La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si pronuncerà prossimamente sul regime IVA dei programmi di fidelizzazione dei clienti che accumulano, con i loro acquisti; punti che possono utilizzare in occasione di un acquisto successivo, pagando un prezzo più basso o, come nel caso di specie, ottenendo altri beni.
Il tema controverso, sul quale l’Avvocato generale ha fornito le proprie conclusioni l’11 settembre 2025 in merito alla causa C-436/24, attiene al trattamento IVA dei punti non riscattati, che a sua volta dipende dalla possibilità, “a monte”, di qualificare i punti come un buono acquisto, monouso o multiuso.
Se i punti sono considerati un “buono multiuso”, allora il corrispettivo dei punti non utilizzati non dovrebbe, in linea di principio, essere assoggettato a imposta. Se, invece, i punti sono considerati come un “buono monouso”, l’imposta è dovuta al momento del primo acquisto dei beni e, con il riscatto dei punti, i beni sono acquistati ad un prezzo ridotto e, quindi, con un’IVA ridotta.
La prima questione sollevata dal giudice nazionale verte sulla definizione di buono, ai sensi dell’art. 30-bis, Direttiva 2006/112/CE, trattandosi di stabilire se l’acquisizione dei punti da parte del cliente possa essere considerata come emissione di un buono, anche se né il bene e né il valore del bene che può essere acquisito con i punti sono noti al momento della loro acquisizione.
La definizione del concetto di “buono” si basa sull’esistenza di 2 condizioni: da un lato, il bene da cedere o il potenziale cedente devono risultare dal buono o dalle condizioni generali di quest’ultimo; dall’altro, deve sussistere l’obbligo di accettare i punti come corrispettivo a fronte della cessione di un bene o della prestazione di un servizio, laddove è proprio quest’ultima condizione che distingue il buono dal mero sconto, escluso dall’ambito di applicazione del citato art. 30-bis, Direttiva 2006/112/CE.
Ad avviso dell’Avvocato UE, i buoni contengono un obbligo autonomo, per il fornitore, e che può essere attivato unicamente dal cliente, di accettarli come corrispettivo (o, se l’importo del buono è insufficiente, a scelta del cliente, anche come parziale corrispettivo) a fronte di una cessione o prestazione. Ciò che è determinante, quindi, è che il buono possa essere riscattato autonomamente dal titolare come corrispettivo di una cessione o prestazione.
Nel caso di specie, invece, i punti accumulati non conferiscono al cliente alcun diritto (né danno luogo, quindi, ad alcun obbligo per il fornitore) di utilizzarli (o di accettarli) come corrispettivo di una cessione o prestazione. Il programma di fidelizzazione, infatti, è concepito in modo tale che il cliente ha il diritto di utilizzare i punti solo all’atto di un successivo acquisto per ottenere ulteriori beni.
In sostanza, i punti non determinano l’obbligo, per il fornitore, di cedere un bene, ma possono essere utilizzati solo in occasione del successivo acquisto del cliente ed è solo nell’ambito di quest’ultimo che il premio può essere acquisito per mezzo dei punti.
Tuttavia, osserva l’Avvocato generale, affinché si abbia un buono è indispensabile l’esistenza dell’obbligo del fornitore di accettare i punti come corrispettivo della cessione o prestazione. Solo in tal caso, per esempio, ai sensi dell’art. 30-ter, par. 1, Direttiva 2006/112/CE, il trasferimento del buono monouso può essere già considerato come una cessione.
Pertanto, nella fattispecie considerata, i punti non costituiscono un buono ai fini dell’IVA, ma solo uno sconto.
In merito, poi, al trattamento IVA dei punti non riscattati, l’Avvocato UE ha osservato che un buono multiuso che non rappresenta un valore determinato, ma solo un valore determinabile, ai sensi degli artt. 30-bis e 30-ter, Direttiva 2006/112/CE, può assumere rilevanza ai fini dell’IVA solo quando il valore determinabile si concretizza. Se ciò avviene solo al momento del riscatto, il buono non ha, fino a tale data, alcuna incidenza, neppure sulla base imponibile del primo acquisto.
Di conseguenza, se i punti non vengono riscattati, la base imponibile del primo acquisto resta invariata, sia dal punto di vista del fornitore ‑ che ha ricevuto un certo importo per i beni ‑ sia dal punto di vista del cliente ‑ che ha speso un certo importo per i beni ricevuti ‑ e deve essere applicata l’imposta. Una ripartizione della base imponibile in una parte tassata per i beni e una parte non tassata per il buono non viene presa in considerazione in caso di emissione di un buono di valore meramente determinabile (a differenza dell’emissione di un buono multiuso di un determinato valore), dato che il valore determinabile di un buono senza il suo riscatto non può essere stabilito.
La stessa conclusione vale nel caso in cui i punti costituiscano, come nella specie, una forma di sconto che rileva ai fini IVA solo in occasione del secondo acquisto, come si desume dall’art. 79, Direttiva 2006/112/CE, che esclude dalla base imponibile le riduzioni di prezzo.
Tuttavia, i punti non rappresentano ancora una riduzione di prezzo concessa, ma solo una possibilità di riduzione di prezzo. Uno sconto successivo all’esecuzione dell’operazione (nella specie, il primo acquisto) comporta certamente, ai sensi dell’art. 90, Direttiva 2006/112/CE, una riduzione della base imponibile, ma presuppone anche che lo sconto venga effettuato con il riscatto dei punti, vale a dire con l’ottenimento del premio.
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’emissione di punti nell’ambito di un programma di fidelizzazione della clientela, concepito in modo tale che un cliente che acquista beni ottiene punti in base all’entità degli acquisti e ha poi il diritto, all’atto di un successivo acquisto, di utilizzare i punti per ottenere altri beni, non costituisce un buono ai sensi dell’art. 30-bis, Direttiva 2006/112/CE. Manca, infatti, l’obbligo autonomo del fornitore di accettare tali punti come corrispettivo a fronte di una cessione o prestazione, con la conseguenza che l’emissione dei punti dà luogo, agli effetti dell’IVA, a uno sconto in relazione al successivo acquisto.
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