C’è un’idea di fondo comune a tutta la strategia AI di IBM ed è quella di promuovere un’intelligenza artificiale democratica, aperta, scalabile e concreta, capace di produrre valore reale tanto per le grandi aziende quanto per le PMI. Lo ha spiegato con chiarezza Nico Losito, Vice President Technology di IBM Italia, durante la tappa emiliana dell’AI Experience on Tour, l’evento itinerante pensato per diffondere la cultura dell’IA nelle aziende del territorio con un messaggio chiaro. “L’intelligenza artificiale non è più un privilegio per pochi. È, invece, in questo momento, il più potente acceleratore di innovazione e competitività anche per le PMI”, ha evidenziato il manager, sottolineando come il suo utilizzo diffuso sia fondamentale per garantire un vantaggio competitivo duraturo e sostenibile.
I tre pilastri dell’AI IBM: apertura, sicurezza e agilità
L’AI IBM poggia su un’architettura solida, ma non rigida, che fa dell’apertura, della sicurezza e dell’agilità i suoi tre pilastri portanti.
“L’apertura – ha puntualizzato Losito –, è intesa non solo come adozione del modello di sviluppo open source in contrapposizione ai modelli proprietari, per loro natura più vincolanti, ma anche come capacità di far parlare tra loro ambienti diversi, scalare tra molteplici domini applicativi e adattarsi a contesti nuovi”.
La sicurezza, invece, nelle intenzioni di IBM è garantita by design e costruita nell’aderenza alle normative – su tutte l’AI Act europeo – con un approccio fondato sulla massima trasparenza, tracciabilità, responsabilità e governance dell’AI, mettendo l’individuo sempre saldamente al centro.
Infine, l’agilità è identificata come la “possibilità di scegliere modelli AI cosiddetti fit for purpose, ovvero specifici, snelli e ottimizzati per task definiti, in grado di lavorare su infrastrutture ibride, pubbliche o private a seconda delle esigenze di business, per garantire efficienza e autonomica strategica ma anche scalabilità”.
La combinazione di questi fattori permette alle aziende di perseguire un’autonomia strategica nello sviluppo dell’AI ottenendo sui competitor un vantaggio solido, che fa la differenza per il business.
Il ruolo dell’intelligenza ibrida dove tecnologia e persone si incontrano
La visione di IBM sull’intelligenza artificiale è chiara: democratizzare l’accesso all’AI, favorirne l’adozione diffusa nei processi aziendali e guidare il cambiamento con un approccio responsabile. Sul palco viene rimarcato a più riprese come cruciale per il successo delle iniziative AI in azienda il concetto di intelligenza ibrida. Un principio che non si limita a valutare gli aspetti puramente tecnologici, ma che riguarda anche l’interazione tra AI e capitale umano. Lo ha evidenziato chiaramente nel suo intervento Maria Costi, Presidente della Commissione Assembleare V, delegata dal presidente della regione Emilia-Romagna, che l’ha definito come la “fusione tra intelligenza umana e intelligenza tecnologica”. Una sintesi che per i vertici IBM rappresenta la chiave per un’adozione ampia e sostenibile anche nel lungo periodo.
AI IBM: i dipendenti ingaggiati agenti attivi del cambiamento
A rafforzare questo approccio c’è tutto il lavoro che Big Blue svolge al proprio interno e che prevede che ogni dipendente sia coinvolto in percorsi di formazione, accompagnamento all’uso dell’AI e, se vuole, anche nella partecipazione attiva allo sviluppo di nuovi strumenti.
Cristina Ingrassia, Vice President & Senior Partner, Hybrid Cloud Service & Lifesciences Industry Leader di IBM Italia, ha sottolineato come “non può esserci innovazione senza capitale umano”. E investire nel capitale umano rappresenta la chiave di volta per un’adozione pervasiva dell’Artificial Intelligence.
Un investimento che IBM prende molto sul serio e che realizza in concreto attraverso tre tipologie di interventi, progettati con l’obiettivo di rendere i dipendenti agenti attivi del cambiamento e fortemente ingaggiati: “L’aggiornamento delle competenze – spiega la manager – è fondamentale, ma da solo non basta. Quello che facciamo in IBM è mettere anche a disposizione di tutta l’organizzazione un vero e proprio custode tecnologico, una piattaforma di servizi abilitati da modelli di intelligenza artificiale, proprietari e non, che include assistenti e agenti AI che ci supportano in moltissime attività quotidiane. Il risultato è che in due anni, globalmente, la nostra azienda ha risparmiato 3,5 miliardi di dollari automatizzando i processi interni in ambiti come le risorse umane, il Customer Care, l’ufficio legale o le vendite”.
A completare il tutto c’è, poi, tutto un corollario di iniziative che promuovono il coinvolgimento attivo degli utenti aziendali attraverso contest, challenge e la raccolta strutturata di feedback, fondamentali per “aggiustare il tiro” e favorire l’adozione nel lungo termine.
Client Zero: quando l’organizzazione interna è il primo cliente delle soluzioni IBM
Degno di nota è, in particolare, il programma IBM Client Zero, nato per favorire l’innovazione “dal basso” e testare le nuove soluzioni, in particolare quelle legate agli ambiti dell’artificial intelligence, prima che vengano offerte al mercato. “Oltre 180mila dipendenti – evidenzia con orgoglio Ingrassia – hanno preso parte lo scorso anno alla IBM watsonx Challenge, un evento durante il quale ai partecipanti è stato chiesto di risolvere problemi reali e superare i limiti tecnologici di alcune soluzioni IBM proponendo idee e tool basati sull’AI. I vincitori hanno contribuito a creare nuove applicazioni software in ambiti quali il Customer Care, le vendite, la sostenibilità o il legal, che sono state ingegnerizzate e oggi vengono proposte ai nostri clienti”.
I marketer IBM, giusto per fare un esempio tra i tanti citati sul palco, sono stati di fatto i “clienti zero” di Creative Assistant, un tool di AI generativa basato su tecnologia IBM watsonx che utilizza template ottimizzati sugli ambiti della comunicazione, gestione dei blog, MarCom e Social Media Marketing per creare istantaneamente blog post, post social, comunicati stampa, presentazioni e altri contenuti aziendali garantendo affidabilità, personalizzazione e coerenza con l’identità del brand. “Una soluzione – ha osservato Maurizio Decollanz, Direttore Marketing e Client Experience di IBM Italia – che permette di capitalizzare i benefici di un approccio all’AI aperto e orientato ai risultati. Una strategia fondata sull’impiego diffuso di modelli open source, che offrono la garanzia di un ROI rapido, e di Small Language Model verticali e specializzati, che sono quelli più indicati per ottimizzare la maggior parte delle attività che svolgiamo quotidianamente”. Sì, perché “non serve una motosega per potare un bonsai”, ha scherzato il manager, evidenziando come grazie a Creative Assistant la produzione di asset marketing rilevanti e pertinenti sia cresciuta in pochi mesi del 68%.
La voce dei clienti: scuderie Ferrari
Tutta questa ondata di innovazione, però, non produce benefici tangibili se non è supportata da un lavoro propedeutico, ma altrettanto importante, di armonizzazione dei dati e se non è sostenuta da infrastrutture agili e scalabili, in grado di supportare efficacemente l’evoluzione delle necessità tecnologiche e di business. “L’AI per funzionare bene ha bisogno di dati buoni – ha evidenziato sul palco Davide Torre, Cross Platform & Innovation Manager di Ferrari –. L’integrazione è fondamentale. Solo così si evitano le allucinazioni e si ha la certezza di ottenere sempre risultati coerenti e consistenti”.
Con la scuderia modenese, Big Blue ha siglato quest’anno una partnership tecnologica quinquennale che verte sull’evoluzione della FanApp, l’applicazione per smartphone dedicata ai numerosi tifosi (sono circa 396 milioni nel mondo) della casa di Maranello.
Stefano Pallard, Head of Fan Development di Ferrari, ha raccontato come grazie a IBM watsonx sia stato possibile passare da una semplice app editoriale, che veicolava contenuti statici, a una piattaforma interattiva e dinamica, che consente ai fan di vivere una vera e propria “GP experience”.
“L’obiettivo – ha concluso – è di conoscere meglio i nostri fan e instaurare con loro una relazione più profonda consentendogli di “fare cose” anziché limitarsi a essere destinatari delle nostre comunicazioni. E i risultati sotto il profilo dell’engagement sono molto confortanti, visto che abbiamo registrato un +41% di download dell’app e un +22% di utenti attivi. L’obiettivo è di valorizzare questa relazione sia direttamente, attraverso le vendite di gadget dell’e-commerce già integrato nell’app e attraverso un sistema di subscription, e sia indirettamente, attraverso accordi con i partner che vorranno essere presenti sull’app per connettersi direttamente con i fan Ferrari”.
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