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il nuovo obbligo di report ESG delle aziende


La nuova Direttiva Europea 2022/2464, nota come Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), rappresenta un tassello fondamentale del Green Deal europeo.

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Questa normativa mira a promuovere l’integrazione della sostenibilità nei modelli di business aziendali, ampliando significativamente il numero di imprese coinvolte nell’obbligo di rendicontazione delle proprie performance non finanziarie.

In cosa consiste la direttiva CSRD

La Direttiva CSRD riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità e modifica la Direttiva 2013/34 UE, concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per imprese di grandi dimensioni.

CSRD Corporate Sustainability Reporting Directive

Secondo le stime dell’Unione Europea, la platea di società che dovranno redigere una rendicontazione di sostenibilità crescerà notevolmente, passando dalle attuali 11.700 alle circa 49.000, di cui 4.000 solo in Italia, rispetto all’ambito più ristretto previsto dalla precedente Non-Financial Reporting Directive (NFRD).

In questo nuovo contesto normativo, le organizzazioni saranno chiamate a impegnarsi concretamente nell’incorporare gli obiettivi legati ai fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) all’interno delle proprie strategie aziendali.

Ciò implica una visione olistica che colloca l’attività d’impresa in un ampio ecosistema economico, sociale e ambientale, riconoscendo l’influenza bidirezionale tra l’organizzazione e il contesto in cui opera.

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I pilastri della CSRD e la Doppia materialità

La CSRD introduce il principio innovativo della “doppia materialità” o “doppia rilevanza”, che richiede alle imprese di fornire informazioni bidirezionali.

Da un lato, dovranno rendicontare l’impatto delle proprie attività su persone e ambiente (approccio inside-out), mentre dall’altro dovranno illustrare come le questioni di sostenibilità influenzano i loro risultati economici e la loro situazione complessiva (approccio outside-in).

Questo concetto riflette la stretta interconnessione tra performance aziendali e fattori ambientali, sociali e di governance (ESG).

Chi ha l’obbligo di redigere la rendicontazione non finanziaria

L’ambito di coinvolgimento della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) si estende ben oltre le grandi imprese, coinvolgendo anche le piccole e medie imprese quotate in borsa.

A partire dal 2026, infatti, anche le PMI quotate saranno tenute a redigere una rendicontazione non finanziaria, adempiendo agli obblighi previsti dalla nuova normativa europea.

1. Grandi imprese

Aziende non quotate che alla data della chiusura del bilancio, anche su base consolidata, abbiano superato almeno due dei seguenti criteri dimensionali:

  • Numero medio dei dipendenti pari a 250
  • Stato patrimoniale pari o superiore a 25 milioni di euro
  • Ricavi netti pari o superiore a 50 milioni di euro

2. Piccole e medie imprese

PMI quotate, fatta eccezione delle microimprese. Sono, inoltre, compresi gli istituti di credito di piccole dimensioni non complessi e le imprese di assicurazioni dipendenti da un Gruppo.

3. Imprese e figlie di succursali con capogruppo extra-UE

Aziende per le quali la capogruppo abbia generato in UE ricavi netti superiori a 150 milioni di euro per ciascuno degli ultimi due esercizi consecutivi e almeno: 

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  • un’impresa figlia soddisfi i requisiti dimensionali della CSRD
  • una succursale abbia generato ricavi netti superiori a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente

Quando entrano in vigore i nuovi obblighi

Questo il calendario di entrata in vigore della CSRD in base ai vari soggetti interessati:

  • dal 1° gennaio 2024: grandi imprese di interesse pubblico, con più di 500 dipendenti;
  • dal 1° gennaio 2025: tutte le altre grandi imprese (sono tali quelle che, alla data di chiusura dell’esercizio, superino almeno due tra i seguenti criteri: 20 milioni di euro di totale dell’attivo, 40 milioni di euro di ricavi netti, 250 dipendenti medi annui);
  • dal 1° gennaio 2026: PMI quotate (escluse le microimprese);
  • dal 1° gennaio 2028: società non UE che realizzano un fatturato annuo superiore a 150 milioni di euro nella UE e che hanno un’impresa figlia o una succursale nella UE, che si qualifica come grande impresa o PMI quotata e/o presenta un fatturato netto superiore a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente.

Quali informazioni deve contenere il nuovo Rendiconto

La Direttiva CSRD introduce modifiche sostanziali alle informazioni che le imprese devono rendicontare. Il termine “informazioni di carattere non finanziario” è stato sostituito con “informazioni sulla sostenibilità“, per enfatizzare il legame tra le politiche ESG adottate e i risultati economico-finanziari.

Inoltre, il rendiconto di sostenibilità diverrà parte integrante della relazione sulla gestione, garantendo una maggiore integrazione tra dati finanziari e non finanziari.

Questo rendiconto dovrà descrivere il modello e la strategia aziendale, fornendo informazioni dettagliate su:

  • Gestione dei rischi e delle opportunità legate alla sostenibilità
  • Piani aziendali, azioni e investimenti per la transizione verso un’economia sostenibile
  • Modalità di integrazione degli interessi degli stakeholder rilevanti
  • Attuazione della strategia di sostenibilità
  • Obiettivi ESG fissati e progressi nel loro raggiungimento
  • Ruolo degli organi di governance sulle tematiche ESG e sistemi di incentivazione
  • Politiche di sostenibilità adottate
  • Procedure di due diligence sulla sostenibilità
  • Principali impatti negativi lungo la catena del valore e azioni per prevenirli e mitigarli
  • Principali rischi connessi alla sostenibilità e modalità di gestione
  • Indicatori chiave di performance (KPI) per monitorare le informazioni fornite

Come le tematiche CSRD influiscono la competitività aziendale

Nell’economia attuale, il valore delle aziende risiede sempre più in asset intangibili come il capitale umano qualificato, la reputazione del brand, il know-how e le relazioni con i clienti.

Le organizzazioni che trascurano la gestione e la misurazione di tali aspetti come quelli ESG rischiano di limitare le loro prestazioni complessive e intaccare il valore aziendale, con possibili sviluppi negativi sulla reputazione del marchio, sulla capacità di attrarre e trattenere talenti chiave e sulla fidelizzazione dei clienti.

I modelli di business subiscono l’influenza di scelte strategiche sempre più orientate verso la sostenibilità, e a loro volta plasmano tali decisioni. Le aziende che non inseriscono prontamente nell’agenda aziendale iniziative volte a tracciare con concretezza questa nuova rotta rischiano di perdere rapidamente competitività rispetto ai competitor più virtuosi sotto il profilo ESG.

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