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l’azione climatica è sempre più guidata dal valore


Azione climatica aziendale: perché adesso quello che conta è il valore?

La quinta edizione del report annuale di Boston Consulting Group (BCG) e CO2 AI, “How Companies Are Tackling the Climate Challenge—and Creating Value“, presenta un quadro globale dell’azione climatica aziendale complesso ma con un messaggio molto chiaro e preciso: quello che conta è la generazione di valore. La ricerca (disponibile per una lettura integrale QUI n.d.r.), basata sulle risposte di 1.924 dirigenti di aziende che rappresentano collettivamente il 40% delle emissioni globali, delinea una narrazione a due velocità.

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Da un lato, in termini di geografia dell’azione climatica, emerge un preoccupante rallentamento nelle pratiche di misurazione e reporting delle emissioni. Dall’altro, si assiste a una spinta decisa e crescente verso investimenti strategici in sostenibilità, alimentata da una consapevolezza sempre più chiara: l’azione per il clima non è più un centro di costo, ma una leva per la creazione di valore economico.

Questo cambio di paradigma nella leadership climatica, riassumibile nel mantra “value first”, sta ridefinendo le priorità, spostando l’attenzione dalla mera conformità alla ricerca attiva di ritorni finanziari e vantaggi competitivi.

Come si spiega il paradosso del reporting in cui ci sono meno misurazioni e più strategia?

I dati del 2025 evidenziano una tendenza negativa nella misurazione formale della sostenibilità. Solo il 7% delle aziende dichiara di misurare in modo completo le proprie emissioni di gas serra (GHG) attraverso gli Scope 1, 2 e 3. Questa cifra segna un calo di due punti percentuali rispetto al 9% del 2024 e di tre punti rispetto al 10% del 2023. Anche la definizione degli obiettivi di riduzione (target-setting): ha visto 13% delle imprese fissareo target che coprono tutti e tre gli scope, segnando una diminuzione di 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente.

Dove nasce la stanchezza da reporting nell’azione climatica?

Anche la valutazione e gestione dei rischi climatici, un’area di crescente importanza strategica per l’azione climatica, mostra una copertura limitata. Solo il 12% delle aziende effettua una misurazione completa di tutti e tre i tipi di rischio (fisico acuto, fisico cronico e di transizione). La maggior parte adotta un approccio parziale, concentrandosi su uno o due tipi di rischio, mentre un 12% non effettua alcuna misurazione. Questa apparente “stanchezza da reporting” potrebbe indicare che le aziende, dopo una fase iniziale di impegno formale, si scontrano ora con la complessità della decarbonizzazione e preferiscono concentrarsi su azioni concrete piuttosto che su esercizi di misurazione esaustivi ma non immediatamente produttivi.

Come è possibile che gli investimenti in azione climatica aumentino quando cala il reporting?

Alla frenata nella misurazione corrisponde una forte volontà di investire. Circa il 70% degli intervistati prevede di mantenere o aumentare i propri livelli di investimento in sostenibilità. A livello globale, le imprese si aspettano di incrementare la spesa in conto capitale (capex) destinata a iniziative di mitigazione e adattamento del 16% nei prossimi cinque anni. Questo si traduce in un segnale inequivocabile che i consigli di amministrazione vedono un chiaro business case nell’azione climatica.

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azione climatica
Fonte: CLIMATE SURVEY 2025 BCG, BCG X, CO2 AI

Geograficamente, è l’Europa a guidare la crescita prevista degli investimenti, seguita da Africa e Asia-Pacifico. Questa spinta è motivata da una duplice necessità: da un lato, gestire i rischi climatici sempre più tangibili, come la messa in sicurezza degli asset; dall’altro, cogliere le opportunità di crescita “green”, come lo sviluppo di nuove linee di prodotti sostenibili rappresentano un fattore chiave dell’azione climatica.

La creazione di nuovo valore al centro dell’azione climatica

La domanda fondamentale da porsi a questo punto è: perché le aziende investono di più se misurano di meno?

La risposta è nel valore economico. L’82% delle aziende dichiara di aver ottenuto benefici finanziari dalle iniziative di decarbonizzazione. Per un gruppo d’élite, pari al 6% del campione, questi benefici sono straordinari, superando il 10% del fatturato annuo, con un valore netto medio di 221 milioni di dollari per azienda.

Questo valore non è astratto, ma deriva da fonti concrete e misurabili:

  • Crescita dei ricavi (43%): Sia attraverso un aumento dei volumi di vendita di prodotti sostenibili (23%) sia tramite la possibilità di applicare un “premium price” (20%).
  • Risparmi sui costi (43%): Derivanti da una maggiore efficienza operativa (opex), come bollette energetiche più basse (22%), e dall’ottimizzazione degli investimenti in conto capitale (capex) (21%).
  • Tasse sul carbonio evitate (14%): Un beneficio diretto derivante dalla riduzione delle emissioni in giurisdizioni con una carbon tax.

Anche l’adattamento ai rischi climatici si sta dimostrando una fonte di valore nella gestione dell’azione climatica. Le aziende che misurano i rischi in modo completo stimano un’esposizione finanziaria media di 790 milioni di dollari entro il 2030. Quasi la metà (46%) delle imprese si aspetta un ritorno sull’investimento (ROI) superiore al 10% dai progetti di adattamento, dimostrando che la resilienza è un investimento redditizio.

Qual è il contributo della tecnologia e del digitale all’azione climatica?

Cosa distingue le aziende che ottengono risultati finanziari migliori dalle altre? La risposta della ricerca è nella maturità digitale. Le aziende che utilizzano molteplici soluzioni digitali avanzate hanno 2,3 volte più probabilità di ottenere benefici significativi (superiori al 10% del fatturato). I leader climatici usano strumenti come l’Intelligenza artificiale e l’IoT con una frequenza superiore del 10% rispetto ai loro pari.

Le tecnologie in grado di incidere nel rapporto tra decarbonizzazione e competitività industriale sono tante:

  • Intelligenza Artificiale: La tecnologia include AI Predittiva per previsioni, AI Generativa per la progettazione di materiali “green” e AI Agents per la gestione autonoma di sistemi come gli “smart buildings“.
  • Internet of Things: Sensori connessi per monitorare e ottimizzare i sistemi in tempo reale.
  • Droni e osservazione terrestre: Per il monitoraggio su larga scala di asset e cambiamenti ambientali.
  • Realtà aumentata/virtuale (AR/VR) e calcolo avanzato: Per ottimizzare la progettazione di prodotti e accelerare simulazioni complesse.

Governance e innovazione: quali sono gli strumenti per guidare l’azione climatica?

Oltre alla tecnologia, i responsabili aziendali si distinguono per l’adozione di meccanismi di governance più sofisticati per guidare l’azione climatica. Un terzo (33%) delle aziende ha implementato un prezzo interno del carbonio (internal carbon price), uno strumento che attribuisce un costo monetario alle emissioni e guida le decisioni di investimento verso opzioni a minor impatto. L’adozione di piani di transizione climatica è cresciuta di 5 punti percentuali rispetto all’anno precedente, e il 61% di questi piani riceve ora l’approvazione diretta del consiglio di amministrazione, segnalando che la gestione del clima è diventata una priorità a livello di board.

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I quattro fattori che, combinati, aumentano esponenzialmente la probabilità di successo finanziario sono:

  1. Misurazione completa di emissioni e rischi (1,4 volte più probabile).
  2. Quantificazione dell’impatto tramite carbon pricing e risk modeling (1,6 volte).
  3. Adozione di piani formali di transizione e adattamento (2,2 volte).
  4. Uso di molteplici soluzioni digitali avanzate (2,3 volte).

Azione climatica: cosa succede nel mondo?

L’impegno climatico varia significativamente a livello geografico. Giappone, Cina e Regno Unito emergono come i paesi con le performance medie più alte su reporting, target-setting e misurazione dei rischi. La regione Asia-Pacifico, in particolare, si distingue per il reporting di sostenibilità, con il Giappone che guida la classifica con il 21% delle aziende che riportano emissioni complete, un risultato spinto da una legislazione nazionale stringente.

in che modo l’atteggiamento value first sta aiutando le logiche ESG?

Il Nord America, pur in un contesto politico a volte avverso ai temi ESG, dimostra una forte aderenza al mantra “value first”, investendo aggressivamente dove vede opportunità. L’Africa, pur avendo un reporting delle emissioni più basso, mostra una forte consapevolezza dei rischi e un’alta propensione all’investimento in adattamento, vista l’urgenza di costruire resilienza. La sostenibilità sta diventando una competizione globale, con molti paesi che la vedono come un’opportunità strategica per “scavalcare” i concorrenti e posizionarsi come leader nella transizione verde.



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