Il presidente della storica azienda di Ronago, nel comasco: «Non fasciamoci la testa: il lavoro c’è e la qualità dei prodotti anche, possiamo continuare a fare bene. Vendiamo negli Usa dal 1934». Nel 2024 raddoppio di Ebitda e utile, anche grazie alle linee dedicate al benessere
«Io e Frank ci siamo detti: calma. Resistiamo e vediamo come va a finire. Del resto dal 30% minacciato, siamo scesi al 15%. E già prima scontavamo un dazio del 5% circa…». Alessandro Ambrosoli ne ha viste parecchie da quando, dagli anni Sessanta del secolo scorso, lavora nell’azienda di famiglia, la celeberrima Ambrosoli del miele e delle caramelle, di cui è presidente. Ha appena spiegato come vede il futuro del suo business negli Usa, primo mercato fuori dall’Italia per l’impresa ultracentenaria di Ronago (Como), ora minacciata dalle tariffe di Trump.
Il «Frank» citato da Ambrosoli è invece mister Frank Landrey, il titolare della Andre Prost Inc, lo storico distributore delle caramelle Ambrosoli negli Usa con sede nel Connecticut. Un’azienda famigliare con cui il rapporto risale alle origini dell’avventura Oltreoceano degli Ambrosoli, quando nel 1934 il fratello del presidente, Costantino, aprì il primo mercato all’estero. «Il fondatore dell’azienda, Andre Prost, francese di origine, aveva un emporio di dolciumi e sciroppi e cominciò a importare piccole quantità di caramelle al miele — racconta Ambrosoli —. Frank gli subentrò alla fine degli anni Sessanta, con lui arrivarono negli Usa anche le nostre caramelle effervescenti. In Italia le chiamammo “Briosa”, in America presero il nome di Zotz». Fu un enorme successo e le Zotz sono ancora vendutissime, insieme alle Honees, le caramelle al miele, anche nelle versioni latte e miele, o eucalipto al mentolo e zenzero, per un totale di cinque milioni di ricavi — sui 24,6 totali del 2024 — realizzati negli Stati Uniti. «Le prospettive di crescita sono buone — interviene Federico Foti, direttore generale dell’azienda —. Per il balsamico negli Usa c’è un grande mercato e stanno andando bene anche l’ultima novità, la versione con zenzero».
L’evoluzione del brand
Con i dazi al 15% i prezzi giocoforza aumenteranno: una minaccia all’espansione? «Frank — così lo chiama sempre Ambrosoli, definendo un rapporto che è anche di solida amicizia oltre che di business — mi ha detto che conta di attutire il colpo, e che se avrà bisogno mi dirà, ma per adesso non fasciamoci la testa: il lavoro c’è e la qualità dei prodotti anche, possiamo continuare a fare bene».
Il mercato delle caramelle è cresciuto nell’ultimo anno del 7%, in Italia e del 4% all’estero. Spiega Foti, manager che viene dalla moda, con esperienze da Trussardi, a Furla, Benetton e Miroglio, in azienda ormai da tre anni: «Nei momenti di incertezza c’è un ritorno spontaneo ai confort food, ai così detti “love brand”, che generano ricordi ed emozioni, proprio come le caramelle Ambrosoli. Per questo la nostra strategia di rafforzamento sui mercati esteri, in primo luogo Emirati Arabi e poi Paesi del Nord Europa, ha un approccio che punta alla creazione di consapevolezza e fiducia sul marchio». Dopo gli Usa, oggi gli altri mercati forti sono il Giappone, dove il rapporto con il fornitore è di lunghissimo corso, come nel caso americano («Ci conoscemmo tanto tempo fa a una fiera in Germania», racconta il presidente) e la Corea del Sud.
Ambrosoli esporta principalmente caramelle, mentre il business si sta diversificando notevolmente in Italia con la linea Mielness, una gamma di integratori naturali a base di miele pensati per il benessere, ora uscita dalla fase di startup e che punta a rappresentare il 15-20% dei ricavi dell’azienda in un arco di tre-cinque anni. «È un progetto di medio lungo termine, non bisogna avere fretta — dice Ambrosoli —. L’innovazione ha sempre fatto parte della nostra storia, basti pensare a quando mio padre ha inventato le caramelle al miele che non esistevano prima. Vogliamo portare la nostra expertise anche in questo nuovo campo. Più che a un aumento del fatturato, questo piano è volto a consolidare il brand». Interviene Foti: «Si tratta di posizionare il brand nell’area del benessere in modo contemporaneo ma coerente con i valori e l’eredità della storia di Ambrosoli, con un target che immaginiamo principalmente di donne e sportivi. Abbiamo condiviso la nuova linea anche negli Usa, dove c’è un grande interesse per il mondo del benessere, ma è troppo presto per definire una strategia. Come è sempre stato nella nostra storia, siamo propositivi ma prudenti».
Alla voce diversificazione di inserisce anche il progetto legato all’horeca e incentrato sulla colazione, «con prodotti proteici pensati per integrare questo momento dentro e fuori casa — spiega Foti —. Finora siamo soddisfatti: la linea Mielness nel 2024 ha raddoppiato i volumi e ha una marginalità interessante».
Una marginalità che, insieme ad altri fattori, ha contribuito a far registrare nel 2024 una crescita dell’utile lordo a 2,2 milioni di euro (più che raddoppiato rispetto al 2023), mentre l’ebidta è del 11,3% (5,5% nel 2023). « Sono cresciuti i volumi, è andato molto bene il mercato americano e abbiamo lavorato sull’efficientamento, produttivo, gestionale ed energetico», spiega il manager.
Le sfide e le nuove generazioni
Il tutto mentre il mercato registra ancora prezzi alti per la materia prima, con la produzione in calo e le difficoltà legate al reperimento di miele di alta qualità. Un dato su tutti dà il quadro della situazione: l’Italia produce solo 20 mila tonnellate di miele l’anno e ne consuma più del doppio. «Noi acquistiamo il miele da produttori italiani, argentini e, in Europa, moldavi e ungheresi, e investiamo il 5% del fatturato sulla ricerca e sviluppo, che include anche l’analisi del miele, interne e in laboratorio — specifica Ambrosoli —. A capo della ricerca c’è mia figlia Silvia, che ha studiato chimica, come me e come mio padre». L’altra figlia, Giovanna, è presidente della Fondazione e membro del cda. Tra i nuovi ingressi operativi in quella che è sempre stata, nei fatti e nella governance fino al 2015 (con l’arrivo del primo manager esterno), un’azienda al 100% famigliare, divisa tra i vari rami della famiglia, c’è anche Filippo, nipote del presidente, classe 1989, che si occupa proprio della produzione legata la mercato Usa. Insomma si torna sempre lì, Oltreoceano. «Insieme abbiamo un secolo di storia, non ci fermeremo ora», conclude Ambrosoli prima di salutare. Frank, partner commerciale e amico, è appena atterrato in Italia e lo sta già aspettando a Ronago.
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