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quali sono le sfide del settore tra calo produttivo, innovazione tecnologica e sostenibilità? « LMF Lamiafinanza


Con un fatturato che supera i 60 miliardi di euro e oltre 380.000 addetti distribuiti in 40.000 imprese già nel 2023, il settore tessile italiano, simbolo indiscusso del Made in Italy nel mondo, rappresenta un pilastro dell’economia nazionale, ma si trova oggi a fronteggiare sfide strutturali che ne mettono alla prova la resilienza e la capacità di adattamento.

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I dati di Confartigianato parlano chiaro: a febbraio 2025 la produzione della moda è scesa del -12,9%: si tratta del 25esimo mese consecutivo con il trend in territorio negativo. Nel totale del primo bimestre del 2025 la produzione è scesa del 12,7%, una tendenza peggiorata di circa un punto percentuale rispetto al 2024. Non solo. Sempre nei primi due mesi di quest’anno le esportazioni della moda scendono del 6,0% su base annua, in controtendenza rispetto al +1,4% della manifattura e con una flessione più intensa (-10,1%) nei mercati extra UE. Nel dettaglio settoriale, il calo è più marcato per gli articoli in pelle (-6,7%) e abbigliamento (-6,1%), mentre è meno pronunciato per i prodotti tessili (-3,6%).

A complicare ulteriormente il quadro, l’accordo raggiunto tra Europa e Stati Uniti sui dazi ha portato una parziale tranquillità, evitando il temuto 30% inizialmente prospettato, ma a partire dal 1° agosto 2025 il dazio USA per le importazioni dall’Europa sarà del 15%. Una misura che, seppur più contenuta rispetto alle stime iniziali, rappresenta comunque un onere aggiuntivo significativo per un settore già in difficoltà e particolarmente esposto sui mercati americani.

Dietro l’eleganza dei tessuti e la raffinatezza delle lavorazioni, l’industria tessile nasconde una realtà energetica complessa. I processi produttivi richiedono un elevato apporto energetico, tanto termico quanto elettrico. La gestione delle temperature nei cicli di lavorazione, l’utilizzo intensivo di vapore per i processi di tintoria e finissaggio, i sistemi di essiccazione e i trattamenti termici rappresentano i principali centri di consumo energetico.

In particolare, secondo un recente report dell’Apparel Impact Institute, la fase di nobilitazione – che comprende candeggio, tintura, stampa e finissaggio – può arrivare a rappresentare fino al 50% dei consumi energetici complessivi di uno stabilimento tessile. Una parte significativa dell’energia (35%) si disperde invece nella generazione e distribuzione del vapore. Lo studio sottolinea che soluzioni a basse emissioni di carbonio e tecnologie ad alta efficienza per l’elettrificazione del riscaldamento offrono un grande potenziale di riduzione dell’impatto ambientale del settore.
Per dare qualche numero: in un impianto di nobilitazione tessile, ad esempio, un sistema di recupero a tre stadi dai fumi di generatori di vapore ha permesso di risparmiare 362.000 smc/anno di gas naturale, evitando l’emissione di 715 tonnellate di CO₂ con un tempo di ritorno dell’investimento di 36 mesi.

Questa intensità energetica assume una rilevanza ancora maggiore nel contesto dell’instabilità dei prezzi dell’energia e delle crescenti pressioni normative europee. Il Green Deal Europeo e i target di riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 spingono le aziende tessili a ripensare i propri modelli produttivi, trasformando l’efficienza energetica da opzione strategica a necessità imprescindibile.

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Le aziende tessili italiane possono quindi adottare un approccio integrato basato su interventi specifici mirati alle peculiarità del settore. Il recupero di calore ad esempio dai fumi delle rameuserappresenta una delle opportunità più significative: attraverso sistemi di scambio termico avanzati, è possibile intercettare il calore contenuto nei fumi e riutilizzarlo per preriscaldare l’acqua di processo, riducendo così il fabbisogno energetico primario, ottenendo un risparmio di 180.000 smc/anno di gas naturale e 351 tonnellate di CO₂ evitate, con un payback di appena 18 mesi.

L’automazione dei processi produttivi sta permettendo di ridurre gli sprechi, ottimizzare i consumi energetici e migliorare la qualità dei prodotti finiti. Sistemi di controllo avanzati consentono di monitorare in tempo reale temperatura, umidità e altri parametri critici, adattando automaticamente le condizioni operative per massimizzare l’efficienza.

Il settore tessile italiano sta dimostrando infatti una notevole capacità di innovazione, investendo in tecnologie avanzate che coniugano tradizione artigianale e digitalizzazione. La Industry 4.0 ha trovato nel tessile un terreno fertile, con l’adozione di sistemi di monitoraggio intelligente, automazione dei processi e integrazione di sensori IoT per ottimizare la produzione. Nel 2024, secondo Confartigianato, il 21,6% delle imprese del settore del tessile, abbigliamento e calzature hanno investito in prodotti e  tecnologie green.

L’innovazione non riguarda però solo i processi, ma anche i materiali: tessuti tecnici, fibre sostenibili, materiali innovativi derivanti dal riciclo stanno ridefinendo l’offerta del settore. Aziende leader stanno investendo in ricerca e sviluppo per creare materiali performanti e a basso impatto ambientale, sfruttando tecnologie come la bio-ingegneria tessile e i nanomateriali.

Nonostante l’esistenza di soluzioni tecnologiche sempre più innovative e la crescente consapevolezza dell’importanza dell’efficienza energetica e dell’impatto ambientale, molte aziende tessili – soprattutto tra le piccole e medie imprese – incontrano ancora ostacoli significativi nel percorso di transizione. Le barriere principali riguardano l’accesso al credito per finanziare gli investimenti, la mancanza di competenze tecniche specifiche e la difficoltà nel valutare correttamente il rapporto costi-benefici degli interventi.

Un ulteriore ostacolo è rappresentato dalla frammentazione del settore: molte aziende operano in filiere complesse, con processi produttivi distribuiti su più siti e diversi livelli di integrazione verticale. Questa complessità rende più difficile implementare soluzioni sistemiche di efficientamento, richiedendo approcci coordinati e investimenti su scala di filiera.

Da un lato, quindi, il tessile italiano si trova oggi tra le pressioni competitive internazionali, l’instabilità dei mercati e le nuove tariffe commerciali che possono richiedere una riduzione strutturale dei costi operativi. Dall’altro, la transizione sostenibile e le normative ambientali impongono un ripensamento profondo dei modelli produttivi.

In questo contesto, l’efficienza energetica emerge come leva strategica per coniugare competitività e sostenibilità. Le tecnologie disponibili permettono già oggi di ottenere riduzioni significative dei consumi con tempi di ritorno degli investimenti contenuti e benefici che vanno oltre il semplice risparmio economico.

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Il futuro del settore dipenderà dalla capacità delle imprese di abbracciare questa trasformazione, trasformando l’efficienza energetica da costo necessario a fattore distintivo di successo. Solo così il tessile italiano potrà continuare a rappresentare un’eccellenza mondiale, coniugando tradizione, innovazione e sostenibilità. Un percorso che richiede visione strategica, investimenti mirati e collaborazione lungo tutta la filiera, ma che può trasformare le sfide attuali in opportunità per consolidare la leadership italiana nel tessile globale.

 

 



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