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Esperti e stakeholder a Campania Mater: Così il futuro dell’agricoltura in regione


Si è conclusa questa mattina al Palazzo Reale di Napoli “Campania Mater – 24 ore per l’agricoltura”, un’importante manifestazione con confronti, analisi e eventi che ha riunito esperti, istituzioni e stakeholder per delineare le strategie del settore agroalimentare campano.

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L’incontro è stata l’occasione per presentare e discutere il Rapporto Campania Mater, un volume di circa 400 pagine che fotografa lo stato attuale dell’agroalimentare regionale, le sue sfide e le sue opportunità.

Il rapporto, edito da Rural Hack, è stato curato dall’assessore all’Agricoltura della Regione Campania, Nicola Caputo, con il coordinamento scientifico della professoressa Teresa del Giudice (Università degli Studi di Napoli Federico II) e del professor Alex Giordano (Università Giustino Fortunato e Università Federico II di Napoli).

La ricerca, approfondita dall’Istituto di Ricerca Nomisma, è stata analizzata in 9 tavoli tematici che hanno coinvolto oltre 150 esperti, tra ricercatori, docenti, imprenditori e rappresentanti di categoria. Ne è emerso un quadro che intreccia risorse naturali, innovazione tecnologica, cambiamenti climatici, mercati globali e resilienza dei territori.

SUOLO E ACQUA: RISORSE DA PROTEGGERE

Il tavolo di lavoro coordinato da Raffaella Pergamo (CREA – Rete Rurale Nazionale, Masaf) e Fabio Terribile (Università di Napoli Federico II), ha affrontato il tema cruciale della gestione di suolo e acqua, con il contributo di Giuseppe Castaldi, Amedeo D’Antonio, Flora Della Valle, Angelo Basile, Michele Buonomo, Caterina Capri, Fabrizio Cembalo, Generoso De Simone, Antonio Di Gennaro, Massimo Fagnano, Antonio P. Leone, Veronica Manganiello, Angelo Marciano, Michele Munafò, Giovanni Quaranta e Vincenzo Michele Sellitto.

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Dalla discussione è emersa una fotografia preoccupante: a livello nazionale il 47% dei suoli è in cattive condizioni di salute, compromesso da erosione, perdita di carbonio organico, compattazione, salinizzazione e inquinamento. La Campania si colloca al terzo posto in Italia per consumo di suolo, con 143 mila ettari già compromessi (l’11% del territorio). La sola provincia di Napoli concentra oltre un terzo delle superfici consumate (34,9%), seguita da Caserta e Salerno. La densità abitativa – 408 abitanti per km², più del doppio della media italiana – accentua la pressione, generando trasformazioni irreversibili del territorio negli ultimi vent’anni.

Un’altra criticità riguarda le zone vulnerabili ai nitrati: 316 mila ettari (23% della superficie regionale) risultano classificati a rischio, coincidenti per il 72% con aree agricole e per l’82% con la popolazione bufalina. Quasi la metà dei cittadini campani (48%) vive in queste aree, dove la presenza di nitrati nei suoli e nelle acque mette a rischio sostenibilità ambientale e salute pubblica.

Il quadro idrico conferma la fragilità: in Italia si registrano sempre più spesso episodi di deficit idrico record, con valori superiori a 300 (2003, 2017 e 2022), i più elevati dal 1951.

AGRICOLTURA E CLIMA: STRATEGIA DI ADATTAMENTO

Il tavolo di lavoro coordinato da Fabian Capitanio (Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali, Università Federico II) e Francesco Pennacchio (Dipartimento di Agraria, Università Federico II) ha approfondito invece la relazione tra agricoltura e cambiamenti climatici, con il contributo di Daniela Carella, Giovanni Padovano, Eliana Paladino, Flavia Grazia Tropiano, Daniele Caceffo, Pietro Caggiano, Francesco Castelluccio, Giuseppe Ceparano, Vincenzo Cerone, Donato De Marco, Stefania De Pascale, Giuseppe Iovane, Albino Maggio, Vincenzo Patella e Rossella Robusto.

Dai lavori è emerso come la Campania si trovi in un contesto europeo e globale segnato da un riscaldamento evidente: in Italia la temperatura media del decennio 2014-2023 è stata più alta di 1,3°C rispetto al 1974-1983. Parallelamente, tra il 2015 e il 2023, il numero medio annuo di eventi estremi in Europa è cresciuto del 221%, con effetti diretti sulla stabilità dei raccolti e sulle filiere agricole.

Il deficit idrico rappresenta un nodo cruciale: in anni come 2003, 2017 e 2022 i volumi mancanti hanno superato quota 300, i livelli più alti dal 1951. Nel 2023 l’indice annuo si è attestato a 223,9 (contro una media storica di 326,3), confermando la tendenza a una scarsità crescente che colpisce soprattutto le aree prive di sistemi irrigui efficienti.

In questo scenario, l’agricoltura campana è chiamata a rafforzare strategie di adattamento, puntando su una gestione più sostenibile delle risorse idriche, sulla diversificazione colturale e su tecniche resilienti capaci di ridurre il rischio climatico, ormai strutturale.

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ZERO SPRECHI: RIDUZIONE E VALORIZZAZIONE

Il tavolo di lavoro coordinato da Andrea Segrè (Università di Bologna) ha affrontato il tema dello spreco alimentare e della valorizzazione delle risorse, con il contributo di Giuseppe Rosario Mazzeo, Enrico Amico, Valentina Carfora, Giorgio Casagranda, Paolo Conte, Guido Coppola, Emilio Ferrara, Matteo Morvillo, Simona Pelliccia, Raffaele Sacchi, Giovanna Sangiuolo, Amedeo Valestra e Fabio Verneau.

La ricerca ha distinto tra food loss (perdite nelle fasi di produzione e trasformazione) e food waste (sprechi nella distribuzione e nei consumi). A livello globale, nel 2022 è andato perduto il 13% del cibo in fase primaria e il 19% nelle fasi finali. In Europa, l’Italia registra 139 kg di spreco pro capite all’anno (media UE: 129 kg), con un’incidenza soprattutto domestica (53%), seguita da ristorazione (12%) e manifattura (18%).

Il quadro campano appare particolarmente critico: nel 2023 è rimasto nei campi il 46% della frutta fresca, il 21% degli ortaggi in serra e il 17% di quelli in piena aria. Si tratta di una perdita economica rilevante per le imprese agricole e di un mancato valore per le filiere. Lo spreco domestico conferma la tendenza: ogni famiglia italiana butta in media 618 grammi di cibo a settimana, con un aumento del 16% rispetto al 2021.

I prodotti più colpiti sono frutta fresca (24 g a settimana), pane (21 g) e verdure (20 g). In Campania, dove le famiglie spendono in media 552 euro al mese per alimentari e bevande (contro i 481 nazionali), ridurre lo spreco diventa una priorità strategica. Interventi mirati in logistica, trasformazione delle eccedenze e sensibilizzazione dei consumatori possono rafforzare sostenibilità, competitività e responsabilità sociale del sistema agroalimentare regionale.

COMUNITÀ RURALI E TERRITORI RESILIENTI

Il tavolo di lavoro coordinato da Teresa Del Giudice (Dipartimento di Agraria, Università Federico II) ha affrontato il tema delle comunità rurali e dei territori resilienti, con il contributo di Katja Aversano, Ferdinando Gandolfi, Marcello Murino, Veronica Barbati, Angelo Barone, Valerio Calabrese, Davide Della Porta, Roberta Garibaldi, Gennaro Granata, Francesco Nardone, Teresa Panico, Gaetano Pascariello, Margherita Rizzuto, Eligio Troisi e Italia Valentino.

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L’analisi ha evidenziato il progressivo spopolamento delle aree interne e rurali: tra il 2019 e il 2024 la Campania ha perso in media il 4% della popolazione, con punte del -5,8% a Napoli e -5,1% a Benevento, mentre Salerno e Avellino hanno registrato cali attorno al 3%. Questo fenomeno riduce la vitalità delle comunità rurali, la disponibilità di manodopera agricola e la tenuta dei servizi nei piccoli comuni.

Sul piano economico, il reddito medio per contribuente è di 16.834 euro, molto al di sotto della media nazionale (oltre 20.000), limitando la capacità di investimento delle famiglie rurali. Anche l’uso del suolo conferma le criticità: tra il 2010 e il 2020 la SAU si è ridotta del 10%, con cali marcati in collina (-15,4%) e in pianura (-11,9%). L’abbandono dei terreni agricoli si traduce in degrado paesaggistico e perdita di valore economico, ma al tempo stesso richiama la necessità di politiche mirate per valorizzare le aree interne.

La resilienza dei territori, hanno sottolineato i partecipanti, dipende dalla capacità di unire coesione sociale, sostenibilità ambientale e innovazione economica, sostenendo imprese agricole, filiere corte e servizi di prossimità per contrastare lo spopolamento e aprire nuove prospettive di sviluppo locale.

DOP ECONOMY E MADE IN CAMPANIA: IDENTITÀ, QUALITÀ E MERCATI GLOBALI

Il tavolo di lavoro coordinato da Chiara Giovoni (esperta di marketing e comunicazione) si è concentrato su DOP Economy e Made in Campania: identità, qualità e mercati globali, con la partecipazione di Claudio Ansanelli, Luciano D’Aponte, Emiddio De Franciscis Di Casanova, Addolorata Ruocco, Ettore Bellelli, Salvatore Ciardiello, Gianluca Compare, Giuseppe Di Martino, Stefano Di Marzo, Carmine Fusco, Giovanni Giugliano, Gennaro Masiello, Angela Pisacane, Giovanni Rago, Maria Manuela Russo, Floriana Schiano Moriello e Salvatore Schiavone.

La ricerca ha evidenziato la crescita straordinaria dell’export agroalimentare campano, che nel 2024 ha raggiunto i 5,7 miliardi di euro, con un incremento del 111% rispetto al 2014 e del 63,8% rispetto al 2019. La Campania si colloca così al quinto posto in Italia per valore delle esportazioni.

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Il traino arriva soprattutto dai prodotti alimentari trasformati (87% del totale), mentre l’agricoltura incide per il 12% e le bevande per l’1%. In particolare, spiccano ortofrutta trasformata (37%), prodotti da forno e farinacei (17%) e lattiero-caseari (10%), a conferma della forza delle filiere legate a denominazioni di origine e produzioni tipiche.

Dal punto di vista geografico, l’export campano si divide tra mercati UE (45%) ed extra-UE (55%). Gli Stati Uniti si confermano primo mercato di sbocco (16%), seguiti da Regno Unito e Germania (12% ciascuno) e dalla Francia (7%). Positive anche le performance in mercati emergenti come Austria, Spagna e Paesi Bassi, che rafforzano la presenza campana in Europa.

La bilancia commerciale agroalimentare regionale registra un saldo positivo di 1,5 miliardi di euro, trainato dall’alimentare trasformato, mentre il comparto agricolo presenta ancora un disavanzo. Nel complesso, la Campania si conferma un modello competitivo basato su identità territoriale, qualità certificata e marchi DOP e IGP, elementi chiave per sostenere l’export e rafforzare la reputazione del Made in Campania a livello globale.

L’ECONOMIA BLU

Il tavolo dedicato a l’economia del mare è stato coordinato da Giovanni Fulvio Russo (professore ordinario di Ecologia – Università degli Studi di Napoli Parthenope) e ha visto la partecipazione di Maurizio Cinque, Teodolinda Toderico, Aniello Anastasio, Teresa Di Nardo, Fabio Di Nocera, Carmine Farnetano, Maurizio Giordano, Fulvio Giugliano, Giuseppe Greco, Danilo Guida, Giuseppe Palma, Valentina Stinga e Yari Vecchio.

La discussione ha posto l’accento sul legame tra mare e agroalimentare, riconoscendo il ruolo dell’economia blu come componente strategica per lo sviluppo della Campania. La regione dispone infatti di una flotta peschereccia di 1.021 battelli, pari all’8,6% del totale nazionale, caratterizzata da imbarcazioni mediamente più leggere (8 tonnellate contro le 12 nazionali) e meno potenti (59,5 kW rispetto ai 78 kW italiani).

Queste caratteristiche confermano una flotta orientata soprattutto alla pesca costiera, che nel 2023 ha prodotto 5.001 tonnellate di pescato per un valore di 37,3 milioni di euro, collocando la Campania al nono posto in Italia sia per quantità sia per valore.

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Le principali tecniche utilizzate sono la circuizione (41,1%) e lo strascico con i rapidi (22,2%), che insieme costituiscono oltre la metà delle catture e incidono significativamente sul valore della produzione.

Pur con dimensioni più contenute rispetto ad altre regioni, il comparto ittico campano rappresenta un tassello rilevante del sistema agroalimentare, offrendo opportunità di diversificazione economica, valorizzazione delle filiere locali e integrazione con le strategie di sviluppo sostenibile dei territori costieri.

CIBO E SALUTE

Il tavolo dedicato al rapporto tra cibo e salute è stato coordinato da Mauro Minelli (medico, specialista in Immunologia Clinica e Allergologia – Coordinatore Sud Italia, Fondazione per la Medicina Personalizzata) e ha visto la partecipazione di Gianni Ruggiero, Giovanni Silenzio, Giorgia Borriello, Margherita Ceparano, Angelo Corallo, Giovanni Feola, Massimiliano Gervasi, Antonio Limone, Dominga Maio, Annamaria Mastrantuono, Ludovico Montebianco Abenavoli, Marina Reale, Ilaria Vergallo e Marianna Visone.

La discussione ha messo in evidenza come consumi alimentari, stili di vita e modalità produttive incidano direttamente sul benessere della popolazione. Tra il 2014 e il 2023, la spesa domestica per pane, cereali, frutta e ortaggi è cresciuta solo in valori correnti, ma in termini reali si è ridotta: nel 2023 la spesa per frutta è risultata inferiore del 23,3% rispetto al 2014, mentre per gli ortaggi il calo è stato del 4,9%. Al contrario, la spesa per oli e grassi è aumentata del 30,8% in valori reali, segnalando un cambiamento nelle abitudini di acquisto.

Anche per i prodotti di origine animale (carne, pesce, latte e derivati) la spesa corrente è cresciuta, ma in termini costanti si osserva una contrazione: la carne, ad esempio, segna un -9,8% nel decennio. In controtendenza, si registra la forte crescita dell’agricoltura biologica, passata da 21 mila ettari nel 2014 a 103 mila ettari nel 2023 (20% della SAU regionale, in linea con la media nazionale), insieme all’espansione della produzione integrata certificata (SQNPI), che in Campania supera i 100 mila ettari, pari al 14% delle superfici nazionali, con particolare incidenza su vite, olivo e agrumi.

Sul fronte della salute pubblica, l’Italia presenta un tasso di obesità inferiore alla media europea (10,5% contro il 16% nel 2019), ma in Campania e nel Mezzogiorno emergono criticità legate a sovrappeso e obesità, con effetti diretti sulla spesa sanitaria e sul benessere delle comunità.

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La ricerca sottolinea come la valorizzazione della Dieta Mediterranea, la diffusione di pratiche agricole sostenibili e la promozione di produzioni certificate siano leve cruciali per unire competitività del settore agroalimentare e miglioramento della qualità della vita dei cittadini.

INNOVAZIONE E CONOSCENZA PER L’AGRICOLTURA

Il tavolodedicato a innovazione e conoscenza per l’agricoltura è stato coordinato dal prof. Alex Giordano, attuale Coordinatore del gruppo tematico “Innovazione, AKIS, nuova imprenditorialità e digitalizzazione” all’interno del Comitato per la Nuova Programmazione Agricola (CNPA) della Regione Campania. Hanno partecipato Ferdinando Gandolfi, Giuseppe Malferà, Domenico Carputo, Giuseppe Cilento, Umberto Comentale, Enrica De Falco, Davide De Nicolò, Annalisa Gramigna, Angelo Marino, Concetta Menna, Michele Nunziata Rega, Rosa Pepe, Andrea Ricciardiello, Melania Carmela Santarcangelo, Antonio Santoro e Anna Vagnozzi.

L’analisi ha evidenziato come il capitale umano rappresenti un fattore determinante per la competitività del settore agricolo regionale. Secondo i dati Nomisma del 2020, oltre il 60% dei conduttori agricoli campani aveva un titolo di studio non superiore alla licenza media, mentre solo il 9% risultava laureato, leggermente al di sotto della media nazionale (12%). Questo gap formativo limita l’introduzione di innovazioni e l’adozione di strumenti tecnologici avanzati.

Un segnale positivo arriva però dalla formazione continua: il 29% dei conduttori ha seguito almeno un corso di aggiornamento, con valori più alti a Napoli (31%) e più bassi a Salerno (17%). Il sistema scolastico agrario regionale è ben radicato: la Campania conta 69 istituti agrari, pari all’8% del totale nazionale, con un incremento degli studenti del 55% rispetto al 2015, e rappresenta il 7,1% degli studenti agrari italiani, collocando la regione tra le prime cinque per peso della formazione in ambito agricolo.

Questi dati confermano che il futuro dell’agricoltura campana passa attraverso il rafforzamento delle competenze, l’attrazione di giovani imprenditori e la diffusione di pratiche moderne di gestione, elementi chiave per sostenere innovazione, digitalizzazione e competitività del sistema regionale.

GIOVANI IN AGRICOLTURA: SFIDE E OPPORTUNITÀ

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Il tavolo dedicato a “Giovani in agricoltura: sfide e opportunità” è stato coordinato da Roberto Mazzei, Capo Servizio Innovazione e AKIS – Coldiretti, con la partecipazione di Carlo Coduti, Giuseppe Gorga, Alfredo Lassandro, Liana Agostinelli, Virgilio Buscemi, Giovanni De Sio, Francesca Luisa Fedele, Salvatore Loffreda, Concetta Nazzaro, Raffaele Pezone, Giuseppe Russo e Bruno Striano.

L’analisi ha evidenziato una forte fragilità demografica del settore agricolo campano: nel 2020, solo il 9,3% delle aziende era guidato da under 40, leggermente sotto la media nazionale (10,9%), mentre oltre il 37% era condotto da persone tra i 60 e i 74 anni. Le imprese guidate da giovani under 29 rappresentano appena il 3% del totale.

Un elemento positivo riguarda la componente femminile: le aziende a conduzione femminile raggiungono il 38,8%, pari a oltre 30.700 imprese, evidenziando il ruolo strategico delle donne nello sviluppo rurale. Tuttavia, tra il 2019 e il 2024 la Campania ha perso il 24% delle aziende giovanili, un calo più marcato rispetto al -10,8% nazionale, pur mantenendo circa il 10% delle imprese giovanili italiane.

La distribuzione territoriale mostra che il 50% delle aziende si trova in collina, il 33% in pianura e il 17% in montagna, con dimensioni medie inferiori alla media nazionale: 9,6 ettari in pianura e 4,7 ettari in montagna. Nonostante la frammentazione, emerge una forte propensione alla multifunzionalità: il 33,6% delle aziende ha diversificato i redditi tramite agriturismo, trasformazione, contoterzismo o produzione di energia. In particolare, il 21,4% svolge attività di trasformazione, l’11,4% offre servizi di agriturismo o fattorie didattiche e il 16,9% opera nella prima lavorazione.

La ricerca sottolinea come sia cruciale favorire l’ingresso delle nuove generazioni, sostenere l’imprenditoria femminile e rafforzare percorsi di innovazione e formazione, trasformando le criticità demografiche e strutturali in leve di rilancio per l’agricoltura campana.



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