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Il modello veneto per l’innovazione: dieci anni di S3 e la forza delle Reti Innovative Regionali


In una regione come quella veneta, caratterizzata da un tessuto imprenditoriale composto in prevalenza da micro e piccole aziende, riuscire a connettere le imprese al mondo universitario per favorire il trasferimento tecnologico e lo sviluppo innovativo rappresenta una sfida particolarmente impegnativa.

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Come la S3 (Smart Specialisation Strategy) e i suoi strumenti operativi, i Distretti Industriali e in particolare le Reti Innovative Regionali, abbiano consentito di raggiungere questo risultato è stato l’argomento del convegno che si è tenuto il 12 settembre 2025 presso l’Aula Magna dell’Università di Padova.

Innovazione in rete

Per mettere in atto la Strategia di Specializzazione Intelligente, il Veneto ha scelto come veicoli principali i Distretti Industriali e le Reti Innovative Regionali (RIR). Le RIR, in particolare, sono uno strumento specifico della Regione Veneto che, pur inserendosi nel più ampio concetto di cluster presente in molte altre regioni e a livello europeo, offre delle peculiarità che ben si adattano al tessuto imprenditoriale veneto.

Le micro e piccole imprese venete, pur essendo altamente specializzate e spesso raggruppate in distretti industriali, faticano a investire in ricerca e sviluppo e a collaborare con le università. D’altro canto la presenza di eccellenze universitarie sul territorio rappresentava un’opportunità da cogliere. Le RIR nascono proprio per mettere in connessione le aziende con le università e allo stesso tempo per consentire alle aziende così raggruppate di raggiungere la massa critica che permetta loro di valorizzare adeguatamente i risultati ottenuti proprio da questa sinergia.

Lo strumento è stato definito dalle istituzioni regionali richiedendo espressamente il coinvolgimento delle università nelle reti. L’attuazione e la tematizzazione, entro gli ambiti della S3, sono state lasciate libere, e ciò ha portato alla costituzione di RIR molto diverse tra loro sia per organizzazione che per specializzazione.

Delle 22 RIR oggi presenti in Veneto, alcune sono caratterizzate da una verticalizzazione settoriale e rappresentano la naturale evoluzione di quei distretti industriali con una spinta innovativa maggiore; altre, invece, si sono sviluppate attorno a delle linee di sviluppo tecnologiche trasversali. Un’articolazione che ben rappresenta la complessità del tessuto imprenditoriale veneto e che dimostra come lo strumento abbia saputo soddisfare le esigenze espresse dal territorio.

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Come superare le criticità nell’innovazione

L’Assessore allo Sviluppo Economico, Roberto Marcato, aprendo il convegno, ha evidenziato come la struttura di micro e piccole imprese, per le quali sono stati pensati questi strumenti, offra anche grandi vantaggi in termini di reattività alle situazioni contingenti. Proprio con questi strumenti, Distretti Industriali e RIR possono superare quelle che sono le note criticità nell’ambito dell’innovazione.

La rettrice dell’Università di Padova, Daniela Mapelli, ha poi sottolineato che la collaborazione tra imprese e università, una delle priorità della S3, mette in atto un trasferimento di conoscenza bidirezionale: non solo dall’università verso le imprese, ma anche dalle imprese verso l’università.

Uno sguardo all’Europa: da dove nasce la Strategia S3

L’intervento di Dominique Foray, il “padre” della S3 a livello europeo, ha spiegato le motivazioni che hanno spinto le istituzioni europee a introdurre la Smart Specialisation Strategy: ottimizzare l’utilizzo delle risorse in modo che l’impatto fosse massimo. L’idea di base è quella di concentrare le risorse su alcuni filoni principali che devono però essere adattati a livello territoriale, così da valorizzare il più possibile gli asset materiali ed immateriali già presenti. Naturalmente, si tratta di strategie che devono adeguarsi ed evolvere nel tempo, tenendo conto delle modifiche tecnologiche, economiche e sociali.

Il convegno ha visto poi gli interventi dei principali attori di questo ecosistema veneto per l’innovazione, sia della parte accademica, sia di quella istituzionale e imprenditoriale.

Le Reti Innovative Regionali si raccontano

Nella parte conclusiva del convegno le 22 RIR si sono presentate al pubblico, offrendo un quadro concreto dell’applicazione di questa visione. Dalla panoramica sono emersi modelli gestionali e specializzazioni molto diversi. Alcune RIR hanno scelto di specializzarsi in alcuni settori specifici, verticalizzando molto l’attività e in alcuni casi assumendo il ruolo di provider di servizi. Altre hanno invece adottato un approccio più trasversale, seguendo dei driver tecnologici e costituendo piattaforme di sviluppo intersettoriali.

Non c’è però solo innovazione tecnologica in senso stretto, ma anche una forte attenzione all’innovazione dei modelli di business e allo sviluppo delle competenze attraverso la formazione. Questo contesto rappresenta bene come lo “sviluppo dal basso” abbia consentito a queste strutture di aderire al tessuto produttivo regionale.

Non sono naturalmente mancate delle osservazioni critiche. Emanuela Lucchini, Vicepresidente di Confindustria Veneto con delega all’Innovazione, ha osservato come le aziende che fanno ricerca e sviluppo siano solitamente sane e solide. Il fatto che negli ultimi bandi regionali sia stata introdotta la formula del supporto finanziario ha creato – ha detto – più problemi e rallentamenti che benefici nei progetti.

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Appare evidente come le 22 RIR con circa 1.600 aziende coinvolte rappresentino un buon risultato nel coinvolgimento delle Piccole Imprese. Manca però ancora l’obiettivo di raggiungere le microimprese, quelle con meno di 10 dipendenti che rappresentano numericamente la maggioranza delle aziende sul territorio regionale e italiano. Una sfida decisamente più complessa per il maggiore distacco tra queste realtà e l’ambito dell’innovazione, ma che qualche RIR ha comunque deciso di intraprendere.



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