BELLUNO. “I dati sul boom dell’edilizia sono una delle prime conferme della fase di rinascita di cui cominciano a essere protagoniste le nostre terre alte”: così solo pochi giorni fa Luca Zaia commentava un’intervista al presidente della cassa edile sulla crescita di lavoro e addetti in provincia di Belluno grazie ai Giochi. Scavando però più a fondo la realtà di molte imprese sembra ben diversa.
Il Dolomiti ha contattato alcune piccole -medie imprese della Valbelluna alle prese con un problema, il cui impatto sembra destinato a conseguenze importanti: la mancanza di lavoratori. Perché se è vero che sono ben 547 le imprese oggi iscritte alla Cassa edile con oltre 5000 lavoratori impegnati, lo è altrettanto il fatto che, fuori dai cantieri olimpici, gli imprenditori non trovano manodopera, al punto da dover rinunciare a degli incarichi (e altre potrebbero chiudere).
Ecco cosa ci hanno raccontato Dall’Asen Impianti di Villa di Villa, Tecnoscavi Snc di Lamon e Canzan Wanni Srl di Sospirolo.
“Attualmente siamo io e un dipendente. Siamo una piccola realtà artigiana di impianti elettrici – spiega Chiara Dall’Asen – ma abbiamo grosse difficoltà nel reperire manodopera e questo ci mette sotto pressione perché il lavoro c’è, ma non possiamo accontentare tutti. Credo che il motivo principale risieda nella mancanza di disponibilità a mettersi in gioco e imparare il mestiere. Inoltre non ho trovato grande collaborazione nelle scuole, forse la mia azienda risulta scomoda per attivare stage perché non facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici, ma rimangono ancora molti pregiudizi verso certi lavori manuali”.
Cosa fare dunque? “Anzitutto occorre far capire a ogni giovane, anche laureato, che può fare questi lavori per certi periodi – prosegue Dall’Asen – e costruirsi un bagaglio che permette di crescere professionalmente. Inoltre i piccoli installatori devono fare rete in maniera continuativa, acquisendo così più forza per aggredire il mercato. Le grosse aziende del Bellunese, pur portando sviluppo, col tempo rischiano di assorbire tutto il tessuto perché la piccola realtà fatica a competere a livello di remunerazione, incentivi e flessibilità. Allora o si ha la cultura di unirsi seriamente tra piccoli artigiani ed essere solidali oppure non si può competere: purtroppo però siamo ancora distanti”.
Sulla stessa linea Paolo Primolan, titolare di Tecno Scavi. “Al momento siamo rimasti io e il mio socio – afferma – e già da qualche anno non si trovano maestranze. Ho letto che c’è stato un incremento di alunni alla scuola edile, ma va anche detto che forse solo il 20% di loro finirà in cantiere. Da un lato infatti il posto in fabbrica offre più tranquillità rispetto al cantiere, e c’è anche poca voglia di fare sacrifici e lavorare nell’edilizia. Dall’altro, inutile negare che gli introiti in fabbrica sono maggiori perché il welfare è diverso”.
Lo scorso anno, da gennaio a settembre sono andati via i tre dipendenti e i titolari si sono dovuti ridimensionare. Come intervenire? “Anzitutto – risponde Primolan – servono investimenti, ad esempio nell’edilizia scolastica o incentivando i privati a ristrutturare le case. Noi purtroppo abbiamo dovuto rinunciare ai lavori più grossi perché siamo in due: c’è quindi bisogno di far tornare i giovani nei cantieri e per farlo serve uno stipendio adeguato. Sul costo totale di un dipendente, infatti, solo una piccola parte va al lavoratore: bisogna diminuire la parte fiscale e aumentare il netto in busta”.
Stessi problemi, una visione leggermente diversa per Serena Bacchetti, co titolare nella ditta Canzan Wanni. Qui i dipendenti sono 34, ma c’è lavoro per almeno un’altra decina. “Da anni ormai – ci spiega – fatichiamo a trovare lavoratori e quelli che arrivano durano poco. Alcuni addirittura se ne vanno dopo due giorni, senza alcuna voglia di portare avanti questi lavori”.
Un problema destinato ad aggravarsi, visto che gli attuali lavoratori andranno progressivamente in pensione. “Già ora dobbiamo rinunciare a molti lavori – prosegue – oppure li passiamo ad aziende con cui collaboriamo, perlopiù fuori Belluno, per mantenere il rapporto con clienti che ci conoscono da una vita. Abbiamo anche già cantieri anche per il prossimo anno, ma manca il personale”.
Anche qui confermano che molti studenti della scuola edile non vanno in cantiere, nonostante in questo caso lo stipendio non sia visto come un problema. “Certo non riusciamo a garantire gli stessi benefit delle grandi industrie – conclude – ma essendo noi edile – industria lo stipendio è buono. Però è un dato di fatto che le grandi realtà hanno “portato via” la voglia di imparare dei giovani. La scuola dovrebbe allora far capire agli studenti che il mondo del lavoro è fatto di realtà piccole e grandi: dunque che la scuola edile faccia rete con tutte le imprese, incentivando i giovani verso tutti i settori e aziende di diverse dimensioni, perché da noi non ne sono mai venuti”.
Le Olimpiadi.
Diverse, infine, le opinioni sui Giochi Olimpici di Milano Cortina 2026 come volano per la crescita della provincia. “Se lo siano non so dirlo – ammette Dall’Asen – ma so che le imprese stanno cercando elettricisti o idraulici per fare assistenza in quei giorni. Anche a noi abbiamo avuto richiesta, ma vorrebbe dire eclissarsi per 20 giorni: puoi farlo solo se qualcuno nel frattempo manda avanti l’azienda, altrimenti è impossibile. Inoltre sono convinta che quest’anno va bene, ma non potrà essere sempre in crescita: motivo in più per fare rete”.
“Secondo me – afferma invece Primolan – le Olimpiadi hanno portato lavoro a tutti, anche perché le grandi imprese impegnate a Cortina non sono qui a fare i lavori che stiamo facendo noi. Certo una volta completati i lavori torneranno e ci sarà un calo se non ci si inventa qualcosa. Nel 2018, ad esempio, c’è stata Vaia: all’epoca si notava un calo delle gare pubbliche, poi dopo l’evento c’è stato un boom al punto che abbiamo raddoppiato il fatturato e assunto nuovi dipendenti. Lo stesso accade ora con le Olimpiadi, ma il rischio è tornare pian piano a una mancanza di lavoro”.
“Nel nostro ramo le Olimpiadi non hanno cambiato nulla – conclude infine Bacchetti – anzi stiamo subendo dei disagi nel lavorare per i clienti di Cortina, sia per la viabilità sia perché banalmente si fatica a trovare dove mangiare. Quindi che i Giochi abbiano portato benefici per la provincia può valere da un certo punto di vista, ma non in generale”.
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