L’Europa è sotto pressione: una Russia aggressiva, un partner transatlantico imprevedibile e una Cina attenta al proprio potere stanno plasmando un ordine mondiale in cui l’Europa non ha ancora trovato il proprio posto. Le ultime umiliazioni sulla scena politica mondiale hanno lasciato il segno e hanno fatto uscire l’Europa dalla sua zona di comfort. I politici europei non possono più sottrarsi dal prendere una decisione. La loro dipendenza, in particolare dagli Stati Uniti, è troppo forte e unilaterale. Possono contare su tre certezze:
In primo luogo, solo un’Europa unita è un’Europa forte e può sopravvivere in un mondo caratterizzato da centri di potere multipolari. In secondo luogo, la rilevanza e l’influenza dell’Europa non dipendono solo dai suoi valori e dalle sue parole, ma soprattutto dalla sua forza economica. In terzo luogo, l’autonomia strategica non è un lusso o un concetto astratto, ma un presupposto concreto per la capacità di azione dell’Europa.
Il mercato unico dei capitali come progetto chiave
Il progetto che si basa su queste tre certezze è il mercato unico dei capitali. Mira a riunire i mercati dei capitali frammentati dell’Europa, a migliorare le opportunità di finanziamento per le imprese, a mobilitare capitali e ad allocarli dove possono avere il maggiore impatto sulla crescita e sullo sviluppo. Un mercato dei capitali unificato dovrebbe anche ridurre la dipendenza dalle banche e rendere l’Ue più resistente agli shock esterni. In breve, il mercato unico dei capitali dovrebbe aumentare il peso economico dell’Europa e rafforzare così la sua rilevanza politica e la sua autonomia strategica.
Una cosa è certa: il potenziale in Europa è enorme. Mentre gli europei hanno investito solo una piccola parte nel mercato dei capitali, oltre 10 000 miliardi di euro giacciono nei conti correnti bancari europei. Questo capitale non è disponibile per finanziare le grandi sfide che l’Europa deve affrontare. Spesso anche le imprese innovative e in rapida crescita in Europa non dispongono di fonti di finanziamento adeguate.
Gli Stati Uniti mostrano come si possa fare meglio: lì, una percentuale molto più elevata della ricchezza è investita nel mercato dei capitali. Ciò non solo genera rendimenti migliori per gli investitori, ma fornisce anche all’economia statunitense enormi risorse per gli investimenti e l’innovazione: il mercato obbligazionario statunitense è più del doppio dei mercati obbligazionari europei messi insieme. Il mercato azionario statunitense è addirittura tre volte più grande. Gli Stati Uniti sono almeno cinque volte più avanti in termini di capitale di rischio. Il maggiore dinamismo economico e l’energia innovativa degli Stati Uniti si basano in gran parte su questi vantaggi finanziari.
Nonostante l’immenso potenziale che il mercato unico dei capitali offre all’Europa, i progressi verso la sua realizzazione sono stati lenti perché richiede l’armonizzazione delle leggi e delle norme europee in numerosi settori, dal diritto tributario e fallimentare alla vigilanza finanziaria e agli strumenti di investimento. Inoltre, richiede un riorientamento dei sistemi pensionistici, passando da un sistema a ripartizione a un sistema a capitalizzazione. Questi enormi sforzi richiedono un grande impegno politico. Ma ne vale la pena e devono essere affrontati rapidamente. Altrimenti, come ha affermato Mario Draghi durante il suo mandato di Governatore della Banca Centrale Europea: non agire è il rischio maggiore.
L’autonomia inizia attraverso l’infrastruttura dei mercati finanziari
Affinché i mercati finanziari possano convergere e rafforzare l’autonomia dell’Europa, sono necessari l’armonizzazione giuridica e modifiche ai sistemi pensionistici, oltre a un’infrastruttura solida basata sulle realtà e sugli interessi europei, che non sia dominata da attori esterni. Proprio di recente, la governatrice della Bce, Christine Lagarde, ha espresso preoccupazione per la dipendenza dell’Europa dai fornitori di servizi di pagamento statunitensi e sono state avviate iniziative come l’euro digitale e i sistemi di pagamento europei per ridurre tale dipendenza.
Ciò che vale per i flussi di pagamento vale ancora di più per i flussi di capitale. Ed è qui che i rating creditizi svolgono un ruolo centrale. Essi sono una componente fondamentale dell’infrastruttura dei mercati finanziari, influenzano la percezione del rischio da parte degli investitori e sono profondamente radicati nei meccanismi di regolamentazione. I rating hanno un’influenza significativa sulla possibilità e sulle condizioni con cui i governi e le imprese possono accedere ai capitali.
Finché l’Europa continuerà ad affidarsi esclusivamente a voci esterne per i rating creditizi, rimarrà dipendente in un aspetto fondamentale della sua infrastruttura finanziaria. Questa dipendenza non è solo un rischio tecnico, ma anche strategico. Gli effetti negativi di questa forte dipendenza sono stati finora più evidenti in tempi di crisi: la crisi finanziaria ha rivelato quanto rating errati possano destabilizzare l’intero sistema finanziario. Nella crisi dell’euro, i downgrade improvvisi e talvolta difficili da comprendere degli Stati membri dell’UE hanno contribuito in modo significativo all’incertezza dei mercati. Le conseguenze non sono state solo spese per interessi più elevati per i paesi colpiti, ma anche una crisi di fiducia politica.
L’agenzia di rating europea come correttivo analitico
Oggi esiste un consenso tra gli investitori e gli altri operatori dei mercati dei capitali sull’importanza di una prospettiva di rating indipendente che tenga conto e rifletta le caratteristiche economiche, giuridiche e istituzionali dell’Europa. Un’agenzia di rating europea non è uno strumento protezionistico, ma piuttosto un correttivo analitico. Apporta eterogeneità alla formazione delle opinioni, profondità all’analisi e resilienza all’architettura finanziaria. Per l’Europa è un atto di maturità finanziaria e autonomia strategica e, allo stesso tempo, un complemento necessario ad un mercato dei capitali pluralistico e aperto. (riproduzione riservata)
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