I dati Istat attestano che, con l’attuale andamento delle nascite, la popolazione italiana passerà dagli odierni 59 milioni di abitanti a 54,8 milioni nel 2050, fino ad arrivare a 46,1 milioni nel 2080. Entro il 2040 il numero di persone in età lavorativa si ridurrà di circa cinque milioni di unità. Per il periodo che va dal 2023 al 2060 le stime OCSE parlano di un calo del 34% della popolazione italiana in età lavorativa, tra i più ampi a livello internazionale. Quali misure adottare per contrastare il calo demografico e aumentare la competitività a lungo termine del nostro Paese?
Se n’è discusso oggi in un incontro svoltosi nell’auditorium Digital Lab – Fiera del Levante dal titolo “Denatalità e/è Lavoro?” organizzato dall’Agenzia Regionale per le Politiche Attive della Regione Puglia – ARPAL Puglia. Durante l’incontro, moderato dalla giornalista Maristella Massari, è stata analizzata la relazione tra denatalità e lavoro, con particolare attenzione ai temi dell’occupazione femminile, della conciliazione tra vita privata e vita lavorativa e dell’immigrazione come questioni fondamentali per lo sviluppo del Paese. E che riguardano il ruolo delle istituzioni locali poiché la diminuzione della popolazione e gli squilibri generazionali sono più marcati nelle aree più deboli del paese come il Mezzogiorno e le Aree interne.
“Siamo partiti dalla presentazione la scorsa settimana in Camera di Commercio del Rapporto sui fabbisogni occupazionali delle imprese pugliesi e ci siamo accorti che il rischio del blocco produttivo di tantissime imprese passa dal fenomeno dello spopolamento, che passa a sua volta dalla denatalità marcata del nostro territorio, dato nazionale ed europeo, ma anche dal doppio spopolamento che subiamo a causa delle migrazioni per motivi di lavoro dei nostri cittadini pugliesi, in particolare i più giovani – ha sottolineato il direttore di ARPAL Puglia, Gianluca Budano –. Partendo da questo ci siamo interrogati sulle cause con esperti del mondo demografico e del mondo del contrasto all’infertilità di coppia, ma anche sulle soluzioni. Una soluzione, in particolare, è nell’utilizzo degli istituti legislativi dei corridoi lavorativi e dei tirocini extra-Ue, per far sì che dall’estero arrivino manodopera e professionalità formate, in deroga al decreto flussi, consentendo alle nostre imprese di vedere ripopolato il proprio fabbisogno produttivo. Quindi una soluzione con uno sguardo globale, sia per il ripopolamento demografico che per evitare, molto più concretamente, che le nostre imprese non abbiano più la manodopera e la professionalità per rispondere a quel grande sviluppo economico che si è avuto nella nostra regione, che rischia però di restare senza il giusto numero di lavoratori”.
“Stiamo vivendo un cambiamento epocale: la transizione demografica è diventata una crisi che sta avendo conseguenze negative sul versante economico e sociale. L’Italia, in particolare, è uno dei paesi più esposti, con un tasso di fecondità tra i più bassi d’Europa e una forza lavoro sempre più impoverita – ha dichiarato Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano -. Dobbiamo trasformare questa crisi in un’opportunità ripensando il nostro modello sociale e di sviluppo, puntando su qualità e sostenibilità. I giovani italiani e pugliesi hanno desideri e potenzialità non inferiori ai loro coetanei europei, ma hanno bisogno di trovare un contesto che li supporti per poter dare il meglio di sé. Sostenere percorsi formativi e professionali, abilitare progetti di vita e migliorare la qualità del lavoro sono azioni fondamentali non solo per contrastare la crisi demografica ma per costruire una società migliore.”
“Il tema della denatalità e del lavoro è focale per approcciare in modo giusto il problema sia della crisi demografica che della necessità di potenziare l’occupazione – ha affermato Silvia Pellegrini, direttrice del Dipartimento Politiche del Lavoro, Istruzione e Formazione della Regione Puglia -. In Puglia l’occupazione è cresciuta, come il PIL, però ancora in un contesto troppo interdipendente dal contesto socio-economico nazionale, che registra ancora una povertà del lavoro, un lavoro con salari che non rispondono alle esigenze del fabbisogno di vita e con una diffusione di gruppi di giovani che emigrano perché non si sentono realizzati rispetto al loro progetto di vita. In tal senso allora la questione è di partecipazione, culturale e di rimettere al centro un circolo virtuoso tra lavoro, cittadinanza e democrazia. I dati forniti dal professor Rosina sono stati molto chiari: la Puglia, più che l’Italia, è in piena crisi demografica ma ci sono dei margini di risoluzione del problema, puntando su una buona formazione, potenziando il duale, sostenendo anche la formazione terziaria professionalizzante, come gli ITS, i corsi brevi e soprattutto sostenendo la predittività, cioè la capacità di predire le tendenze del mercato e dello sviluppo economico in modo da creare allineamento e quindi superare il mismatch domanda/offerta di lavoro”.
“Uno degli strumenti chiave per contrastare l’inverno demografico dell’Italia è la valorizzazione dei talenti degli immigrati – ha detto Gianpietro Losapio, direttore generale del Consorzio Nova -. I corridoi lavorativi sono fondamentali per soddisfare la richiesta di manodopera straniera per rispondere ai fabbisogni delle imprese del territorio. I lavoratori stranieri, dopo aver completato le attività di istruzione, formazione professionale e civico-linguistica nei Paesi di origine, giungono in Italia legalmente e contribuiscono a coprire con le loro competenze i bisogni riscontrati dal tessuto imprenditoriale”.
Denatalità e/è Lavoro: verso un nuovo modello sociale e di sviluppo, fondato su qualità del lavoro, sostenibilità e gestione dei flussi migratori
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