Luiss Business School ha condotto un’indagine sulla percezione dell’importanza della business intelligence nelle piccole e medie imprese italiane
I dati fanno parte dell’asset di quei beni intangibili che concorrono a formare il valore di un’impresa. Ma i dati non hanno un valore per sé, anzi richiedono investimenti importanti per storage ed elaborazione. Richiedono interpreti capaci, i famosi data scientist, e vari data point che possano arricchire l’osservazione e analisi del dato. Non è il dato ad aver valore, ma l’informazione che l’azienda può ricavarne facendo business intelligence.
Il Future Jobs Report 2025 elaborato dal World Economic Forum mette in luce che le competenze più rilevanti nel 2030 saranno comprese in due cluster: nel primo spiccano la capacità di data analytics e gestione dell’AI; nel secondo si dà un crescente valore al pensiero critico, pensiero analitico, leadership e apprendimento continuo.
Per poter trarre maggiore beneficio e mettere a terra valore per l’impresa, è necessario avere a disposizione competenze umane che vanno a completare e valorizzare le tecnologie digitali. Proprio per dare una risposta a questa esigenza Luiss Business School in collaborazione con Qoobi ha organizzato e ospitato nella sede di Roma il convegno “Il dato intelligente come asset strategico di impresa”.
L’indagine di Luiss Business School
Luiss Business School ha condotto una indagine di mercato che ha coinvolto un campione di 400 Piccole e Medie Imprese nei settori Manifattura Avanzata, ICT e Telecomunicazioni, Manifattura beni di largo consumo, Costruzioni, Servizi di logistica, Servizi alle imprese e alla Finanza, Alberghi. Obiettivo della ricerca è stato quello di misurare la percezione dell’importanza della Business Intelligence quale leva strategica per le decisioni aziendali.
Ad oggi solo il 14% la considera molto importante, il 27% la utilizza in maniera completa, mentre il 40% non svolge nessuna attività in questo ambito. La maggior parte delle aziende con una percezione più alta dell’importanza della Business Intelligence, il 76 %, appartiene ai settori ICT e TLC, mentre i comparti Costruzioni e Logistica si fermano, rispettivamente, al 35% e 33%.
La ricerca della Luiss Business School indaga anche sulla disponibilità delle imprese ad investire in Business Intelligence: il 44% del campione considera di aver investito abbastanza e intende aumentare gli investimenti, mentre il 13,4% ritiene di aver investito molto. La maggior parte delle aziende ha dunque l’opportunità di investire in formazione e supporto consulenziale, per consentire di agire strategicamente sulla base della forza dei dati.
La Business Intelligence e AI: l’importanza della sensibilizzazione
La Business Intelligence permette di passare dalla semplice lettura del dato alla sua sistematizzazione e valorizzazione per misurare l’effettiva forza delle azioni aziendali, il posizionamento nel mercato e con l’innesto dell’IA, prevedere i possibili scenari futuri.
Dallo studio della Luiss Business School emerge una mancanza di consapevolezza delle imprese sull’importanza della Business Intelligence, fattore che può condizionare la loro competitività. Di conseguenza, emerge la necessità di sensibilizzare all’utilizzo di questi sistemi per avere una guida interpretativa del contesto ambientale in cui le aziende si muovono, e una base per le loro decisioni strategiche.
Allo stesso tempo c’è l’esigenza di colmare la carenza di una cultura del dato, fabbisogno che accomuna gran parte delle imprese italiane. «Un’analisi strutturale sui numeri è necessaria per la competitività delle PMI, ma bisogna chiarire loro perché questo strumento può fare la differenza» ha sottolineato Matteo Caroli, Associate Dean per la sostenibilità e l’impatto, Luiss Business School. Sensibilizzazione resta la parola d’ordine.
A valle dell’analisi dei dati raccolti attraverso lo studio, le criticità che emergono si concentrano su due ambiti. Il 60% delle imprese intervistate ritiene che sia necessario avere più formazione interna in ambito di data analysis e business intelligence. Il 50%, invece, si affiderebbe a delle consulenze. «C’è una diretta domanda di accompagnamento per sfruttare e divulgare al meglio i risultati della business intelligence. In più, nel 29% delle aziende intervistate manca una funzione organizzativa che si faccia carico di pensare all’uso e gestire questo asset aziendale», ha spiegato Caroli.
«Emergono, dunque, due sfide – ha concluso Caroli – La prima riguarda la qualità del dato e dell’algoritmo che lo lavora per risolvere la perplessità di concreta utilità della business intelligence. La seconda è la user experience, cioè come l’organizzazione, il management o l’imprenditore può avere un’esperienza efficace, semplice e concreta dell’utilizzo e comprensione dei dati. In futuro da oggi ai prossimi anni sarà sicuramente crescente l’attenzione e l’investimento delle imprese su business intelligence, ma ci dovrà essere una value proposition efficace, caratterizzata alle specifiche necessità dei vari settori, per accompagnare la crescita competitiva delle PMI in relazione all’utilizzo di questi strumenti».
L’IA nella generazione di dati intelligenti
Se in passato le aziende più importanti erano riferite al settore petrolifero, in dieci anni i brand più importanti al mondo appartengono tutti al settore digitale. «Ma i dati non sono “il nuovo petrolio” – ha sottolineato Giuseppe Italiano, Prorettore per l’Artificial Intelligence e Digital Skills, Università Luiss Guido Carli – Vanno considerati come il nuovo carburante, che alimenta il motore, cioè l’intelligenza artificiale, ma che hanno ancora bisogno di un pilota umano».
Se l’AI può permettere di risparmiare tempo, devo usare questa risorsa per svolgere attività di maggiore valore aggiunto. «L’AI non sostituisce i leader, ma le tecnologie possono aiutarli a decidere meglio. è un alleato silenzioso, ma che ha sempre bisogno del tocco umano. Con queste tecnologie non vince chi va più veloce, ma chi va nella direzione giusta e, per farlo, abbiamo bisogno di esperti».
La Business Intelligence Evoluta: il modello Qoobi
Sulla base dei dati messi in luce dall’indagine svolta da Luiss Business School Angelo Bassi, CEO & Founder Qoobi, ha messo in evidenza una necessità: «Quando gli imprenditori diventano consapevoli del fatto che il mondo del futuro sarà caratterizzato da grande competizione, allora si inverte la rotta sugli investimenti, dirigendoli su cultura, capitale umano fortemente qualificato e conoscenza».
«Il futuro delle aziende è data driven – ha sottolineato ancora Bassi – Il dato dovrebbe far esplodere le capacità imprenditoriale degli italiani, nota in tutto il mondo. Il fiuto deve diventare sistemico e ciò è possibile utilizzando dati intelligenti, pensando a un sistema più evoluto di gestione aziendale. Se il 70% non fa analisi dei dati strutturati, non può conoscersi né conoscere il mondo che circonda l’azienda. E questo le rende scarsamente competitive».
Secondo Qoobi la business data revolution parte da una nuova piramide della conoscenza. Alla base c’è la conoscenza del mercato, seguita da conoscenza del dato (business information), informazione consapevole (business intelligence) e capacità predittiva permessa dall’interazione con l’intelligenza artificiale. «Attraverso gli algoritmi Qoobi speriamo di offrire all’azienda maggiore consapevolezza attraverso dati qualitativi, accurati e profondi, che permettano di decidere velocemente, ma guardando verso la direzione giusta».
Durante la tavola rotonda “Il dato intelligente come fattore di vantaggio competitivo dell’impresa” Giancarlo della Porta, Responsabile Relazioni Strategiche Qoobi, ha messo in luce l’urgenza di adottare misure che mettano al centro delle organizzazioni la business intelligence potenziata dall’intelligenza artificiale. «L’impatto di questi strumenti sulla competitività delle PMI potrebbe giovare anche al sistema Italia».
L’incontro ha visto i saluti istituzionali di Renato Loiero – Consigliere della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Insieme a Giancarlo della Porta hanno dialogato anche Cristiano Dionisi, Presidente Piccola Industria, Unindustria, Davide Papa, CEO Gruppo Eco Liri Spa, e Guglielmo Carsana, CEO Helmon.
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