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Supercondensatori per catturare CO2 e recuperare energia


Supercondensatori: il progetto italiano per catturare CO2 e recuperare energia

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La cattura della CO2 è fondamentale per mitigare le emissioni sempre crescenti di anidride carbonica. Per farlo possono essere utilizzati i supercondensatori e un processo tecnologico che permette anche di recuperare energia rinnovabile in modo altamente sostenibile.

Andrea Lamberti, docente presso il Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia (DISAT)Andrea Lamberti, docente presso il Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia (DISAT)

Questo processo è al centro del progetto CO2CAP, condotto da un team di ricerca del Politecnico di Torino guidato da Andrea Lamberti, docente presso il Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia (DISAT).

Avviato nel 2021, vincitore di un ERC Starting Grant – finanziamento offerto dallo European Research Council (Consiglio Europeo della Ricerca) per sostenere la ricerca di eccellenza in Europa – da 1,5 milioni di euro, il progetto ha compiuto progressi concreti e oggi è al centro di un forte interesse manifestato da aziende e da venture capitalist, attratti dalle potenzialità di sviluppo che questa tecnologia può avere e che potrebbe contribuire sensibilmente a ridurre le emissioni di CO2, trasformando un problema in opportunità.

Catturare CO2 e recuperare energia

Il processo tecnologico messo a punto dal progetto CO2CAP ha conosciuto una interessante evoluzione, la cui dimostrazione scientifica è stata esposta questa primavera nell’articolo intitolato “Energy Harvesting from CO2 Emission Exploiting Ionic Liquid-Based Electrochemical Capacitor”, pubblicato rivista scientifica Advanced Energy and Sustainability Research.

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I vantaggi della tecnologia messa a punto da Lamberti e dal gruppo di ricerca sono diversi. Il principale pregio è l’aver aggiunto una funzionalità nuova ai supercondensatori.

Il laboratorio sui supercondensatori al politoIl laboratorio sui supercondensatori al polito
Il laboratorio sui supercondensatori al Polito

Oltre ad accumulare energia, potranno anche produrla, col vantaggio aggiuntivo di catturare e purificare il biossido di carbonio. Inoltre, la tecnologia si applica a dispositivi già disponibili sul mercato e non richiede di creare nuove linee produttive. Quest’innovazione potrà essere di interesse per le aziende produttrici di batterie e supercondensatori.

L’importanza dei supercondensatori

Al centro di tutto ci sono i supercondensatori, dispositivi elettrochimici al centro di un grande interesse per le possibilità che offrono.

Detti anche supercapacitori, sono dispositivi elettrochimici in grado di immagazzinare una carica elettrica tramite un veloce processo elettrostatico.

Rispetto alle batterie, essi sono più rapidi ad accumulare ed erogare carica, molto più potenti e con una vita di ciclo decisamente lunghi. I supercondensatori sono tecnologicamente complementari alle batterie, sia in termini di processo di produzione sia dell’uso finale. Sono molto utili, per esempio, per stoccare le energie rinnovabili per le quali la connessione alle batterie non risulta ottimale, ma vengono usati in molti altri ambiti, dalle auto ai data center.

L’utilità ambientale e quella industriale

La possibilità di impiegare i supercondensatori per la cattura della CO2 e per recuperare energia rinnovabile, al centro del progetto CO2CAP, assume un rilievo di enorme interesse, specie pensando alla necessità di abbattere le emissioni in svariati settori.

«La finalità è usare questi dispositivi per catturare anidride carbonica da gas di scarico, in ambito industriale ma non solo, e rilasciarla in purezza, utilizzabile in prodotti ad alto valore aggiunto come reagenti, composti organici o polimeri», spiega Andrea Lamberti a Infobuild Energia.

«In questo processo di cattura e rilascio utilizziamo i supercondensatori, già disponibili sul mercato e facilmente modificabili. È questo il punto di forza iniziale, ossia partire da una tecnologia consolidata e già esistente a livello commerciale, apportando qualche lieve modifica in modo da ottenere una funzionalità aggiuntiva». Rispetto alle batterie, che hanno bisogno di essere ricaricate e presentano ancora problemi di smaltimento, i supercapacitori hanno una vita più ampia e sono un dispositivo più sostenibile. «In più, aggiungendo questa funzionalità di cattura CO2, con cui possono ricaricarsi energeticamente, assume una valenza ancora più interessante».

Oltre ai fini ambientali, il progetto è di grande interesse per le potenzialità di ricerca applicata per finalità industriali. Il ricercatore e docente ha lavorato, insieme ad altri colleghi, alla realizzazione di una linea pilota per la produzione di supercondensatori, che è stata sviluppata a Torino.

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Supercondensatori: un momento del test realizzato al PolitoSupercondensatori: un momento del test realizzato al Polito
Un momento del test realizzato in laboratorio

Uno dei motivi è creare un’opportunità per realizzarli in Europa, su cui – a parte poche eccezioni – è ancora dipendente dall’Asia. In Italia, a oggi, non esiste un’azienda produttrice. La finalità è quindi di «creare un’infrastruttura di trasferimento tecnologico che garantisca l’evoluzione della ricerca di laboratorio, arrivando a una pre-prototipazione» spiega Lamberti. «Con il nostro laboratorio possiamo arrivare a produrre dei dispositivi di interesse industriale perché dimostrano la fattibilità tecnologica».

Come avviene la cattura della CO2 e il riutilizzo a fini energetici

Lo stesso Lamberti spiega come funziona il procedimento di cattura CO2 da parte dei supercondensatori, al cui interno vi sono due elettrodi, tra cui vi sono ioni, positivi e negativi, e specifiche molecole. Da un elettrodo entra l’anidride carbonica, grazie alla porosità del componente e, grazie a ioni e molecole, avviene la carbon capture, in un processo che non richiede energia.

«La CO2 in entrata modifica automaticamente l’orientamento degli ioni negativi e abbassano il livello energetico. Ciò cambia il potenziale dell’elettrodo e questo fa sì che il dispositivo si carichi e poi sia possibile scaricarlo in un secondo momento, per ottenere poi una carica netta, convertendo l’energia chimica della cattura della CO2 che coinvolge quel legame in energia elettrica. Quindi, la molecola di anidride carbonica arriva, si lega e per far questo viene spesa energia recuperabile utilizzando proprio questo dispositivo».

Il procedimento non solo ha bisogno di una quantità minore di energia di quella utilizzata con altre tecniche, ma produce un guadagno energetico netto. «Il vantaggio è che il lavoro avviene senza consumare nulla. Non c’è bisogno di utilizzare energia elettrica, a parte quella necessaria per alimentare il sistema di pompaggio che porta il gas all’interno del dispositivo, che lo movimenta. Questo è l’unico consumo energetico, che da calcoli svolti, risulta vantaggioso. Per ora parliamo di piccoli quantitativi energetici generati (1 milliwattora per metro quadrato), ma siamo partiti da zero e nel giro di pochissimi anni siamo arrivati già a un quantitativo, sia pur contenuto. Ora, se ci fosse una crescita lineare sarebbe già soddisfacente».

L’azione su cui lavorare riguarderà l’ingegneria dei materiali, per migliorare la cattura della CO2 e far sì che possa garantire il massimo in termini di efficienza energetica.

Attenzione alla filiera locale e all’economia circolare

Il processo messo a punto dal team del Politecnico di Torino ha un ulteriore pregio: adottare materiali che guardano non solo alla sostenibilità ambientale ma anche all’economia circolare.

«Noi utilizziamo dei carboni attivi, ottenuti da scarti vegetali dall’agricoltura tramite pirolisi, resi così debitamente porosi e perfetti per la nostra applicazione. Anche per quanto riguarda il liquido ionico stiamo lavorando per arrivare a produrlo da scarti, in questo caso dal settore degli scarti alimentari – specifica Lamberti –. Stiamo cercando di costruire delle filiere non solo nazionali, ma regionali, che vedono coinvolte aziende del territorio che hanno a che fare con scarti di diverso genere, dai laminati plastici ai noccioli delle ciliegie o ai gusci delle nocciole. Intendiamo valutare l’utilizzo di questi scarti per la creazione degli elettrodi e degli elettroliti, permettendo di dare valore aggiunto a scarti per cui le aziende pagano per il loro smaltimento. Con il nostro processo intendiamo valorizzarli e riutilizzarli in un dispositivo che produce energia, a vantaggio della sostenibilità».

FAQ supercondensatori

Cosa sono i supercondensatori?

Detti anche supercapacitori, sono dispositivi elettrochimici in grado di immagazzinare una carica elettrica tramite un veloce processo elettrostatico. Rispetto alle batterie, essi sono più rapidi ad accumulare ed erogare carica, molto più potenti e con una vita di ciclo decisamente lunghi. I supercondensatori sono tecnologicamente complementari alle batterie, sia in termini di processo di produzione sia dell’uso finale.

Che vantaggi offrono?

Due almeno sono i benefici significativi: assicurano tempi di ricarica decisamente più brevi. Inoltre i supercondensatori possono immagazzinare meno energia di una batteria, fornendone però una quantità maggiore al consumatore nello stesso periodo di tempo.

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Dove trovano impiego?

I supercondensatori sono molto utili, per esempio, per stoccare le energie rinnovabili per le quali la connessione alle batterie non risulta ottimale, ma vengono usati in molti altri ambiti, dalle auto ai data center. Di recente stanno prendendo piede anche nelle e-bike al posto delle batterie.

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