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Fumarola: un nuovo Statuto per il lavoro


C’è stato il tempo dello Statuto dei lavoratori, ora serve uno «Statuto della persona nel mercato del lavoro». È la proposta che la Cisl lancia al governo e alle parti sociali in una stagione contrassegnata dalle profonde trasformazioni del sistema produttivo. Obiettivo: garantire orientamento, riqualificazione e sostegno al reddito durante le fasi di transizione da un impiego all’altro. Perché «ogni persona deve avere un diritto soggettivo e portatile alla formazione», dice a Italia Oggi Daniela Fumarola, segretaria generale della Cisl. «Proponiamo un conto personale di apprendimento, utilizzabile anche da disoccupati e autonomi», spiega Fumarola, che declina le richieste per la prossima legge di bilancio, dal fisco alla casa, dai contratti pubblici a quelli del privato. Il reddito di dignità che il centrosinistra avanza in campagna elettorale in Calabria e Campania? «Povertà e marginalità sociale non si combattono con l’assistenzialismo, ma con il lavoro ben formato, contrattualizzato e retribuito. È il lavoro che dà dignità e inclusione», risponde Fumarola. E se la Cgil è pronta a una nuova stagione di mobilitazioni contro il governo, la Cisl, chiarisce la numero uno del sindacato di via Po, «non rincorre “a priori” logiche di piazza, ma ambisce a negoziare avanzamenti concreti. Scegliamo la strada del riformismo: avanzare proposte, negoziare, costruire soluzioni».

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Domanda. Segretaria Fumarola, partiamo da una buona notizia: a giugno 2025 l’Italia registrava 24,2 milioni di occupati, tasso di occupazione stabile al 62,9% e disoccupazione al 6,3%. Possiamo essere soddisfatti?

Risposta. Sono dati positivi, segno di un mercato del lavoro dinamico, soprattutto nel Mezzogiorno, nonostante il rallentamento industriale e la carenza di competenze. Restano però le difficoltà croniche: inclusione femminile e valorizzazione dei giovani. Bisogna attrarre investimenti pubblici e privati, correggere incentivi a pioggia concentrandoli sulle imprese che applicano contratti di qualità, praticano relazioni industriali partecipative, assumono e formano donne e Neet, in particolare con l’apprendistato. Servono poi misure mirate per le madri lavoratrici: più donne al lavoro significa più crescita per il Paese.

D. Per gli over 50 resta difficile ricollocarsi. I sistemi di formazione funzionano?

R. Ogni persona deve avere un diritto soggettivo e portatile alla formazione. Proponiamo un conto personale di apprendimento, utilizzabile anche da disoccupati e autonomi, finanziato dalla bilateralità e supportato da permessi studio. Si può rafforzare il Fondo Nuove Competenze in questa direzione. L’obiettivo è uno “Statuto della persona nel mercato del lavoro” che garantisca sempre orientamento, riqualificazione e sostegno al reddito durante percorsi di upskilling e reskilling.

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D. In Campania e Calabria si promette un “reddito di dignità” per chi non lavora. Cosa ne pensa?

R. Durante le campagne elettorali assistiamo a proposte spesso difficili da sostenere con i bilanci pubblici. Povertà e marginalità sociale non si combattono con l’assistenzialismo, ma con il lavoro ben formato, contrattualizzato e retribuito. È il lavoro che dà dignità e inclusione. Troppi giovani sono intrappolati tra precarietà, bassi salari o emigrazione qualificata. Serve una visione industriale di lungo periodo, ma anche misure immediate. Cominciamo ad abolire i tirocini extra-curriculari, a rilanciare l’apprendistato duale, a moltiplicare gli investimenti sugli ITS, stabilizzando e mettendo a frutto, anche con la sussidiarietà, le risorse del programma GOL. Bisogna rendere ancora più conveniente per le imprese assumere a tempo indeterminato rispetto al lavoro a termine, destinando i contributi aggiuntivi a una pensione di garanzia per i giovani. E dobbiamo utilizzare la grande opportunità della Zes Unica.

D. Le imprese faticano a coprire il 50% dei posti per mancanza di competenze adeguate.

R. Investire nel capitale umano non è una scelta: è una necessità vitale. Un Paese che non forma rischia di compromettere la propria crescita. Dobbiamo realizzare il più grande investimento di sempre nella formazione, che deve diventare un diritto soggettivo, e nell’orientamento. Vuol dire rafforzare le politiche attive, rilanciare i centri per l’impiego, valorizzare gli enti di formazione professionale e indirizzare meglio i fondi interprofessionali verso l’innovazione produttiva.

D. All’Aran si tratta il rinnovo del contratto scuola: oltre un milione di dipendenti. Il governo ha messo sul tavolo 300 milioni una tantum aggiuntivi, ma la Cgil non firma.

R. Va rapidamente rinnovato un contratto scaduto da quasi un anno, perché il Ccnl è l’unico strumento che migliora davvero condizioni economiche e normative. Grazie all’impegno Cisl, arriveranno 145 euro lordi medi a regime per 1,2 milioni di dipendenti, più l’avvio di misure di welfare contrattuale, a partire dalla sanità integrativa. Ora bisogna firmare il Ccnl 2022-24 e aprire subito quello 2025-27, per puntare a un aumento complessivo di oltre il 10% delle retribuzioni del comparto istruzione e ricerca.

D. Anche nel privato ci sono settori bloccati.

R. Il nostro report sulla contrattazione mostra che il sistema delle relazioni industriali è solido e produce risultati concreti e importanti. I lavoratori coperti da contratti rinnovati nel privato sono passati dal 56% del 2024 al 65% a metà 2025: oltre 9,5 milioni di persone. Le retribuzioni contrattuali sono cresciute del 3,5% nel primo semestre e l’Istat prevede +3,1% nell’anno. È la dimostrazione che la contrattazione redistribuisce ricchezza, insieme a politiche fiscali mirate. Ma bisogna accelerare: vanno rinnovati tutti i contratti scaduti, a partire da metalmeccanici. In parallelo va fatto un grande investimento per estendere, promuovere, incentivare la contrattazione decentrata, aziendale e territoriale, per elevare e redistribuire la produttività su retribuzioni più pesanti e orari più leggeri. Fondamentale in questa partita sarà anche la legge 76 sulla partecipazione conquistata dalla Cisl, che va pienamente attuata e “messa a terra” nelle aziende.

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D. Su contratti, salari, fisco la Cgil annuncia una nuova mobilitazione. Voi che farete?

R. La Cisl vuole arrivare al migliore risultato per le persone che rappresenta e per il Paese. Non rincorre “a priori” logiche di piazza, ma ambisce a negoziare avanzamenti concreti. Scegliamo la strada del riformismo: avanzare proposte, negoziare, costruire soluzioni. Questo oggi vuol dire, prima di tutto, sondare la reale volontà del governo di mettersi a un tavolo e confrontarsi col sindacato sulla road map da intraprendere dentro e oltre la legge di bilancio. Per il momento abbiamo buoni ritorni dalle dichiarazione della premier Meloni, che anche al nostro congresso ha aperto ad un Patto della responsabilità. Ora si tratta di mettere alla prova quelle parole.

D. L’unità sindacale è ancora un valore?

R. Certamente, ma non come fine in sé. L’unità serve se dà più forza alle battaglie, non se si riduce a sfilare insieme in piazza. Alla Cgil e alla Uil diciamo: lavoriamo su contenuti, costruiamo alleanze vere. La Cisl è pronta a una nuova stagione di rapporti unitari, ma dentro un campo riformista chiaro e praticabile perimetrato da principi e valori irrinunciabili: autonomia dai partiti, primato del contratto sulla invadenza legislativa, partecipazione e protagonismo dei lavoratori dentro le aziende e nella concertazione delle politiche di sviluppo.

D. Vigilia di legge di bilancio. Il taglio delle tasse fino a 60mila euro e la rottamazione delle cartelle sono in dubbio. Le vostre priorità?

R. Aspettiamo il confronto con il Governo, perché i giudizi si danno sui fatti. La legge di bilancio deve essere il primo tassello di quel “Patto della responsabilità” tra esecutivo e parti sociali, proposto dalla Cisl e accolto positivamente dalla premier al nostro Congresso. Vogliamo più protagonismo per chi lavora su salute e sicurezza, nuove tutele, misure concertate e finanziamenti ad hoc per innovazione e formazione.

D. E sul fisco?

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R. Va ridotta la pressione fiscale sui redditi medi e popolari portando la seconda aliquota Irpef al 32% fino a 60mila euro, e stop a nuovi condoni. Chiediamo di estendere la detassazione alle tredicesime, compensandola con una maggiore imposizione sulle grandi rendite immobiliari e finanziarie. Occorrono poi misure per famiglie e welfare, contro l’inverno demografico, più fondi per sanità, scuola, casa e pubblico impiego, revisione delle regole pensionistiche e stabilizzazione delle risorse per la legge sulla partecipazione. (riproduzione riservata)



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