In vista della legge di bilancio, il governo ipotizza un taglio ai bonus edilizi: dal prossimo anno il massimo conseguibile su prima casa scenderà al 36% e al 30% per le altre tenute a disposizione. Salvo proroghe
Ormai è un classico per le settimane che precedono la definizione del disegno di Legge di Bilancio: prevedere come saranno rimodulati i bonus edilizi. Ma la novità di quest’anno è che una rimodulazione in realtà è auspicata perché senza modifiche delle norme i benefici fiscali si ridurranno ai minimi termini perdendo di appeal per le famiglie senza che questo si traduca per i conti pubblici un buon affare.
I bonus in discesa dal 2026 per le ristrutturazioni
Ma andiamo con ordine. Allo stato attuale senza interventi nel 2026 il vantaggio massimo conseguibile da chi effettua i lavori in casa per la ristrutturazione scenderà al 36% se le opere riguardano la prima casa e al 30% se invece si tratta di casa tenuta a disposizione, affittata eccetera.
Fino alla fine di quest’anno il “doppio binario” delle agevolazioni per la ristrutturazione degli immobili è 50% prima casa, 36% nelle altre ipotesi.
Le agevolazioni coinvolte: ristrutturazione, ecobonus e sisma bonus
La riduzione del vantaggio fiscale, sempre che non vi siano modifiche, varrà per le opere coperte dal bonus ristrutturazione che agevola manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia (cioè la creazione di nuovi volumi), restauro e, solo per la parti comuni degli edifici, la manutenzione ordinaria.
Scenderanno al 36%/30% l’ecobonus e il sisma bonus. Segnaliamo che nonostante la percentuale di detraibilità sia la medesima del bonus ristrutturazione, eco e sisma bonus sono rimaste a se stanti e questo significa che siano sempre applicabili anche agli immobili non residenziali, mentre le opere del bonus ristrutturazione sono agevolabili per il non residenziale solo limitatamente alle parti comuni nei condomini con oltre il 50% della proprietà riferibile a immobili residenziali.
Le agevolazioni che scadono a fine 2025: il bonus mobili e elettrodomestici
Tra gli altri altri bonus che scadono a fine anno c’è quello per l’acquisto di arredi ed elettrodomestici. Negli anni scorsi le pressioni dei produttori erano riuscite a mantenere l’agevolazione («Bonus mobili») in vita sia pure a in misura ridotta (l’importo detraibile è sceso dai 10 mila euro del 2022 ai 5.000 di quest’anno), non è escluso che riescano a ottenere qualcosa: le ultime indicazioni vanno in questa direzione.
Va ricordato che per ottenere questo bonus è necessario effettuare lavori coperti dal bonus ristrutturazione.
Forse qualche chance in più di rinnovo, magari in misura meno generosa del 75% attuale, ce l’ha il bonus barriere architettoniche mentre appare improbabile un rinnovo del Superbonus, che quest’anno copra ancora per il 65% della spesa. Senza modifiche il superbonus rientrerà, a seconda dei lavori da compiere, nel sisma o nell’ecobonus, il bonus barriere nel bonus ristrutturazione.
Le criticità
Ai bonus edilizi si applica il criterio di cassa: significa che non conta quando si finiscono i lavori ma quando si pagano. QuIndi le spese effettuate fino al 31 dicembre 2025 seguiranno le regole attuali anche se i lavori finissero nel 2026. Se possibile quindi è meglio chi ha in programma di effettuare opere agevolate che affretti i tempi.
L’entità dei bonus inoltre rischia di essere ulteriormente ridotta dalle regole sui limiti di reddito per usufruire delle detrazioni in vigore da quest’anno.
È quindi prevedibile che senza modifiche diminuiranno i lavori, come peraltro sta già succedendo nel 2025. Minore spesa per lo Stato quindi, certamente ma anche minori entrate e non è detto che questo sia un grande affare per le casse pubbliche.
I lavori in «nero» e la direttiva sulle case green
La frase che abbiamo appena scritto sopra, «diminuiranno i lavori» probabilmente andrebbe integrata con un aggettivo e quindi «diminuiranno i lavori fatturati».
Il rischio del nero, soprattutto per le opere interne. Appare più che altro una certezza. E poi c’è il convitato di pietra: la Ue e la direttiva «case green», ancora da recepire in Italia, sulla riduzione e contenimento dei consumi energetici degli edifici. Non si può certo pensare che senza un sicuro beneficio fiscale e oltretutto senza cessione del credito qualcuno si metta a riqualificare casa sua.
La possibile proroga
Di tutte queste criticità c’è però consapevolezza e si starebbe facendo strada l’idea di prorogare per un anno almeno l’aliquota al 50% per le prime case, con un costo stimato di due miliardi per le casse dello Stato, una stima che però non tiene conto a nostro avviso della sicura perdita di Iva e di Irpef che la mancata proroga causerebbe. La proroga del 50% rientra nel novero delle cose possibili, se non probabili, a differenza di un’altra ipotesi di cui si sta parlando, e cioè il ritorno almeno per alcune agevolazioni, del rimborso in cinque anni (oggi possibile solo per il bonus barriere architettoniche), anziché in dieci. Originariamente il rimborso quinquennale si poteva ricevere per l’eco e per il sismabonus. Nessuno invece parla di ritorno alla cessione del credito, però bisognerà fatalmente fare i conti con questa ipotesi se dopo la ricezione della direttiva europea casa green si vorrà anche che si facciano i lavori di riqualificazione.
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