, creando un’opportunità di collegamento tra giovani talenti e aziende leader del settore.
La giornata si articolerà in diverse tavole rotonde con i principali esperti a livello internazionale, moderate dalla giornalista Sky Mariangela Pira.
Ritorno al protezionismo e frammentazione del commercio internazionale
Il diritto doganale, in tutti i suoi aspetti, è tornato a essere protagonista delle strategie dei Governi, delle imprese e dei consulenti, a causa della profonda e rapida trasformazione del commercio internazionale.
Il contesto attuale è dominato dalla crescente segmentazione dell’economia internazionale, con nuovi dazi, sanzioni e altre barriere all’entrata: le misure restrittive del commercio internazionale sono aumentate di 3,5 volte rispetto al periodo pre-pandemico (World Economic Outlook, ottobre 2023).
Le misure protezionistiche, nel 2024, sono state 4.370, tra dazi, sanzioni e quote, mentre le misure restrittive introdotte dall’inizio del 2025 a oggi sono 2.443 (Global Trade Alert). Un dato significativo, che evidenzia una nuova tendenza, definita come post-globalizzazione o “frammentazione”.
Oltre alle misure restrittive, sono aumentate anche le barriere alla frontiera, a tutela dei mercati interni. Secondo i dati elaborati dal WTO (WTO Trade Monitoring, latest trends, del 3 luglio 2025), nel solo periodo da ottobre 2024 a maggio 2025 sono state adottate ben 296 misure di difesa commerciale, pari al 46% di tutte le misure commerciali registrate.
L’antidumping continua a essere lo strumento più utilizzato e rappresenta il 79,4% delle misure avviate e l’82,2% di quelle concluse. Le inchieste attivate dai Paesi WTO nel periodo in esame interessano scambi commerciali per 64 miliardi di dollari.
Se è vero che i dati del commercio internazionale, in percentuale del PIL mondiale, non registrano risultati negativi in termini assoluti, si è tuttavia ridotto il volume degli scambi tra blocchi in competizione tra loro, che è stato compensato da un incremento dei traffici all’interno di blocchi di Paesi “allineati”. Tali conclusioni sono state confermate dal Fondo monetario internazionale (FMI), nel World Economic Outlook di ottobre 2024.
La guerra dei dazi con gli USA
Di grande impatto è la guerra dei dazi intrapresa nuovamente dal Presidente USA Donald Trump, che ha citato i dazi doganali come strumento fondamentale della sua strategia politica, già a partire dal discorso di insediamento alla Casa Bianca per il secondo mandato. I dazi sono presentati dal Presidente USA come mezzo per bilanciare il deficit commerciale con gli altri Paesi, per stimolare il back shoring, ossia il rientro della produzione e degli investimenti negli Usa, per finanziare il deficit di bilancio e i tagli alla tassazione diretta.
Il nuovo ordine del commercio internazionale imposto dagli Stati uniti tende a sostituire le regole WTO e la stabilità, con una politica in cui i dazi doganali sono regolati con ordini esecutivi adottati direttamente dal Presidente in base alle sue preferenze e scelte, non soltanto di natura strettamente economica, ma anche di natura politica o addirittura personale.
L’indebolimento del sistema WTO è reso evidente dalla sottoscrizione dei numerosi accordi tra Stati Uniti e molti Paesi (tra questi anche l’accordo con l’Unione europea raggiunto il 21 agosto), che pongono problemi di compatibilità con la regola della Most favoured nation (MFN) e della parità di trattamento. Si tratta di uno dei principi fondamentali del WTO: la clausola della nazione più favorita implica che i vantaggi concessi a un Paese, relativi alle tariffe o ai dazi di effetto equivalente, devono essere accordati ai beni similari di ogni altro membro del WTO. Inoltre, la clausola della nazione più favorita vieta il trattamento discriminatorio, realizzato mediante una politica doganale dannosa o di vantaggio nei confronti di taluni Paesi.
Le cause del depotenziamento del sistema WTO sono varie e complesse, legate principalmente a valutazioni della politica USA, che dopo aver fortemente sostenuto il sistema multilaterale ne ha rilevato i limiti, dipendenti dall’ascesa dell’economia cinese, che più di ogni altra ha beneficiato della globalizzazione. Di qui il progressivo depotenziamento dell’assetto multilaterale, attuato anche con il boicottaggio del sistema di risoluzione delle controversie. Con l’Appellate Body bloccato dal 2019 a causa del mancato rinnovo delle nomine dei membri che lo compongono, attualmente è in stallo anche il “Multi-party Interim Appeal arbitration arrangment” sottoscritto il 30 aprile 2020 da diciannove membri del WTO, tra cui l’Unione europea e la Cina.
L’ondata dei dazi di Trump e l’intervento delle contromisure adottate da alcuni Paesi, tra cui la Cina, hanno determinato pesanti riflessi sul commercio internazionale.
Alla luce dell’incertezza e dell’instabilità causate dalla guerra commerciale, nel World Economic Outlook di luglio 2025, il Fondo monetario internazionale ha rivisto le proiezioni di crescita, prevedendo un + 3,0% per quest’anno e + 3,1% nel 2026.
I dazi approvati dagli USA ad agosto colpiscono oltre 90 Paesi e variano dal 10% per il Regno Unito al 41% per la Siria, mentre l’India si trova ad affrontare un’aliquota tariffaria del 50%.
Tali misure hanno fatto sì che il dazio medio effettivo degli Stati Uniti verso il resto del mondo crescesse al livello più alto nell’ultimo secolo.
Il Budget Lab dell’Università di Yale stima che, al 4 settembre 2025, il livello delle tariffe degli Stati Uniti sia pari al 17,4%, la più alta dal 1935. Un vero e proprio muro tariffario che riporta gli USA agli anni ’30, caratterizzati dalla legislazione protezionistica, tra le cause della grande depressione.
Secondo le stime elaborate da Yale, si tratta di un incremento del 15,8% rispetto all’aliquota daziaria media del 2,4% del 2024, prima del ritorno di Donald Trump al potere. Questo incremento significativo ha determinato una crescita vertiginosa delle entrate del governo degli Stati Uniti. I dati mostrano che a giugno 2025 le entrate daziarie sono state pari a 28 miliardi di dollari, il triplo delle entrate mensili registrate nel 2024.
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