La falcidia dei crediti per tributi locali rappresenta una significativa problematica nell’ambito degli strumenti di risoluzione della crisi di impresa previsti dal Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza di cui al D.Lgs. 14/2019 (“CCII”), in particolare in presenza di imprese e gruppi che operano nel settore immobiliare e delle costruzioni, i quali possono vantare significativi debiti per IMU.
La questione attiene al fatto che, per i tributi locali, il Legislatore non ha previsto una procedura analoga a quella della transazione fiscale e contributiva ai fini del trattamento, rispettivamente, dei crediti per tributi erariali e per contributi previdenziali nell’ambito degli istituti di risoluzione della crisi di impresa (art. 63, CCII, per l’accordo di ristrutturazione dei debiti, e art. 88, CCII, per il concordato preventivo). Nel contempo, la posizione maggioritaria ritiene non applicabile la transazione fiscale dei tributi erariali a quelli locali.
Pertanto, allo stato attuale, per la falcidia dei crediti per i tributi propri di Regioni e Comuni (ad esempio IMU, TARI, TASI) risultano applicabili unicamente i principi generali del CCII e ciò non consente di superare appieno le problematiche legate al ben noto principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria (derogabile soltanto in forza di norme eccezionali, soggette a interpretazione restrittiva), cosicché gli Enti locali non hanno a disposizione strumenti per accettare in tutta “serenità” le proposte di ristrutturazione del debito formulate dai creditori, anche quando queste si presentano indubbiamente vantaggiose rispetto all’ipotesi alternativa di liquidazione giudiziale.
In realtà, vi sono state alcune pronunce da parte di sezioni regionali della Corte dei Conti che hanno ammesso la possibilità che l’Ente locale possa sottoscrivere accordi di ristrutturazione dei debiti che comportino la falcidia dei crediti per i tributi locali.
In particolare, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Toscana, n. 40/2021/PAR del 15 giugno 2021, in risposta a un quesito con cui un Comune chiedeva se fosse legittima l’adesione a un accordo di ristrutturazione dei debiti (all’epoca disciplinato dall’art. 182-bis, l.f.) che prevedeva il pagamento parziale dell’IMU e delle relative sanzioni, ha affermato i seguenti principi:
- per quanto riguarda i tributi locali, possono entrare nel campo di applicazione dell’ 182-ter, l.f. (ovvero la “vecchia” transazione fiscale) quelli attribuiti alla gestione delle Agenzie fiscali da una convenzione tra l’Ente locale e l’Agenzia stessa;
- al di fuori degli spazi di applicabilità dell’ 182-ter, l.f., i crediti degli Enti locali possono comunque essere oggetto di accordo nell’ambito del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis, l.f..
Tale posizione è stata poi confermata dalla Corte dei Conti Sezione regionale di controllo per l’Umbria, n. 64/2022/PAR del 13 luglio 2022, la quale ha affermato che è possibile per un Comune dare il proprio assenso a un accordo avente a oggetto crediti tributari locali con un imprenditore in crisi per la ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182-bis, l.f. (mentre detta delibera conferma che non è applicabile la disciplina della transazione fiscale, la quale rimarrebbe confinata alle fattispecie tassativamente previste dalle norme di legge, ossia i soli tributi amministrati dalle Agenzie fiscali).
La Sezione regionale della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna, con deliberazione n. 263/2021/PAR del 16 novembre 2021, ha ritenuto, invece, inammissibile un analogo quesito circa la possibilità da parte di un Comune di aderire a un accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis, l.f., osservando che la materia è di competenza del giudice fallimentare, per cui è a tale organo che spetta la statuizione sul punto di diritto, in relazione al caso concreto. La questione, secondo la Corte emiliana, involge, infatti, valutazioni di spettanza del giudice fallimentare, alle quali risultano peraltro prodromiche complesse procedure che ineriscono alla composizione della rete dei rapporti creditori, dove un ruolo centrale è altresì assunto dall’attestazione del professionista indipendente.
A tale riguardo, come di recente evidenziato dalla stampa specializzata (G. Andreani, “Tributi locali falcidiabili negli accordi di ristrutturazione”, in Il Sole-24 Ore del 28 agosto 2025, pag. 20) il Tribunale di Forlì con sentenza del 14 agosto 2025 ha stabilito che i tributi di cui sono titolari gli enti pubblici territoriali, pur non potendo essere oggetto della transazione fiscale di cui all’art. 63, CCII, possono essere falcidiati nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 57, CCII, se l’accordo è comunque conveniente per l’ente creditore.
In senso contrario alla possibilità di falcidia dei crediti per tributi locali si è espressa la Sezione regionale della Corte dei conti per la Lombardia con la deliberazione 24 dicembre 2024 n. 256/2024/PAR, in cui è stato affermato che «in sede di composizione negoziata della crisi d’impresa, il Comune non può aderire ad un accordo transattivo dei crediti tributari auto-amministrati, in quanto, allo stato, escluso dalla normativa vigente».
In ogni caso, stante l’attuale incertezza normativa, nella pratica risulta assai arduo ottenere l’adesione dell’Ente locale a proposte di accordo di ristrutturazione dei debiti, con la conseguenza che l’Ente dovrà essere considerato non aderente e soddisfatto in misura integrale entro 120 giorni dall’omologa (art. 57, comma 3, CCII), salvo concordare una specifica dilazione di pagamento.
Nell’ipotesi di concordato preventivo vi sono maggiori possibilità di ottenere la falcidia dei tributi locali, ma a condizione che i crediti stessi siano collocati in una classe “residuale” che possa ottenere la maggioranza anche senza l’adesione dell’Ente locale (mentre il credito per tributi locali non può stare nella stessa classe dei tributi erariali). Una simile collocazione può tuttavia presentare criticità, in considerazione delle stringenti regole attualmente previste dal CCII per la formazione delle classi nel concordato preventivo (soprattutto quello in continuità), tenuto conto delle peculiarità del creditore (Ente pubblico territoriale) e del grado di privilegio mobiliare (ex art. 2752, ultimo comma, c.c.).
Qualche ulteriore possibilità è offerta dall’accordo di ristrutturazione dei debiti ad efficacia estesa (art. 61, CCII) in quanto il Tribunale di Verona con sentenza di omologa del 12 dicembre 2024 ha ammesso la possibilità di prevedere, in tale istituto, un’unica categoria omogenea per i tributi statali e locali, a condizione che siano caratterizzati dallo stesso privilegio (ex art. 2752, c.c.), nonché la possibilità che l’Ente locale creditore possa essere “trascinato” dall’adesione dell’Agenzia delle Entrate alla proposta di transazione fiscale (e non anche nell’ipotesi di omologa forzosa), ovviamente nel caso in cui i crediti erariali siano sufficienti per avere la maggioranza qualificata della categoria (75% o 60%).
La situazione che si è venuta a creare richiede comunque un intervento a livello normativo, come anche osservato dalla citata delibera della Sezione regionale della Lombardia della Corte dei Conti, la quale ha rilevato che l’attuale sistema che esclude i tributi locali dal perimetro della transazione fiscale si presenta “illogico”, perché, così, questi finiscono per godere di maggiori protezioni rispetto ai crediti per tributi erariali, nonostante siano assistiti da una causa di prelazione di grado inferiore.
Il tema è già stato affrontato dal Legislatore della Riforma fiscale che nella Legge delega (Legge n. 111/2023) ha previsto, all’art. 9, comma 1, lett. a), n. 5), di introdurre la possibilità di raggiungere un accordo sul pagamento parziale o dilazionato dei tributi locali, ma soltanto nell’ambito della composizione negoziata della crisi di impresa (e dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi). Tale previsione è rimasta tuttavia inattuata da parte del Decreto “Correttivo-ter” al Codice della Crisi (D.Lgs. n. 136/2024), il quale ha inserito nell’ambito della composizione negoziata la transazione fiscale solo per i tributi erariali.
Con le modifiche recentemente apportate alla Legge delega per la Riforma fiscale da parte dell’art. 1, comma 1, lett. b), Legge n. 120/2025, è stata estesa la possibilità di prevedere la transazione fiscale anche per tributi locali in tutti gli istituti di risoluzione previsti dal CCII (intervenendo sul citato art. 9, comma 1, lett. a), n. 5)), ovvero, oltre che nella composizione negoziata, anche negli accordi di ristrutturazione dei debiti, nei concordati preventivi e nei piani di ristrutturazione soggetti a omologazione (compresa, quindi, la possibilità di cram down in caso di diniego dell’Ente, nel concordato preventivo e nell’accordo di ristrutturazione dei debiti).
Tuttavia, affinché siano operative dette disposizioni che implicano la piena equiparazione dei crediti per tributi locali a quelli per tributi statali ai fini del trattamento nell’ambito della crisi di impresa, occorrerà attendere il Decreto Legislativo di prossima emanazione (atteso entro i termini di attuazione della Riforma fiscale, prorogati sino al 31 dicembre 2025).
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