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Pa, poca interoperabilità post PNRR: la sfida irrisolta


La migrazione al cloud costituisce uno degli assi portanti della trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione italiana. Malgrado l’adozione crescente di soluzioni cloud, il potenziale di interoperabilità fra i sistemi rimane largamente inespresso. Laddove ci si attenderebbe apertura, collaborazione e standardizzazione, molte soluzioni cloud hanno invece accentuato i problemi di lock-in tecnologico e frammentazione delle piattaforme.

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Molte applicazioni utilizzate nella PA persistono in contesti di tipo silos. I sistemi non dialogano efficientemente tra loro e le interfacce disponibili risultano accessibili unicamente su richiesta, scarsamente documentate o non conformi a standard riconosciuti. Tale frammentazione compromette la possibilità di erogare servizi digitali integrati e di favorire lo scambio dati tra enti. Ci sono alcuni casi di ecosistemi virtuosi, come in alcune Regioni, ad esempio il Piemonte, dove sono stati compiuti progressi nell’adozione di API standard per i servizi sanitari, agevolando lo scambio dati tra ospedali e ASL. Del resto in molti altri ambiti, come la gestione dei pagamenti, l’assenza di standard condivisi ha generato duplicazioni di soluzioni, lock-in e costi elevati per gli attori coinvolti, inclusi fornitori ICT ed enti locali.

Sebbene il cloud dovrebbe consentire la portabilità applicativa, la scalabilità dei servizi e la condivisione delle risorse, nella pratica:

  • I fornitori mantengono controllo sulle API;
  • La documentazione è spesso proprietaria o insufficiente e non pubblica;
  • La migrazione tra fornitori risulta costosa e tecnicamente complessa;
  • Le personalizzazioni introducono dipendenze strutturali difficili da superare.

Tale configurazione determina significativi ostacoli alla trasformazione digitale reale della PA. In particolare l’interoperabilità risente della mancanza di standard uniformi tra varie piattaforme tra cui: software generico e i partner tecnologici pagoPA; Software generico ed i partner tecnologici SEND; partner tecnologico pagoPA e verticali contabili per la riconciliazione.

Questa assenza di standard causa conseguenze negative perché ogni fornitore applica un pricing proprietario per l’accesso e utilizzo delle API e le transizioni tra fornitori generano costi per test, reintegrazione e compatibilità tecnica. Inoltre le modifiche a un componente obbligano gli altri attori ad aggiornare i connettori e si tende a preferire soluzioni monofornitore per evitare complessità e costi aggiuntivi.Infine il lock-in cresce nel tempo rendendo difficile contenere eventuali futuri rincari decisi dal fornitore ormai monopolista delle soluzioni dell’ente.

Ruolo della PDND e della standardizzazione

La Piattaforma Digitale Nazionale Dati rappresenta un catalogo nazionale di API finalizzato a offrire accesso ai dati delle amministrazioni pubbliche mediante interfacce documentate. La sua efficacia dipende dalla coerenza delle API implementate e mantenute a livello locale, nonché dalla pubblicazione regolare e standardizzata delle stesse.

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Standardizzazione dei metadati e schema.gov.it

In aggiunta, il sistema schema.gov.it funge da riferimento nazionale per i metadati. La definizione e l’aggiornamento di metadati condivisi garantiscono rappresentazioni semantiche uniformi dei dati, riducendo incongruenze tra sistemi e favorendo interfacce uniformi e interoperabili.

La copertura territoriale dei servizi API risulta disomogenea: gli enti locali pubblicano dati con modalità, frequenze e qualità differenti. Inoltre, i fornitori ICT adottano formati e schemi dati inconsistenti rispetto a quanto previsto centralmente. Ciò compromette l’efficacia complessiva della PDND e della circolazione dei dati delle PA aderenti a PDND stessa..

L’approccio sistemico prevederebbe invece uso di standard e interfacce uniformi e coordinate a livello nazionale che permettano l’interazione tra più enti. Al contrario, integrazioni punto-a-punto generano soluzioni isolate, non replicabili né estendibili, con costi duplicati e scarsa scalabilità.

es. Il fornitore A mette a disposizione API per la contabilità che deve comunicare con le API del fornitore B che è il PT pagoPA. Queste API sono note ai fornitori A e B e solo a loro, quindi se arrivasse un fornitore C che deve parlare con il PT pagoPA, il “giro” riparte da zero. Il tutto in capo solitamente alla pubblica amministrazione che deve gestire il rapporto tra i fornitori (che non si parlano a meno che il cliente li faccia parlare come se comunicare con API sia un problema dell’ente e non dei fornitori).

Dal pubblicare API (output) all’uso reale (outcome)

Del resto, la pubblicazione di API è solo il primo passo e non garantisce il loro effettivo utilizzo. Per trasformare l’output in outcome, è necessario:

  • Monitorare le API tramite metriche di utilizzo e feedback operativo;
  • Promuovere l’adozione mediante formazione, incentivi e best practice;
  • Effettuare controlli periodici sulla conformità tecnica e l’efficacia funzionale.

Quindi le API una volta sviluppate vanno promosse in modo che siano note, favorite nell’uso e manutenute.

Standardizzazione dei dati e cataloghi nazionali

In quest’ottica, La standardizzazione semantica è indispensabile per garantire coerenza nello scambio dati. Discrepanze nella nomenclatura (ad esempio, diversa capitalizzazione dei nomi dei comuni) richiedono interventi manuali o sofisticati processi di normalizzazione.

Sono quindi necessari:

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  • Cataloghi nazionali condivisi per entità pubbliche (comuni, enti, servizi);
  • Metadati standard per i servizi digitali, periodicamente aggiornati;
  • Integrazione nei sistemi tramite interfacce stabili e documentate.

Tecnologie come API RESTful, microservizi, containerizzazione, ontologie e vocabolari controllati supportano un’architettura interoperabile, scalabile e aperta.

La PDND costituisce un punto di partenza, ma l’armonizzazione delle API locali è centrale nel percorso di miglioramento dell’ecosistema delle API della PA, in ottica di #onceonlypa. #onceonly e di government as platform. La copertura territoriale e l’omogeneità delle API inoltre, lo sottolineiamo, elemento fondamentale per una interoperabilità di sistema.

Governance centrale e ruolo strategico del Dipartimento per la Trasformazione Digitale (DTD)

Il Dipartimento della trasformazione digitale nel fine-post PNRR può diventare un attore fondamentale per promuovere questo passaggio. In particolare può promuovere API aperte, pubbliche e accessibili a tutti i fornitori e aiutare a creare sinergie per standardizzare gli schemi di interfaccia tra piattaforme e software verticali. Infine potrebbe aiutare a costruire un framework nazionale per l’interoperabilità, in collaborazione con ISTAT, coinvolgendo enti locali e software house e promuovendo standard laddove mancano e diffondendo una cultura dei dati che è sempre più fondamentale, soprattutto in epoca AI.

Ciò faciliterebbe la trasformazione dell’interoperabilità da modello proprietario a un vero ecosistema interoperabile e di Government as a Platform, come previsto dal Piano Triennale.

Proposte operative e prospettive future

L’interoperabilità è elemento chiave nelle strategie digitali nazionali ed europee (PNRR, Piano Triennale, Digital Europe). Il passaggio in cloud degli applicativi non ha ancora permesso di creare una vera cultura di API e dati e cambiato il mindset dei fornitori che ritengono le API ancora un modulo applicativo invece che un’apertura a nuovi sistemi di business ed ecosistemi di dati, con nuove opportunità visibili o nascoste. È quindi indispensabile un intervento coordinato con misure quali:

  • Clausole obbligatorie nei capitolati tecnici che impongono API standard, portabilità dati e documentazione dettagliata;
  • Incentivi economici per le amministrazioni che adottano API interoperabili e certificate;
  • Percorsi formativi per tecnici PA e software house e creazione di comunità tecniche di scambio per creare standard condivisi, andando oltre la libertà lasciata in alcuni casi a livello governativo, facendo diventare delle best practices degli standard de facto anche se non de iure;
  • Audit periodici e verifiche tecniche per garantire compliance e adeguatezza funzionale, soprattutto nelle fasi iniziali di apertura delle API
  • Un catalogo delle API disponibili nei vari prodotti della PA. Sebbene per entrare nel catalogo ACN sia necessaria avere o dichiarare di avere alcune API, un catalogo delle API in base alla soluzione non risulta sia disponibile ad oggi.

Il futuro digitale della Pubblica Amministrazione dipende dalla capacità di interoperare in modo sistemico. Solo superando inefficienze e costruendo un ecosistema interoperabile sarà possibile trasformare gli investimenti da semplice output (numero di API pubblicate) in outcome misurabili (API utilizzate e servizi migliorati). La sfida del post PNRR passa sicuramente anche da qui, sia a livello tecnico che di mercato.



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