A Palazzo Wedekind, a Roma, in un’aula non particolarmente affollata, l’intervento di Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e figura di riferimento per la questione delle concessioni balneari – avviene da remoto. Il Ministro è impegnato ad Ancona per la chiusura della campagna elettorale. Ma abbiamo un suo videomessaggio, annuncia la moderatrice.
Il 17 settembre è stato fatto il punto sull’economia blu del nostro Paese. Promosso da Federbalneari, l’evento ha previsto diversi ambiti di discussione, tutti incentrati sul valore economico del turismo marittimo, la percentuale di Pil, l’occupazione, la continuità delle imprese balneari, l’interlocuzione con la Commissione Ue sulla proroga delle concessioni. Poco il contraddittorio, a dire il vero, se non nullo. Mancano all’appello, ad esempio, associazioni ambientaliste, sovrintendenze (sul cui operato si alzano diversi sopraccigli), comitati cittadini, biologi, pianificatori ambientali.
“La Blue Economy è sempre più un pilastro su cui costruire crescita e innovazione economica. Il settore genera un valore totale di circa 178 miliardi di euro, il 10% del PIL nazionale, più di 200.000 imprese, oltre 1 milione di occupati. Il turismo marittimo, e costiero in particolare, sono centrali per il nostro sistema turistico, nonostante gli uccelli del malaugurio in servizio permanente e attivo. 100 milioni di presenze annuali lungo i litorali italiani incidono per il 50% nell’intero flusso turistico nazionale. Il solo turismo ricreativo balneare – e ripeto questo aggettivo che per me è fondamentale, balneare – genera un valore economico di oltre 10 miliardi di euro l’anno, senza considerare l’indotto diretto e indiretto su ristorazione, commercio, trasporti e servizi locali”. Sono i numeri sfoderati da Matteo Salvini nel suo intervento da remoto.
Il tema, si sa, è del massimo interesse per un Paese con oltre ottomila chilometri di costa. Dal dibattito, emerge una domanda su tutte: quali condizioni servono per avere un ruolo di leadership europea della blu economy? In estrema sintesi, ne vien fuori una certa simpatia per il “libera tutti”. Una filiera che si vuole sostenibile. Ma di che tipo di sostenibilità si tratta?
La direttiva Bolkestein e la legge che non vale
Un passo indietro: l’Italia, con il decreto-legge 131 del 2024, ha prorogato la scadenza delle concessioni balneari fino al 30 settembre 2027. L’obiettivo era quello di dare tempo ai Comuni di preparare le gare per l’assegnazione delle concessioni, come richiesto dall’Unione Europea. Tuttavia, questa proroga è stata sistematicamente disapplicata dai tribunali amministrativi (TAR) e dal Consiglio di Stato, che ribadiscono il primato del diritto europeo e della direttiva Bolkestein. Secondo la giurisprudenza, le proroghe automatiche sono illegittime in quanto violano i principi di concorrenza e trasparenza.
Risultato: A settembre 2025, solo un numero piuttosto esiguo di Comuni ha avviato le procedure di gara. La lentezza è dovuta principalmente al “caos normativo” e alle incertezze che circondano l’applicazione delle leggi.
I Comuni si trovano stretti tra la legge nazionale che ha prorogato la scadenza e le sentenze dei tribunali che impongono l’applicazione immediata della Bolkestein. La questione vede contrapposti la necessità di conformarsi alle normative europee e la tutela delle imprese esistenti.
“La Corte di Giustizia dell’Unione Europea e il Consiglio di Stato – anche se quest’ultimo in modo poco ortodosso, a nostro giudizio – hanno definitivamente ribadito l’illegittimità di tali proroghe, sottolineando la necessità di procedure competitive per l’assegnazione delle concessioni. Questo ha generato incertezza per i nostri concessionari, i quali si trovano oggi tra la necessità di investire nelle proprie attività e il rischio di perdere la concessione”, ha dichiarato Marco Maurelli, presidente di FederBalenari Italia.
Poi ha aggiunto: “Siamo giunti alla terza procedura di infrazione per incapacità del legislatore in questi 15 anni di portare avanti una riforma bilanciata che contemplasse le virtù di questo modello di tipo familiare che, vogliamo ribadire, vale quattro punti percentuali del turismo. E quindi non possiamo consentire che venga cancellato un modello invidiato in tutto il mondo”.
La categoria dei balneari continua a portare avanti le proprie istanze, sostenendo la necessità di una riforma che tenga conto delle peculiarità del comparto. Per superare l’impasse, sarà necessario il completamento della riforma numero 6, e cioè l’implementazione completa della legge 118/2022. Mancano, in pratica, i decreti necessari per dare piena applicazione a questa legge e porre fine, oltre al caos, anche all’illegittimità delle proroghe automatiche.
Un vecchio adagio: turismo, petrolio d’Italia
Barbara Casagrande, segretario Generale del Ministero del Turismo (MiTUR), non ha dubbi: l’Italia ha finalmente compreso l’importanza strategica del turismo. La prova è l’istituzione, tre anni fa, di un Ministero dedicato, che ha separato il settore turistico da quello dei Beni Culturali. Sono tante le facce del turismo in Italia (e altrettante le leve economiche): c’è un turismo della cultura, della montagna, del mare, dell’enogastronomia, della cultura, della religione, dello sport. Si tratta di un’industria con un indotto che vale tra il 12% e il 18% del PIL nazionale, e che coinvolge oltre 200.000 imprese.
In questo contesto si inserisce il turismo del mare, che ha un ruolo cardine: con 8.300 km di coste, i comuni marittimi hanno registrato un aumento del 7% delle presenze tra il 2019 e il 2024, con un notevole incremento (+16%) di turisti stranieri.
“Il ministero del turismo, da quando è nato, è un Ministero per l’industria turistica, quindi anche adibita all’esperienza del mare. Si occupa dell’impresa turistica. Abbiamo un piano strategico del turismo che ha una parte dedicata a tutto ciò che è il mare. Sarebbe stato avventato non farlo, perché l’Italia è una penisola bagnata dal mare, ha tante coste, tantissime isole. E poi, il turismo marino non è soltanto costiero. Ma è anche quello della navigazione. C’è una grande attenzione per tutto quello che è questa forma di turismo”, ha illustrato Casagrande.
Tra le iniziative adottate dal MiTUR, si elencano:
- Promozione digitale: l’hub digitale Italia.it ha una sezione dedicata al turismo costiero e balneare, per la ricerca e promozione di luoghi meno conosciuti.
- Accessibilità e qualità: stanziati finanziamenti per rendere le strutture turistiche non solo accessibili, ma anche pienamente fruibili per persone con disabilità.
- Sostenibilità: Il MiTUR promuove e finanzia progetti “green” per le strutture ricettive e balneari (pannelli solari, cappotti termici, ciclo dell’acqua), allo scopo di contrastare l’impatto ambientale.
- Formazione: investiti oltre 20 milioni di euro in progetti di formazione per manager e operatori del turismo, in collaborazione con le università italiane. L’obiettivo è elevare il livello di professionalità e la qualità dei servizi offerti.
- Innovazione: sostenute le startup nel settore turistico, in particolare quelle che sviluppano piattaforme per prenotazioni e gestione di servizi (ad es. i posti spiaggia).
- Connettività: È in corso il progetto Wi-Fi Italia, che prevede l’installazione di punti di connessione gratuita in luoghi turistici, per migliorare l’esperienza dei visitatori.
Che sia quello del mare o meno, il turismo è stato oggetto di numerose strategie di sviluppo da parte del Ministero. La parola chiave è valorizzazione. Si parla di migliorare l’esperienza turistica. Si parla di qualità dell’esperienza. Resta da capire a beneficio di chi. Non una parola, su come affrontare il problema dell’overtourism.
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