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Al Global Productivity Forum dell’OCSE a Londra i report sulla produttività


“L’ultimo quinquennio (2019-2024) si è caratterizzato per il buon andamento dell’occupazione (+4,4%), la cui dinamica è rimasta marcata anche negli anni interessati dallo shock energetico: tra il 2022 e il 2024 – spiega il Rapporto anticipato nei giorni scorsi in Italia –  l’occupazione è aumentata a un tasso quasi doppio rispetto alla media Ue, trainata dall’espansione in alcuni settori ad alta intensità di lavoro ma anche a produttività media più bassa, come costruzioni, ristorazione, sanità e assistenza. Favorita da una dinamica salariale contenuta, l’occupazione è quindi cresciuta, ma prevalentemente in attività a basso valore aggiunto”.

In Italia il costo d’uso del capitale è progressivamente aumentato. “Ne risulta che le imprese negli ultimi anni hanno preferito espandere il fattore lavoro, relativamente più conveniente, piuttosto che investire in beni capitali, in particolare quelli funzionali ai processi di digitalizzazione. Di conseguenza, è aumentata l’occupazione (+1,6% nel 2024), ma al costo di una riduzione della produttività del lavoro (-0,9% per occupato nello stesso anno)”.

Un più alto livello di competenze è associato a una produttività del lavoro più alta: circa il 25% del divario tra la media Oecd e i paesi più performanti in termini di produttività del lavoro è spiegata dal diverso livello di competenze. “L’Italia soffre di un ritardo strutturale nelle competenze digitali della manodopera: solo il 16% dei lavoratori ha competenze Ict elevate, contro il 30% circa in Germania e Francia; solo il 15% dei laureati lo è in discipline Stem, a fronte di una media europea del 26%. Questo frena l’adozione di tecnologie digitali nel nostro Paese, con ricadute sulla produttività”.

Inoltre la produttività è legata alla dimensione aziendale, a sua volta correlata con tre fattori chiave: propensione all’export, digitalizzazione e innovazione. “Le grandi imprese sono oltre il 70% più produttive delle medie e nei servizi Ict il divario è ancora più marcato, a testimonianza della complementarità tra scala e capitale intangibile. Ma in Italia il 94,7% delle imprese ha meno di 10 addetti, una quota molto superiore a Germania o Francia. Questa forte presenza di microimprese frena la produttività aggregata”, spiega il Report.

Il Rapporto offre raccomandazioni in termini di investimento in competenze, capitale intangibile e tecnologie digitali; miglioramento delle condizioni per avviare, gestire e finanziare le imprese orientandole alla crescita dimensionale; riduzione dei divari territoriali, attraverso strategie localizzate e rafforzamento della capacità implementativa delle politiche pubbliche. “Non esiste una soluzione miracolosa per rilanciare la produttività nel nostro Paese. È necessario piuttosto un approccio sistemico e coordinato a diversi livelli di governo”.

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In questo primo Rapporto si sono analizzati i principali fattori che, dal confronto internazionale, contribuiscono alla stagnazione della produttività italiana. Questi ultimi sono il risultato di una serie di ritardi strutturali del sistema economico italiano, come la lentezza della giustizia civile, l’inefficienza della pubblica amministrazione, la scarsa concorrenza in alcune attività dei servizi, temi che si è iniziato ad affrontare tramite le azioni finanziate dal Pnrr, ma i cui effetti sulla produttività saranno da verificare nei prossimi anni”.

Il Rapporto identifica una serie di raccomandazioni di politica economica, in tre principali ambiti: competenze e investimenti; struttura del sistema produttivo; divari territoriali. In tema di competenze e investimenti, un punto di partenza è rappresentato dagli impegni del Governo con la Commissione Europea indicati nel Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine 2025-2029 (PSBMT). Questi impegni andrebbero progressivamente articolati in un disegno preciso di obiettivi e traguardi che si articolino, sia sul fronte delle misure di sostegno alle imprese che in tema di formazione, in un piano d’azione coerente e misurabile con un monitoraggio temporale da qui al 2029.

“La produttività è legata alla dimensione aziendale, a sua volta correlata con tre fattori chiave: propensione all’export, digitalizzazione e innovazione. Le grandi imprese sono oltre il 70% più produttive delle medie e nei servizi ICT il divario è ancora più marcato, a testimonianza della complementarità tra scala e capitale intangibile. Ma in Italia il 94,7% delle imprese ha meno di 10 addetti, una quota molto superiore a Germania o Francia. Questa forte presenza di microimprese frena la produttività aggregata”.

“Oltre alla dimensione aziendale, anche export, digitalizzazione e innovazione sono fattori determinanti della produttività, spesso interconnessi – si legge ancora nel documento del Cnel -. Le imprese esportatrici mostrano un premio di produttività significativo, che cresce con la dimensione e in particolar modo nei settori a media-alta tecnologia. Anche l’adozione di tecnologie digitali è associata a un premio di produttività, stimabile in circa il 15-30%. La digitalizzazione amplifica i vantaggi delle imprese più grandi, che integrano meglio le tecnologie. L’innovazione è un altro fattore decisivo: le imprese innovative presentano in media una produttività superiore del 20%. Politiche pubbliche mirate a rafforzare questi fattori, combinate a una semplificazione normativa e a incentivi finanziari e fiscali che favoriscano la crescita dimensionale, sono essenziali per sostenere la produttività e la competitività del sistema economico”.

“Nel primo quinquennio post-crisi finanziaria (2009-2014) la produttività ha segnato in Italia un parziale recupero (+0,6%), dovuto principalmente al forte processo di selezione che ha caratterizzato il comparto industriale italiano, alla ristrutturazione del settore bancario, alle riforme del mercato del lavoro e all’introduzione di incentivi all’innovazione, fattori che hanno premiato le imprese più efficienti, favorendo una riallocazione dei lavoratori e dunque una più sostenuta crescita della produttività aggregata. Nel quinquennio 2014-2019 la crescita della produttività italiana si è invece fermata a un +0,1% e così anche nel quinquennio successivo.

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