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Chips Act europeo: perché la politica industriale Ue non funziona


LIl Chips Act europeo, lanciato con l’ambizioso obiettivo di raddoppiare la quota di produzione continentale di semiconduttori, si sta rivelando un fallimento strategico che mette a nudo le contraddizioni della politica industriale dell’Unione Europea.

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Il suo principale obiettivo: riportare la quota di produzione dei chi europei dal 10 al 20% del valore globale, è già considerato irraggiungibile. Gli stanziamenti delineati, pari a 43 miliardi di euro, sono lungi dall’essere raccolti e utilizzati. Il fallimento ha diverse ragioni, vediamole.

Quando la politica industriale si scontra con la realtà

In primo luogo ogni politica industriale nasce sull’onda di un evento congiunturale, di una crisi drammatica: solo così si coalizzano le volontà di intervento. Ma i tempi della produzione normativa e della sua implementazione cozzano inevitabilmente con gli obiettivi congiunturali: lo sfasamento è inevitabile ed è il principale problema degli interventi pubblici nei settori innovativi, dove la rapidità del cambiamento non consente alla mano pubblica di intervenire in modo efficace e tempestivo.

Il caso STMicroelectronics: aiuti di stato travestiti da strategia

In secondo luogo, il tentativo di imitare la politica americana, spinse la Commissione ad enfatizzare l’ammontare delle risorse dispiegate per sostenere l’industria europea, attribuendo al Chips Act la capacità di mobilitare 43 miliardi di euro, cifra simile a quella messa in atto negli Stati Uniti. Ma i fondi europei sono in larga parte subordinati ai finanziamenti statali, i quali sono a loro volta sono subordinati alle capacità finanziarie dei governi e alle lobby industriali. Ad esempio, l’Italia ha un occhio di riguardo per un’azienda come STMicroelectonics che ha capitale italo-francese e produce chips e sensori per automotive (40% del fatturato), per comunicazioni e periferiche di calcolo (15%) per i processi industriali (in particolare energia 22%) ed elettronica personale (23%).

Questa azienda ha ricevuto due miliardi di finanziamenti, su un piano di investimenti di 5 miliardi, finalizzato a produrre wafer contenenti chips al carburo di silicio. Diceva Marghrethe Verstager, che un anno fa era ancora Commissario alla concorrenza: “La misura italiana …rafforzerà la catena di approvvigionamento europeo dei semiconduttori e garantirà l’accesso ad una fonte affidabile di chip efficienti dal punto di vista energetico utilizzati nei veicolo elettrici e nelle stazioni di ricarica”[1]

“Con questo nuovo impianto, saranno generati 2.000 nuovi posti di lavoro tra ingegneri e tecnici altamente specializzati, facendo dell’Etna Valley il luogo dell’innovazione nel Mediterraneo. Si tratta di uno dei più grandi investimenti in Europa nell’ambito del chips act. Un risultato straordinario per l’Italia, frutto del lavoro sinergico tra istituzioni locali, Governo centrale e Commissione europea” recitava la nota della Presidenza del Consiglio del 31 maggio 2024[2].

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Questi annunci portarono il valore del titolo STMicorelectronics ad un + 20% nella primavera del 2024 raggiungendo i 44,5 euro all’inizio di giugno di quell’anno. Ora (primo agosto 2025) il titolo è sceso a 25 euro, per i pessimi risultati industriali e commerciali riportati nel secondo trimestre 2025. Le vendite sono in drammatico calo negli ultimi 12 mesi (secondo trimestre 2025 sullo stesso trimestre dell’anno precedente): chips analogici, memorie e sensori e componenti per l’energia (-15%), energia (-22%), comunicazioni radio e ottiche (-17%)[3]. Le affermazioni della Verstager sulla catena di approvvigionamento si sono rivelate fuori luogo: l’approvvigionamento è saturo, la produzione di auto è in crisi per tutt’altri motivi che la scarsità di semiconduttori o sensori.

E’ necessario riconoscerlo: il finanziamento a STMicroelctronics è un aiuto di stato bell’e buono, non ha nulla a che fare con la “sicurezza” degli approvvigionamenti del settore automotive e della transizione green. Si tratta di aiuto di stato, come si evince dalla stessa dichiarazione della Presidenza del Consiglio citata, dove si parla di creazione di posti di lavoro, l’argomento principe degli interventi statali dall’epoca della Cassa del Mezzogiorno, passando per Alfa Romeo, i panettoni di stato, svariate Alitalia, svariate ILVA, per giungere ai chip.

L’approccio americano: velocità e contraddizioni

La maggiore semplicità amministrativa e la gestione diretta dei fondi da parte del governo federale, consente all’amministrazione americana di spendere più rapidamente i sussidi previsti dal Chips Act americano (CHIPS and Science Act approvato nel 2022) che prendono prevalentemente la forma del credito di imposta sugli investimenti[4]. Secondo l’associazione di settore, che è tra i lobbisti più accesi della legge americana, il Chips Act avrebbe mobilitato una grande espansione degli investimenti (fig 1).

Secondo alcuni osservatori, uno degli obiettivi dell’amministrazione Biden, nella approvazione della legge, era quello di mantenere negli Stati Uniti le capacità produttive di Intel nonchè il controllo sulla società e di spingere TSMC a investire negli Stati Uniti[5].

[6]

Intel, che è nettamente indietro sotto il profilo produttivo (fonderia dei wafer) rispetto a TSMC e Samsung, lo è ancor di più rispetto alle tecnologie (progettazione e sw) di NVIDIA e Qalcomm. Ma rimane la grande azienda produttrice dei processori di decenne di personal computer, fortemente radicata negli Stati Uniti.

Intel e TSMC: i giganti americani tra sussidi e sicurezza nazionale

Intel ha definito un accordo da circa 8 miliardi dollari, nell’ambito del Chips Act, per stabilimenti in Arizona, Ohio, New Mexico e Oregon (il totale dichiarato degli investimenti da Intel è di oltre 70 miliardi, e quelli annunciati raggiungono i 100 miliardi). Agli 8 miliardi di dollari del Chips Act si devono aggiungere i 3 miliardi ha per un progetto che riguarda il Dipartimento della Difesa (“Secure Enclave”). Altra grande beneficiaria dei sussidi sarà TSMC per i grande impianto in Arizona, per il quale l’investimento annunciato è di 165 miliardi di dollari. Ricordiamoci che negli Stati Uniti è possibile sussidiare le aziende private solo per motivi di sicurezza nazionale: qui non si pone il problema degli aiuti di stato come in Europa, dove sono vietati in quanto distorsivi della concorrenza. Quelli americani sono aiuti di Stato sic et simpliciter: le due leggi – pur in contesti istituzionali diversissimi – hanno importanti aspetti in comune.

Trump vs Biden: dazi contro incentivi nella sfida tecnologica

L’ entusiasmo dell’associazione di settore deve fare i conti con l’atteggiamento della nuova amministrazione assai critico nei confronti del Chips Act, convinta che lo strumento dei dazi sia assai più efficace e meno oneroso per il contribuente di quello delle sovvenzioni dirette. “La strategia di Biden consisteva nella carota degli incentivi, quella di Trump nel bastone dei dazi”[7]. Nel caso di specie si tratta di una delle applicazioni meno bizzarre della politica dei dazi, dal momento che le aziende di successo (tra cui non c’è Intel) hanno tutte le risorse finanziarie per investire, che mancano invece alle aziende in crisi. Rimane, tuttavia, il fatto che la caotica politica sui dazi di Trump, annunciati, introdotti e poi congelati in modo seriale per raggiungere qualsiasi obiettivo di politica economica, di bilancio statale e di sicurezza nazionale, oltre che di alleanze internazionali, finisce per deprimere gli scambi e per mettere a repentaglio le supply chain.

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Bocciatura della Corte dei Conti e nuove strategie

Di fronte alla sfida intorno all’egemonia delle tecnologie di punta, i Chips Act, sia in America, sia in Europa, non raggiungono gli obiettivi di contrastare efficacemente l’ascesa dei produttori cinesi, mentre si “attardano” a sovvenzionare le aziende in crisi.

Sia in Europa sia negli Stati Uniti le politiche di sovvenzionare i produttori di chip sono poste in discussione e la “duplicazione” di interventi sulle due sponde dell’Atlantico ha già portato alla fuga di Intel dall’Europa, dove aveva avanzato importanti proposte di investimento in Polonia e in Germania[8].

Le carenze del Chips Act europeo

Di fronte alle roboanti affermazioni di Trump di ricorso ai dazi anche sui chip e agli scarsi risultati del Chips Act europeo, la Commissione e gli Stati membri si devono porre la scelta di cambiare strada.

Già nel Rapporto Draghi sulla competitività si metteva in discussione la politica industriale europea per la sua lentezza e farraginosità e per la scarsità di risorse dedicate ai settori innovativi. La European Court of Auditors ha demolito l’efficacia del Chips Act con una Relazione profondamente critica, in cui si sottolinea che:

  • l’informazione sui finanziamenti è incompleta a causa del fatto che la Commissione è responsabile solo di una parte di essi;
  • il ruolo dei finanziamenti statali è enormemente importante, ma la Commissione non riesce a capire se essi sono in linea con gli obiettivi del Chips Act;
  • il Chips Act è nato nell’urgenza di rispondere alle criticità manifestatesi durante la pandemia, e per questo contiene molti errori;
  • le previsioni attuali sono che la quota europea sarà pari all’11% nel 2030 e non al 20% annunciato.[9]

A marzo del 2025, alla luce di queste evidenti manchevolezze, un gruppo di 9 stati membri (Semiconductor Coalition: Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia e Spagna) si propone di lavorare a stretto contatto con la Commissione per definire un programma cooperativo di rafforzamento della competitività e dell’autonomia strategica dell’Europa.[10]

Occorre centralizzare ed accrescere i finanziamenti nell’ambito del bilancio UE, per uscire dal lento e opaco processo di frammentazione dei finanziamenti a livello degli degli Stati membri, con benefici anche di rapidità di esecuzione del processo amministrativo, autorizzativo e di erogazione. Altro obiettivo proposto dalla Semiconductor Coalition è una estesa collaborazione pubblico-privato volta a fornire indicazioni più precise sull’evoluzione della tecnologia e del mercato, valorizzando il capitale di conoscenze e di investimenti disponibile nell’Europa ed abbandonando la logica dell’emergenza dettata dalle interruzioni delle supply chain che caratterizzavano il periodo della pandemia.

ASML: l’eccellenza europea sotto ricatto

Tra i settori della catena del valore dei semiconduttori, l’unico di eccellenza europea a livello mondiale è costituito dalla serigrafia per l’incisione dei chip. L’ azienda di riferimento ASML olandese detiene la maggior quota i mercato nelle macchine litografiche a raggi ultravioletti, necessarie a stampare i microchip. Si tratta di un fornitore cruciale, da cui dipendono tutti i grandi produttori di chip avanzati a livello mondiale, da Samsung a TSMC. D’altra parte, ASML ha bisogno delle ottiche Zeiss per poter sviluppare le sue macchine e anche questa è un’eccellenza europea. L’amministratore delegato di ASML, Christophe Fouquet, ha espresso preoccupazione per la possibilità che aziende europee cruciali, se non adeguatamente protette possano essere tentate di trasferirsi in paesi economicamente più favorevoli. L’affermazione suona vagamente ricattatoria, perché prefigura una fuga che potrebbe avere conseguenze drammatiche per l’autonomia tecnologica e la prosperità economica dell’Europa.

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Verso il Chips Act 2.0: la proposta da 20 miliardi

Il Parlamento europeo, già da tempo, spinge per il Chips Act 2.0: 54 eurodeputati dei tre principali raggruppamenti politici hanno inviato una lettera esortando la Commissione europea a dare il via libera a un nuovo programma di sostegno ai semiconduttori, in particolare per i chip di intelligenza artificiale e altre tecnologie avanzate, ma sottolineando anche l’importanza dei macchinari e delle tecnologie intermedie, necessarie alla produzione dei chip.
La lettera critica il Chips Act del 2023 per la sua lentezza e per non essere riuscito ad attrarre i principali produttori di chip. I legislatori hanno sottolineato che l’Europa deve diventare un polo competitivo di ricerca e sviluppo, produzione e investimenti.
L’associazione di settore SEMI Europe chiede all’UE di quadruplicare la spesa per i semiconduttori e di istituire un bilancio vincolato di 20 miliardi di euro nell’ambito del prossimo quadro 2028-2034[11]. Questo investimento potrebbe sbloccare oltre 260 miliardi di euro di capitale pubblico-privato, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza da fornitori extra-UE per l’intelligenza artificiale, i chip quantistici e quelli avanzati.

Henna Virkkunen, Vicepresidente esecutivo della Commissione, a cui la lettera dei deputati è indirizzata, ha assicurato che la Commissione pianifica un nuovo programma di sostegno ai semiconduttori, sottolineando la volontà di ridurre gli impedimenti e rallentamenti burocratici. “Vogliamo assicurarci che le nostre regole incoraggino innovazioni e investimenti, ed è per questo che siamo molto impegnati a semplificarle e a rendere più facile per le aziende innovare e investire nell’UE…Il Chips Act 2.0 della Commissione dedicherà attenzione alla produzione di chips in Europa per l’intelligenza artificiale”.[12]
Il nuovo Chips Act dovrà concentrarsi sull’assegnazione di fondi per lo sviluppo di chip, materiali e apparecchiature, tenendo conto delle esigenze di importanti fornitori strumentali europei come ASML. Il disegno di legge sarà presentato nel 2025, nell’ambito di un piano più ampio per affrontare la concorrenza globale e proteggere le tecnologie cruciali per l’economia europea.[13]


Note


[1]) La Stampa, STM, nuovo impianto a Catania: 2 miliardi di euro da Italia nel quadro dell’EU Chips Act, 31/05/2024.

[2]) Investimento di STMicroelectronics a Catania, dichiarazione del Presidente Meloni,

Governo Italiano, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 31 maggio 2024.

[3]) STMicroelectronics, Q2 2025 Financial Statements, July 24, 2025.

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[4]) Federal Register, Advanced Manufacturing Investment Credit Rules Under Sections 48D and 50, National Archives, 10/23/2014.

[5]) Sujai Shivakumar, Charles Wessner, Thomas Howell, Too Good to Lose. America’s Stake in Intel,

Center for Strategic & International Studies (CSIS), November 2024.

[6]) Semiconductor Industry Association, Semiconductor Supply Chain Investments. America’s Chip Resurgence: Over $630 Billion in Semiconductor Supply Chain Investments, last updated July 28, 2025.

[7]) Aron Mack, The ‘Chip War’ under Trump, Politico, 06/10/2025.

[8]) Pieter Haeck, Intel cancels EU chips factory plans, Politico, 07/25/2025.

[9]) EUROPEAN COURT OF AUDITORS Report, Special report 12/2025: The EU’s strategy for microchips – Reasonable progress in its implementation but the Chips Act is very unlikely to be sufficient to reach the overly ambitious Digital Decade target, 28/04/2025.

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[10]) Chiara Malaponti, Chips on the menu: How the EU can get its act together on semiconductors,

European Council on Foreign Relations, 30 aprile 2025.

[11])SEMI, Semi Europe Reccomendations for the 2024-2029 Legislative Term, December 2, 2024.

[12]) Raid, EU must ‘cut red tape’ to enable AI innovation and investment – EVP Virkkunen, March 26, 2025.

[13]) Innovation Origins, Fouquet warns: ‘EU needs to protect its champions better’, March 26, 2025.



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